Il diritto di visita deve essere garantito con misure concrete
21 Luglio 2016
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha statuito che, malgrado il margine di discrezionalità, le autorità italiane hanno violato nel caso di specie l'art. 8 CEDU, poiché non hanno posto in essere le misure necessarie e sufficienti per garantire al ricorrente il diritto di visita nei confronti della figlia. La Corte rileva che le misure disposte a tal fine, come le richieste di informazioni e il monitoraggio ad opera dei servizi sociali, sono apparse automatiche e stereotipate. Così facendo, le autorità hanno permesso che si cristallizzasse una situazione di fatto a dispetto delle decisioni giudiziarie. La mancanza di cooperazione tra i genitori separati non può impedire che vengano attuati tutti i mezzi possibili per consentire il mantenimento dei legami familiari. Secondo la Corte di Strasburgo, l'art. 8 CEDU non si limita a proteggere l'individuo contro le interferenze arbitrarie da parte delle autorità pubbliche. Accanto a questi obblighi negativi, possono essere disposti obblighi positivi. Tali obblighi debbono prevedere non solo che il minore frequenti i genitori, ma anche tutte le misure preparatorie per raggiungere questo obiettivo. Inoltre, in un caso del genere, l'adeguatezza della misura è giudicata dalla rapidità della sua attuazione. Secondo la Corte europea, dunque, sebbene i giudici italiani abbiano cercato di rispettare l'interesse della minore, l'obiettivo perseguito, dopo otto anni dalla separazione, non è stato raggiunto atteso che la stessa non ha alcun rapporto con il padre e l'unica soluzione plausibile è apparsa la collocazione in istituto.
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