Alla CGUE due questioni sulla fornitura di ricambi realizzati da un’impresa diversa dal costruttore degli autobus destinati al servizio pubblico

15 Dicembre 2020

Il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia UE due questioni pregiudiziali sulla fornitura di componenti di ricambio realizzate da un'impresa diversa dal costruttore degli autobus da destinare al servizio pubblico.

Il caso. APAM bandiva una procedura aperta per la fornitura di ricambi autobus (di marca Iveco e con motore Iveco), stabilendo una disciplina puntuale per la formulazione di offerta di ricambi non originali, ma equivalenti.

All'esito della gara, la seconda classificata proponeva ricorso per contestare la mancata esclusione dell'aggiudicataria per non aver prodotto i certificati di omologazione dei ricambi equivalenti offerti e per aver attestato (dichiarandosi produttore, pur essendo solo un rivenditore e commerciante) l'equivalenza di prodotti in realtà costruiti da terzi, assumendo che solo questi ultimi potevano certificare la qualità del proprio prodotto. Venivano impugnati anche il bando e il disciplinare, nella parte in cui stabilivano le modalità documentali attraverso le quali le imprese concorrenti potevano rendere la prova di equivalenza dei ricambi offerti e fissavano, senza motivazione, il criterio di aggiudicazione del minor prezzo. Il TAR respingeva il ricorso.

Le questioni controverse. La controversia concerne molteplici aspetti: 1) se deve ritenersi obbligatoria, in base alla normativa di settore, nazionale e comunitaria, e alla legge di gara (che la richiama e comunque ne è di diritto integrata), la produzione del certificato di omologazione, anche per le unità tecniche indipendenti e singole componenti del veicolo che, in quanto equivalenti, non sono state omologate unitamente al veicolo; 2) se, in caso affermativo, la produzione del certificato di omologazione possa essere anche supplita dalla specifica indicazione di informazioni corrispondenti che consentano alla Stazione appaltante di verificare l'avvenuta omologazione; 3) se anche l'attestato di equivalenza, che certifica la corrispondenza del ricambio offerto all'originale, può ritenersi soddisfacente, in alternativa alla produzione del certificato di omologazione rilasciato dall'autorità competente; 4) quali sono i mezzi appropriati mediante i quali le ditte partecipanti ad una gara possono fornire prova dell'equivalenza dei prodotti offerti e, in particolare, se tali possono essere ritenute le autocertificazioni prodotte dalla concorrente che non ne sia (oppure che non ha comunque provato di essere) il costruttore; 5) da quale soggetto debba in effetti provenire l'attestazione dell'equivalenza del ricambio (che certifichi che quel ricambio ha qualità pari o superiore all'originale) e, nello specifico, se tali attestazioni possano essere rese, conformemente al diritto europeo, anche dal fornitore del prodotto ovvero esclusivamente dal costruttore; 6) quale sia, in base alla corretta interpretazione del diritto comunitario, la nozione di costruttore ai fini che qui rilevano, ed in particolare se debba ritenersi ammissibile soltanto un'interpretazione restrittiva, che identifichi il costruttore esclusivamente con il fabbricante del ricambio (il quale non esternalizza tutta la produzione, ma partecipa direttamente ad almeno una fase), ovvero se sia ammissibile e corretta, sulla base della normativa comunitaria e nazionale, anche un'interpretazione estensiva, secondo la quale costruttore (deputato a rendere l'attestazione di equivalenza della qualità del prodotto offerto ai fini della partecipazione alle gare avente ad oggetto forniture di ricambi) è anche chi assume comunque verso la Stazione appaltante la responsabilità e la garanzia del loro utilizzo.

Pertanto, posto che le concorrenti possono fornire la prova di equivalenza con qualunque mezzo appropriato, che la Stazione appaltante ha un ampio potere discrezionale nella determinazione di tali mezzi di prova e che detti mezzi, secondo la Corte di Giustizia, non devono andare oltre quanto necessario per fornire tale dimostrazione, si tratta di stabilire quali siano in concreto le modalità di esercizio di tale potere che consentano effettivamente di procedere ad una valutazione proficua delle offerte presentate dalle concorrenti.

I dubbi del Consiglio di Stato. Il Collegio sottolinea che sull'interpretazione del termine “costruttore”, in ordine alla possibilità che l'attestazione di equivalenza possa provenire anche dal mero fornitore e rivenditore del ricambio che non sia il costruttore, si contrappongono due tesi. Di tale nozione si può fornire, infatti, sia un'interpretazione restrittiva che lo fa coincidere con quella del fabbricante, sia un'interpretazione estensiva, in base alla quale il costruttore può essere inteso, in senso più ampio, anche come produttore (nel significato che assume nella normativa a tutela del consumatore), ovvero come il soggetto che immette sul mercato e commercializza, a proprio nome e sotto la propria responsabilità, i ricambi equivalenti fabbricati da altri. L'ordinanza sottolinea che le questioni controverse non rivestono un carattere meramente formale in quanto “si tratta di garantire la parità di trattamento tra gli operatori economici, stabilendo esattamente con quali modalità essi possano fornire la dimostrazione dell'equivalenza del prodotto offerto e, in difetto, subire legittimamente l'esclusione dalla gara per aver presentato un'offerta incompleta e generica”.

La normativa europea “pare richiedere”, infatti, ai fini del riconoscimento dell'equivalenza, che la concorrente fornisca sia la dichiarazione di equivalenza dei prodotti offerti sia la documentazione attestante tale presupposto. Inoltre, “è dubbio se l'utilizzo, eventualmente consentito dalla legge di gara per esigenze di semplificazione e celerità dell'azione amministrativa, della dichiarazione sostitutiva della concorrente (che non sia in grado di dimostrare la sua qualità di costruttore del prodotto o comunque a prescindere da una siffatta dimostrazione), salvo eventuali successive verifiche della Stazione appaltante, possa valere anche per gli elementi essenziali dell'offerta e dell'oggetto dell'appalto, che ricomprendono le c.d. specifiche tecniche”.

Il Collegio evidenzia che in base ad un primo indirizzo interpretativo “l'eventuale previsione di una scansione temporale che differisca la dimostrazione e il riscontro dell'equivalenza dei prodotti offerti alla fase successiva all'aggiudicazione porterebbe ad ammettere che la verifica sull'effettiva equivalenza possa essere svolta, a gara conclusa, nella fase di esecuzione dell'appalto”.

Un altro indirizzo “ritiene invece che la scansione temporale che impone la dimostrazione dell'equivalenza dei prodotti già in sede di offerta riflette principi generali dell'ordinamento interno e comunitario, in applicazione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione, nonché di imparzialità e trasparenza dell'azione amministrativa”. In base a tale orientamento ove la lex specialis venisse intesa nel senso di consentire il differimento alla fase di esecuzione del contratto della produzione della documentazione a comprova dell'equivalenza tecnica e prestazionale dei ricambi offerti, rispetto a quelli originali, la stessa sarebbe affetta da violazione dell'art. 68 del d.lgs. n. 50/2016, nonché dal principio di parità di trattamento nell'ambito del confronto concorrenziale. In tal modo, inoltre, non sarebbero garantiti i principi di imparzialità e trasparenza, potendo il giudizio di equivalenza essere influenzato dall'ormai avvenuta conoscenza dell'offerta economica.

Pertanto, la dichiarazione sostitutiva del concorrente (in luogo della certificazione del costruttore), nella misura in cui fornisce, invece, solo un c.d. principio di prova, differirebbe l'effettiva definitiva verifica della sussistenza del requisito ad un momento successivo a quello della presentazione dell'offerta, e cioè persino dopo l'aggiudicazione, in palese contrasto e violazione dei principi eurounitari.

La tesi opposta ritiene, invece, “non obbligatoria, a pena di esclusione, l'omologazione del ricambio equivalente e idonea e sufficiente (in quanto comunque comportante l'assunzione di responsabilità verso la Stazione appaltante per il relativo utilizzo) l'attestazione di corrispondenza, anche ove proveniente dalla concorrente che sia mero produttore (nell'ampia accezione su indicata) o fornitore, ed a prescindere dalla concreta dimostrazione di aver contribuito alla realizzazione e costruzione del ricambio offerto”.

I quesiti pregiudiziali. Il Consiglio di Stato ha quindi sottoposto alla Corte di Giustizia UE i seguenti quesiti pregiudiziali:

1) “se sia conforme al diritto europeo - e, in particolare, alle previsioni della direttiva 2007/46/CE (di cui agli artt. 10, 19 e 28 della detta direttiva comunitaria), nonché ai principi di parità di trattamento ed imparzialità, di piena concorrenzialità e buon andamento dell'azione amministrativa - che, con specifico riferimento alla fornitura mediante appalto pubblico di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio pubblico, sia consentito alla Stazione appaltante accettare componenti di ricambio destinate ad un determinato veicolo, realizzate da un fabbricante diverso dal costruttore del veicolo, quindi non omologate unitamente al veicolo, rientranti in una delle tipologie di componenti contemplate dalle normative tecniche elencate nell'allegato IV della su indicata direttiva (Elenco delle prescrizioni per l'omologazione CE dei veicoli) ed offerte in gara senza il corredo del certificato di omologazione e senza alcuna notizia sull'effettiva omologazione ed anzi sul presupposto che l'omologazione non sarebbe necessaria, risultando sufficiente solo una dichiarazione di equivalenza all'originale omologato resa dall'offerente;

2) “se sia conforme al diritto europeo - e, in particolare, all'art. 3, punto 27, della direttiva 2007/46/CE – che, in relazione alla fornitura mediante appalto pubblico di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio pubblico, sia consentito al singolo concorrente di autoqualificarsi come “costruttore” di una determinata componente di ricambio non originale destinata ad un determinato veicolo, in particolare ove rientrante in una delle tipologie di componenti contemplate dalle normative tecniche elencate nell'allegato IV (Elenco delle prescrizioni per l'omologazione CE dei veicoli) della direttiva 2007/46/Ce, ovvero se detto concorrente debba invece provare – per ciascuno delle componenti di ricambio così offerte e per attestarne l'equivalenza alle specifiche tecniche di gara- di essere il soggetto responsabile verso l'autorità di omologazione di tutti gli aspetti del procedimento di omologazione nonché della conformità della produzione e relativo livello qualitativo e di realizzare direttamente almeno alcune delle fasi di costruzione del componente soggetto all'omologazione, chiarendo altresì, in caso affermativo, con quali mezzi debba essere fornita detta prova”.

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