Celerità e contenuto della decisione nel rito appalti: semplificazione a tutti i costi?

Francesca Goggiamani
04 Gennaio 2021

Relazione al convegno online dell'11 dicembre 2020 organizzato dal TAR Lazio “Le novità in materia di contratti pubblici, procedimento e processo nel decreto-legge semplificazioni”...
Premessa (1)

Sappiamo tutti che il legislatore eurounitario ha “costretto” il nostro ordinamento, in nome di effettività della tutela e concorrenza, al necessario “concerto” tra impugnazioni e stipula del contratto sicchè ora codice dei contratti pubblici e codice del processo prevedono un sapiente coordinamento tra atti di gara/comunicazione/accesso - tempi delle impugnazioni e del loro esito tempi del contratto, concerto che nella stand still sostanziale e processuale trova il punto di cesura.

Naturale, quindi, che quando si pensi ad accelerare le procedure dei contratti per sbloccare investimenti e realizzazioni di opere pubbliche si pensi anche a toccare le norme processuali.

Non a caso la norma del d.l. 76/2020 che si occupa delle modifiche processuali interviene contestualmente sull'art. 32 c.c.p. in punto di tempo di conclusione del contratto, facendolo divenire perentorio e disponendo che l'Amministrazione non possa utilizzare come giustificazione del rinvio della stipula la pendenza di un ricorso giurisdizionale, se in esso non è stata disposta o inibita la stipulazione del contratto, dunque, per evitare – come ricordano nel volume i cons. Simonetti e Storto - atteggiamenti <<attendisti/pilateschi>> da parte della stazione appaltante.

Il problema, però, è se alla mera riflessione sulle esigenze di accelerazione e agli interrogativi sulle modalità per garantirle anche attraverso le norme processuali il legislatore faccia conseguire riforme sul processo d'emblée.

Così è stato nel decreto semplificazioni ed una volta che esse, a regime e transitorie che siano, sono ius conditumè naturale per gli operatori interrogarsi se tali novellesiano effettivamente necessarie/ se esse per il loro contenuto siano buone riforme/ che siano destinate a trovare concreta applicazione o piuttosto a rimanere lettera morta.

Sono i dati citati da tutti i commentatori sul tema, infatti, ad insegnarci che il processo sui contratti pubblici per come già congegnato non sia, affatto, il collo dell'imbuto della tempistica dei contratti: mediamente si ottiene una pronuncia cautelare in trenta giorni e la sentenza definitiva in due gradi in meno di un anno.

Allora aveva senso accelerare ulteriormente rispetto a quanto già fatto?Certo una decisione immediata in un mondo ideale è sempre auspicabile, ma non lo può essere se nel mondo reale vi sia il rischio di una decisione frettolosa e comprometta garanzie difensive ed effettività della tutela.

La storia – tra le altre - dell'introduzione e dell'abrogazione del rito ammissioni/esclusioni insegna, che novelle non sufficientemente meditate passano per la sapiente applicazione riduttiva della giurisprudenza (2), per le contestazioni costituzionali (3), per la aspra critica della dottrina portando alla retromarcia del legislatore.

Le domande che ho prima citato vanno, allora, poste per ognuno degli istituti novellati dal d.l. n. 76/20.

La ordinaria sentenza breve ed i nuovi termini di deposito della sentenza ordinaria: semplificazione rectius velocizzazione necessaria?

1. Iniziamo dalla riforma (di regime) del 120 c.p.a con la previsione in via ordinaria della sentenza breve all'esito dell'udienza cautelare.

La norma, in quanto imponente il giudizio immediato per come precisato dagli autori, è stata percepita dai Giudici amministrativi con preoccupazione – pur nonostante la stemperata imperatività rispetto a quanto prevedeva il decreto ante conversione - non essendo sempre adottabile la sentenza breve per la complessità delle questioni, per la velocità del rito con termini dimezzati, per la sua tempistica incalzante che riduce i tempi di meditazione su questioni complesse, con memorie depositate sino al giorno libero antecedente l'udienza camerale in cui si avranno repliche orali e per l'intervenire a fronte di difese non sempre approfondite con materiale probatorio raccolto in tempi ristretti(pensiamo già solo all'Avvocatura pubblica che in questa fase spesso si limita a depositare la relazione dell'amministrazione).

In fondo è già solito il G.a. adottare frequentemente tale decisione semplificata quando la natura delle questioni, le difese e gli atti prodotti lo consentono con un dato statistico di circa una sentenza breve ogni 4 ricorsi (4) e le stesse parti molte volte la invocano quando il thema decidendum a loro avviso lo consente. Dell'uso fatto sinora della facoltà processuale non risultano deficit particolari, tutt'altro. In breve, la valutazione in concreto agli attori del giudizio appare più consona di una valutazione in astratto da parte del legislatore.

I Presidenti più attenti pongono al relatore la domanda “te la senti di fare sentenza breve”? a dimostrazione che essa non possa essere eteroimposta, ma dipenda dalla singola res controversa, dai tempi propri della meditazione della decisione nei casi complessi.

Nella primissima attuazione del d.l. semplificazioni l'atteggiamento dei Giudici che si è colto è stato, conseguentemente, di sostanziale conservazione dello status quo ante, con lievissimo incremento della definizione immediata e, piuttosto, con mera limitazione nella motivazione delle ordinanze cautelari della dicitura di stile incompatibilità del tipo del giudizio alla definizione immediata (5).

La norma pare, allora, ridursi a sollecitare la s.b. ove compatibile con il materiale decisionale, con prevalenza sui ragionamenti relativi ai carichi di ruolo.

Avvocatura e dottrina dal canto loro per i giudizi “non liquidi” rivendicano la conservazione delle facoltà difensive proprie del giudizio del merito, della doppia lettura (magari di doppio grado) della fase cautelare e di quella del merito, auspicabilmente questa adottata in esito a difese aggiustate di tiro dall'esito della prima.

Il processo di “durata ragionevole”, per come più volte affermato anche dalla Consulta (6), deve avere una “durata giusta” per consentire spiegamento del contradditorio e diritto di difesa. Un giudizio frettoloso rischia di non accelerare in termini di lungo periodo, provocando ulteriore contenzioso in appello.

Dubito, poi di richieste di sentenze brevi su congiunta richiesta delle parti di limitare la decisione ad una unica questione, come senza gran esito è rimasto l'analogo strumento dell'art. 72 c.p.a. per le ovvie esposizioni dei difensori alla responsabilità professionale.

2. Seppur non vi siano novelle sulla motivazione, la tempistica imposta con la decisione immediata in fase cautelare o di deposito della sentenza a seguito dell'udienza pubblica nell'ora ridotto termine di 15 giorni potrebbe avere effettiva incidenza sullo sviluppo motivazionale più di quanto avvenuto sinora nonostante la previsione della sentenza in forma semplificata anche all'esito del merito risalga all'entrata in vigore codice del processo.

È probabile, infatti, che in caso di definizione con sentenza immediata la contrazione motivazionale sia maggiore con incremento dell'adozione della forma del “rilevato/considerato/ritenuto” in luogo di quella discorsiva pur semplificata.

Nel diverso caso della decisione in esito all'udienza pubblica è noto che sinora l'alleggerimento motivazionale, per come risulta dalla lettura delle sentenze, non ha avuto grande peso perchè i giudizi che arrivano nel merito degli appalti sono di loro “poco leggeri”, diversamente da accesso, silenzio ed ottemperanza. Il termine di 15 giorni per il deposito potrebbe, però, dare effettiva una spinta verso la contrazione motivazionale.

Ma di ciò poco a mio avviso poco importa: la decisione sintetica (ovviamente completa nell'affrontare le questioni, come ricorda il volume citando la Plenaria n. 5/2015) (7) è utile nella sua asciuttezza a centrare le questioni con rigore logico (con il motto “scusate se sono prolisso ma non ho il tempo di essere sintetico”).

3. Quello che ritengo rimarrà lettera morta sarà, invece, l'uso del dispositivo il quale da risposta immediata a parti che ne fanno richiesta diviene mezzo del Giudice per differire il deposito della decisione ove particolarmente complessa.

Anche qui guardiamo i dati: dopo il 2014, anno in cui il dispositivo da obbligatorio in 7 giorni è divenuto eventuale a richiesta delle parti ne sono stati resi nel rito ex art. 120 c.p.a. trai 100 e 170 l'anno (di cui una cinquantina circa in appello), a fronte del migliaio degli anni 2011- 2014.

Le parti, infatti, salve ipotesi di estrema urgenza non lo chiedono nella consapevolezza dell'insidiosità che si nasconde dietro un verdetto senza motivazione e della essenzialità di questa nel giudizio amministrativo, più che di ogni altro processo, per l'effetto conformativo che ne deriva e per la sua ricaduta nella eventuale ottemperanza. Senza dimenticare che i dicta delG.a. hanno rilevanza oltre la singola controversia orientando concretamente ed incisivamente l'operare delle Amministrazioni, caratteristica questa che segna il vero tratto distinto dal giudizio civile.

I Giudici (e penso di non sbagliare nella previsione) proprio perché la decisione risulta complessa, tanto da non aver consentito la chiusura del giudizio in via immediata nella fase cautelare, si asterranno dal rendere un dispositivo non preceduto dalla riflessione e soluzione che solo la redazione della motivazione può assicurare essere corrette, specie a fronte dell'obbligo di redigere non un dispositivo “secco”, ma un dispositivo che precisi le misure per dare attuazione alle domande accolte.

Che senso ha dopo l'udienza pubblica studiare il fascicolo per emettere sentenza rinviando la motivazione?

D'altra parte la norma pressocchè analoga prevista nel rito societario (8), di complessità simile al rito appalti, è stata abrogata.

Rammentano Simonetti e Storto la sostituzione anche nel rito del lavoro dell'emissione del dispositivo nell'udienza di discussione con la decisione contestuale, salva la particolare complessità. Sono copiose le sentenze della Cassazione che si sono dovute occupare delle ipotesi di discrasia tra motivazione postuma e dispositivo sino all'estrema ipotesi delle sentenze cd. suicide, della conseguente nullità della sentenza (9), dei contrasti solo apparenti (10), dei margini di ricorribilità all'errore materiale (11) ed il contenzioso lavoristico risulta mediamente notevolmente meno complesso della materia appalti. Siamo sicuri di voler affrontare analoghe problematiche?

La decisione cautelare ex art. 4 co. 3 d.l. n. 76/20

Passiamo alle novità introdotte dal decreto semplificazioni sui parametri del giudizio cautelare.

Di primo acchito la stringente guida del giudizio sul periculum dato dall'art. 125 c.p.a. ora esteso a tutti gli appalti stipulati nel periodo emergenziale (allo stato 31.12.2021) appare dare poche chance di riconoscimento favorevole del presupposto della cautela.

Alla strategicità delle opere come interesse definito legislativamente come primario è ora equiparato l'interesse alla conclusione degli appalti nel periodo emergenziale, sopra o sotto soglia, qualunque ne sia l'oggetto sicchè la misura cautelare non può, secondo il legislatore della semplificazione, essere ordinariamente “intoppo” per la conclusione del contratto, specie ove il pregiudizio del ricorrente sia riparabile economicamente.

Il volume, al pari di altri autorevoli commentatori, ridimensiona la novella relativizzando la differenza tra il 125 c.p.a. ed il disposto del comma 8 ter dell'art. 120 c.p.a, che, già distante dal disposto dell'art. 55 co. 1 e dall'art. 119 co. 4 c.p.a., ha il suo tratto peculiare, oltre che nella valutazione più vigorosa dell'interesse pubblico sotteso all'esecuzione del contratto, nell'essere la tutela cautelare anticipatoria di una sentenza che pur a fronte del riscontro del vizio procedurale non conduce sempre all'accoglimento della domanda di inefficacia del contratto (12).

È, però, anche vero il contrario: vista la stand still, viste le esigenze di effettività della tutela per chi ricorre¸ vista la sistematica prevalenza della tutela in forma specifica su quella risarcitoria per equivalente, la concessione della misura cautelare è più essenziale laddove i vizi riscontrati siano rapidamente correggibili dalle stazioni appaltanti tramite la riedizione del potere all'esito della fase cautelare, portando ad una correzione dell'aggiudicazione ed alla conclusione del contratto con l'affidatario legittimamente meritevole prima dell'avvio dell'esecuzione con il primo (illegittimo) contraente, avvio dell' esecuzione che normalmente giustifica ex art. 122 c.p.a. il rigetto della domanda di inefficacia. Ciò ancor di più quando il vizio è garanzia di affidabilità del contraente.

La tutela cautelare va, allora, concessa ove sia possibile un intervento correttivo immediato, perché alla luce del binomio intervento del Giudice – riedizione del potere il significato della concessione della misura cautelare non è di stallo, ma di correzione.

Questa è la ratio delle direttive eurounitarie.

Paradossalmente, le finalità del decreto semplificazioni vanno, piuttosto, forse ad incidere nel loro complesso su una norma lasciata invece intonsa, la fissazione in sede cautelare dell'udienza di merito senza la decisione provvisoria ed urgente di cui all'art. 55 co. 10 /119 comma 3 c.p.a.: la necessità della decisione in tempi brevi del G.a. risulta poco compatibile con la definizione cautelare con una ordinanza di “merito a breve” che non orienta affatto le parti e che determina la cessazione dell'operare della stand still secondo quanto previsto dall'art. 32 co. 11 c.c.p.

Ma torniamo a quanto novellato.

Volendo riconoscere portata distintiva alle due dizioni, rintracciabile nel giudizio di preminenza dell'interesse pubblico presente nel 125 c.p.a. e non nel 120 c.p.a., anche per dar senso alla novella ed alla sua ratio,vi è da chiedersi se effettivamente la netta preponderanza per il difetto di periculum, stante la prevalenza della celerità della procedura sull'interesse ristorabile del ricorrente, possa essere giustificata qualunque sia l'oggetto di contratto, qualunque sia il suo valore, qualunque sia il vizio, senza considerare la contraddizione con il mancato coordinamento con il limite intoccato della stand still processuale e senza considerare che nel 125c.p.a. la limitazione della tutela cautelare si aggancia alla limitazione del giudizio di caducazione che nel d.l. semplificazione è prevista solo in un caso eccezionale.

Ci sono vizi, come sottolineato dai più attenti, che rindondano a vantaggio non solo del ricorrente, ma anche dell'interesse pubblico generale ad affidare il contratto a soggetto affidabile la cui offerta sia realmente adeguata, interesse che può prevalere su quello della singola stazione appaltante ad affidare celermente il contratto all'aggiudicatario. Proprio in tal caso la tutela cautelare ante contratto ha più senso.

In proposito vorrei aggiungere una osservazione concreta sulla reparabilità del pregiudizio che mi viene dalla passata esperienza di Giudice delegato ai fallimenti: per una impresa il ristoro economico dopo i tempi di riconoscimento propri del giudizio risarcitorio spesso e volentieri non è realmente ristoratrice. Salvo che per imprese floride, il lucro cessante nell'immediato ed il danno curriculare non ristorato nell'immediatezza possono incidere anche sulla stessa vita dell'impresa.

Simonetti e Storto ricordano, d'altro canto, l'uso estremamente prudente nella materia dei contratti pubblici della tutela cautelare fatta sinora da parte del Giudice amministrativo.

Si potrebbe rispolverare la memoria con la vicenda degli eventi alluvionali di Genova (13) per i quali il G.a. – in epoca antecedente all'introduzione del comma 8 ter - aveva negato la tutela cautelare per la prevalenza, nonostante gli approfondimenti istruttori per il vaglio della fondatezza del ricorso, "dell'interesse pubblico al celere avvio delle prestazioni che formano oggetto dell'appalto" e i ritardi poi avutisi per la conclusione del contratto sono stati da imputare alla scelta “attendista” della stazione appaltante. Eppure, il legislatore ha sentito di dover emanare in sede di conversione il co. 2 sexies all'art. 9 d.l. 133/2014 secondo cui nelle procedure indette a fronte della dichiarazione dello stato di emergenza la tutela cautelare è concedibile solo a fronte di prevalenza rispetto alle esigenze di incolumita' pubblica.

Allora, forse, piuttosto che a riforme sul contingentamento del giudizio cautelare che poco o nulla apportano alla prassi giurisprudenziale, vanno preferite riforme sull'Amministrazione, sugli investimenti formativi delle stazioni appaltanti ed in tale ottica va ritenuta buona la riforma dell'art. 32 c.c.p. secondo cui ove non giunga la sospensione la pendenza del ricorso non può essere scusa per rinviare la stipula. Anche le norme su responsabilità erariale ed abuso di ufficio confermano, correttamente, una valutazione positiva dell'Amministrazione “che fa”, rispetto a quella che per non sbagliare rimane inerte.

Ma torniamo ancora ai dati per riscontrare la portata dell'intervento in commento.

Anzitutto i dati dell'applicazione del 125 c.p.a. e delle norme della stessa portata che l'hanno preceduto.

Il riferimento esplicito alla disposizione dell'art 125 c.p.a. ed ai suoi antecedenti 246 c.c.p. e 14 d.lgs. n. 190/2002 nel rigetto in punto di periculum si ritrova, in totale, in una quarantina di ordinanze cautelari di primo grado che non trovano riforma in ordine alla valutazione di tale presupposto.

Pochine in un arco di indagine di 18 anni, significative forse della consapevolezza del G.a. che in tali ipotesi è più sattisfattivo decidere sul fumus, salvo ipotesi delicatissime o chiudere con sentenza breve.

Guardiamo, poi, i dati successivi al d.l. semplificazione.

La ricerca compiuta alla data del presente convegno porta al riscontro del riferimento all'art. 4 co. 3 d.l. n. 76/2020 nella parte in cui estende il 125 c.p. in una unica ordinanza (14).

Certo, essendo la norma applicabile alle procedure indette successivamente alla sua entrata in vigore (quindi al 17 luglio 2020), l'ambito oggettivo è delimitato, ma non così tanto da giustificare tale povertà numerica.

La ragione ritengo sia da rinvenire non nella mancata metabolizzazione da parte dei Giudici della riforma, ma nella sua portata non realmente innovativa a fronte di un giudizio già condotto con estrema ponderazione.

Ma se già nel 2010 sono stati affidati al Giudice poteri di verifica delle sorti del contratto in termini peculiari rispetto agli ordinari giudizi “sillogistici” di validità del negozio, propri della nostra tradizione giuridica, perché non fidarsi delle valutazioni cautelari, tra l'altro sempre attentissime alla dimensione pubblicistica della tempistica e dell'interesse cui il contratto è preordinato?

Della novella, comunque, vi è da spettarsi ancora un buon meditato uso da parte della giurisprudenza, la quale potrebbe effettivamente in taluni casi, in ragione della peculiarità del giudizio cautelare, essere chiamata nel periodo emergenziale a rendere più sentenze brevi per garantire la celerità delle procedure senza sacrificio oltre misura di chi chiede tutela, di chi, sapendo che rischia di poter irreparabilmente perdere definitivamente ed irreparabilmente la commessa, non avrà obiezioni a rinunciare alle facoltà difensive del giudizio di merito.

Il limite alla tutela in forma specifica ex art. 125 c.p.a. esteso a taluni contratti del periodo emergenziale.

Venendo alle conclusioni, va ricordato che il d.l. semplificazioni prevede per gli appalti sopra soglia stipulati con procedure negoziate senza bando ex art. 2 co. 3 d.l. n. 76/20 il generale impedimento della caducazione del contratto con tutela del ricorrente solo per equivalente, salve le ipotesi delle gravi violazioni dell'art. 121 c.p.a.

Come rimarcano Simonetti e Storto la frattura con il sistema della prevalenza in forma specifica è, però, riconosciuto solo ove ricorra il presupposto alla deroga della ordinaria procedura di gara: cioè quando nella misura strettamente necessaria, per ragioni di estrema urgenza, derivanti dagli effetti negativi della crisi causata dalla pandemia COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi, i termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie non possono essere rispettati.

In questo legame tra presupposto della procedura de qua e scelta di monetizzazione del sacrificio dell'impresa pretermessa – e solo ove fortemente rimarcato - la scelta appare coerente.

La scelta legislativa di esporsi al costo della monetizzazione della pretesa dell'impresa ricorrente non subentrante è misura da leggere come eccezionale, ma giustificata per il ricorrere del presupposto eccezionalissimo, salvo poi chiedersi come alla duplice monetizzazione insieme a tante altre uscite riusciranno a far fronte le casse erariali.

Conclusioni

Concludo questa rapida panoramica sulle novità sul processo nel decreto semplificazioni tornando sul titolo del mio intervento.

Quando mi è stato richiesto di intervenire e richiesto il titolo in tempi brevissimi ho pensato dopo una rapidissima riflessione al costo della semplificazione sulla corretta formazione del processo decisionale e sulla effettività della tutela.

Dopo aver scritto l'intervento l'intitolerei “Semplificazione nel processo sui contratti pubblici: riforma necessaria e di sostanza?”.

Ciò a dimostrazione che anche nelle piccole riflessioni la fretta di un verdetto senza motivazione non è efficace, figuriamoci nei processi giurisdizionali complessi.

Bibliografia essenziale

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Novaro, La tutela cautelare nel rito speciale in materia di contratti pubblici: analisi dei dati, in AA.VV., Giustizia amministrativa ed economia, Milano, 2017, 206 ss.

Fracanzani, Il rito abbreviato speciale comune a determinate materie e il rito abbreviato in materia di infrastrutture strategiche, in Cirillo (a cura di), Diritto processuale amministrativo, II ed., Torino, 2017, 1201 ss.

Caporale, Le ambiguità della sentenza semplificata tra modello redazionale e strumento di accelerazione del processo amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 2018, 606 ss.

Severini, Tutela cautelare e standstill, in Trattato sui contratti pubblici, a cura di De Nictolis - Sandulli, vol. V, Milano, 2019, 814 ss.

Lopilato – Tuccillo, Effetti delle decisioni giurisdizionali sul contratto, in Trattato sui contratti pubblici, a cura di De Nictolis - Sandulli, vol. V, Milano, 2019, 851 ss.

Pajno, Il sistema amministrativo e il decreto semplificazioni. Qualche osservazione sulla disciplina dei contratti pubblici e sulle responsabilità, in IRPA-Rivista trimestrale di diritto amministrativo, 2020.

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Criscenti-Storto, La sentenza in forma semplificata, in Riv. it. Dir. pubb. Comunitario, 2016,

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Corea, Il rito per le procedure di affidamento degli appalti, in Marini, Storto, Diritto processuale amministrativo, Piacenza, 2020, 657 ss.

Simonetti – Storto, Le ultime modifiche del “rito appalti” e il nuovo equilibrio tra la tutela in forma specifica e quella per equivalente per i contratti pubblici ai tempi del Covid - 19 (art. 4, decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020), in I contratti pubblici dopo il decreto semplificazioni. Le principali novità in materia di contratti pubblici, responsabilità, controlli, procedimento e processo, tra emergenza e sistema “a regime”” a cura di Bolognino, Bonura, Storto, La Tribuna – 2020

Note

(1) Relazione al convegno online dell'11.12.2020 organizzato dal Tar Lazio“Le novità in materia di contratti pubblici, procedimento e processo nel decreto-legge semplificazioni” visibile al link https://bit.ly/eventitarlazio ove si è presentato il volume “I contratti pubblici dopo il decreto semplificazioni. Le principali novità in materia di contratti pubblici, responsabilità, controlli, procedimento e processo, tra emergenza e sistema “a regime a cura di D. Bolognino, H. Bonura, A. Storto, La Tribuna – 2020.

(2) Come è noto, un primo argine è stato stabilito dal punto di vista temporale con riconoscimento dell'applicabilità della nu Cova regola alle sole procedure bandite dopo la data dell'entrata in vigore del nuovo Codice ed un secondo argine è stato affermato in punto di delimitazione oggettiva di applicabilità, limitandola alle esclusioni riguardanti i requisiti negandone, invece, l'applicazione pertutte le restanti esclusioni (come quelle per l'anomalia dell'offerta o per il contenuto delle offerte tecniche ed economiche).

(3) In verità superati nei termini posti dal remittente da Corte Costituzionale, 13/12/2019, n.271.

(4) Nel 2019 in primo grado sul totale delle sentenze rese il 18 % risulta essere sentenza breve ex art. 60 cpa, percentuale aumentata progressivamente nel corso degli anni. Il dato è drasticamente inferiore in appello a dimostrazione che la complessità del thema decidendum non si confa' alla decisione accelerata propria della breve.

(5) Così, ad es., Cons. Stato ord. nn. 5722/2020; 5718/20; 4964/20.

(6) C. Cost., 23 luglio 2010, n. 281 e n. 317 del 30 novembre 2009.

(7) La quale afferma “Nel caso di giudizio immediato, infatti, si consente al giudice di motivare avuto riguardo al punto ritenuto risolutivo, il che implica che il giudice è esonerato da una motivazione puntuale sulle singole questioni; anche tale autorizzazione legislativa, tuttavia, va mediata con il principio che la tutela deve essere piena ed effettiva nell'ambito della domanda. Pertanto, se è risolutiva una questione di rito, non vi sono ostacoli né logici né giuridici all'assorbimento delle questioni di merito. Ma se vanno affrontate solo questioni di merito, la motivazione su un solo punto ritenuto risolutivo, con assorbimento degli altri motivi, non può tradursi in un'omissione di pronuncia o in una tutela non pienamente satisfattiva”.

(8) V. art. 24 co. 6 d.lgs. n. 5/2003 abrogato dall'articolo 54, comma 5, della Legge 18 giugno 2009, n. 69.

(9) V. per tutte Cass. n. 7698 del 21/03/2008, “Nel rito del lavoro il dispositivo della sentenza non è - come nel rito ordinario - un atto puramente interno, modificabile dallo stesso giudice fino a quando la sentenza non venga pubblicata, ma è atto di rilevanza esterna, che racchiude gli elementi del comando giudiziale i quali non possono essere mutati in sede di redazione della motivazione, atteso che la sua lettura in udienza fissa in maniera immodificabile tale comando portandolo ad immediata conoscenza delle parti. Ne consegue che il contrasto insanabile fra motivazione e dispositivo determina la nullità della sentenza, né può, pertanto, in tale ipotesi trovare applicazione il procedimento di correzione "ex" art. 287 cod. proc. civ.”.

(10) V. Cass.n. 8894 del 14/04/2010.

(11) V. tra le altre Cass. n. 18090 del 27/08/2007 secondo cui “Nel rito del lavoro solo il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo. Tuttavia, la predetta insanabilità deve escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga (sì da potersi escludere l'ipotesi di un ripensamento del giudice); in tal caso è configurabile l'ipotesi legale del mero errore materiale, con la conseguenza che, da un lato, è consentito l'esperimento del relativo procedimento di correzione e, dall'altro, deve qualificarsi come inammissibile l'eventuale impugnazione diretta a far valere la nullità della sentenza asseritamente dipendente dal contrasto tra dispositivo e motivazione”.

(12) Il 120 co. 8 ter c.p.a. ha, dunque, la naturale e da tutti sottolineata conseguenza che, stante il carattere strumentale della cautela rispetto al merito, la prima non può concedere al ricorrente effetti maggiori di quelli ottenibili con la seconda (si pensi al caso più semplice della mancanza della domanda di subentro).

(13) V. Tar Liguria, ord. 6766/2012.

(14) Tar Marche ord. n. 232/2020.

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