L'entrata in vigore delle disposizioni del decreto correttivo in tema di Albo dei soggetti incaricati dall'autorità giudiziaria

Silvia Zenati
14 Dicembre 2020

Con la pubblicazione in G.U. del decreto correttivo del Codice della crisi d'impresa (D.Lgs. n. 147/2020) sono entrate in vigore il 20 novembre 2020, decorso il termine ordinario di vacatio legis, le disposizioni degli artt. 37, commi 1 e 2, che intervengono sugli artt. 356, comma 2, e 357, comma 1, CCII. L'Autrice ripercorre le principali novità introdotte in tema di albo dei soggetti incaricati dall'autorità giudiziaria, evidenziando la coerenza o meno con i principi dettati dalla legge delega e con la Direttiva UE 2019/1023.
Premessa

A seguito della pubblicazione nella G.U. n. 276 del 5 novembre 2020 del D.Lgs. 147/2020, correttivo del Codice della crisi e dell'insolvenza, approvato con D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14, sono entrate in vigore il 20 novembre 2020, decorso il termine ordinario di vacatio legis, le disposizioni degli articoli 37, commi 1 e 2, del citato decreto, che recano modifiche agli articoli 356, comma 2, e 357, comma 1, del Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, di cui al D.Lgs. 14/2019.

Entreranno in vigore il 1 settembre 2021, a seguito del differimento di entrata in vigore del Codice della crisi e dell'insolvenza, disposto dall'art.5 della Legge 5 giugno 2020 n.40, di conversione del D.L. 23/2020, c.d. decreto liquidità, le modifiche all'art.358, comma 3, del D.Lgs. 14/2019 apportate dall'art.37, comma 3, del D.Lgs. 147/2020.

Come noto, il decreto correttivo al codice della crisi è stato emanato in attuazione della Legge delega 8 marzo 2019 n.20, che concedeva al governo il termine di due anni dall'entrata in vigore del codice della crisi per apportarvi le necessarie correzioni, essendo il D.Lgs. 14/2019 l'ultimo dei decreti legislativi adottati in attuazione della Legge delega 155/2017: quest'ultima normativa prevede espressamente che il governo debba tenere conto, nell'esercizio della delega, della normativa dell'Unione europea, in particolare della direttiva UE 2019/1023 del Parlamento e del Consiglio del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva UE 2017/1132.

Cercherò di ripercorrere le principali novità in tema di albo introdotte dal codice della crisi e dell'insolvenza (CCII), di analizzare le modifiche apportate dal decreto correttivo agli articoli 356, 357 e 358 del CCII evidenziando altresì la coerenza o meno con i principi della Legge delega 155/2017 e con le disposizioni della direttiva UE 2019/1023.

L'albo unico dei soggetti destinati a svolgere funzioni di gestione o controllo nelle procedure concorsuali di cui all'art. 356 comma 2

L'art.356 del CCII, adottato in esecuzione dell'

art.2 lett.o) della Legge delega 155/2017

al Governo per la riforma della disciplina della crisi di impresa e dell'insolvenza, è norma innovativa, ad eccezione per il richiamo fatto dal comma 1 all'

art. 28, comma 5, l.f.

, che già prevedeva l'istituzione del registro nazionale nel quale confluiscono i provvedimenti di nomina di curatori, commissari giudiziali e liquidatori, norma a tutt'oggi non attuata: la norma è entrata in vigore il 16 marzo 2019, e disciplina l'istituzione, sotto la vigilanza del Ministero della giustizia, dell'albo unico nazionale dei soggetti, costituiti anche in forma associata o societaria destinati a svolgere, su incarico del tribunale, funzioni di gestione o controllo nell'ambito delle procedure concorsuali.

Rispetto alla definizione dettata dall'art. 2, lett. n) CCII (“ai fini del presente codice si intende per ‘albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese' l'albo, istituito presso il Ministero della giustizia e disciplinato dall'art. 356, dei soggetti che su incarico del giudice svolgono, anche in forma associata o societaria, funzioni di gestione, supervisione o controllo nell'ambito delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza previste dal presente codice”), la rubrica del presente articolo non cita la funzione di supervisione, richiamando solo le funzioni di gestione e di controllo: inoltre, la rubrica dell'articolo in commento si limita a fare generico riferimento alle procedure previste dal presente codice, mentre l'art.2 cit. fa specifico riferimento alle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza.

Nessuna norma del decreto correttivo è destinata a precisare queste imprecisioni terminologiche, delle quali speriamo possa occuparsi un prossimo intervento correttivo. Dalla lettura del testo della norma emerge altresì qualche problema nel raccordare le (astratte) funzioni di gestione, supervisione e controllo con le (concrete) funzioni che i soggetti iscritti nell'albo sono chiamati a svolgere. L'art.356 CCII, infatti, disciplina le condizioni per l'iscrizione all'albo dei soggetti destinati a svolgere le funzioni di gestione e controllo, albo dal quale l'autorità giudiziaria sceglierà i soggetti incaricati, che dovranno essere in possesso dei requisiti, di cui all'art.358 CCII, per la nomina agli incarichi nelle procedure, secondo un profilo, delineato nella relazione ministeriale al codice, di comprovata professionalità e di specchiata onestà.

La funzione di gestione può essere senza dubbio associata all'incarico di curatore nella procedura di liquidazione giudiziale, il quale, per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale, ed ha la gestione della procedura, attribuendogli l'art. 128 CCII l'amministrazione del patrimonio compreso nella liquidazione giudiziale, e potendo lo stesso compiere, nell'ambito delle funzioni ad esso attribuite, tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori. Lafunzione di controllo è senza dubbio associata all'incarico di commissario giudiziale nella procedura di concordato preventivo, anch'esso pubblico ufficiale, con compiti di vigilanza sull'operato del debitore, di informazione, ai creditori che ne fanno richiesta, ai fini della presentazione di proposte o offerte concorrenti, e di comunicazione al pubblico ministero di fatti che possono interessare ai fini delle indagini preliminari in sede penale. Il commissario giudiziale può, anzi, deve essere nominato anche nel giudizio di omologazione di accordi di ristrutturazione, qualora si sia in presenza di istanze per l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

Resta un vuoto sulla funzione di supervisione, di non facile definizione trattandosi di dicitura atecnica che non compare in alcun altro articolato normativo concorsuale: si potrebbe forse pensare alla funzione del commissario giudiziale nella fase successiva all'omologa del concordato preventivo, in cui lo stesso ne sorveglia l'adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione.

Nessuna norma del decreto correttivo chiarisce questo interrogativo, così come nessun intervento del correttivo è destinato a chiarire a quale funzione, tra quelle di gestione, supervisione e controllo, sia deputato il liquidatore (114, comma 1., l.f.) soggetto che, essendo nominato dal tribunale nella sentenza di omologa del concordato preventivo, rientra a pieno titolo nella previsione di potenziale iscritto all'albo dei gestori della crisi, essendo destinato a svolgere, su incarico del tribunale, tale funzione nella procedura di concordato preventivo. Al liquidatore, infatti, non si adatta alcuna delle funzioni, di gestione e di controllo sin qui esaminate e citate negli artt.2, lett.n) e nella rubrica dell'art. 357 CCII, in quanto la sua nomina, da parte del tribunale, è prevista dall'art. 114 CCII nella sola ipotesi di concordato con cessione dei beni, ai fini dell'esecuzione della proposta concordataria, con precisi obblighi di rendicontazione e di informazione periodica circa l'andamento della liquidazione, sotto la persistente vigilanza del commissario giudiziale. Neppure l'attribuzione al liquidatore dell'esercizio o prosecuzione delle azioni volte a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio del debitore, e di ogni azione diretta al recupero dei crediti (art. 115, 1° co.), sembra sussumibile nelle funzioni di gestione, supervisione e controllo di cui supra, ragione per cui sarebbe necessario un futuro chiarimento sul punto.

La questione risulta ulteriormente complicata dagli inesatti rinvii normativi esistenti nelle singole norme disciplinanti le diverse funzioni sopracitate all'art. 356 (e all'art.358, in tema di requisiti per l'iscrizione all'albo). Da una lettura sistematica delle stesse risulta infatti che:

i) per la funzione di curatore nella procedura di liquidazione giudiziale esiste un rinvio espresso (l'art. 125, infatti, stabilisce che la nomina a curatore nella liquidazione giudiziale avviene “osservati gli articoli 356 e 358”);

ii) per la funzione di commissario giudiziale nella procedura di concordato preventivo, sia in continuità aziendale, sia con cessione dei beni, non esiste un rinvio espresso, in quanto l'art. 92, al quale rinviano gli artt. 44, 47 e 286, non rinvia né direttamente all'art. 356, né rinvia all'art. 125, in modo tale da consentire il rinvio indiretto all'art.356;

iii) per la funzione di liquidatore nella procedura di concordato preventivo con cessione di beni, l'art. 114 rinvia al solo art. 358. Ciò porterebbe paradossalmente a concludere, in queste ultime due ipotesi, che il mancato rinvio all'art. 356 delle norme disciplinanti la funzione di commissario giudiziale e di liquidatore determini la mancanza di un obbligo di legge per l'autorità giudiziaria di nominare a tale incarico i soli professionisti risultanti dall'albo di cui all'art. 356. Il problema era già stato segnalato dal Consiglio di Stato nel parere reso in adunanza del 5.12.2018 dalla commissione speciale in tema di coordinamento tra l'art.125 e l'art.358, ed aveva portato alla modifica del richiamo operato dall'art.125 anche all'art. 356, con ciò risolvendosi, per la sola funzione di curatore, il dubbio circa l'obbligo del tribunale di nominare il curatore tenendo conto dell'iscrizione all'albo, mentre permane il dubbio con riferimento alle funzioni di commissario giudiziale e di liquidatore.

I soggetti che possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore, commissario giudiziale, liquidatore: l'art. 358, comma 1, CCII

L'art.358 al comma 1 lettera a) individua negli iscritti negli albi professionali degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei consulenti del lavoro coloro i quali potranno essere incaricati dall'autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell'insolvenza: con la precisazione in merito alla iscrizione viene meno il dubbio, che si era venuto a creare a causa del mancato riferimento, nell'

art. 28, 1° co., lett. a), l.f.

, al requisito dell'iscrizione negli albi professionali, con la conseguenza che ora la cancellazione dall'albo professionale di appartenenza, facendo venire meno il requisito dell'iscrizione, comporterà la decadenza automatica dall'ufficio.

Sebbene non sia espressamente previsto dall'art. 358, né lo fosse dall'art. 28 l.f., spesso nella prassi i tribunali provvedono a nominare un collegio di curatori, o di commissari giudiziali, o di liquidatori, in analogia al modello già in uso nelle procedure di amministrazione straordinaria, che consentono il ricorso ad organi collegiali (artt.8, 15 e 38, d.lgs. 270/1999), qualora necessario per la eccezionale rilevanza e complessità della procedura, al fine di garantire maggiore celerità ed efficienza nella gestione della stessa.

Tali esigenze vengono meglio perseguite se a gestire la procedura sono nominati soggetti provvisti di diversa specifica professionalità, ma considerato che le nomine collegiali possono far sorgere problemi nell'esercizio della rappresentanza e nell'adozione delle deliberazioni, nella prassi, nei provvedimenti di nomina dei tre professionisti, il tribunale statuisce che: tale collegio adempia alle funzioni con attività di deliberazione a maggioranza, in caso di eventuale contrasto; vi sia esercizio congiunto dei poteri di rappresentanza attraverso almeno due dei componenti; il diritto al compenso finale non ecceda quello previsto per un unico curatore, con suddivisione per la quota di un terzo in favore di ciascuno (v. Trib. Ivrea 30.5.2006, in Fall. 07, 71 ss., dove si è proceduto alla nomina di un collegio di due curatori con poteri disgiunti).

L'inserimento degli iscritti all'albo dei consulenti del lavoro, la cui disciplina è contenuta nella

l. n. 12/1979

, tra i possibili incaricati di svolgere le funzione di curatore, commissario giudiziale e liquidatore, avvenuto in sede di ultima lettura del codice, è stato oggetto di accese critiche, legate non tanto al possesso, da parte dei consulenti del lavoro, dei requisiti garantiti dall'iscrizione in un albo professionale vigilato, quanto sotto il profilo dell'adeguatezza del percorso di studi seguito, ritenuto non in grado di formare in relazione alla specifica ed estesa professionalità richieste per lo svolgimento delle funzioni di gestione e controllo nelle procedure concorsuali.

Nella seduta del Senato della Repubblica (resoconto stenografico n. 087 del 5/2/2019), dedicata all'esame dello schema di d.lgs. approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 10/1/2019 era stata sottoposta un'interrogazione al Ministro della giustizia, in quanto l'ampliamento di competenze non era mai stato ipotizzato negli anni di lavoro tecnico preparatorio della riforma: veniva quindi sollevato il problema formativo, in quanto l'esame di stato di consulente del lavoro non contempla né elementi di diritto commerciale, né elementi di diritto fallimentare, entrambi ben presenti invece nelle rispettive prove di esame di stato delle professioni di avvocato e dottore commercialista. In risposta a questi interrogativi il Ministro della giustizia aveva replicato che la crisi d'impresa, oltre al profilo strettamente patrimoniale e gestionale, coinvolge rapporti di lavoro su cui si basa l'intera struttura aziendale, ricordando che la professionalità dei consulenti del lavoro è stata già confermata dalla possibilità di patrocinare avanti gli organi territoriali di giustizia tributaria, e dalla possibilità di essere nominati commissari liquidatori di società cooperative.

In effetti, la crisi d'impresa coinvolge sin dall'origine i rapporti di lavoro, e molti tavoli di crisi si sono attivati avendo come obiettivo principale la salvaguardia dei posti di lavoro, usufruendo degli incentivi e degli ammortizzatori sociali per gli esuberi legati alla crisi d'impresa: dal punto di vista delle competenze contabili e di gestione dell'attività d'impresa, la previsione di potersi avvalere di coadiutori, e di incaricare legali, pare essere un valido strumento per ovviare alla mancanza delle stesse nel piano formativo iniziale dei consulenti del lavoro. Lo scopo dell'ampliamento delle professionalità ordinistiche appare anche coerente con la possibilità di scelta, rimessa al tribunale, di quale figura tecnica, alla luce del caso concreto, risulti più idonea alla gestione della crisi: prescrive infatti il comma 3, lettera d) dell'art. 358 CCII che la nomina del consulente del lavoro potrà avvenire tenuto conto dell'esistenza di rapporti di lavoro subordinato in atto al momento dell'apertura della liquidazione giudiziale, del deposito del decreto di ammissione al concordato preventivo o al momento della sua omologazione. La norma pone quindi un requisito di carattere oggettivo per la nomina da parte dell'autorità giudiziaria dei consulenti del lavoro, consistente nella esistenza, verificabile in momento antecedente alla nomina, di rapporti di lavoro subordinato in essere, quindi non cessati né risolti, alla data di apertura della procedura di liquidazione, di concordato, o della sua liquidazione. In mancanza di tale requisito, e quindi laddove i rapporti di lavoro fossero venuti meno in momento antecedente tale data, l'eventuale nomina di consulenti del lavoro sarà carente del requisito oggettivo.

A seguito dell'attivazione dei corsi di formazione obbligatoria, iniziale e biennale, secondo le modalità descritte, si ritiene che anche l'iniziale deficit formativo dei consulenti del lavoro possa essere recuperato.

Il decreto correttivo approvato con D.Lgs 147/2020, all'art.37 ha ulteriormente progredito nel favor nei confronti dei consulenti del lavoro, riconoscendo anche a tale categoria la possibilità che la formazione obbligatoria di cui all'art. 4, comma 5, lettera b) DM 202/2014 sia ridotta da duecento a quaranta ore”. Tale modifica si risolve in una giusta considerazione del percorso di studi universitari già svolto da avvocati e dottori commercialisti, e consente anche ai consulenti del lavoro, i quali non necessariamente hanno svolto un ciclo di studi universitario, di beneficiare della formazione ridotta a quaranta ore.

La stessa possibilità di conseguire incarichi giudiziari riservata agli iscritti agli ordini professionali è estesa agli studi professionali associati o società tra professionisti sempre che i soci delle stesse siano avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili e consulenti del lavoro, iscritti ai relativi albi di appartenenza, proprio per consentire che la funzione di curatore, commissario giudiziale e liquidatore sia assunta da una struttura dotata già al suo interno di tutte le varie professionalità cui può risultare necessario ricorrere, ciò che può rivelarsi utile soprattutto nei casi di procedure maggiormente complesse. Una volta pervenuta la nomina ad uno studio professionale associato oppure ad una società tra professionisti, sono questi ultimi (e non il tribunale al momento della nomina) che, all'atto dell'accettazione, designano la persona fisica (sembrerebbe doversi intendere, necessariamente una sola) responsabile della procedura, ciò che dimostra come destinatario della nomina sia proprio l'ente collettivo, e non il singolo componentedesignato responsabile, con la conseguenza che, in linea di principio, i singoli atti di esercizio della funzione potranno essere compiuti da uno qualsiasi dei partecipanti a detto ente.

Infine, l

a possibilità, introdotta dalla riforma del 2006 sotto la spinta privatistica, di nominare curatori, commissari giudiziali e liquidatori coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo è stata modificata dal CCII introducendo la precisazione che le citate funzioni possono essere state svolte in società di capitali o società cooperative.Rispetto alla previgente normativa, che faceva riferimento alle sole s.p.a., si è ora ampliata la platea dei chiamati a svolgere gli incarichi giudiziali, in virtù della loro pregressa e specifica esperienza nella gestione aziendale, purché abbiano dato prova di adeguate capacità imprenditoriali,e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

Se l'ampliamento dei soggetti chiamati sia un passo avanti nella gestione manageriale delle procedure, piuttosto che un azzardo imprudente, posto che l'esperienza ritraibile dall'amministrazione di una s.r.l.s. costituita con il capitale minimo di legge di 1 euro è sicuramente diversa e meno significativa rispetto a quella di amministratore di una s.p.a., per il diverso grado di complessità organizzativa giuridica e gestionale, lo dirà solo l'applicazione concreta.

Il riferimento alle funzioni di amministrazione non implica la necessità di essere stati anche membri di un comitato esecutivo o consiglieri delegati. Dovrebbe intendersi sufficiente, per la nomina, pure la pregressa semplice appartenenza ad un comitato per il controllo della gestione nel sistema monistico (v.

art. 2409 sexiesdecies ss. c.c.

).

Il riferimento alle funzioni di direzione comporta la possibilità di essere nominati curatori per i direttori generali di cui all'

art. 2396 c.c.

Le funzioni di controllo cui la norma si riferisce sono, infine, quelle, aventi per oggetto il rispetto dei principi di corretta amministrazione, spettanti al collegio sindacale ai sensi dell'

art. 2403 c.c.

e al consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico ai sensi dell'

art. 2409 terdecies c.c.

, anche se da più parti viene posta in dubbio la capacità imprenditoriale de

i membri del collegio sindacale, i quali non gestiscono le imprese, limitandosi a vigilarle e ad esercitare il controllo legale e contabile.

Comunque l

a verifica della sussistenza, in capo al soggetto che si intende nominare, del requisito del possesso di adeguate capacità imprenditoriali, integra un accertamento di fatto rimesso al prudente apprezzamento del tribunale, motivo che giustifica la scarsissima applicazione pratica di tali nomine da parte dei tribunali nazionali.

La reintroduzione dell'obbligo di motivazione del provvedimento di nomina: la lett. a) del comma 3 dell'art. 358 CCII

L'art. 358, al comma 3, reintroduce – forse - di fatto la necessità di motivare (“tenuto conto”) il provvedimento di nomina da parte dell'autorità giudiziaria, con riferimento a quanto indicato alle lettere a), b), c) e d), ripristinando un sistema analogo a quello delineato dalla riforma del 2006, successivamente abrogato nel 2007,

che all'

art. 28, comma 2., l.f.

aveva previsto che «nel provvedimento di nomina, il tribunale indica le specifiche caratteristiche e attitudini del curatore».

Il legislatore del codice della crisi ha definito positivamente i criteri per la scelta dei soggetti da nominare, tra i quali particolare rilievo assumono le risultanze dei rapporti riepilogativi, nel presupposto che il soggetto nominato abbia già svolto le funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore: non si comprende, infatti, come le risultanze dei rapporti riepilogativi possano influenzare le nomine da parte dell'autorità giudiziaria, in quanto tali rapporti vengono redatti necessariamente dopo l'apertura della procedura, salvo che il riferimento non sia ai rapporti riepilogativi di altre procedure, già chiuse o ancora in corso, quindi nella sostanza subordinando la nomina a positivi precedenti nello svolgimento degli incarichi in altre procedure. Rimarrebbe però preclusa la valutazione dell'idoneità di un curatore di prima nomina, giacché egli si troverà a redigere i suoi primi rapporti riepilogativi nello svolgimento del suo primo incarico.

Il legislatore del codice non ha fatto tesoro delle critiche a suo tempo già formulate in tal senso da parte della dottrina (Zenati, Requisiti per la nomina a curatore, GCF Sole 24 ore, 9/2015, 20), visto che il riferimento alle risultanze dei rapporti riepilogativi di cui all'

art. 33, comma 5, l.f.

era stato inserito nel comma 3 dell'

art. 28 l.f.

dall'art.

5,

comma 1, lettera b),

d.l. 83/2015

, convertito dalla

l. 132/2015

. Pertanto, l'eventuale motivazione del provvedimento dei professionisti di prima nomina sul punto di cui alla lettera a) conterrà necessariamente una motivazione più o meno di stile.

L

a valutazione nel merito delle risultanze dei rapporti riepilogativi deve riferirsi sia all'aspetto formale, e cioè che gli stessi siano stati effettivamente redatti, e tempestivamente, nel termine previsto dalla legge, sia all'aspetto sostanziale, e quindi che siano sintetici ma completi e comprensibili, consentendo in maniera intuitiva e immediata la percezione dell'andamento della procedura per quel che concerne la liquidazione dell'attivo, rispetto a quanto previsto nel programma di liquidazione, alla consistenza del passivo, e ai motivi che impediscono la sollecita chiusura o quantomeno al riparto parziale delle somme disponibili.

La relazione ministeriale al codice della crisi precisa che proprio dai rapporti riepilogativi deve emergere la diligenza dimostrata nella gestione pregressa delle procedure, dovendosi valutare l'inosservanza dell'obbligo di tenuta dei rapporti riepilogativi esclusivamente sotto il profilo della revoca.

Le modifiche del correttivo in tema di efficienza nell'espletamento delle funzioni di cui alla lettera b) del comma 3 dell' art. 358 CCII

Tra le valutazioni che l'autorità giudiziaria deve effettuare. all'atto della scelta del professionista da nominare, ora appare anche la valutazione degli incarichi in corso, in relazione alla necessità di assicurare l'espletamento diretto, personale, efficiente e tempestivo delle funzioni: l'art. 37, comma 3, d.lgs.147/2000 ha infatti inserito, alla lettera b) del comma 3 dell'art.358, dopo la parola “personale”, la parola “efficiente”.

La novella del correttivo risponde proprio all'esigenza di rendere esplicita la necessità che lo svolgimento dell'incarico avvenga con efficienza, contemperando il rispetto puntuale della normativa concorsuale con la necessità di accelerare lo svolgimento di tutte le fasi della procedura al fine di pervenire celermente al pagamento dei creditori. Tutta questa attività, come è evidente, richiede una notevole preparazione interdisciplinare, e un'adeguata capacità organizzativa, specie per rispettare i tempi legislativamente fissati. Ed infatti il curatore, quale gestore delle imprese in crisi, deve essere una figura professionale innovativamente eclettica, di giurista-economista-venditore (così Pannella in Comm-Nigro Sandulli Santoro).

Appare quindi arduo pensare che i professionisti nominati, qualora non provvisti di adeguata struttura organizzativa, di adeguate risorse umane, e di adeguate capacità imprenditoriali, possano espletare in maniera efficace e tempestiva le funzioni loro assegnate, tenuto conto delle nuove incombenze e delle più pressanti scadenze del curatore, anche a fronte dell'allungamento a cinque anni del termine per il completamento della liquidazione.

Ed infatti il D.L. 83/2015 aveva introdotto, quale criterio aggiuntivo per la nomina a curatore, la sussistenza in capo a quest'ultimo di idonea struttura, in termini sia di risorse tecniche che umane, e ciò funzionalmente al rispetto delle nuove tempistiche introdotte dall'art. 104 ter l.f., mentre a fronte dell'eliminazione dell'obbligatorietà di tale requisito dimensionale era stato inserito nell'art. 28 l.f. la previsione che il curatore fosse nominato tenuto conto delle risultanze dei rapporti riepilogativi di cui all'art. 33, comma 5, l.f., sostituendo un parametro oggettivo con uno strumento di verifica dell'efficienza e della diligenza nello svolgimento dell'incarico.

La relazione ministeriale spiega che la nomina agli incarichi di gestione e di controllo nelle procedure è fatta dall'autorità giudiziaria anche tenuto conto degli incarichi in corso, circostanza che presuppone che il soggetto nominato abbia già svolto le funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore: proprio sulla base della numerosità ed entità degli incarichi pendenti deve essere valutata la (residua) possibilità lavorativa del soggetto incaricato, in modo da assicurare che il professionista nominato abbia realmente il tempo per dedicarsi al nuovo incarico, tenuto conto della necessità di assicurare l'espletamento diretto, personale (ai sensi dell'art. 129) e tempestivo delle funzioni. In questo i giudici saranno agevolati dalla istituzione presso il Ministero della giustizia del registro nazionale di cui all'art. 125, comma 4 CCII, tenuto con modalità informatiche, nel quale confluiscono i provvedimenti di nomina dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali, e dove vengono annotati, con i provvedimenti di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato, anche l'ammontare dell'attivo e del passivo delle procedure chiuse. Questi dati andranno a costituire una sorta di archivio delle pregresse esperienze dei soggetti da nominare nelle diverse procedure, suddivise per fasce individuabili grazie ai dati di attivo e passivo: la verifica della data di apertura e di chiusura della procedura possono fornire la base per una valutazione statistica dell'efficienza, in termini temporali (tempistica) e della qualità (percentuale di riparto ai creditori) nella condotta dell'ufficio, mentre l'analisi delle procedure selezionate in base ai valori dell'attivo realizzato e del passivo accertato può dare utili indicazioni sulla entità e complessità delle singole procedure, anche al fine di individuare la percentuale lavorativa che il professionista nominando potrà destinare, tenuto conto degli incarichi in corso, al nuovo incarico, ovvero sulla pregressa esperienza lavorativa in procedure di rilievo.

Le modifiche del correttivo in tema di rotazione degli incarichi: il comma 3 dell'art. 358, alla lettera c)

Il comma 3 dell'art.358, alla lettera c) disciplina i criteri seguiti dall'autorità giudiziaria per la nomina dei curatori, commissari giudiziali e liquidatori, stabilendo che l'autorità giudiziaria tiene, tra l'altro, conto delle esigenze di trasparenza e di turnazione nell'assegnazione degli incarichi, valutata la esperienza richiesta dalla natura e dall'oggetto dello specifico incarico.

Lo schema di decreto legislativo correttivo approvato dal Consiglio dei Ministri il 13 febbraio 2020, e sottoposta al parere parlamentare (atto della camera dei deputati n .175, trasmesso alla presidenza il 27/5/2020), intendeva, tra l'altro, sopprimere le parole “e di turnazione”, soppressione che però si poneva in contrasto con la norma di carattere generale dell'art. 5, comma 2, CCII, ai sensi del quale “Tutte le nomine dei professionisti effettuate dall'autorità giudiziaria e dagli organi da essa nominati devono essere improntate a criteri di trasparenza, rotazione ed efficienza”.

Come correttamente rilevato dal Consiglio di Stato con le osservazioni rese nelle adunanze del 2 aprile e 23 aprile 2020, tale disposizione riveste carattere inderogabile, stante la denominazione dell'articolo 5 (“Doveri e prerogative delle autorità preposte”), e il suo inserimento nella rubrica del codice deputato a disciplinare gli “Obblighi dei soggetti che partecipano alla regolazione della crisi o dell'insolvenza”.

Tra l'altro proprio sul rispetto della rotazione nel conferimento degli incarichi ai professionisti è tenuto a vigilare, con funzioni di garanzia dell'attuazione, il presidente del tribunale, ovvero il presidente della sezione competente per la trattazione delle procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza.

Quanto alla ulteriore proposta di modifica, che prevedeva la considerazione dell'assegnazione degli incarichi anche tenuto conto del numero delle procedure aperte nell'anno precedente la nomina, anch'essa andava conformata al principio generale cardine della rotazione degli incarichi, di cui all'art.5, comma 2, del CCII, essendo “evidente che negli uffici giudiziari di minori dimensioni, e quindi con un numero ridotto di procedure aperte nell'anno precedente, il principio di rotazione deve essere applicato senza pregiudicare l'esigenza di chiamare allo svolgimento degli incarichi soggetti muniti di adeguate professionalità ed esperienza “ ( CdS, osservazioni rese nelle adunanze del 2 aprile e 23 aprile 2020).

Nel decreto correttivo al CCII definitivamente approvato sono state recepite entrambe le osservazioni del Consiglio di Stato alle modifiche proposte, in particolare condividendosi le osservazioni in ordine ai criteri di nomina di curatori, commissari giudiziali e liquidatori, al fine di contemperare il rispetto del principio, generale e inderogabile, della rotazione (termine lessicalmente più corretto rispetto a quello di turnazione utilizzato nell'art.358 CCII, e perfettamente coincidente con quello utilizzato nell'art.5 del CCII, di talché non dovrebbero verificarsi problemi interpretativi), con quello, proprio degli uffici giudiziari di minori dimensioni, del ricorrente ricorso a professionisti di fiducia del tribunale, in quanto già sufficientemente rodati. Al contrario, non essendovi negli uffici giudiziari di maggiori dimensioni problemi legati al numero ridotto di procedure aperte, essendo state aperte, nell'anno precedente, svariate procedure di diversa complessità, sembra potersi affermare che nei tribunali più strutturati il principio di rotazione dovrà trovare sempre piena attuazione.

Conseguentemente il testo dell'art.358 comma 3 lettera c), a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs 147/2020, così recita: “ delle esigenze di trasparenza e rotazione nell'assegnazione degli incarichi, anche tenuto conto del numero delle procedure aperte nell'anno precedente, valutata la esperienza richiesta dalla natura e dall'oggetto dello specifico incarico”.

Tale criterio può già costituire criterio generale di indirizzo delle nomine, attesa la portata di principio generale del citato art. 5, comma 2, CCII, che dispone l'obbligo, in capo all'autorità giudiziaria titolare della nomina, del rispetto dei criteri di trasparenza, rotazione ed efficienza.

Le esigenze di trasparenza nell'assegnazione degli incarichi, valutata la specifica esperienza richiesta

Il criterio di trasparenza nell'assegnazione degli incarichi è stato introdotto, si legge nella relazione ministeriale, recependo una sollecitazione espressa dal Consiglio di Stato nel proprio parere, per soddisfare un'esigenza di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, di cui viene data evidenza attraverso la pubblicità degli incarichi conferiti ad ogni soggetto sul registro nazionale previsto dall'art. 125, comma 4, CCII. Proprio il collegamento dei dati contenuti nell'albo con il registro nazionale, nel quale confluiscono tutti i provvedimenti di nomina dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali ( e ciò anche se l'art.125 disciplina la sola nomina del curatore), i provvedimenti di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato, nonché l'ammontare dell'attivo e del passivo delle procedure chiuse consentirà di dare concreta attuazione alle esigenze di trasparenza e rotazione attraverso la pubblicità di tutti gli incarichi facenti capo al singolo professionista sul territorio nazionale. Al contrario non sembra che la pubblicità sul registro nazionale possa da sola consentire la rotazione degli incarichi, dovendo la stessa passare da un'autoregolamentazione nelle nomine da parte della singola autorità giudiziaria, alla luce delle risultanze del registro nazionale: in tal senso dispone l'art .5, comma 2, per cui tutte le nomine dei professionisti effettuate dall'autorità giudiziaria devono essere improntate a criteri di trasparenza, rotazione ed efficienza, il rispetto dei quali è garantito dalla vigilanza del presidente di tribunale (o di sezione, laddove istituita), e la cui concreta attuazione è demandata a protocolli condivisi con i giudici della sezione.

Sul tema si è pronunciato anche il C.S.M. nella delibera 12 ottobre 2016 (Risoluzione generale in tema di poteri di vigilanza dei dirigenti degli uffici giudiziari in ordine ai conferimenti degli incarichi di curatore fallimentare, perito, consulente, custode, amministratore giudiziario e ad altri ausiliari del giudice), precisando che ragioni di trasparenza conducono all'auspicio che il legislatore provveda ad assicurare una omogenea pubblicità per ogni forma di incarico affidato da ciascun magistrato dell'ufficio e dei conseguenti provvedimenti adottati.

La trasparenza e la rotazione degli incarichi sono esigenze che devono essere bilanciate con quella di nominare professionisti dotati delle necessarie, specifiche esperienze richieste dalla natura e dall'oggetto dell'incarico, dovendosi valutare, con giudizio ex ante, che il professionista nominando abbia già maturato esperienze specifiche, documentate o documentabili, che lo rendano particolarmente adatto a rivestire l'incarico, che deve essere stato già analizzato nel suo oggetto e nella sua natura. D'altro canto, tuttavia, non può tacersi che le procedure concorsuali richiedono sempre competenze di tipo giuridico, quasi sempre competenze di tipo economico, e sovente competenze di tipo aziendale, in particolare gestionale: valga per tutti l'esempio delle procedure di concordato preventivo con continuità aziendale (art. 84, 2° e 3° co.), in cui le competenze richieste al commissario giudiziale in tema di valutazione dal punto di vista aziendale ed economico-finanziario delle effettività possibilità di prosecuzione dell'attività da parte del debitore, sulla base di apposito business plan, e della funzionalità della attività stessa ad assicurare il ripristino dell'equilibrio economico finanziario, sono sostanzialmente diverse da quelle richieste al commissario giudiziale di un concordato liquidatorio, il quale dovrà attraverso la liquidazione del patrimonio valutare la possibilità dello stesso di garantire il soddisfacimento dei creditori.

Questa differenza di competenze era stata valutata nel corso dei lavori della Commissione Rordorf, e risolta nella proposta, poi non adottata, di separare le specializzazioni tra i soggetti destinati ad occuparsi di liquidazioni di aziende e patrimoni, e quelli deputati alla valutazione della continuità d'impresa.

Sul punto anche l'art.26 lettera c) della Direttiva UE 2019/1023 precisa che la nomina del professionista, in particolare nei casi che presentano elementi transfrontalieri, debba tenere conto delle esperienze e competenze dello stesso, nonché delle specificità del caso.

Nel codice della crisi una precisa applicazione del requisito del possesso di specifiche competenze si ha con riguardo agli iscritti negli albi dei consulenti del lavoro, che possono essere nominati dall'autorità giudiziaria tenuto conto dell'esistenza di rapporti di lavoro subordinato in atto al momento dell'apertura della liquidazione giudiziale, del deposito del decreto di ammissione al concordato preventivo o al momento della sua omologazione, e ciò in quanto la loro professionalità ed esperienza sono fondamentali per la gestione di procedure con rapporti di lavoro in corso.

A questo punto decisiva sarà la modalità di selezione del professionista nominando da parte dell'autorità giudiziaria che dovrà, nel rispetto dei criteri di rotazione e trasparenza, arrivare alla nomina di soggetti dotati di esperienza e competenza tali da potere gestire in maniera diretta, personale, efficiente e tempestiva la specifica procedura loro affidata, procedura che sarà stata già analizzata nel suo oggetto e nella sua natura, in modo da disporre del profilo adeguato del professionista al quale affidarla.

Un recente esempio di procedura selettiva per il conferimento degli incarichi che prevede la predeterminazione e pubblicazione preventiva dei criteri di selezione, basata su criteri qualitativi ed economici, si è avuta con il Decreto MISE 28 luglio 2016 in tema di “criteri per la scelta degli esperti delle Procedure di Amministrazione straordinaria ai sensi dell'art. 39, 2° co. del d.lgs. 8 luglio 1999 n. 270”, che prevede che il conferimento a titolo oneroso di incarichi di consulenza e collaborazione tecnica e professionale da parte degli organi della procedura di A.S. debba avvenire, nel rispetto del principio di trasparenza e tenuto conto dell'eventuale natura fiduciaria, previa acquisizione di almeno tre preventivi da esperti, professionisti, associazioni/società professionali, selezionati in base ai criteri del decreto (è precluso il conferimento di incarichi a soggetti legati al commissario straordinario o ai componenti del comitato di sorveglianza da vincoli di parentela o affinità, nonché a soggetti appartenenti al medesimo studio professionale; in particolare, il commissario deve astenersi dal nominare come consulenti della procedura professionisti dai quali sia stato nominato come consulente in procedure ad essi affidate), nell'ambito dei quali deve individuarsi la proposta più conveniente per la procedura, fermo restando che i compensi professionali non devono superare, ma al più essere inferiori, ai valori medi tariffari ridotti del 50%, salva applicazione di patti di success fee. Gli incarichi di collaborazione, consulenza o professionali conferiti, previa autorizzazione del comitato di sorveglianza, sono pubblicati dai commissari straordinari, entro trenta giorni dal relativo conferimento, sul sito internet di ciascuna procedura.

È noto che da tempo nei tribunali fallimentari sono in corso operazioni di best practice tese a creare degli elenchi di professionisti interessati a svolgere l'incarico di curatore, e che quindi ne abbiano fatto specifica domanda alla sezione, sulla base di un'adeguata formazione ed esperienza specialistica nel settore fallimentare, garantendo criteri di rotazione degli incarichi, tenuto conto della maggiore o minore complessità degli stessi. La circolare del Trib. Milano del 27/9/2010, cui hanno fatto seguito pronunce di prassi di altri tribunali, dispone l'attribuzione a ciascun professionista e a ciascuna procedura di un vero e proprio coefficiente di rating, basato sia sull'importanza e redditività delle procedure affidate, sia sulla diligenza ed efficienza con cui le attività funzionali vengono svolte, e ciò ai fini di una più congrua e perequativa distribuzione degli incarichi e della progressiva eliminazione dei professionisti rivelatisi inadeguati. I parametri, non esclusivi, per l'attribuzione del suddetto rating, venivano individuati nella: a) onorabilità, etica professionale, correttezza/ineccepibilità deontologica; b) diligenza e puntualità nell'assolvimento dei doveri funzionali e delle direttive dei Giudici Delegati; c) disponibilità e spirito collaborativo nel perseguimento degli obiettivi istituzionali di tutela dei creditori e di massimizzazione dei risultati della gestione concorsuale; d) disponibilità a sottoporsi lealmente ai controlli istituzionalmente previsti da parte del Giudice Delegato e del Comitato dei creditori; e) efficienza nell'attività accertativa, liquidativa e recuperatoria; f) trasparenza e massima attenzione nella selezione e nomina di Legali, Periti ed altri Coadiutori (evitando di nominare professionisti non adeguatamente competenti, o piuttosto “amici” o colleghi di studio, ecc.); g) preparazione culturale specifica e aggiornamento continuo in ambito concorsuale/fiscale/previdenziale.

Il Trib. Verona nella circolare del 16/1/2019 ha adottato il criterio della suddivisione dei soggetti nominandi in tre fasce (A, B e C), all'interno delle quali il conferimento degli incarichi avrà luogo scegliendo, secondo criteri di rotazione, fra gli appartenenti alla prima, seconda o terza fascia a seconda della modesta media ovvero rilevante complessità della procedura, cercando di assicurare un numero di incarichi da tre a massimo cinque per ogni anno. L'inserimento dei professionisti all'interno delle varie fasce avrà luogo tenendo conto dell'esperienza maturata, della partecipazione a specifica attività di formazione e aggiornamento nel settore delle procedure concorsuali, della presenza di una struttura organizzativa adeguata, nonché della diligenza, capacità e competenza dimostrate nel corso dell'espletamento degli incarichi conferiti, sotto il profilo dell'uso di strumenti informatici, della solerzia nella gestione delle procedure e di suoi singoli atti, del rispetto sia dei termini fissati per legge (per il deposito delle relazioni ex art. 33, dell'inventario, del programma di liquidazione, dei riparti parziali , etc.) che delle direttive impartite dalla Sezione, dell'osservanza di criteri di rotazione nel conferimento di incarichi a ausiliari o collaboratori, della correttezza nei rapporti con tutti i soggetti coinvolti della procedura.

Le modifiche del correttivo in tema di formazione e primo popolamento dell'albo: il comma 2 dell'art. 356 CCII

Le modifiche all'articolo 356, comma 2 hanno un diretto impatto sulle modalità con le quali i soggetti, in possesso dei requisiti prescritti dall'art.358, comma 1, lettere a),b) e c), possono ottenere l'iscrizione nell'Albo dei soggetti incaricati dall'autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell'insolvenza. Ai sensi dell'art.356, comma 2 CCII, “possono ottenere l'iscrizione i soggetti che, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 358, comma 1, lettere a), b) e c), dimostrano di aver assolto gli obblighi di formazione di cui all'articolo 4, comma 5, lettere b), c) e d) del decreto del Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202 e successive modificazioni”: ild.m.202/2014, recante i requisiti di iscrizione nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento, all'art.4, comma 5, lettera b) richiede il possesso di una specifica formazione acquisita tramite la partecipazione a corsi di perfezionamento istituiti a norma dell'art. 16 d.p.r. 162/1982, di durata non inferiore a duecento ore nell'ambito disciplinare della crisi dell'impresa e di sovraindebitamento, anche del consumatore. I corsi di perfezionamento sono costituiti con gli insegnamenti concernenti almeno i seguenti settori disciplinari: diritto civile e commerciale, diritto fallimentare e dell'esecuzione civile, economia aziendale, diritto tributario e previdenziale. La specifica formazione di cui alla presente lettera può essere acquisita anche mediante la partecipazione ad analoghi corsi organizzati dai soggetti indicati al comma 2 in convenzione con università pubbliche o private. Con la modifica apportata dall'art. 37 del decreto correttivo “per i professionisti iscritti agli ordini professionali degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, dei consulenti del lavoro la durata dei corsi di cui al predetto articolo 4, comma 5, lettera b) è di quaranta ore”. Tale modifica si risolve in una giusta considerazione del percorso di studi universitari già svolto da avvocati e dottori commercialisti, e consente anche ai consulenti del lavoro, i quali non necessariamente hanno svolto un ciclo di studi universitario, di beneficare della formazione ridotta da duecento a quaranta ore.

A questa formazione iniziale si deve accompagnare, ai fini del mantenimento dell'iscrizione nell'albo, quanto previsto dall'art. 4, comma 5 del d.m. 202/2014 alla lettera d), e cioè l'acquisizione di uno specifico aggiornamento biennale, di durata complessiva non inferiore a quaranta ore, nell'ambito disciplinare della crisi dell'impresa e di sovraindebitamento, anche del consumatore, acquisito presso uno degli ordini professionali di cui al comma 2 ovvero presso un'università pubblica o privata, in base a programmi le cui linee guida generali saranno dettate dalla Scuola Superiore della magistratura. Nel caso l'iscrizione all'albo sia richiesta da studi professionali associati o società tra professionisti, i requisiti di formazione devono essere in possesso della persona fisica responsabile della procedura, nonché del legale rappresentante della società tra professionisti o di tutti i componenti dello studio professionale associato.

Il decreto correttivo è intervenuto anche sulle modalità di iscrizione nell'albo in sede di primo popolamento, riducendo da quattro a due il numero delle procedure necessarie per poter ottenere l'iscrizione senza dover provare lo svolgimento della formazione professionale obbligatoria. L'art. 37 D.Lgs 147/2020, infatti, nel sotituire il comma 2 dell'art.356 dispone che “Ai fini del primo popolamento dell'albo, possono ottenere l'iscrizione anche i soggetti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 358, comma 1 che documentano di essere stati nominati, alla data di entrata in vigore del presente articolo, in almeno due procedure negli ultimi quattro anni, curatori fallimentari, commissari o liquidatori giudiziali”.

Potranno quindi ottenere l'iscrizione nell'albo i professionisti che possano documentare di essere stati nominati, entro il 16 marzo 2019, curatori fallimentari (trattandosi di nomine avvenute prima dell'entrata in vigore del codice della crisi, vale ancora l'aggettivo qualificativo fallimentare), commissari o liquidatori giudiziali in almeno due procedure negli ultimi quattro anni. La norma rappresenta un favor verso gli iscritti agli albi professionali che svolgevano da tempo le funzioni di curatore fallimentare, commissario e liquidatore giudiziale, avendo pertanto maturato una così lunga e profonda esperienza nello svolgimento degli incarichi da rendere superflua la formazione obbligatoria. La riduzione del numero delle procedure richieste giunge a valle delle critiche pervenute dagli ordini professionali, che avevano sottolineato il rischio di ottenere risultati opposti, e cioè che proprio i professionisti di pluriennale esperienza, che la norma voleva privilegiare, in realtà non riuscissero a dimostrare di avere svolto quattro incarichi , e ciò a causa della lunga durata delle procedure, dilatate per la pendenza delle azioni recuperatorie e risarcitorie, nonché per effetto della turnazione degli incarichi, che ha portato alla nomina di molti giovani professionisti. Il consiglio nazionale dei dottori commercialisti, nel marzo 2019, aveva di conseguenza criticato non solo l'elevato numero di procedure richieste, ma anche il lasso temporale preso in considerazione, ritenuto troppo limitato, ritenuto che a causa di meccanismi di rotazione, molti professionisti anche esperti potrebbero non aver ricevuto alcun incarico negli ultimi anni. Di questa doglianza, però, il legislatore del correttivo non si è fatto carico. Per quanto concerne l'individuazione delle procedure di riferimento, ai fini della considerazione del pregresso svolgimento degli incarichi, ci si è chiesti il motivo per cui la norma faccia riferimento ai commissari tout court, senza ulteriori precisazioni o aggettivazioni, così consentendo di comprendere ai fini del primo popolamento anche gli incarichi di commissario in procedure di amministrazione straordinaria. La spiegazione può essere rinvenuta nel fatto che l'art.356, 2° co. non precisa, a differenza di quanto riportato testualmente nel 1° co., che il riferimento delle quattro procedure debba essere fatto considerando solo le procedure previste nel presente codice, (il quale, per precisa scelta legislativa, non disciplina le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese”).

Il combinato utilizzo del termine commissari senza ulteriori precisazioni e di procedure, senza limitazione a quelle previste dal presente codice, consente di concludere che ai fini del conteggio delle quattro procedure possono essere considerate, oltre alla liquidazione giudiziale e al concordato preventivo, anche le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi (d.lgs.270/1999) e grandissime (d.l. 347/2003 conv. l.3/2004) imprese in crisi, nelle quali la gestione della procedura è affidata a commissari straordinari. D'altra parte escludere questi commissari dal primo popolamento dell'albo sarebbe iniquo, incongruo e contraddittorio con la finalità di preservare professionalità già acquisite negli anni e sul campo, considerato che la funzione di gestione, affidata a uno o a un collegio di commissari straordinari, di tali procedure, comportando la realizzazione anche del fine del mantenimento dei livelli occupazionali, in società o gruppi di rilevanti dimensioni, implica una professionalità più ampia e un'esperienza maggiore rispetto a quella richiesta per lo svolgimento delle funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore in procedure di piccole dimensioni. Si ritiene, quindi, che tra le funzioni svolte, ai fini del primo popolamento dell'albo, rientrino anche quelle di commissario straordinario in procedure di amministrazione straordinaria, tenuto conto che la norma del 2° co., con significativa differenza rispetto al testo del comma 1 (“ è istituito presso il Ministero della giustizia un albo dei soggetti, costituiti anche in forma associata o societaria, destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore”), fa riferimento alla pregressa nomina a curatore fallimentare, commissario (senza più la specificazione di giudiziale) o liquidatore giudiziale, con ciò aprendo testualmente anche alla categoria dei commissari (straordinari) la possibilità di iscrizione in sede di primo popolamento. Nel caso l'iscrizione all'albo sia richiesta da studi professionali associati o società tra professionisti, i requisiti per il primo popolamento dell'albo devono essere in possesso della persona fisica responsabile della procedura, nonché del legale rappresentante della società tra professionisti o di tutti i componenti dello studio professionale associato.

La norma sul primo popolamento dell'albo, pur essendo tra quelle la cui entrata in vigore era prevista al 16 marzo 2019, resta in attesa di attuazione, in quanto l'albo, seppure istituito a partire dalla stessa data, ha necessità, per il suo funzionamento, di un decreto attuativo che ne disciplini, ai sensi dell'art.357 del codice della crisi: a) le modalità di iscrizione, b)le modalità di sospensione e cancellazione, volontaria o disposta dal Ministero della giustizia, anche a seguito del mancato versamento del contributo, (lettera inserita dal decreto correttivo D.Lgs 147/2020) c) le modalità di esercizio del potere di vigilanza da parte del Ministero della Giustizia, e l'importo del contributo di iscrizione. Tale decreto inizialmente avrebbe dovuto essere adottato entro il 1° marzo 2020, termine prorogato dall'art.8, comma 4 del DL 162/2019 al 30 giugno 2020 in vista della all'epoca prevista adozione delle disposizioni correttive. Allo stato, e in attesa del decreto attuativo che ne delinei i contenuti e le modalità di istituzione e funzionamento, nessun professionista potrà iscriversi all'albo, nè in sede di primo popolamento, nè a seguito della prova dello svolgimento di specifica formazione iniziale obbligatoria.

Va evidenziato che la circostanza di essere stati inseriti per la prima volta in sede di codice della crisi e dell'insolvenza tra i soggetti possibili incaricati dall'autorità giudiziaria di svolgere le funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore non consentirà ai consulenti del lavoro di iscriversi all'albo in sede di primo popolamento, in quanto non vi è alcuna possibilità che i consulenti del lavoro abbiano svolto incarichi in procedure negli ultimi quattro anni, non essendo legittimati alla funzione sino all'entrata in vigore della riforma. I consulenti del lavoro potranno essere iscritti all'albo solo dopo la sua istituzione, in virtù dell'ottenimento dei requisiti di formazione, e comunque solo dopo l'entrata in vigore della norma dell'art. 358. Nel frattempo, restando in vigore l'art. 28 l.f., ai consulenti del lavoro non potranno essere affidati incarichi di gestione e controllo delle procedure da parte dell'autorità giudiziaria.

Nel caso la richiesta di iscrizione in sede di primo popolamento provenga da professionisti interessati a ricoprire unicamente il ruolo di componenti dell'OCRI, ai sensi dell'art. 17 CCII, il decreto correttivo prevede che possano essere iscritti, indipendentemente dalla prova dello svolgimento della formazione iniziale obbligatoria, i soggetti di cui all'art. 352 CCII: anche tale articolo, che da norma transitoria sta assumendo caratteri di stabilità, è stato interessato da modifiche, con la soppressione delle parole “lettera a) e b)”, con l'effetto che ora tutti i componenti del collegio degli esperti OCRI, e non solo quelli designati dall'autorità giudiziaria o dalla camera di commercio, possono essere individuati tra i soggetti, iscritti all'albo dei dottori commercialisti e all'albo degli avvocati, i quali abbiano svolto funzioni di commissario giudiziale, attestatore, o abbiano assistito il debitore nella presentazione della domanda di accesso in almeno tre procedure di concordato preventivo che abbiano superato la fase di apertura o tre accordi di ristrutturazione dei debiti che siano stati omologati. Le modifiche del correttivo hanno comportato anche la sostituzione della lettera c) del comma 1 dell'art. 17 CCII, con il risultato che l'esperto designato dall'associazione rappresentativa del settore di riferimento del debitore è scelto tra tre nominativi indicati dallo stesso debitore al referente. Come è stato osservato (F.Lamanna, Il Fallimentarista.it 17/2/2020) con questa scelta viene “salvaguardato il coinvolgimento del debitore nella scelta dei componenti dell'OCRI, funzionale ad una migliore conoscenza delle specificità dell'impresa e a fare in modo che l'organismo operi e sia anche correttamente percepito dal debitore come un ente amico, il cui compito è quello di assisterlo e di agevolarlo nella gestione della sua situazione di crisi”.

E' stato osservato che ciò potrebbe portare a dubitare della terzietà del componente indicato dal debitore, pur se la scelta da parte del referente all'interno della terna proposta dal debitore dovrebbe avvenire senza conoscere l'identità del debitore proponente, considerata l'indipendenza e l'equilibrio che il collegio-OCRI dovrebbe avere e dimostrare nello svolgimento delle sue funzioni: d'altra parte tutti i componenti dell'OCRI sono soggetti ad un regime pubblicistico di doveri, le cui violazioni sono sanzionate penalmente ai sensi degli articoli 344-345 del CCII, e ciò dovrebbe secondo il legislatore costituire adeguato bilanciamento rispetto a potenziali e prevedibili conflitti d'interesse con il debitore (cosi M.Ferro, Banca Dati Pluris 7/1/2020).

In questo senso, e con specifico riferimento alle modalità di designazione nel collegio degli esperti da parte del referente OCRI, va segnalata la modifica apportata dall'art. 3, n. 5 lettera b) del decreto correttivo all'art.17, comma 2 del CCII, dei criteri da seguire, non più secondo trasparenza e rotazione (così nel D.Lgs. 14/2019), bensì secondo criteri di trasparenza ed efficienza, tenuto conto, in ogni caso, della specificità dell'incarico. La novella appare coerente e non lesiva del principio di carattere generale, e quindi inderogabile, stabilito dell'art. 5, comma 2 CCII, della rotazione degli incarichi, atteso che il rispetto di tale principio vale per le nomine dei professionisti effettuate dall'autorità giudiziaria, mentre gli OCRI sono organismi a carattere privatistico.

Alla luce di quanto sopra esposto, di fatto ora l'albo di cui all'art.356 CCII appare formato di fatto da due sezioni, la prima composta dai soggetti destinati a svolgere, su incarico del Tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore nelle procedure previste nel codice della crisi e dell'insolvenza, la seconda dai professionisti interessati a partecipare quali esperti ai collegi nominati dal referente OCRI, i quali possono essere in possesso di requisiti diversi da quelli previsti dall'art.356 comma 2 CCI, potendo dimostrare di essere iscritti agli albi degli avvocati e dei dottori commercialisti, e di avere svolto le funzioni di attestatore e di advisor, e non solo di commissario giudiziale, in procedure di concordato preventivo aperte o in accordi di ristrutturazione dei debiti omologati.

Si conferma anche dopo il decreto correttivo la contraddizione esistente tra la norma transitoria dell'art.352, e quella in tema di primo popolamento dell'albo, creando il mancato riferimento, nella norma in tema di primo popolamento dell'albo, allo svolgimento della funzione di attestatore, ovvero di advisor in procedure di concordato preventivo, che siano state aperte, e di accordi di ristrutturazione, che siano stati omologati, una evidente disparità di trattamento per questi soggetti, che non potranno partecipare al primo popolamento dell'albo. Esiste quindi un problema di raccordo, già rilevato dal Consiglio di Stato, tra la norma transitoria dell'art. 352, disposizione volta in origine a disciplinare tutte le nomine dei professionisti da effettuarsi nella fase anteriore alla formazione dell'albo, e l'art 356, che non contiene alcuna disposizione volta a regolare la fase antecedente l'operatività dell'albo. Alcuni tribunali, infatti, per sopperire a tale lacuna, hanno emanato note informative nelle quali si prevede che, in attesa della formale istituzione dell'albo, gli incarichi nelle procedure iscritte dal 16/3/2019 continuino ad essere conferiti secondo i criteri di cui agli artt. 27 e 28 l.f., anche rispettando i requisiti di onorabilità, di cui all'art.356 CCII, ma senza le limitazioni in tema di primo popolamento dell'albo, contemporaneamente annotando in apposito registro informatico gli incarichi assegnati nelle procedure iscritte dal 16/3/2019 (Circolare del Presidente del Tribunale di Cremona 22/2/2019).

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