La Convenzione europea dei diritti dell'uomo non contempla il diritto di divorziare
24 Gennaio 2017
Il caso si basa sulla presunta violazione dei diritti garantiti dagli artt. 8 e 12 CEDU, ovvero sul rifiuto dei tribunali polacchi di concedere al ricorrente il divorzio e sulla conseguente impossibilità per lo stesso di contrarre matrimonio con la nuova compagna. Nella misura in cui il ricorrente invoca l'art. 8 CEDU, la Corte ricorda che, ai sensi della disposizione, i confini tra gli obblighi positivi e negativi dello Stato non si prestano ad una definizione precisa. In entrambi i casi, comunque, occorre tener conto del giusto equilibrio che deve essere raggiunto tra gli interessi in gioco e, ad ogni modo, allo Stato compete un certo margine di apprezzamento nel determinare le misure da adottare per garantire il rispetto della Convenzione. In particolare, sebbene l'art. 8 tuteli le famiglie e le relazioni di fatto, tale protezione non comporta necessariamente il riconoscimento giuridico di tali situazioni. Per quanto riguarda l'art. 12 CEDU, la Corte di Strasburgo ribadisce che la norma protegge il diritto fondamentale di un uomo e una donna di sposarsi e di fondare una famiglia. Tuttavia, gli artt. 8 e 12 non possono essere interpretati nel senso che essi conferiscono ai singoli un diritto di divorziare, anche se la Corte non esclude che la durata irragionevole del procedimento di divorzio – circostanza assente nel caso di specie – possa porsi in contrasto con l'art. 12. Essa ritiene, pertanto, che non vi è stata alcuna violazione del diritto del ricorrente di sposarsi e che gli obblighi positivi derivanti dall'art. 8 CEDU non impongono alle autorità polacche il dovere di accogliere la domanda di divorzio del ricorrente. |