Le domande “tardive” di partecipazione alla liquidazione sono inammissibili

16 Dicembre 2020

La L. n. 3/2012, come ben noto, nulla dice in materia di domande pervenute oltre il termine indicato dal liquidatore, e la dottrina spesso si è domandata circa la possibilità di ammettere domande pervenute oltre tale termine. Ci si sofferma sul tema, prendendo spunto da una recente pronuncia di merito.
Il termine di presentazione della domanda di partecipazione alla Liquidazione del Patrimonio da parte dei creditori

Un tema sul quale la dottrina si è lungamente dibattuta riguarda il termine di presentazione della domanda di partecipazione alla liquidazione da parte dei creditori.

E qui si nota subito una differenza rispetto alla procedura fallimentare.

Non vi è solo una differenza terminologica (domanda di insinuazione allo stato passivo, nel caso del Fallimento, domanda di partecipazione alla liquidazione nel caso di Liquidazione del patrimonio).

Nel caso del fallimento è il Tribunale il quale – nella sentenza dichiarativa - statuisce il termine entro il quale i creditori devono presentare la domanda di insinuazione allo stato passivo, così come previsto dall'art. 16, comma 1, punto 5, L.F.

Nel caso di liquidazione del patrimonio è il liquidatore che stabilisce tale termine.

La norma in questione è contenuta nell'art. 14-sexies L. 3/2012, mentre nella futura disciplina della liquidazione controllata del sovraindebitato, prevista dal CCI (che andrà a sostituire l'attuale disciplina di cui alla Legge 3/2012 ), sarà il tribunale ad assegnare il termine di cui sopra ai creditori, così come previsto dall'art. 270, comma 1, lett d).

Inoltre, nel caso di fallimento, l'accertamento dello stato passivo è di carattere giudiziale; infatti l'art. 94 L.F sancisce espressamente che la domanda di ammissione allo stato passivo è domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento, così come le decisioni sull'accertamento dello stato passivo si attuano con decreto da parte del Giudice Delegato.

Diversamente, nel caso di liquidazione del patrimonio, l'accertamento dello stato passivo è effettuato dal liquidatore, anche se con metodologia analoga a quella prevista dalla legge fallimentare.

Medesima disciplina sarà prevista nella liquidazione controllata del sovraindebitato secondo l'art. 273 CCI.

Infatti, il liquidatore, tra gli altri compiti, deve comunicare ai creditori ed ai titolari di diritti reali e personali la possibilità di presentare la domanda di partecipazione alla liquidazione.

La relativa disciplina è molto simile (art. 14 septies L. n. 3/2012) a quella prevista dall'art. 92 L.F.

Infatti, occorre indicare:

  1. l'indicazione delle generalità del creditore;
  2. la determinazione della somma che si intende far valere nella liquidazione, ovvero la decisione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione;
  3. l'eventuale indicazione di un titolo di prelazione;
  4. l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata, del numero di telefax o l'elezione di un domicilio in un comune del circondario ove ha sede il tribunale competente.

Nella liquidazione controllata del sovraindebitato, per la disciplina della domanda di ammissione allo stato passivo (e non più “domanda di partecipazione alla liquidazione”), l'art. 270, comma 1, lett d) del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza rimanda alla disciplina della Liquidazione Giudiziale (è il nuovo termine introdotto dal legislatore per la disciplina del Fallimento).

Come si diceva, il termine per la presentazione delle domande è stabilito dal liquidatore e l'accertamento del credito è effettuato dal liquidatore medesimo, senza l'intervento giudiziale.

Qualora dovessero insorgere contestazioni, e queste non fossero superabili dal liquidatore, il medesimo rimette gli atti al Giudice, il quale provvede alla definitiva formazione dello stato passivo. È quanto statuito dall'art. 14 octies, comma 4, L. 3/2012, e analoga disciplina sarà introdotta con il nuovo Codice.

Come si diceva in apertura, la Legge sul sovraindebitamento nulla dice in merito alla disciplina delle domande tardive o ultratardive, a differenza della Legge Fallimentare (art. 101).

Infatti, è previsto che le domande pervenute oltre il termine di trenta giorni prima dell'udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive.

Nel caso di cui alla pronuncia del Tribunale di Busto Arsizio, con provvedimento del 28/10/2020, la domanda proposta dal creditore è giunta oltre il termine dei dodici mesi dalla formazione dello stato passivo, circostanza che ha indotto il liquidatore a rigettare la domanda e, a seguito di contestazioni da parte del medesimo creditore, il Liquidatore ha rimesso la questione al Giudice Designato.

La questione: la natura perentoria o ordinatoria del termine di cui all'art. 14 sexies L. n. 3/2012

La questione da risolvere era è, dunque, se il termine di cui all'art. 14-sexies L. 3/2012 abbia natura perentoria o ordinatoria.

Il recente provvedimento del Tribunale di Busto Arsizio (28 ottobre 2020) sopra citato, che ha ritenuto inammissibile una domanda di partecipazione alla liquidazione pervenuta oltre l'anno dalla formazione dello stato passivo, costituisce uno dei primi precedenti giurisprudenziali in materia.

Questa la vicenda processuale.

La liquidazione del patrimonio è stata aperta con decreto del Tribunale in data 10/03/2018. I liquidatore ha inviato ai creditori la comunicazione di cui all'art. 14 sexies L. 3/2012, invitando i medesimi a presentare la domanda di partecipazione alla liquidazione entro il 31/05/2018, comunicando altresì che lo stato passivo sarebbe stato comunicato entro il 22/06/2018.

A seguito di successive contestazioni che hanno richiesto l'intervento del Giudice Designato, lo stato passivo è stato formato definitivamente in data 21/01/2019.

Una domanda di partecipazione alla liquidazione è pervenuta al Liquidatore in data 4/2/2020 e, a ben vedere, oltre l'anno di formazione dello stato passivo. Tale circostanza ha indotto il liquidatore a rigettare la domanda, ma, a seguito di contestazioni da parte del creditore medesimo, egli ha rimesso gli atti al Giudice Designato.

Il Giudice si è espresso affermando la natura perentoria del termine, richiamando un precedente giurisprudenziale della Corte di Cassazione.

Infatti, alla “natura perentoria del termine [non] osta la mancata espressa previsione della sua perentorietà, poiché, sebbene l'art. 152 c.p.c. disponga che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori, non si può da tale norma dedurre che, ove manchi una esplicita dichiarazione in tal senso, debba senz'altro escludersi la perentorietà del termine, dovendo pur sempre il giudice indagare se, a prescindere dal dettato della norma, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, deve essere rigorosamente osservato, a pena di decadenza e sia quindi perentorio”.

Ebbene, dal combinato disposto degli artt. 14-sexies ss. L. 3/2012, appare la volontà non equivoca del legislatore di garantire, senza deroghe, anche nell'ambito delle procedure di liquidazione del patrimonio, il c.d. concorso formale e sostanziale dei creditori, fatti salvi gli eventuali diritti di prelazione, ed in ogni caso la preferenza accordata ai crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione, così come previsto dall'art. 14-duodecies, comma 2, L. 3/2012.

Tale dato normativo – come peraltro messo in evidenza nel decreto del Giudice di Busto Arsizio, traspare inequivocabilmente nella volontà del Legislatore della riforma del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza.

Prevede infatti l'art. 270, comma 1, lett. d) che, in fase di apertura della liquidazione controllata del Sovraindebitato, il Tribunale “assegna ai terzi che vantano diritti sui beni del debitore e ai creditori risultanti dall'elenco depositato un termine non superiore a sessanta giorni entro il quale, a pena di inammissibilità, devono trasmettere al liquidatore, a mezzo di posta elettronica certificata, la domanda di restituzione, di rivendicazione o di ammissione al passivo…”.

Come di può dedurre dall'analisi del testo normativo, il termine è inequivocabilmente di natura perentoria.

Ciò non esimerà, a parere dello scrivente, dall'esaminare eventuali domante pervenute oltre il termine stabilito dal Giudice Delegato.

Infatti, la norma prevede espressamente che la comunicazione dovrà essere inviata ai creditori risultanti dall'”elenco depositato”.

Non è ben chiaro, però, che cosa debba intendersi per “elenco depositato”.

La nuova disciplina, a differenza di quella attuale, prevede che la domanda di apertura della procedura può essere presentata da un creditore, al pari di quanto avviene per la disciplina del fallimento. In questo caso, la domanda dovrà essere presentata in Tribunale mediante ricorso.

Viceversa, qualora il debitore in stato di sovraindebitamento decida di presentare lui stesso domanda per la liquidazione controllata, dovrà farsi assistere necessariamente dall'OCC. Quest'ultimo dovrà presentare una relazione, che a sua volta dovrà esporre la situazione patrimoniale, e quindi si presume, in tale situazione dovrà essere inserito anche “l'elenco” di cui sopra.

Nel caso in cui, invece, la domanda sia depositata da un creditore, come potrà quest'ultimo fornire l'”elenco”?

In quest'ultimo caso, in assenza di contabilità, è alquanto probabile che un determinato creditore non sia preventivamente informato. Tale evenienza giustificherebbe la presentazione di domande tardive. Su tale aspetto, si attendono altri interventi chiarificatori.

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