Le clausole del bando di gara concernenti capacità tecnica e requisiti soggettivi devono essere adeguate a tipologia e oggetto dell’appalto

Angelica Cardi
04 Dicembre 2020

La tutela della concorrenza nel settore dei contratti pubblici implica anche la capacità dell'impresa di stare sul mercato offrendo prodotti competitivi per soddisfare una domanda pubblica qualificata, in relazione ai sottostanti interessi della collettività (secondo la logica del contratto pubblico come strumento a plurimo impiego). A tale scopo, all'Amministrazione è garantita un'ampia discrezionalità nell'individuazione dei requisiti tecnici, ancorché più severi rispetto a quelli normativamente stabiliti, purché la loro previsione sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all'interesse pubblico perseguito. Al giudice amministrativo è rimesso un sindacato che deve limitarsi alla verifica del rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all'oggetto di gara.

Il caso. Con ricorso proposto dinanzi al TAR la società ricorrente ha impugnato il bando di gara avente ad oggetto la “Fornitura in service di sistemi macchina reagenti occorrenti all'HUB3 Regione Lazio” sostenendone l'illegittimità nella parte in cui “prevede tra le determinazioni analitiche obbligatorie, il Cortisolo, che come detto deve essere eseguito sui campioni di siero, plasma, saliva, l'Amilasi pancreatica che deve essere eseguita sui campioni di siero, plasma, urine, il PSA totale, che deve essere eseguito sui campioni di siero e plasma e il PSA free che parimenti deve essere eseguito su campioni di siero e plasma”.

Al riguardo, la ricorrente lamentava il carattere escludente della clausola sopra riportata in quanto, a suo avviso, il requisito richiesto sarebbe stato posseduto da un unico operatore economico.

Il Giudice di primo grado rigettava il ricorso ritenendo che “la ricorrente non avesse fornito elementi concreti idonei a dimostrare che le specifiche tecniche richieste dalla stazione appaltante fossero ingiustificate e avessero il solo scopo di alterare la par condicio tra concorrenti”.

La sentenza in commento si pronuncia, dunque, sul ricorso con cui la società, impugnando la sentenza di primo grado, censura il bando in quanto contenente clausole preclusive della partecipazione alla gara, con esclusione di un unico operatore economico lamentando, conseguentemente, l'illegittima restrizione della concorrenza operata dalla stazione appaltante.

La soluzione. Il Collegio ha dichiarato infondato il ricorso affermando il principio secondo cui “nella dialettica fra tutela della concorrenza e perseguimento dell'interesse pubblico primario l'amministrazione gode di un'ampia discrezionalità nella selezione dell'oggetto (e delle caratteristiche tecniche) dell'appalto, in funzione degli standards organizzativi e di efficienza delle relative prestazioni (in tesi anche molto elevati, purché non irragionevoli), dovendo l'offerta adattarsi alla domanda e non viceversa”.

Ciò posto, il Collegio ha chiarito che il sindacato ammissibile del G.A. si incentra unicamente sulla proporzionalità e ragionevolezza della scelta della stazione appaltante tenendo conto che le clausole di un bando di gara concernenti i requisiti di capacità tecnica e dei requisiti soggettivi delle concorrenti devono essere congrue e adeguate rispetto alla tipologia e all'oggetto dello specifico appalto in modo che la lex specialis possa consentire la selezione dell'operatore economico più idoneo, anche in ragione della pregressa esperienza acquisita e delle competenze tecniche e gestionali maturate, allo svolgimento delle prestazioni da affidarsi.

Ne consegue, pertanto, ad avviso del Collegio, che il punto di equilibrio del sistema non è da rinvenirsi nel numero di concorrenti operanti sul mercato in grado di offrire il prodotto richiesto, ma dall'esistenza o meno di una ragionevole e proporzionata esigenza del committente pubblico, idonea a giustificare la domanda di un prodotto offerto solo da poche imprese.

Su tali basi, il Consiglio di Stato ha ritenuto ragionevoli e proporzionate le scelte della stazione appaltante, la quale ha documentato scientificamente l'esistenza di specifiche ed evidenti ragioni di tipo sanitario connesse alle scelte contestate dalla ricorrente.

Il Collegio ha, dunque, ritenuto legittime le scelte aziendali, supportate da idonea documentazione scientifica, in quanto ragionevoli e proporzionali rispetto all'interesse pubblico da soddisfare, sicché la conseguente restrizione della concorrenza risulterebbe comunque giustificata dalle esigenze della commessa pubblica. Al riguardo, nella pronuncia in commento si legge che la natura del procedimento di evidenza pubblica come sede nella quale vengono create artificialmente le condizioni di concorrenza non deve infatti far perdere di vista la funzione del procedimento medesimo, che è quella, pur in un contesto concorrenziale, di acquisire beni e servizi maggiormente idonei a soddisfare l'interesse pubblico specifico portato dall'amministrazione aggiudicatrice.

Conclusivamente, il Giudice ha rigettato il ricorso sia perché l'appellante non ha fornito la prova di una restrizione, o addirittura eliminazione, della concorrenza nei termini prospettati; sia – soprattutto- perché non ha fornito la prova di una ipotetica non rispondenza di tale effetto economico ad interessi meritevoli di tutela, con una scelta ragionevole e proporzionata alle relative esigenze.

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