Rito appalti e motivi aggiunti

Carlo M. Tanzarella
27 Gennaio 2021

Il Tar per il Lazio dichiara inammissibile, ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. b) del c.p.a, l'impugnazione con autonomo ricorso degli atti della procedura di gara sopravvenuti in corso di giudizio, poiché l'art. 120, comma 7 del medesimo codice del processo amministrativo configura come doveroso l'utilizzo dello strumento dei motivi aggiunti.

La vicenda processuale. Esclusa da una gara indetta da Consip S.p.A., un'impresa ha impugnato la propria esclusione dalla procedura e successivamente, con autonomo e separato ricorso, il provvedimento di aggiudicazione.

Venuto in discussione quest'ultimo, il Tar ha comunicato alle parti, ai sensi dell'art. 73 c.p.a., la possibilità di definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, in considerazione del rilevato profilo di inammissibilità del gravame per violazione dell'art. 120, comma 7, c.p.a. che, nelle controversie aventi ad oggetto atti delle procedure di affidamento di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, impone, attraverso l'utilizzo obbligatorio della forma dei motivi aggiunti, la concentrazione in un unico giudizio delle impugnazioni degli atti e provvedimenti attinenti alla medesima procedura di gara.

L'utilizzo dei motivi aggiunti nel rito speciale. Il Collegio ricostruisce la fattispecie di inammissibilità muovendo dal rapporto tra l'art. 120, comma 7, c.p.a. che si staglia nella cornice delle disposizioni speciali del rito sugli appalti, e le regole processuali valide per la generalità degli altri riti.

Il Tar qualifica la disposizione come deroga espressa all'ordinaria facoltà di introdurre con motivi aggiunti una nuova domanda in un processo già instaurato a norma dell'art. 43 c.p.a., che autorizza il Giudice a riunire i ricorsi eventualmente proposti in forma autonoma.

In tale prospettiva, nella materia de qua la possibilità di proporre motivi aggiunti è stata esclusa dal legislatore per lasciare posto al dovere, che va inteso quale onere a carico dell'interessato, di talché, non potendo il ricorrente ampliare la domanda con ricorso autonomo, allo stesso modo e per ragioni di garanzia del contraddittorio, al Giudice è precluso riunire i ricorsi separatamente proposti.

Peraltro, rileva il Tar, l'aver individuato i motivi aggiunti quale unico mezzo di tutela idoneo per gravare gli atti della procedura di gara adottati in corso di giudizio è una scelta del legislatore, assunta nell'esercizio dell'ampia discrezionalità di cui gode nel conformare i mezzi di tutela delle posizioni sostanziali della parte (artt. 24, 103 e 113 Cost.).

La fattispecie di inammissibilità del ricorso autonomo. Secondo il Tar, non è di ostacolo alla pronuncia di inammissibilità la mancata previsione di una specifica sanzione per la violazione dell'art. 120, comma 7, cpa, non potendosi ritenere che tale disposizione costituisca un precetto senza sanzione, e ciò sia per il principio di non contraddizione dell'ordinamento (che non può vietare una condotta, anche processuale, lasciando poi senza sanzione la relativa violazione), sia per i connotati propri del rito sugli appalti.

A quest'ultimo riguardo, osserva il Collegio che la norma in argomento – il cui carattere cogente è attestato dalla sua piana interpretazione letterale – mira a realizzare il simultaneus processus in vista del più ampio obiettivo, perseguito dal legislatore con la disciplina del rito sugli appalti, di garantire l'accelerazione della definizione dei giudizi nel settore delle commesse pubbliche, che rappresenta un volano importante per l'economia nazionale, e della miglior cognizione della controversia dal parte del Giudice. Sotto il profilo sistematico, poi, la regola dell'obbligatorietà dei motivi aggiunti si colloca nell'ambito di un complesso di disposizioni che caratterizzano in modo non episodico ma sistematico il rito sugli appalti, che in tal guisa cessa di essere rito speciale per divenire rito ordinario delle procedure di affidamento dei contratti di lavori, servizi e forniture.

Conseguentemente, deve essere esclusa la possibilità per il ricorrente di giungere ad una pronuncia sul merito della controversia mediante il mezzo processuale eletto in violazione del divieto posto dalla legge, vertendosi in una ipotesi di inammissibilità che rientra tra le “altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito” ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a, che è clausola generale, aperta, di natura processuale, nell'ambito della quale il giudice può individuare, in base all'ordinamento, ragioni di inammissibilità che, benché non codificate dal legislatore, siano accomunate dall'effetto di escludere comunque la possibilità di pervenire ad una pronuncia sul merito.

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