Concessioni demaniali marittime, direttiva Bolkenstein e illegittimità della proroga

Guglielmo Aldo Giuffrè
19 Gennaio 2021

L'art. 12 della direttiva Bolkenstein deve ritenersi applicabile anche alle istanze di proroga delle concessioni demaniali marittime, sicché l'art. 3, comma 4-bis, del d.l. n. 400 del 1993, nella parte in cui prevede una proroga ex lege della data di scadenza di tali concessioni, deve essere necessariamente disapplicato per contrasto con la disciplina euro-unitaria.

La questione. La titolare di una concessione demaniale marittima, rilasciata nel 2002 ma prorogata sino al 31 dicembre 2020, impugnava il provvedimento con cui Roma Capitale, richiamando il diritto euro-unitario e nazionale, aveva respinto la propria istanza di rideterminazione della durata della concessione per ulteriori 20 anni, affermando la necessità di un nuovo affidamento del titolo concessorio: a) tramite un avviso di evidenza pubblica sulla base della proposta dell'attuale concessionario seguendo una procedura assimilabile alla finanza di progetto in cui sarebbe stata valorizzata la finalità turistica-ricreativa dell'uso dell'area; oppure b) tramite una procedura di evidenza pubblica attraverso cui affidare uno o più titoli relativi al litorale, anche in favore di un unico operatore, prevedendo la possibilità di un partenariato per realizzare lavori pubblici di rilevante complessità (ad esempio quelle relative al ripascimento del litorale), in cui sarebbe stato privilegiato l'interesse pubblico al reperimento di capitali privati.

Concessione demaniale marittima come autorizzazione ex art. 12 direttiva Bolkenstein. Il TAR, dopo aver ricostruito il quadro normativo eurounitario e nazionale in materia, ha rilevato che il titolo concessorio richiesto dalla ricorrente è nominativamente e sostanzialmente una concessione demaniale marittima rilasciata per finalità turistica-ricreative, in quanto volta a riservare l'uso di un bene pubblico (demanio marittimo) in favore del concessionario dietro corresponsione di un canone - precludendo così il libero uso del bene da parte della collettività - al fine di consentire al concessionario di sfruttare l'area demaniale per realizzare una determinata attività di rilevanza economica; sicché tale titolo rientra a pieno titolo nella categoria giuridica dell' “autorizzazione” disciplinata dall'art. 12 della direttiva 123/2006/CE (c.d. “direttiva Bolkenstein”), che ricomprende tutte le “autorizzazioni […] per svolgere una determinata attività” il cui rilascio risulta essere “limito in virtù della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili”, mentre non rientra nella categoria delle concessioni di servizi disciplinata dal codice degli appalti pubblici in quanto non riguarda una prestazione di servizi determinata dall'ente aggiudicatore.

In particolare, secondo il TAR, il provvedimento richiesto dalla ricorrente ha tutte le caratteristiche per essere considerata un' “autorizzazione” ai sensi dell'art. 12 della direttiva 123/2006, in quanto: a) è finalizzato a svolgere un'attività economica rappresentata dalla gestione di uno stabilimento balneare; b) riguarda una risorsa naturale in quanto l'area demaniale che l'istante necessita di avere in concessione per esplicare l'attività è situata sulla costa marittima; c) la risorsa naturale si caratterizzata sotto il profilo della scarsità poiché le aree che possono essere oggetto di tale sfruttamento economico sono in numero limitato e ha carattere escludente in quanto preclude, una volta concesso l'uso, la possibilità che lo stesso bene possa essere sfruttato economicamente da altri operatori.

La necessaria disapplicazione dell'art. 3, comma 4-bis, d.l. n. 400/1993 per contrasto con la direttiva Bolkenstein. Il Collegio ha quindi ritenuto che l'art. 3, comma 4-bis, del d.l. n. 400 del 1993, nella parte in cui prevede una proroga ex lege della data di scadenza delle concessioni demaniali marittime, prevedendo di fatto un loro rinnovo automatico, si pone in frontale contrasto con la disciplina europea (e, in particolare, con l'art. 12 della direttiva 123/2006, come interpretato dalla Corte di giustizia nella sentenza 14 luglio 2016, causa C-458/14 e C-67/15), osservando che, al fine di assicurare l'effetto utile del diritto europeo e quindi applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità, di trasparenza e in particolare di un'adeguata pubblicità, tale disciplina interna deve essere necessariamente disapplicata.

La decisione. Il TAR ha conseguentemente respinto il ricorso, ritenendo che l'Amministrazione concedente, nel respingere la domanda di rideterminazione della concessione della ricorrente, abbia fondato la propria decisione sulla corretta interpretazione delle fonti europee e nazionali.

Si segnala la posizione contraria sostenuta dal TAR Puglia, Lecce (inter alia, le sentenze nn. 1321/2020 e 72/2021).