La spettanza del compenso revisionale in caso di recesso dal contratto di appalto per interdittiva antimafia: rimessione all'Adunanza plenaria

26 Gennaio 2021

Va rimesso se all'Adunanza plenaria gli artt. 92 e 94 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. codice antimafia), nel fare salvo, per il caso di recesso dal contratto d'appalto indotto dal sopravvenire di un'informazione antimafia interdittiva a carico del privato contraente, il pagamento del valore delle opere già eseguite, implichino il riconoscimento all'appaltatore medesimo della possibilità di percepire, proprio per le opere già eseguite, anche il compenso revisionale contrattualmente previsto.

La questione. Nella controversia sottoposta all'attenzione del C.g.a.r.s. occorre stabilire se il privato ha la possibilità di ottenere il compenso revisionale per il periodo di svolgimento contrattuale anteriore al recesso dal contratto d'appalto indotto dal sopravvenire di un'informazione antimafia interdittiva.

Occorre evidenziare, infatti, che gli artt. 92 e 94 del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 fanno salvo, per il caso di recesso contrattuale indotto dal sopraggiungere di un'informazione antimafia di segno interdittivo a carico del privato contraente, il pagamento del valore delle opere già eseguite, nonché il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.

La salvezza, prevista dal legislatore, del “pagamento del valore delle opere già eseguite” ha la sua ratio nella salvaguardia dell'equilibrio del sinallagma e, quindi, nell'evitare arricchimenti ingiustificati.

Occorre valutare, dunque, se la revisione prezzi costituisca a tutti gli effetti parte integrante del corrispettivo contrattuale o se, invece, debba prevalere una natura diversa dell'istituto revisionale, eventualmente correlata anche a una lettura restrittiva della salvezza del “pagamento del valore delle opere già eseguite”.

Il contrasto. A sostegno della tesi negativa, la p.A. ha evidenziato che la revisione prezzi “non costituisce un diritto automatico dell'appaltatore” e ha aggiunto che la salvezza del “pagamento del valore delle opere già eseguite” è una norma di eccezione, come tale di stretta interpretazione.

A sostegno della tesi antitetica, il privato ha affermato che la funzione tipica della revisione prezzi è proprio quella di ridefinire il corrispettivo, adeguandolo alle sopravvenienze per ristabilire il sinallagma.

Al riguardo, il C.g.a.r.s. ha sottolineato che l'Adunanza plenaria si è pronunciata più volte sul tema delle interdittive antimafia, ma non ha avuto ancora occasione di individuarne gli effetti sugli equilibri dei contratti d'appalto in itinere.

Il Collegio ha evidenziato, dunque, che dato lo scopo della norma sopra citata – che pone in “primo piano un raffronto tra valori economici” – potrebbe risultare recessivo che “la pretesa revisionale non possieda già ab origine natura di diritto di credito, ma sia inizialmente qualificabile come interesse legittimo” (correlato a “una discrezionalità essenzialmente tecnica”).

La rimessione all'Adunanza plenaria. Il Collegio ha deferito, dunque, all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la seguente questione: “se gli artt. 92 e 94 del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, nel fare salvo, per il caso di recesso dal contratto d'appalto indotto dal sopravvenire di un'informazione antimafia interdittiva a carico del privato contraente, il pagamento del valore delle opere già eseguite, implichino il riconoscimento all'appaltatore medesimo della possibilità di percepire, proprio per le opere già eseguite, anche il compenso revisionale contrattualmente previsto”.

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