Sulle richieste di chiarimenti alla Stazione Appaltante prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte di gara

Benedetta Gargari
23 Dicembre 2020

La Stazione appaltante, fornendo dei chiarimenti all'aggiudicataria prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte, in ordine alla possibilità di arrecare una specifica miglioria al progetto non ha contribuito a determinare una modifica sostanziale del progetto dal punto di vista metodologico.

Il caso. A seguito di una procedura aperta per la fornitura di isole ecologiche automatizzate fuori terra, la seconda classificata proponeva ricorso dinanzi al giudice amministrativo lamentando, tra l'altro, il fatto che la Stazione appaltante fornendo alcuni chiarimenti richiesti dall'aggiudicataria prima della scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte, in ordine alla possibilità di proporre un prodotto recante una specifica miglioria, avrebbe introdotto, con il sopra citato chiarimento, un'inammissibile integrazione del contenuto della lex specialis, utilizzando erroneamente l'istituto del chiarimento, al fine di introdurre una modifica alle originarie prescrizioni della gara in tema di condizioni di ammissione dell'offerta.

La soluzione del TAR Toscana. Il TAR ha in primo luogo ribadito, per quel che qui rileva, che nonostante la Stazione Appaltante avesse fornito i chiarimenti richiesti dall'aggiudicataria in ordine alla possibilità di arrecare una specifica miglioria al progetto in un settore specifico, in realtà, tale chiarimento, non è stato tuttavia, determinante ai fini di una modifica sostanziale del progetto dal punto di vista metodologico. Ebbene, l'assenza di una causa di esclusione espressa, così come il contestuale chiarimento posto in essere dalla stazione appaltante, consentono di ritenere come non si fosse in presenza di una variazione essenziale rispetto alle prescrizioni del capitolato tecnico.

Il giudice amministrativo ha richiamato anche delle recenti pronunce del Consiglio di Stato, le quali, hanno confermato il fatto che “la difformità dell'offerta rispetto alle caratteristiche tecniche previste nel capitolato di gara per i beni da fornire può risolversi in un "aliud pro alio" idoneo a giustificare, di per sé, l'esclusione dalla selezione. Tuttavia, questo rigido automatismo, valido anche in assenza di una espressa comminatoria escludente, opera nel solo caso in cui le specifiche tecniche previste nella legge di gara consentano di ricostruire con esattezza il prodotto richiesto dall'Amministrazione e di fissare in maniera analitica ed inequivoca determinate caratteristiche tecniche come obbligatorie. Dunque, il principio della esclusione dell'offerta per difformità dai requisiti minimi, anche in assenza di espressa comminatoria di esclusione, non può che valere nei casi in cui la disciplina di gara prevede qualità del prodotto che con assoluta certezza si qualifichino come caratteristiche minime. Ma ove questa certezza non vi sia e sussista al contrario un margine di ambiguità circa l'effettiva portata delle clausole del bando, riprende vigore il principio residuale che impone di preferire l'interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell'interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività - intesa anche nel senso di tipicità ed inequivocabilità - delle cause di esclusione (Cons. Stato Sez. III, 14 maggio 2020, n. 3084)”.

In conclusione, il Collegio, ha aggiunto che anche laddove si volesse prescindere da questi rilievi va evidenziato che l'offerta dell'aggiudicataria avrebbe dovuto comunque essere ammessa alla luce del principio del favor partecipationis e della tassatività delle cause di esclusione di cui all'art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016. Le cause di esclusione dalla gara, in quanto limitative della libertà di concorrenza, devono essere ritenute di stretta interpretazione” con la conseguenza che “in caso di equivocità delle disposizioni che regolano lo svolgimento della gara, deve essere preferita quell'interpretazione che, in aderenza ai criteri di proporzionalità e ragionevolezza, eviti eccessivi formalismi e illegittime restrizioni alla partecipazione”. (Cons. Stato Sez. V, 2 dicembre 2019, n. 8255).

Invero, è pacifico in giurisprudenza il fatto che in materia di offerta nelle gare pubbliche, il principio di equivalenza “permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'Amministrazione” (Cons. Stato Sez. III, 17 agosto 2020, n. 5063).