Sulla nozione di unica entità economica e sullo standard probatorio nell’abuso di posizione dominante. Remissione alla CGUE

Francesca Cernuto
09 Dicembre 2020

Con riferimento all'abuso di posizione dominante rilevante ai sensi dell'art. 102 T.F.U.E. è rimessa alla Corte di Giustizia una duplice questione pregiudiziale tesa a chiarire, per un verso, se e in quali limiti il rapporto di collaborazione contrattuale tra società formalmente autonome possa integrare l'esistenza di un'unica entità economica e, per altro verso, se sussista un obbligo in capo all'Autorità garante di verificare, anche alla luce delle analisi economiche prodotte dalle parti, l'effettiva idoneità delle clausole di esclusiva a distorcere la concorrenza in danno di operatori economici altrettanto efficienti quanto l'incumbent.

Il caso. L'ordinanza di remissione alla Corte di Giustizia scaturisce dall'impugnazione del provvedimento sanzionatorio adottato dall'AGCM ai danni di una società che, anche per il tramite dei propri concessionari di vendita, avrebbe posto in essere una serie di condotte integranti abuso di posizione dominante in violazione dell'art. 102 T.F.U.E. e consistenti nella previsione di obblighi di esclusiva merceologica, di mantenimento di una determinata gamma di prodotti in assortimento, applicazione di sconti e compensi condizionati al raggiungimento di obiettivi di fatturato.

L'operatore economico censura, tra i molteplici profili, l'imputazione diretta su di sé di condotte che sono state poste in essere dai suoi concessionari di vendita, quali soggetti autonomi e perciò responsabili in proprio. Sotto altro aspetto, si contesta il quadro probatorio assunto dall'AGCM che, nella propria istruttoria, avrebbe completamente tralasciato vuoi di considerare l'effettivo pregiudizio concorrenziale in danno di operatori economici altrettanto efficienti e vuoi di procedere all'opportuna ponderazione con gli effetti pro-concorrenziali comunque registratisi sul mercato.

Sulla nozione di unità economica unica. In via del tutto preliminare, il Collegio ritiene dirimente definire la nozione di impresa in ambito sanzionatorio antitrust onde verificare in presenza di quali presupposti il coordinamento contrattuale tra operatori economici formalmente autonomi e indipendenti, come quello che ordinariamente scaturisce da una concessione di vendita, sia tale da configurare un unico centro decisionale.

L'ipotesi va difatti tenuta distinta da quella esaminata dalla giurisprudenza europea che, a più riprese, ha definito gli indici rivelatori dell'esistenza di un rapporto di controllo e di influenza determinante tale da privare un operatore economico della propria capacità decisionale. Ad avviso del Collegio, i criteri così elaborati necessitano di una specifica rimodulazione nel caso in cui il collegamento tra imprese scaturisca da rapporti di collaborazione commerciale che, lungi dal determinare l'automatica perdita di autonomia del singolo operatore economico, costituiscono espressione della tendenza «verso uno sviluppo “a rete” dell'impresa, la quale ha condotto allo “scorporo” di alcune fasi distributive (ma anche produttive: è il caso della c.d. subfornitura) della grande impresa».

In particolare, rileva il Collegio come, nel caso di coordinamento contrattuale, la perdita di autonomia dell'operatore economico è stata talvolta desunta dalla mancata assunzione del rischio di impresa, da cui discenderebbe la qualificazione dell'intermediario come ausiliario integrato dell'impresa (cfr. CGUE, 14 dicembre 2006, in C-17/05). Senonché proprio la “fluidità” della nozione, ad avviso dell'ordinanza rimettente, rende necessario l'intervento chiarificatore da parte della Corte di Giustizia.

Sullo standard probatorio. Sotto altro profilo, l'appellante, invocando i principi della sentenza Intel (CGUE, 6 settembre 2017, causa C-413/14 P), lamenta l'omessa istruttoria da parte dell'AGCM che avrebbe dovuto ancorare l'adozione del provvedimento sanzionatorio ad una ponderazione di tutti gli effetti della condotta, sia in termini di reale restrizione della concorrenza in danno di operatori di mercato altrettanto efficienti sia sotto il profilo degli effetti pro competitivi comunque registratisi sul mercato ed evidenziati nelle relazioni di parte. A tale censura, l'AGCM oppone una lettura restrittiva dei principi resi dalla sentenza Intel che, nella ricostruzione della medesima Autorità, andrebbero circoscritti alle sole ipotesi di abuso di posizione dominante praticate mediante scontistica fidelizzante.

Il Collegio ritiene pertanto necessario sottoporre alla CGUE la questione interpretativa - in parte analoga a quella oggetto di remissione con l'ordinanza della stessa VI sezione del Consiglio di Stato 20 luglio 2020 n. 4646 – circa lo standard probatorio sotteso all'adozione del provvedimento sanzionatorio e in ordine all'effettiva sussistenza di un onere in capo all'AGCM di valutazione delle produzioni documentali di parte tese a dimostrare i reali effetti distorsivi o pro concorrenziali della condotta.

I quesiti oggetto di remissione. L'ordinanza, alla luce delle considerazioni sopra esposte, ha dunque ritenuto di sottoporre alla Corte di Giustizia i seguenti quesiti:

«1) Al di fuori dei casi di controllo societario, quali sono i criteri rilevanti al fine di stabilire se il coordinamento contrattuale tra operatori economici formalmente autonomi e indipendenti dia luogo ad un'unica entità economica ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE; se, in particolare, l'esistenza di un certo livello di ingerenza sulle scelte commerciali di un'altra impresa, tipica dei rapporti di collaborazione commerciale tra produttore e intermediari della distribuzione, può essere ritenuto sufficiente a qualificare tali soggetti come parte della medesima unità economica; oppure se sia necessario un collegamento “gerarchico” tra le due imprese, ravvisabile in presenza di un contratto in forza del quale più società autonome si «assoggettano» all'attività di direzione e coordinamento di una di esse, richiedendosi quindi da parte dell'Autorità la prova di una pluralità sistematica e costante di atti di indirizzo idonei ad incidere sulle decisioni gestorie dell'impresa, cioè sulle scelte strategiche ed operative di carattere finanziario, industriale e commerciale;

2) Al fine di valutare la sussistenza di un abuso di posizione dominante attuato mediante clausole di esclusiva, se l'articolo 102 TFUE vada interpretato nel senso di ritenere sussistente in capo all'autorità di concorrenza l'obbligo di verificare se l'effetto di tali clausole è quello di escludere dal mercato concorrenti altrettanto efficienti, e di esaminare in maniera puntuale le analisi economiche prodotte dalla parte sulla concreta capacità delle condotte contestate di escludere dal mercato concorrenti altrettanto efficienti; oppure se, in caso di clausole di esclusiva escludenti o di condotte connotate da una molteplicità di pratiche abusive (sconti fidelizzanti e clausole di esclusiva), non ci sia alcun obbligo giuridico per l'Autorità di fondare la contestazione dell'illecito antitrust sul criterio del concorrente altrettanto efficiente».

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