Trattazione scritta e definizione delle controversie civili a seguito di discussione orale

Roberta Nardone
14 Gennaio 2021

La previsione dell'udienza a trattazione scritta (c.d. udienza «figurata») risale al d.l. n. 18/2020 (art. 83 comma 7 lett. h) e, allo stato, deve ritenersi prorogata sino al 31 gennaio 2021. L'inapplicabilità di tale modulo sembra estendersi oltre le ipotesi espressamente previste dal legislatore...
La trattazione scritta nel diritto emergenziale sino al 31 gennaio 2021

Il d.l. n. 137/2020, «Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19», rappresenta l'ennesimo intervento emergenziale sul comparto giustizia.

Tra le misure previste dal c.d. «decreto Ristori», la proroga fino al 31 gennaio 2021 - secondo l'interpretazione più ragionevole - anche delle disposizioni dell'art. 221 del d.l. n. 34/2020 relativamente alla trattazione scritta (o udienza figurata).

L'art. 23 comma 1 del d.l. n. 137/20 dispone infatti: «Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all'art. 1 del d.l. n. 19/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 35/2020, si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 9. Resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 221 del d.l. n. 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 77/2020, ove non espressamente derogate dalle disposizioni del presente articolo».

La norma non può che interpretarsi nel senso che possa farsi ricorso (per quanto qui interessa) al procedimento cartolare (e a quello da remoto) fino al 31 gennaio 2021 (nel senso, beninteso, che entro quella data, e non oltre, salvo proroghe legislative, possano non solo essere fissate, ma anche tenersi, siffatte udienze). Tale interpretazione discende da una lettura sistematica dell'art. 23 comma 1 cit., che tiene sì fermo (seconda parte) l'art. 221 del d.l. n. 34/20, convertito in l. n. 77/20 (le cui disposizioni si applicano fino al 31 dicembre 2020), ma sempre che non sia derogato espressamente dalle disposizioni del medesimo articolo. Ebbene questo, nella prima parte, prevede l'applicazione dei commi da 2 a 9 (contenenti disposizioni processuali incidenti sull'art. 23 cit.), fino alla scadenza del termine di cui all'art. 1 del d.l. n. 19/20 (convertito in l. n. 35/20), vale a dire fino al 31 gennaio 2021: da qui appunto l'applicazione di tale nuovo termine, in deroga a quello previsto nel testo originario dell'art. 221 cit.

L'udienza figurata: ricostruzione normativa

L'introduzione della udienza a trattazione scritta o c.d. udienza figurata risale al d.l. n. 18/2020, che all'art. 83 comma 7 lett. h) stabiliva, nella originaria formulazione, che i capi degli uffici giudiziari potessero, tra l'altro, prevedere: «... lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice». Detta udienza figurata era solo «accennata» nelle sue linee essenziali.

Seguiva il d.l. n. 34/2020 (art. 221) che disponeva una prima proroga del periodo di efficacia della trattazione scritta

Con l. n. 77/2020 - di conversione del d.l. n. 34/2020 -, all'art. 221 comma 4, sono state precisate le modalità di svolgimento dell'udienza figurata prevedendo i termini per il deposito di note difensive e disciplinati gli effetti del mancato deposito delle note (art. 181 c.p.c.) nonché eliminato il riferimento, contenuto nell'originario d.l. n. 18/2020, alla «adozione fuori udienza del provvedimento del giudice».

Da ultimo, il c.d. «decreto Ristori» - d.l. n. 137/2020 - ha prorogato al 31 gennaio 2021 la possibilità di utilizzare la c.d. udienza «figurata».

Nel decreto c.d. «Milleproroghe 2021» - d.l n. 183/2020 -, all'art. 19, sono stati differiti al 31 marzo 2021 i termini correlati con lo stato di emergenza epidemiologica da Covid - 19 ma nulla si dice in ordine alle disposizioni processuali.

L'udienza c.d. a trattazione scritta. In generale: le ipotesi escluse dal legislatore

Quella prevista dall'art. 83 del d.l. n. 18/2020 è una udienza con partecipazione «figurata» dei difensori perché, appunto, attuata attraverso il deposito delle note scritte. Proprio per questo è utilizzabile solo per le udienze «che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti».

Pertanto la trattazione scritta è un modulo procedimentale non utilizzabile nei seguenti casi:

a) udienze in cui è richiesta la comparizione personale delle parti (ad esempio: l'udienza per il tentativo di conciliazione ex artt. 420, 447-bis e 185 c.p.c., udienze di sfratto nella fase sommaria quanto alla presenza del conduttore non formalmente costituito con un avvocato);

b) udienze di escussione dei testimoni e di espletamento dell'interrogatorio formale;

c) udienze di giuramento del c.t.u. ex art. 193 c.p.c. e quelle in cui il c.t.u. comunque interviene su disposizione del giudice ai sensi dell'art. 197 c.p.c. (tenuto peraltro conto che in queste occasioni possono presenziare anche i consulenti tecnici di parte ex art. 201 c.p.c.);

d) udienze che necessitino, ex lege o per ordine del giudice, della partecipazione di soggetti ulteriori rispetto ai difensori delle parti muniti di valida procura ad litem.

Nel caso di trattazione «cartolare», l'art. 221 della l. n. 77/2020, integrando sul punto l'art. 83 cit., dispone che il giudice comunichi alle parti almeno trenta giorni prima della data fissata per l'udienza che la stessa è sostituita dallo scambio di note scritte e assegna alle parti un termine fino a cinque giorni prima della predetta data per il deposito delle note scritte.

Il legislatore ha anche aggiunto che ciascuna parte, che non voglia la trattazione scritta, possa presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento e che il giudice provveda entro i successivi cinque giorni. Non si prevede che l'istanza debba essere motivata.

La trattazione scritta secondo la originaria formulazione e la testuale incompatibilità con i modelli decisori che prevedono la «discussione orale» della causa

Dubbi di compatibilità con la c.d. udienza «figurata» si pongono con riferimento alle ipotesi nelle quali il rito prevede (in primo grado e in appello) la discussione orale (artt. 275 comma 2, 281-quinquies comma 2, 281-sexies, 321 comma 1, 351 comma 4, 352 commi 2-6, 429, 437, 447-bis comma 1 c.p.c.).

L'art. 281-sexies c.p.c. consente al giudice di ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza di precisazione delle conclusioni, oppure, su istanza di parte, in un'udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione.

Il predetto modulo è utilizzato sia in primo grado (dinanzi al giudice monocratico e a quello collegiale), sia in appello (art. 352 comma 6, 351 comma 4 c.p.c.).

Nel rito del lavoro, l'art. 429 comma 1 c.p.c. (con precetto ripreso in grado di appello dall'art. 437 comma 1 c.p.c.) dispone che, «nell'udienza il Giudice, esaurita la discussione e udite le conclusioni delle parti pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione». La disposizione si applica anche alle controversie in materia di locazione e di comodato di immobili urbani e a quelle di affitto di azienda in virtù dell'espresso richiamo contenuto nell'art. 447-bis comma 1 c.p.c.

La originaria formulazione dell'art. 83 del d.l. n. 18/2020 (comma 7 lett. h) prevedeva, all'esito dell'udienza c.d. «figurata», «la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice» offrendo un argomento testuale a sostegno della inapplicabilità di tale modulo procedimentale ai riti caratterizzati dall'udienza di «discussione» che, come noto, deve concludersi con la lettura della sentenza o (nel caso di cui al secondo periodo dell'art. 429 comma 1 c.p.c. o in quello di cui all'art. 437 c.p.c.) del solo dispositivo, alla presenza dei difensori delle parti, non potendosi il giudice riservare di provvedere fuori udienza.

Sono numerose le sentenze che, nell'esaminare le conseguenze dell'omessa lettura «in udienza» del dispositivo sanciscono la nullità della sentenza (cfr. Cass. Civ., sez. VI, 28 novembre 2014, n. 25305, la cui massima recita: «Nelle controversie soggette al rito locatizio, l'omessa lettura del dispositivo all'udienza di discussione determina, ai sensi dell'art. 156 comma 2 c.p.c., la nullità insanabile della sentenza per mancanza del requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto, correlato alle esigenze di concentrazione del giudizio e di immutabilità della decisione»).

Così più di recente - Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 2018, n. 72 - nei procedimenti di opposizione ad ordinanza-ingiunzione introdotti nella vigenza del d.lgs. n. 150/2011, per i quali trovano applicazione, in virtù di quanto disposto dall'art. 2 comma 1 del medesimo d.lgs. n. 150/2011, le previsioni di cui agli artt. 429 comma 1 e 437 comma 1 c.p.c., è stato ribadito che «il giudice nel pronunciare la sentenza deve, anche in grado di appello ed a pena di nullità insanabile, dare lettura del dispositivo all'esito dell'udienza di discussione».

E' indiscusso, pertanto, che l'omessa lettura del dispositivo configura un motivo di nullità della sentenza - ravvisabile anche quando il dispositivo venga depositato dopo alcuni giorni, infrangendo la continuità con la discussione stessa - che può essere fatta valere come motivo di impugnazione.

Secondo alcuni studiosi, peraltro, la nullità in esame, conseguente alla inosservanza del requisito minimo della lettura in udienza del dispositivo si configura anche quando le parti abbiano espresso il loro consenso in relazione alla omissione stessa, dal momento che la relativa prescrizione rimane sottratta alla disponibilità delle parti enucleando un principio generale, insuperabile.

Si tenga, inoltre, conto del fatto, ribadito in Cass. civ., sez. III, ord., 7 giugno 2018, n. 14724, che«Nelle materie in cui trova applicazione il rito del lavoro, giusta il richiamo contenuto nell'art. 447-bis c.p.c., in seguito alla modifica dell'art. 429 comma 1 c.p.c. disposta dall'art. 53 comma 2 del d.l. n. 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 133/2008 - applicabile ai giudizi instaurati dopo la entrata in vigore della legge cit. -, il dies a quo di decorrenza del termine c.d. lungo di decadenza per la proposizione della impugnazione, previsto dall'art. 327 c.p.c., deve essere individuato alla stessa data della udienza in cui è stato definito il giudizio dando lettura del «dispositivo» e della «esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione», atteso che tale lettura in udienza equivale a pubblicazione, analogamente a quanto previsto dal comma 2 dell'art. 281-sexies c.p.c., essendo identica la funzione acceleratoria cui entrambe le norme risultano preordinate in attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo ex art. 111 comma 2 Cost. e non ostandovi la diposizione dell'art. 430 c.p.c. - secondo cui la sentenza deve essere depositata entro quindici giorni dalla pronuncia - la quale opera in via meramente sussidiaria nel caso in cui venga omessa l'indicazione del termine di differimento previsto dalla seconda parte dell'art. 429 comma 1 c.p.c., che mantiene la struttura bifasica della pubblicazione della sentenza nel caso di controversie di particolare complessità».

Con l. n. 77/2020 - di conversione del d.l. n. 34/2020 -, all'art. 221 comma 4, è stato - correttamente - eliminato il riferimento alla «adozione fuori udienza del provvedimento del giudice» ma non sembrano definitivamente risolti i dubbi relativi alla possibilità di adottare l'udienza a trattazione scritta per quelle cause in cui la fase decisoria sia caratterizzata - invece - dalla discussione orale.

L'incompatibilità della c.d. trattazione scritta con le udienze di discussione orale della causa

L'adozione, ai sensi dell'art. 83 comma 7 lett. h) del d.l. n. 18/2020, di un modulo decisorio a trattazione scritta nei giudizi che il codice prevede debbano, invece, avvenire mediante la discussione orale della causa (se del caso preceduta dal deposito di memorie difensive,) costituisce per alcuni, in re ipsa, una lesione del diritto di difesa. Infatti, sia il rito del lavoro (che quello locatizio), come l'art. 281-quinquies comma 2 c.p.c., prevedono che le parti abbiano diritto ad un termine unico per il deposito delle difese conclusive (e non invece un doppio termine come previsto dall'art. 190 c.p.c.); così anche l'art. 281-sexies c.p.c. prevede che sia intervenuta la sola precisazione delle conclusioni: ciò in ragione del fatto che in tutti i predetti casi la eventuale replica può avvenire in sede di udienza di discussione. Limitando l'attività difensiva delle parti al solo deposito di note, si impedirebbe a queste di esercitare compiutamente il diritto di replica. Omissione cui le prassi dei singoli tribunali hanno posto - a loro modo - rimedio concedendo un termine per le repliche scritte: con l'effetto di un ulteriore stravolgimento del concetto stesso e della ratio del principio di oralità quale presupposto per la immediatezza e concentrazione del processo civile il cui approdo è stato, storicamente, il principio costituzionale di ragionevole durata e del giusto processo (artt. 24 e 111 Cost.).

La tesi della nullità processuale

L'utilizzo del modello della trattazione scritta - introdotto dalla normativa emergenziale - nei moduli decisori caratterizzati dalla discussione (orale) integra, secondo alcuni, una nullità processuale - ex artt. 156 e ss. c.p.c. - deducibile (in applicazione dell'art. 161 comma 1 c.p.c.) contro il provvedimento decisorio conclusivo. Infatti, in questi casi la sentenza, la cui pronuncia - sebbene avvenuta all'esito di udienza all'uopo appositamente fissata - non è stata preceduta dalla discussione orale delle parti, bensì dallo scambio di note scritte (o conclusionali) è affetta da nullità, destinata, tuttavia, a sanarsi se non tempestivamente eccepita nel corso dell'udienza in cui la sentenza medesima sia stata pronunciata (da cui il conseguente rigetto dell'impugnazione al riguardo proposta: Cass. civ., sez. III, 9 aprile 2015, n. 7104).

Infatti, poichè oggetto di tutela non è l'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte per effetto del vizio prospettato, la parte che deduce un vizio di attività del giudice che comporti la nullità della sentenza, ha l'onere di dimostrare di avere subito un concreto pregiudizio al proprio diritto di difesa (in Cass.civ., sez. II, 27 novembre 2017, n. 28229 si legge: «… per configurare una lesione del diritto di difesa non basta affermare, genericamente, che la mancata discussione ha impedito al ricorrente di esporre meglio la propria linea difensiva, essendo al contrario necessario indicare quali siano gli specifici aspetti che la discussione avrebbe consentito di evidenziare o approfondire, colmando lacune e integrando gli argomenti ed i rilievi già contenuti nei precedenti scritti difensivi». (Cfr. anche Cass. civ., sez. VI, ord., 24 settembre 2018, n. 22521).

Difficile ipotizzare una lesione di tale genere nella decisione ex art. 281-quinquies comma 2 c.p.c., in cui la discussione orale sostituisce solo la memoria di replica scritta ed avendo avuto le parti la possibilità di esplicare le proprie difese negli scritti conclusivi.

Diversamente può dirsi, invece, nella decisione assunta ex artt. 281-sexies, 352 comma 6, 351 comma 4, 429, 437 comma 1 c.p.c., ovvero in tutti i casi in cui la discussione orale sostituisce il deposito delle consuete difese conclusive scritte (e tali non sono, come chiarito, le note scritte contemplate dalla lettera h), limitate alle «sole istanze e conclusioni») e prelude (in attuazione del principio di concentrazione) alla immediata decisione in udienza: in questi casi il pregiudizio al diritto di difesa delle parti (una volta che sia loro preclusa la discussione orale e assicurato il mero - insufficiente - surrogato delle note circoscritte alle «sole istanze e conclusioni») sarebbe ravvisabile.

Tuttavia, se le parti - dopo avere ricevuto l'avviso di trattazione cartolare della causa sostitutiva della udienza di discussione - hanno omesso di sollevare tempestivamente l'eccezione di nullità relativa (art. 157 comma 2 c.p.c.) o hanno addirittura espressamente aderito al modello decisorio loro sottoposto si neutralizza la nullità ai sensi dell'art. 158 c.p.c.

Con l. n. 77/2020 - di conversione del d.l. n. 34/2020 -, all'art. 221 comma 4, il legislatore ha previsto, infatti, che ciascuna parte, che non voglia la trattazione scritta, possa presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento che la dispone e che il giudice provveda entro i successivi cinque giorni. Non si prevede (esplicitamente) che l'istanza debba essere motivata e tuttavia, sarà questo il momento in cui il difensore potrà (e dovrà) esplicitare le ragioni che giustificano la richiesta di discussione orale, rendendo impugnabile - in fase di eventuale - appello, l'eventuale rigetto, salva sempre la prova del concreto pregiudizio arrecato al diritto di difesa.

Conclusioni

Il rischio concreto è che alla massima oralità dell'udienza si sostituisca la massima cartolarizzazione della detta: per quanto il giudice indichi che il contenuto delle note scritte sia limitato alla formulazione delle istanze e conclusioni, è frequente la tentazione dei difensori di reiterare difese ed argomenti già proposti.

L'oralità - il cui riferimento normativo principale si rinviene nell'art. 180 c.p.c. - non esprime solo un modo di trattare la causa, ma una concezione stessa della gestione della controversia che si esprime in un rapporto collaborativo tra difensori e giudice e in un ruolo attivo di quest'ultimo che, nel contatto diretto con i difensori, in sede di discussione, può chiedere chiarimenti, sollecitare il contraddittorio, ricondurre il dibattito alle questioni assorbenti del giudizio, evitare di decidere sulle questioni di rito o di immediata e facile a soluzione con ordinanza fuori udienza evitando il moltiplicarsi degli scritti da leggere che, il più delle volte, non sono altro che la ripetizione di quanto già contenuto negli atti del processo con un appesantimento anche del lavoro delle singole cancellerie.

Riferimenti
  • Calamandrei, Istituzioni di diritto processuale civile, Padova, 1943, p. 9;
  • Caroleo F. e Ionta R., L'udienza civile ai tempi del coronavirus. Comparizione figurata e trattazione scritta, Giustizia Insieme, 12 marzo 2020;
  • A. Carrato, Le conseguenze derivanti dall'omessa lettura del dispositivo della sentenza nel rito locatizio, in Arch. Loc. e cond., n. 3/2015;
  • De Stefano, L'emergenza sanitaria rimodula i tempi della Giustizia: i provvedimenti sul civile (note a primissima lettura del d.l. n. 11 del 2020), in Giustizia Insieme, Marzo 2020;
  • R. Masoni, Il nuovo rito civile emergenziale di cui all'art. 83 comma 7 lett. h) del d.l. n. 18/2020: una prima lettura, (Focus) in ilProcessocivile.it, Giuffrè, Marzo 2020;
  • R. Metafora, Decisione a seguito di trattazione orale, Bussola, in il Processocivile.it, Giuffrè;
  • I. Pagni, Le misure urgenti in materia di giustizia per contrastare l'emergenza epidemiologica: un dibattito mai sopito su oralità e pubblicità dell'udienza, in Judicium, 15 dicembre 2020;
  • Panzarola – M. Farina, Il diritto processuale civile e la emergenza covid-19 (le garanzie individuali nello stato di eccezione), in Judicium, 29 maggio 2020;
  • B. Sassani – B. Capponi – A. Panzarola – M. Farina, Il decreto ristori e la giustizia civile. Una prima lettura, in Judicium, 3 Novembre2020;
  • F. Valerini, In difesa dell'udienza da remoto, in Judicium, on line.
Sommario