Regolamento Bruxelles II-bis: la Corte di giustizia si pronuncia sulla nozione di residenza abituale del minore
29 Maggio 2015
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione del Regolamento Bruxelles II-bis nell'ambito di una controversia tra C e M in merito al ritorno in Francia della loro figlia minorenne. Tale domanda si pone a cavallo tra l'ordinamento francese che ha emesso la sentenza di primo grado in merito all'affidamento e l'ordinamento irlandese dove la minore, in forza della sentenza francese, è stata trasferita. Successivamente a tale trasferimento, la Cour d'appel de Bordeaux ha annullato la sentenza di primo grado e ha disposto la residenza della minore presso il domicilio del padre in Francia. Alla Corte si chiede se il regolamento debba essere interpretato nel senso che il giudice irlandese, adito con una domanda di ritorno della minore, debba verificare se questa avesse ancora la sua residenza abituale in Francia immediatamente prima del presunto mancato ritorno illecito. Per quanto riguarda la nozione di “residenza abituale”, la Corte di giustizia, richiamando i suoi precedenti, ricorda che essa deve essere interpretata alla luce del superiore interesse del minore e del principio di prossimità. Oltre alla presenza fisica del minore in uno Stato membro, si deve stabilire se la presenza è temporanea o occasionale e se la residenza del minore riflette la sua integrazione in un ambiente sociale e familiare. L'intenzione del genitore di stabilirsi in modo permanente con il minore in un altro Stato membro rappresenta un ulteriore indizio del trasferimento della residenza abituale. La Corte chiarisce, quindi, che la nozione di «residenza abituale» del minore compresa negli artt. 2, punto 11 (trasferimento illecito o mancato ritorno del minore), e 11 (ritorno del minore) del regolamento non può presentare un contenuto diverso da quello appena illustrato. In tale contesto appare fondamentale la circostanza che la sentenza di primo grado francese potesse essere provvisoriamente eseguita e che essa fosse gravata da impugnazione. Fondamentale altresì èil tempo trascorso tra il trasferimento e la decisione giudiziaria che annulla la decisione di primo grado. Viceversa, il tempo decorso da tale decisione non può in nessun caso essere preso in considerazione.
La Corte chiarisce, infine, che la circostanza che la residenza abituale della minore sia potuta mutare successivamente ad una sentenza di primo grado, nel corso del procedimento d'appello, e che tale mutamento sia stato eventualmente accertato dal giudice investito di una domanda di ritorno, non può costituire un elemento di cui il genitore che trattiene un minore in violazione del diritto di affidamento possa avvalersi. Tale genitore, infatti, potrebbe prolungare la situazione di fatto generata dal suo comportamento illecito nonché opporsi all'esecuzione della decisione resa nello Stato membro d'origine in merito all'esercizio della responsabilità genitoriale. Il mutamento di residenza avrebbe per effetto quello di impedire l'esecuzione di una decisione e costituirebbe un'elusione delle regole relative al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro sancite al capo III del regolamento. |