Il caso di una “successione a titolo particolare” da una associazione di tipo camorristico

Marina Ingoglia
28 Dicembre 2020

La Corte di Cassazione ha ritenuto configurabile un'organizzazione di stampo mafioso di nuova formazione, sebbene derivi da una costola del clan storico e operi sui medesimi luoghi e, quindi, in condizioni di concorrenza...
Abstract

La Corte di Cassazione – Sezione Penale II – con la sentenza n. 695/2020 ha ritenuto configurabile un'organizzazione di stampo mafioso di nuova formazione, sebbene derivi da una costola del clan storico e operi sui medesimi luoghi e, quindi, in condizioni di concorrenza.

Il caso

Nell'ambito di un sodalizio di stampo camorristico operante sul territorio di Torre Annunziata, un componente di spicco si stacca dall'organizzazione madre per dare vita a un nuovo nucleo criminale.

La nuova formazione è pronta a rivendicare nell'immediato futuro la propria egemonia sul territorio e ad esercitare una vera e propria attività di intimidazione esteriormente riconoscibile attraverso il compimento di due attentati estorsivi “eclatanti” e anche avvalendosi dell'“avviamento” dell'associazione di provenienza.

Si dubita della sussistenza di un'associazione di tipo camorristico, negandosi al gruppo i requisiti di stabilità e della forza di intimidazione.

La formazione di un nuovo gruppo criminale

Traendo in esame i diversi indicatori fattuali evidenziati in sentenza, sembra possa affermarsi che la nuova compagine di tipo camorristico ha acquisito una propria fisionomia e una propria operatività interna ed esterna, pur ponendosi, nella fase di avviamento, in stretta continuità con l'organizzazione di provenienza.

L'associazione in questione, infatti, da un lato, ha posto in essere una specifica struttura con ripartizione di ruoli e responsabilità, con una cassa comune per finanziare le attività illecite, ovvero volta a supportare le necessità dei sodali, anche garantendo l'assistenza legale in caso di arresto; adottato specifiche sanzioni nei confronti di chi aveva mancato di rispetto al capo ovvero minacciato chi aveva deciso di iniziare la collaborazione con la giustizia; predisposto azioni di rappresaglia volte all'eliminazione dei rivali.

Dall'altro, ha dato prova di “vitalità” in più occasioni.

Le decisioni di merito, al riguardo, danno ragionevolmente conto del fatto che il sodalizio criminoso disponesse di una consistente quantità di armi, anche di allarmante potenzialità, opportunatamente occultate, e del fatto che essa avesse già realizzato degli episodi di natura estorsiva e controllasse anche l'attività di spaccio in una parte del territorio di Torre Annunziata.

Risulta, inoltre, che il gruppo avesse compiuto due attentati dinamitardi – di carattere eclatante – ai danni di esercizi commerciali.

La sua compiuta strutturazione interna e la manifestata vitalità consentono, pertanto, di attribuirle il requisito della stabilità.

Nessun rilievo decisivo assume, poi, il fatto che l'associazione abbia avuto una durata “limitata”, poiché, ai fini della configurabilità del reato di partecipazione ad associazione per delinquere, nessun riferimento di carattere temporale predeterminato si rinviene nelle fonti normative, essendosi protratta la sua esistenza, in ogni caso, per un periodo di tempo apprezzabile di oltre sei mesi.

Con riguardo al requisito della forza di intimidazione, essa ha trovato una sua prima e robusta forma di espressione attraverso il compimento di episodi di natura estorsiva, assolutamente in linea con gli intenti perseguiti dalle associazioni di tipo mafioso, oltre a dotarsi delle armi necessarie a rafforzare il proprio dominio sul territorio.

Più precisamente, il nuovo gruppo criminale, sin da subito, ha posto in essere una propria attività di intimidazione esteriormente riconoscibile attraverso il compimento di due attentati dinamitardi, di natura estorsiva, ai danni di esercizi commerciali, quali fattori di produzione della tipica condizione di assoggettamento ed omertà nell'ambiente circostante, essendo i due attentati manifestazione all'esterno del metodo mafioso.

Si è anche sottolineato, in tal senso, come non risultino essere state presentate denunce o registrate forme di collaborazione con l'autorità giudiziaria da parte di coloro che avevano subito le imposizioni estorsive.

L'integrazione del metodo mafioso

Tuttavia, il novum di questa associazione criminale è rappresentato dal fatto che i componenti della nuova formazione hanno puntato, almeno all'inizio dell'esistenza in vita, sulla sua derivazione da una compagine di tipo mafiosa.

Alcuni appartenenti al sodalizio erano stati, infatti, già componenti del clan storico di riferimento. Questo spiega perché non vi furono ostacoli iniziali da parte dei clan tradizionali, seppure operanti sul medesimo territorio.

D'altra parte, si comprende bene come tale situazione indubbiamente giova al nuovo gruppo in termini di ricaduta del nomen sulla realtà circostante e del clima di intimidazione che ad essa ne consegue.

Nello specifico, è accaduto, come si è detto in premessa, che un sodale di spicco del clan originario si è staccato da esso, per dare vita a nuovo gruppo, non ponendosi, però, in termini di contrapposizione con il gruppo criminale di provenienza.

La cellula con un ruolo primario, trainando con sé l'intera compagine della nuova aggregazione e traendo vantaggio dal fatto che il clan d'origine ha manifestato un iniziale atteggiamento di tolleranza, ha nella sostanza fatto valere l'avviamento e il clima di intimidazione che il clan storico aveva diffuso e consolidato nel territorio nel corso del tempo.

In conclusione

Preliminarmente va ricordato che «la Corte di Cassazione abbia in diverse occasioni avuto modo di puntualizzare che il reato di cui all'art. 416 bis c.p. è configurabile – con riferimento ad una nuova articolazione periferica ( c.d. “locale” ) di un sodalizio mafioso radicato nell'area tradizionale di competenza – anche in difetto della commissione di reati- fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella “madre” del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzione di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, sostegno ai sodali in carcere, ecc. ) presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, lasciando concretamente presagire una già attuale pericolosità per l'ordine pubblico (ex multis: Sez. 6, n. 44667 del 12.5.2016; Sez. 2, n. 24850 del 28.3.2017; Sez. 5, n. 47535 dell'11.7.2018 )».

In questi casi, stante il mantenimento del legame con l'organizzazione di provenienza, si è ritenuta non necessaria la prova della capacità intimidatrice o della condizione di assoggettamento o di omertà in quanto l'impatto oppressivo sull'ambiente circostante è assicurato dalla fama conseguita nel tempo dalla consorteria.

Calza in tal senso, con riguardo alle “locali” di “ndrangheta”, l'ipotesi della creazione in Svizzera di una propria articolazione, tenuto conto della capacità diffusiva della fama criminale dei moderni mezzi di comunicazione, che hanno reso noto il metodo mafioso proprio della “ndrangheta”, che, pertanto, non ha più limiti geografici.

Il caso scrutinato riguarda, invece, la formazione di un nuovo gruppo criminale, su iniziativa, come si è detto, in particolare, di un soggetto che era stato stretto e fidato sodale di un clan storico, e che mira ad utilizzare la stessa metodica delinquenziale del sodalizio di provenienza.

La Corte di Cassazione, in motivazione, ha, quindi, precisato che «gli eventuali atti di violenza e minaccia, posti in essere da un'associazione di diretta derivazione da clan camorristico storicamente presente sul territorio, sono già espressivi del metodo mafioso in quanto il sodalizio non si pone in termini di “novum” rispetto a quello originario, ma ne ammanta e ne riproduce struttura e finalità criminali, finendo così per sfruttarne l'avviamento».

Ragionando secondo tale ricostruzione giuridica, appare assistersi alla formazione del nuovo criminale da una successione a titolo particolare, in concreto, determinata da una filiazione della cellula o delle cellule che si sono scisse dai sodalizi di provenienza, operanti tutti nel medesimo territorio.

Di conseguenza, l'esclusione della novazione non rende più imprescindibile la verifica dei presupposti costitutivi della fattispecie ex art. 416-bis c.p., tra cui la manifestazione all'esterno del metodo mafioso, dovendo tale accertamento compiersi, a stretto rigore di logica, in modo più blando e in termini di iniziale continuità.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario