Trasmissione al Riesame di atti “non indicizzati” e relativi a più indagati: quali conseguenze sull'efficacia della misura cautelare?

09 Dicembre 2020

La trasmissione cumulativa al Tribunale del Riesame di atti relativi a più indagati in formato digitale a mezzo PEC, non indicizzati né distinti per singole posizioni, così da renderne difficoltosa la consultazione, non può essere equiparata alla mancata trasmissione prevista dall'art. 309, comma 5, c.p.p..
Massima

La trasmissione cumulativa al Tribunale del Riesame di atti relativi a più indagati in formato digitale per mezzo della posta elettronica certificata, non indicizzati né distinti per singole posizioni, così da renderne difficoltosa la consultazione, non può essere equiparata alla mancata trasmissione prevista dall'art. 309, comma 5, c.p.p., alla quale l'art. 309, comma 10, c.p.p. collega la perdita di efficacia della misura cautelare, perché nessuna norma impone al pubblico ministero procedente di redigere indici degli atti, né di predisporre schede per ciascun indagato, comprensive dei soli atti investigativi ad essi riferiti.

Il caso

Il Tribunale, in sede di riesame, annullava l'ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari aveva applicato all'indagato la misura degli arresti domiciliari per il reato di acquisto di sostanza stupefacente destinata alla cessione a terzi. Il Collegio, in particolare, ha ritenuto che la trasmissione in formato digitale di atti voluminosi, non indicizzati, né raggruppati per posizione dei singoli indagati, risultava disordinata e di difficile consultazione, tanto da poter essere equiparata all'omessa trasmissione ex art. 309, comma 5, c.p.p. da cui consegue l'inefficacia della misura cautelare.

Avverso questa sentenza, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo che sono stati trasmessi tutti gli atti del procedimento; che nessuna norma prevede che gli atti debbano essere raggruppati per ogni singola posizione e, comunque, era agli atti sia l'indice generale redatto dall'ufficio di Procura, sia il sottoindice analitico, redatto dalla polizia giudiziaria, come da copia degli indici e attestazione di segreteria, allegati al ricorso.

La questione

Nel caso di trasmissione di atti a mezzo di posta elettronica certificata dal pubblico ministero al Tribunale del riesame è necessario la predisposizione di un indice che agevoli la consultazione? La mancata indicizzazione degli atti o l'omessa ripartizione degli stessi per singole posizioni può essere equiparata alla mancata trasmissione degli atti che, ai sensi dell'art. 309, comma 5 e 10, c.p.p., determina l'inefficacia della misura cautelare in esecuzione?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l'ordinanza impugnata.

È stato osservato, in primo luogo, che è pacifica la legittimità della trasmissione da parte dell'autorità procedente al Tribunale del riesame di copia degli atti indicati dall'art. 309, comma 5, c.p.p. in formato digitale anche per mezzo della posta elettronica certificata (Cass. pen., 14 marzo 2019, n. 32019).

Tanto premesso, la perdita di efficacia dell'ordinanza che applica una misura cautelare personale è prevista dall'art. 309,comma 10, c.p.p. come sanzione della "mancata" trasmissione degli atti posti a fondamento dell'ordinanza cautelare entro il termine di cui all'art.309, comma 5, c.p.p. e non della trasmissione "incompleta" o "difettosa" degli atti (Cass. pen., 27 giugno 2010, n. 39013).

Nel caso di specie, il Tribunale ha censurato le modalità di trasmissione in formato digitale degli atti, evidenziando che erano relativi non al solo ricorrente, ma anche agli altri cinque indagati, coinvolti in una complessa indagine avente ad oggetto il traffico di stupefacenti ed aggiungendo che si trattava di atti voluminosi, non indicizzati né ripartiti per singole posizioni, non ordinati e tali da renderne improba la consultazione.

Sostanzialmente il Tribunale ha contestato la trasmissione integrale degli atti indagine, lamentandone la non agevole consultazione. Da tale circostanza ha ricavato l'inefficacia della misura, in tal modo equiparando la ritenuta difficoltà di consultazione degli atti all'omessa trasmissione prevista dall'art. 309, comma 5, c.p.p., sanzionata ex art. 309, comma 10, c.p.p.

La Corte ha ritenuto illegittima tale equiparazione, osservando come il pubblico ministero ben possa selezionare gli atti da trasmettere al giudice ed al Tribunale del riesame, ma non sia obbligato ad effettuare tale scelta, ben potendo inviare l'intero materiale probatorio raccolto.

Nessuna norma, poi, impone al pubblico ministero di redigere schede per singoli indagati, comprensive dei soli atti investigativi ad essi riferiti.

Nel caso di specie, peraltro, il Procuratore ricorrente ha documentato che agli atti erano allegati gli indici redatti dalla polizia giudiziaria e dallo stesso pubblico ministero, sicché non era giustificata la valutazione del Tribunale e la drastica conclusione derivatane.

Osservazioni

1. L'art. 100 disp. att. c.p.p., come è noto, consente la trasmissione da parte dell'autorità giudiziaria procedente ad altra autorità giudiziaria, anche solo della copia degli atti indicati dall'art. 309, comma 5, c.p.p..
Le modalità di detta trasmissione sono disciplinate dall'art. 64 disp. att. c.p.p., intitolato “Comunicazione di atti”.

L'art. 64, comma 1, disp. att. c.p.p. stabilisce che la comunicazione di atti del giudice ad altro giudice si esegue mediante trasmissione di copia dell'atto con lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero mediante consegna al personale di cancelleria, che ne rilascia ricevuta su apposito registro custodito presso la cancelleria del giudice che ha emesso l'atto (in gergo, il “registro di passaggio”).

L'art. 64, comma 2, disp. att. c.p.p. regola la comunicazione di atti dal giudice al pubblico ministero, stabilendo che, se l'organo della pubblica accusa ha sede diversa da quella del giudice, essa si esegua mediante trasmissione di copia dell'atto con lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Se ne desume che, qualora l'ufficio del pubblico ministero e quello del giudice abbiano sede nella stessa sede, la trasmissione degli atti avvenga mediante consegna dal personale della segretaria del primo, a quello della cancelleria del secondo, con attestazione contenuta nel “registro di passaggio”.

I successivi commi regolano la comunicazione degli atti “in caso di urgenzaoquando l'atto contiene disposizioni concernenti la libertà personale”.

L'art. 64, comma 3, disp. att., c.p.p., la comunicazione è eseguita col “mezzo più celere”, nel senso che essa è eseguita dalla polizia giudiziaria mediante consegna di copia dell'atto presso la cancelleria o la segreteria. In questo caso, la polizia redige verbale, copia del quale è trasmessa al giudice che ha emesso l'atto.

In alternativa, sempre l'art. 64, comma 3, disp. att. c.p.p., prevede l'utilizzo delle forme previste dagli artt. 149 e 150 c.p.p.. Il riferimento alla disciplina delle forme particolari di notifiche disposte dal giudice ai sensi dell'art. 150 c.p.p. comporta che il giudice, anche d'ufficio, con decreto motivato, prescriva “i mezzi tecnici” per effettuare la comunicazione degli atti.

Secondo l'art. 64, comma 4, disp. att. c.p.p., ai fini delle comunicazioni previste dai commi precedenti, la copia può essere trasmessa con “mezzi tecnici idonei”, quando il funzionario di cancelleria del giudice che ha emesso l'atto attesta, in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale.

2. Le ultime disposizioni illustrate costituiscono la “base normativa” che consente di impiegare i mezzi telematici per la trasmissione degli atti tra autorità giudiziarie.

Diverse decisioni della suprema Corte, invece, hanno riguardato l'uso per la trasmissione degli atti come “mezzo tecnico idoneo” della posta elettronica certificata.

Secondo un primo arresto giurisprudenziale, l'impiego nel processo penale della PEC, ai sensi dell'art. 16, comma 4, del d. l. n. 179 del 2012, è espressamente previsto per la notificazione di atti indirizzati a “persona diversa dall'imputato”. Non è invece previsto per la comunicazione degli atti.

Per tale ragione, la trasmissione degli atti al collegio da parte dell'autorità giudiziaria procedente mediante l'uso della posta elettronica certificata non è stata ritenuta idonea a far decorrere il termine perentorio di dieci giorni, stabilito per la decisione da parte del tribunale del riesame, a pena di inefficacia della misura, dall'art. 309, comma 9, c.p.p. occorrendo, a tal fine, il materiale inoltro degli atti stessi (Cass., pen., 26 settembre 2017, n. 51087).

Questa pronuncia ha affrontato un profilo pratico molto delicato.

La trasmissione degli atti in forma cartacea, infatti, pur se diretta al solo tribunale, è finalizzata anche a consentire alla difesa di prendere tempestivamente visione degli stessi e di presentare memorie in cancelleria ex art. 127 c.p.p..

L'accesso della difesa agli atti, nel caso di impiego della PEC, invece, è subordinata ad incerte operazioni di stampa da parte della cancelleria, ad oggi non disciplinate nelle forme e nei tempi. In mancanza di una simile disciplina, la trasmissione degli atti a mezzo PEC si risolverebbe in una compressione del diritto di difesa, che dipenderebbe, in ultima istanza, dalla “spontanea” operazione di stampa da parte della cancelleria del tribunale del riesame.

3. Una maggiore apertura, invece, si è registrata nella giurisprudenza successiva della Corte di legittimità.

È stato riconosciuto che laPEC presenta le caratteristiche necessarie per la sua qualificazione come “mezzo tecnico idoneo” a realizzare la trasmissione degli atti tra uffici. Anche la posta elettronica certificata, dunque, rientra tra i mezzi tecnici cui allude l'art. 64, comma 4, disp. att. c.p.p.

Pur ravvisando nella PEC un mezzo tecnico idoneo, tuttavia, la Corte ha comunque escluso che la ricezione della mail, come attestata dal sistema, di per sé, possa valere a garantire il rispetto dei termini processuali nei procedimenti de libertate.

È stato affermato, infatti, che, in tema di impugnazione cautelare, qualora la trasmissione degli atti al Tribunale del riesame avvenga a mezzo PEC, il termine di dieci giorni di cui all'art. 311, comma 5-bis, c.p.p., previsto, a pena di inefficacia dell'ordinanza impugnata, per l'adozione del provvedimento a seguito di annullamento con rinvio dell'ordinanza cautelare, non decorre dal momento della ricezione della PEC all'indirizzo dell'ufficio giudiziario ricevente, ma da quello dell'effettiva e reale percezione e conoscenza degli atti, dimostrata dalla stampa della PEC e dalla verifica della integralità degli atti trasmessi (Cass. pen., 28 febbraio 2018, n. 21710).

La Corte, infatti, ha osservato che l'art. 64, comma 3, disp. att. c.p.p. richiama l'art. 150 c.p.p. secondo cui, per le notificazioni intervenute in "circostanze particolari", il giudice deve prescrivere, anche d'ufficio e con decreto motivato, le “modalità necessarie per portare l'atto a conoscenza del destinatario”.

L'art. 64, comma 4, disp. att. c.p.p., invece, stabilisce che la copia degli atti trasmessi deve essere accompagnata dall'attestazione rilasciata dal funzionario di cancelleria, in calce, della trasmissione della conformità agli originali. Ne consegue che, qualora la trasmissione degli atti attraverso il mezzo della PEC, non avvenga con le modalità sopra descritte (decreto autorizzativo del giudice e attestazione di conformità del cancelliere trasmittente), deve ritenersi che il dies a quo per la decorrenza del termine di cui all'art. 311, comma 5-bis, c.p.p. non possa fissarsi nel momento di ricezione, all'indirizzo postale, della PEC da parte dell'ufficio giudiziario ricevente, ma in quello diverso di effettiva e reale percezione e conoscenza degli atti, provato dalla stampa della PEC e dalla verifica della integralità degli atti trasmessi.

Una successiva decisione, ponendosi sulla stessa linea interpretativa della precedente, ha ribadito che la trasmissione degli atti posti a sostegno della richiesta cautelare dal pubblico ministero al tribunale del riesame può avvenire anche a mezzo posta elettronica certificata (Cass. pen., 11 aprile 2019, n. 21097).

Perché da questa trasmissione decorra il termine previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p., tuttavia, è necessario che sia stato adottato il decreto del giudice (dell'autorità giudiziaria che procede) che autorizza l'impiego dello strumento telematico e che è previsto dall'art. 64, comma 3, disp. att. che richiama l'art. 150 c.p.p.

Occorre, poi, secondo quanto prevede l'art. 64, comma 4, disp. att. c.p.p., l'attestazione della cancelleria che deve dichiarare la conformità agli originali degli atti trasmessi (attestazione che è contenuta nella mail di trasmissione). Se non sono rispettate queste formalità, ai fini del rispetto del termine, non basta la trasmissione dell'atto, ma è necessaria la ricezione e la stampa della mail, con la verifica della conformità all'originale.

4. Le conseguenze della mancanza dell'attestazione di conformità agli originali sono state oggetto di una successiva sentenza della Corte di cassazione, nella quale è stato precisato che «rimane del tutto irrilevante che non sia stata ulteriormente dichiarata la conformità degli stessi atti agli originali da parte della cancelleria ricevente, essendo comunque stata la difesa messa in condizione di consultare gli stessi atti ed eventualmente contestare proprio la loro conformità, che - comunque – deve ritenersi attestata dall'ufficio dell'autorità procedente (ovvero quello della Procura mittente), avendo esso provveduto alla loro trasmissione in forma telematica "certificata"» (Cass. pen., 14 marzo 2019, n. 32019).

Sembra, dunque, che, secondo la Corte, l'impiego della posta certificata come modalità di trasmissione degli atti renda “irrilevante” la dichiarazione del funzionario preposto all'ufficio ricevente della conformità all'originale della copia degli atti inviata. La specifica procedura della comunicazione degli atti mediante l'invio di posta elettronica certificata permette di allegare un documento previamente scansionato, non più soggetto a modifiche dopo l'invio, sicché essa offre adeguate garanzie di affidabilità che non possono essere superate dalla mera, generica, deduzione dell'incompletezza o non corrispondenza dell'atto ricevuto all'originale scansionato.

Sottesa a questa affermazione, pare scorgersi la considerazione che non è possibile che l'atto ricevuto in allegato alla PEC non sia conforme a quello trasmesso.

5. La trasmissione degli atti in forma cartacea, in particolare, pur se diretta al solo ufficio giudiziario, è altresì finalizzata a consentire alla difesa di prendere tempestivamente visione degli stessi e di presentare memorie in cancelleria ex art. 127 c.p.p. L'accesso della difesa agli atti, anche nel caso di impiego della PEC, deve essere garantito «in un tempo compatibile con i termini previsti per la celebrazione del giudizio di riesame» (Cass. pen., 14 marzo 2019, n. 32019), pur se materialmente subordinato alle operazioni di stampa degli atti da parte della cancelleria.

È appena il caso di precisare che delle forme e dei tempi di queste operazioni materiali manca qualsiasi disciplina normativa.

Il rilievo di questo profilo non è marginale, dal momento che investe direttamente l'esercizio del diritto di difesa.

6. In questo panorama, la sentenza illustrata si segnala perché ha affermato che il pubblico ministero non è obbligato a selezionare, nell'ambito del materiale raccolto nel corso delle indagini, quello specificamente relativo al singolo ricorrente, trasmettendo al Tribunale del riesame gli atti in modo “mirato”. Egli ben può inviare l'intero materiale probatorio raccolto. Tale azione è speculare a quella della selezione degli atti da trasmettere al giudice per le indagini preliminari, che comunque rientra nelle facoltà del pubblico ministero.

Nessuna norma, poi, impone al pubblico ministero di redigere schede per singoli indagati,comprensive dei soli atti investigativi ad essi riferiti.

La redazione di indici e di schede concernenti i singoli indagati, ovviamente, è quanto mai auspicabile, soprattutto per consentire lo svolgimento efficace del contraddittorio dinanzi al giudice collegiale. Anzi, la redazione di indici degli atti costituisce una buona prassi operativa. L'omissione di tale azione, tuttavia, non può essere equiparata all'omessa trasmissione degli atti, ricavandone la conseguenza dell'inefficacia della misura in esecuzione.

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