Le novità in tema di sovraindebitamento con il Decreto Correttivo

Fabio Cesare
18 Dicembre 2020

Poco dopo il differimento dell'entrata in vigore del CCII, il legislatore è intervenuto sul codice della crisi in attuazione della legge 8 marzo 2019, n. 20, recante «Delega al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, di cui alla legge 19 ottobre 2017, n. 155».
Il D.lgs. n. 147/2020: uno sguardo d'insieme

Poco dopo il differimento dell'entrata in vigore del CCII, il legislatore è intervenuto sul codice della crisi in attuazione della legge 8 marzo 2019, n. 20, recante «Delega al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, di cui alla legge 19 ottobre 2017, n. 155».

L'intervento non incide sull'ossatura della riforma e non ne altera le direttrici principali, ma supera soprattutto molte incertezze linguistiche e definitorie razionalizzando (e talvolta semplificando) il tessuto normativo.

Il Correttivo si inserisce in un cantiere più volte ridisegnato dalla legislazione emergenziale (si veda per esempio l'art. 9 DL 34/2020): è facile preconizzare che il D.lgs. 147/2020 non costituisce il punto di approdo della fisionomia della riforma, che verrà verosimilmente plasmata nuovamente da ulteriori interventi alla ricerca di un difficile compromesso fra il potenziamento del sovraindebitamento al servizio dell'emergenza economica e la necessità di stabilizzare il sistema dei pagamenti senza sovraccaricarlo di eccessivi microdefault.

Il presente contributo intende offrire al lettore una prima lettura delle modifiche intervenute nel codice della crisi in materia di sovraindebitamento.

Le novità di sistema per il sovraindebitamento

Due le novità nelle definizioni che interessano il sovraindebitamento: viene abbandonata la precedente definizione che identificava la crisi in uno stato di “difficoltà economico-finanziaria” dell'impresa e viene precisato l'ambito delle misure protettive.

Il concetto di crisi, mutuato anche per il sovraindebitamento, viene infatti precisato come “squilibrio economico – finanziario” e non più lo stato di “difficoltà economico finanziaria del debitore” che rende probabile l'insolvenza del debitore.

Si tratta di un tentativo di ridurre le possibili ambiguità semantiche sottese alla prima formulazione: mentre il lemma “difficoltà” si presta al più ampio spettro di interpretazioni, lo “squilibrio” il successivo art. 13 (ora rubricato indici e indicatori della crisi) che definisce gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale e finanziario di norma nei sei mesi successivi.

Il Correttivo precisa infine che (i) le misure protettive di cui agli art. 20 e 54 CCII sono richieste dal debitore e non dai creditori (art. 2 lett. p); (ii) gli OCRI hanno il potere di ricevere le segnalazioni relative all'allerta esterna anche per il procedimento di composizione della crisi relativo alle imprese minori (e non la fase), il cui procedimento si deve ritenere venga svolto dinanzi agli OCC (art. 17 sesto comma CCII).

Gli interventi sulla ristrutturazione dei debiti del consumatore

Il Correttivo rettifica lievemente anche nella procedura del consumatore. Viene anzitutto precisato che la proposta può prevedere il pagamento parziale e differenziato dei creditori e dunque aperto anche alla divisione in classi (art. 67 primo comma CCII). Il riferimento evidente all'art. 85 comma terzo lett. d) in tema di concordato preventivo, che disciplina classamento. Ne consegue l'applicazione della relativa disciplina espressamente regolata solo per le imprese maggiori nel concordato preventivo, salve le regole sul voto che nella ristrutturazione dei debiti del consumatore non è contemplato.

L'art. 68 viene modificato al comma primo imponendo che la scelta del gestore per le funzioni dell'OCC non presente sul territorio debba essere preferibilmente effettuata scegliendo tra gli iscritti dell'albo dei gestori, confermando l'impostazione di assoluta preminenza della specializzazione nel sovraindebitamento dei professionisti coinvolti nelle relative procedure.

Viene poi ampliata la facoltà di opposizione dei creditori (finanziari) che hanno colpevolmente contribuito al dissesto, originariamente esclusa in radice, ora limitata alle sole ipotesi di inammissibilità e non consentita solo per il vaglio di convenienza (art. 69 secondo comma CCII).

In effetti, come specifica la relazione accompagnatoria, limitare il creditore correo del dissesto anche nel rilievo di questioni sollevabili di ufficio dal giudice appariva irragionevole.

Il d. lgs 147/2020 introduce la possibilità per il giudice di limitare il potere dispositivo del debitore dal decreto di ammissione fino all'omologa con l'obbligo di richiedere l'autorizzazione a compiere atti di straordinaria amministrazione, quale contraltare e corollario del divieto facoltativo di azioni esecutive sul patrimonio del debitore. Tuttavia, la disposizione in esame (art. 70 quarto comma CCII) rischia di rivelarsi lettera morta e addirittura di frenare il debitore dal richiedere lo stay per i procedimenti che possono pregiudicare il patrimonio del debitore, poiché il ricorrente non ha interesse a sottostare a uno spossessamento attenuato sotto la vigilanza del giudice e finirà per non rivolgere alcuna istanza per non rischiare non poter gestire il proprio patrimonio liberamente.

Sono poi precisate all'art. 71 CCII alcuni passaggi per l'esecuzione del piano: a conferma dell'assenza di qualsivoglia spossessamento post omologa, l'adempimento del piano diventa compito e responsabilità esclusiva del debitore, sotto il controllo dell'OCC- gestore che deve informare periodicamente il tribunale.

E' poi il giudice, su istanza dell'OCC, a verificare la conformità degli atti dispositivi al piano disponendo la cancellazione degli eventuali vincoli e trascrizioni pregiudizievoli autorizzando lo svincolo delle somme. Gli atti posti in essere in violazione del piano devono invece considerarsi inefficaci.

Al termine, l'OCC presenta una relazione finale (e non più un formale rendiconto) al giudice che liquida il compenso in suo favore tenendo conto della diligenza prestata: se il piano non è stato correttamente eseguito, ordina gli atti necessari, imponendo un termine per l'adempimento, il cui mancato rispetto può comportare la revoca dell'omologazione (art. 72) e non più l'automatica esclusione del compenso dell'OCC in ragione del mancato rendiconto.

Le novità nel concordato minore

Il Correttivo incide anche sul concordato minore. Il primo intervento (art. 74) precisa le ipotesi di classamento obbligatorio per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi, come già previsto per il concordato preventivo (art. 85 CCII) e come imposto dalla Direttiva 1023/2019 (art. 9 par. 4). Anche la documentazione richiesta per il deposito della domanda viene parificata alla procedura maggiore (art. 75), con l'inserimento delle dichiarazioni IVA e IRAP degli ultimi quattro anni, del domicilio digitale dei creditori che ne sono muniti e la descrizione degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni, descritti nel successivo art. 94 secondo comma. Viene parificata la disciplina del voto tra concordato preventivo e minore nell'ipotesi che vi sia un unico creditore titolare della maggioranza dei crediti e dunque determinante per l'approvazione: in questa ipotesi, l'art. 79 CCII prevede che il concordato debba essere approvato anche dalla maggioranza per teste e in caso di suddivisioni in classi, anche dalla maggioranza di esse. L'ultimo comma dell'art. 79 regola le ipotesi di esclusione dal voto già previste nel concordato preventivo: sono esclusi dal computo delle maggioranze il coniuge, la parte in unione civile e o convivente di fatto, i parenti e gli affini fino al quarto grado, , i cessionari o aggiudicatari dei crediti fino al quarto grado e la società che controlla la ricorrente, le controllate dalla debitrice nonché i creditori in conflitto di interessi. La novità di vero rilievo riguarda la modifica dell'art. 80 terzo comma che introduce il cram down erarialeper il solo concordato minore. Per evitare l'opposizione dei funzionari dell'amministrazione finanziaria, timorosi di incorrere in ipotesi di responsabilità per danno erariale e per scongiurare gli effetti della rigidità degli istituti di previdenza, che non permettono falcidie del credito, viene previsto che ove il voto di questi ultimi sia determinante per l'approvazione del piano accertato più conveniente dell'ipotesi liquidatoria, il tribunale possa omologare il concordato nonostante il voto (espressamente) negativo di questi ultimi.

Vengono poi previste alcune novità in tema di esecuzione del piano, la cui disciplina viene parificata alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, al quale dunque si rinvia.

Infine, vengono disciplinate le ipotesi di revoca del concordato minore (art. 82 CCII) nell'ipotesi in cui il piano non sia più attuabile e non possa essere modificato, con un procedimento endoconcorsuale che può essere proposto entro sei mesi dall'approvazione del rendiconto (ora relazione finale, non essendo previsto più alcun rendiconto dell'OCC).

La liquidazione controllata nel correttivo

Le novità in tema di amministrazione controllata sono di particolare rilievo. Anzitutto l'art. 268 interpolato dal Correttivo al secondo e terzo comma specifica che mentre l'istanza del debitore può essere proposta qualora ricorra anche solo la crisi, l'istanza del terzo, p.m. compreso, necessita che il resistente sia insolvente. L'istanza è poi improcedibile se nell'istruttoria non risultino debiti scaduti per almeno ventimila euro (importo da aggiornarsi periodicamente nelle modalità di cui all'art. 2 comma primo lett. d), importo inferiore a quello fissato dall'art. 49 in euro trentamila per la liquidazione giudiziale in considerazione delle minori dimensioni dei soggetti che accedono al sovraindebitamento. Coerentemente con il sistema, il debitore resistente potrà paralizzare la domanda del terzo con una relazione dell'OCC che attesti che non sia possibile ottenere attivo dalla liquidazione, nemmeno con l'esercizio di azioni giudiziarie, corredata con i documenti richiesti per l'apertura dell'esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 comma terzo CCII). Viene quindi ribadito il principio in forza del quale la liquidazione controllata richiesta dal terzo non può essere aperta senza beni da liquidare, restando prerogativa del solo debitore l'esdebitazione del debitore incapiente o la liquidazione controllata in proprio senza attivo.

Il Correttivo precisa poi all'art. 270 che la sentenza produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, con una disposizione analoga a quella dell'art. 256 in tema di liquidazione giudiziale, con una disposizione che originariamente era contenuta all'art. 65 delle disposizioni generali sul sovraindebitamento e che creava qualche rischio interpretativo per i dubbio che creava l'applicazione alla procedura del consumatore, ora sottratta alla disciplina e per la portata dell'estensione ai soci amministratori.

Viene poi chiarito che nella procedura su istanza del terzo, il tribunale è libero di nominare liquidatore giudiziale un terzo e non l'OCC che in una simile evenienza non è nemmeno nominato e dunque non può essere confermato.

Le domande tardive vengono ulteriormente limitate con l'inserimento dell'ultimo comma dell'art. 270 CCII: decorso il termine per la proposizione della domande tempestive, esse sono ammissibili sono (i) entro i termine di sessanta giorni dal momento in cui è venuta meno la causa che ha impedito il deposito tempestivo, causa della quel deve essere fornita prova espressa dall'istante (ii) non siano esaurite le ripartizioni dell'attivo. Il principio di concentrazione della procedura di liquidazione controllata ha imposto la limitazione delle istanze per evitare un ‘eccessivo dilatazione della durata.

Infine, per la chiusura della procedura, vengono richiamati i casi di chiusura della liquidazione controllata all'art. 233 comma secondo CCII (art. 276 CCII). Si tratta in particolare dei seguenti casi:

a) quando nel termine stabilito nella sentenza con cui è stata dichiarata aperta la procedura non sono state proposte domande di ammissione al passivo;

b) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione;

c) quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo;

d) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura. Tale circostanza può essere accertata con la relazione o con i successivi rapporti riepilogativi di cui all'articolo 130.

La circostanza che sia possibile la chiusura per insufficiente realizzo rende evidente che anche la liquidazione controllata può essere richiesta dal debitore in assenza di beni da liquidare, per tendere all'esdebitazione. Va notato che il richiamo all'art. 130 CCII, che riguarda i rapporti riepilogativi del curatore non può essere applicato all'istituto che ci occupa, poiché a norma dell'art. 275 CCII il liquidatore ha l'obbligo di depositare le sole relazioni semestrali.

Alla chiusura della procedura delle società di capitali il liquidatore giudiziale deve convocare l'assemblea dei soci per i provvedimenti opportuni intesi alla ripresa dell'attività o alla sua cessazione (art. 233 comma secondo, come visto richiamato dall'art. 276 CCII).

La chiusura della procedura determina anche la chiusura delle liquidazioni controllate in estensione aperte per i soci illimitatamente responsabili.

L'esdebitazione

Il Correttivo ritocca anche l'esdebitazione prevedendo che le condizioni ostative per l'apertura, qualora i debitore sia un ente collettivo, devono riferirsi alle persone fisiche e dunque ai legali rappresentanti della società, fugando il dubbio che i requisiti fossero da riferire all'ente in sé (art. 280 CCII). L'art 282 rinvia alle condizioni ostative previste per l'esdebitazione all'esito della liquidazione giudiziale, parificando anche le ipotesi inizialmente escluse (art. 280 b e c) ossia quando il debitore non ha collaborato o non ha reso corrette ed esaustive informazioni al liquidatore giudiziale, non abbia distratto l'attivo esposto passività insussistenti, oppure non abbia reso possibile la ricostruzione dell'attivo o ancora abbia fatto ricorso abusivo al credito. Anche per i sovraindebitati non consumatori, l'istituto è precluso se l'indebitamento è avvenuto con colpa grave, malafede o frode. Vengono poi imposte anche per l'esdebitazione di diritto forme idonee di pubblicità per rendere edotti i terzi eventualmente non insinuati nel passivo del provvedimento eventualmente adottato in modo che possano reagire con il reclamo (art. 282 CCII): il decreto deve essere pubblicato nell'area web riservata del Tribunale per i consumatori e per le imprese soggette all'obbligo di iscrizione anche nel Registro delle Imprese.

L'esdebitazione del debitore incapiente (art 283 CCII) vede chiarito che le utilità rilevanti da distribuire ai creditori e che impongono l'apertura di una fase distributiva devono offrire una prospettiva di soddisfacimento non inferiore complessivamente al dieci per cento, ovvero al soddisfacimento del dieci percento di tutti i creditori e non solo di un grado di essi.

Conclusioni

Il Correttivo si inserisce nell'ottica di armonizzare le prime disposizioni del Codice della Crisi all'esito delle prime riflessioni della dottrina, ma il cantiere del sovraindebitamento e dell'intero codice è ancora aperto. E ciò non solo per la presenza di aporie e spazi interpretativi in grado di tradire l'intento del legislatore. Ma anche perché la materia è di bruciante attualità e sconta una spinta contraddittoria tra chi vorrebbe ridurne l'applicazione per il rischio di incidere nel sistema dei pagamenti e coloro che interpretano in modo più autentico la necessità di perdono più generalizzato dei debiti quale risposta eccezionale a un momento storico altrettanto eccezionale. Una simile soluzione, sarebbe poi rispettosa del diritto comunitario, già al passo con i tempi con la Direttiva 1023/2019, che impone la logica della seconda opportunità, quale obiettivo preminente rispetto al sistema dei pagamenti.

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