Non è necessaria l'effettiva comunanza di vita coniugale con il cittadino dell'Unione per essere titolare di un diritto derivato di soggiorno
21 Maggio 2015
Il rinvio pregiudiziale ha origine da una domanda di risarcimento danni presentata dal sig. Ogieriakhi, cittadino nigeriano coniugato all'epoca dei fatti con una cittadina francese, a causa dell'asserita mancanza del corretto recepimento, da parte dell'Irlanda, della direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004. Atteso che l'art. 16, par. 2, della direttiva in parola condiziona l'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, da parte dei familiari di un cittadino dell'Unione, alla condizione di avere soggiornato con quest'ultimo legalmente e in via continuativa per 5 anni, si pone la questione se la separazione dei coniugi durante il periodo considerato, vista la mancanza di una coabitazione e di un'effettiva comunanza di vita coniugale, impedisca la maturazione del predetto requisito. La Corte di giustizia dell'Unione europea, confermando i suoi precedenti, nei casi Diatta, C-267/83, e Ilda, C-40/2011, ha statuito che il cittadino di Stato terzo, coniuge del cittadino UE, acquisisce il diritto di soggiorno permanente dopo un soggiorno continuativo di 5 anni, sebbene, nel corso del suddetto periodo, i coniugi abbiano deciso di separarsi, abbiano iniziato a convivere con altri partner e l'alloggio occupato dal suddetto cittadino non sia stato più fornito né messo a disposizione di quest'ultimo dal suo coniuge cittadino dell'Unione. In sostanza, il vincolo coniugale non può considerarsi sciolto fintantoché la competente autorità non vi abbia posto fine e ciò non avviene nel caso dei coniugi che vivono semplicemente separati, neppure quando abbiano intenzione di divorziare in seguito. |