Provvedimenti in materia di giustizia ipotizzati nel 'Recovery Plan'
09 Febbraio 2021
Recovery Plan nel giudizio tributario
Come era prevedibile, l'inserimento nel Recovery Plan di misure di riforma della giustizia penale e civile si sta scontrando con le diverse visioni del sistema giustizia che nel nostro paese attraversano gli schieramenti politici e i corpi professionali che se ne occupano. Non meno singolare è che nessun intervento di alto rilievo e profilo sia previsto per le giurisdizioni speciali, compresa quella tributaria di merito, quest'ultima sempre più alle prese non con l'efficacia e la rapidità, ma con la assoluta sproporzione fra responsabilità, professionalità ed impegno richieste ai giudici tributari ed irrisorietà dei compensi, fragilità dell'organizzazione e inadeguatezza delle risorse che lo stato le destina. Nonostante il trionfalismo recente su presunti successi organizzativi della giurisdizione ordinaria, il numero dei procedimenti civili complessivamente pendenti in tutti gli uffici giudiziari al 30 giugno 2019 era di ben 3.312.263 unità, inferiore, si a quello di 3.480.186 del 30 giugno 2018, con una percentuale di riduzione del 4,80%, ma sempre elevatissimo.
Questo dato è in costante diminuzione di anno in anno (al 30 giugno 2014 i procedimenti pendenti erano 4.548.834, circa il 27% in più), ma non dipende affatto da una maggiore efficienza del sistema, ma semplicemente dal fatto che i cittadini consapevoli della scarsa tempestività ed efficacia della funzione regolatrice dei conflitti e dei suoi costi, si rassegnano a farne a meno o a trovare strade alternative – e purtroppo talvolta non solo quelle regolate dalla legge – per ottenere giustizia. Un pò lo stesso discorso vale per il sistema penale, favorito, nonostante l'enfasi securitaria con cui si guarda al diritto penale in Italia, dalla diminuzione dei reati in numerosi campi. Le statistiche ministeriali indicano che, a livello nazionale in tutti gli uffici giudiziari giudicanti e requirenti, il numero dei procedimenti penali nei confronti di autori noti pendenti al 30 giugno 2019 era di 2.675.633 unità, in riduzione rispetto a quello di 2.787.377 del 30 giugno 2018, con una variazione in diminuzione del 4,0%. Sono diminuiti rispetto allo stesso periodo anche i nuovi procedimenti iscritti (-2,6%) e quelli definiti (4,1%).
La verità è che i problemi sono sempre gli stessi. A fronte di questo imponente stock di processi pendenti, alla fine del 2019 erano in servizio negli uffici giudiziari 9.008 magistrati ordinari, con una magistratura onoraria, che ormai regge un significativo carico giudiziario, composta da complessive 3.326 unità, di cui 1.211 giudici di pace e 2.115 giudici onorari di tribunale; ad essi si sommano 342 giudici ausiliari di Corte d'appello e 1.762 vice procuratori onorari, nonché, a seguito di recente immissione in servizio, 18 giudici ausiliari in Corte di Cassazione, addetti alla Sezione tributaria. Interi comparti della giustizia (si pensi a quelle cause penali erroneamente talora definite bagatellari) devono solo alla magistratura onoraria, anch'essa alle prese con lo scandalo di un trattamento economico, ma soprattutto uno status, del tutto inadeguato, la sua produttività.
Per quanto riguarda la rappresentanza di genere, una delle poche note liete, i magistrati sono equamente distribuiti con una leggera preponderanza di quella femminile (54%). L'organico complessivo era scoperto per una percentuale dell'9,83%, equamente distribuita tra magistrati addetti agli uffici giudicanti (-9,74%) e requirenti (-10,01%). In questo quadro complessivamente poco confortante (e a cui poco significativo apporto daranno le riforme che si ipotizzano, fra cui centrale quella dell'ufficio del processo) suscita ancor più meraviglia che puntuale sia invece uno specifico intervento, tracciato – ormai come d'abitudine nelle riforme giudiziarie – nel solco di misure già rivelatesi del tutto inadeguate a risolvere i problemi a cui vengono applicate. Ci riferiamo qui all'intervento che si ipotizza per tentare di arginare l'ormai inarrestabile arretrato della sezione tributaria della Suprema Corte di Cassazione, vero collo d'imbuto nel quale naufraga la tempestività di un'intera giurisdizione, che invece nei suoi gradi di merito è ormai la più sollecita ed efficiente di tutte. Il fatto ovviamente si inquadra nel disagio complessivo del lavoro improbo che l'attuale ordinamento processuale affida alla Suprema Corte di Cassazione, che con un organico che comprende un Primo Presidente , un Presidente aggiunto, 59 Presidenti di sezione, 356 Consiglieri più 67 Magistrati di Tribunale ed ora anche 18 magistrati ausiliari di Cassazione è alle prese con decine di migliaia di fascicoli penali e civili, ormai in misura rilevante decisi con la scure dell'inammissibilità, quando bisognerebbe, ben più logicamente, incidere sulla stessa ricorribilità di molte delle decisioni giurisdizionali, tenuto conto che fra l'altro la sempre evocata funzione nomofilachica si esprime al meglio se alla giurisdizione si consente di occuparsi senza affanno di pochi casi rilevanti e non di migliaia di fascicoli in gran parte non in linea con la regola fondamentale che la Cassazione dovrebbe essere giudice del diritto e non terzo grado del fatto, come pure spesso inevitabilmente accade. Perché diciamo che la proposta di inserire nuovi magistrati ausiliari in cassazione non funzionerà? Perché è già in forza della Legge n. 205/2017 che la Sezione Quinta della Cassazione si avvale, dal 2018, di magistrati ausiliari (attualmente diciotto o diciannove), reclutati fra quelli in pensione e destinati a durare in carica per un triennio con l'obbligo di redigere almeno 150 provvedimenti all'anno, che non sono affatto pochi, per chi se ne intende. Intanto, sembra molto difficile procedere ad un reclutamento che soddisfi ai requisiti, giustamente rigorosi, che la legge aveva previsto per questo accesso, e che avrebbe potuto arrivare ad un tetto di 50 magistrati in servizio.
Se dopo quattro anni ce ne sono solo 18, che qualcosa non funzioni è più di un sospetto.
Oltre al macchinoso procedimento di nomina, è inadeguato il compenso, che incoraggia solo eroici pensionati che preferiscono lavorare per giornate intere spesso senza alcuna remunerazione, visto che non è previsto neppure per chi viene da mille chilometri un rimborso spese. Ma poi il tutto andava già calato nella situazione attuale della giurisdizione tributaria della Cassazione. Negli anni, il dato costante è che i ricorsi tributari sono, rispetto al totale carico civile, 11.358 (2017 - 37,48%) 12.466 (2018 - 33,80%) e 9.537 (2019 - 24,62%), cioè da soli quanti tutti gli altri. In più il saldo nonostante la laboriosità ormai da record della Corte e dei suoi consiglieri, è sempre passivo, perché se si guarda ai procedimenti definiti, essi sono stati nel 2017 9.060 (29,95%), nel 2018 9.916 (30,56%) e nel 2019 ben 11.457 (34,66%). Dopo un piccolo calo registratosi in passato, ora il trend sembra evidenziare se non una crescita una stabilizzazione dell'enorme numero di nuovi ricorsi in ingresso da decidere. Il tutto, in un contesto in cui alla Corte di Cassazione sono arrivati per il 2016/17 106.856 ricorsi (+0,36%) per il 2017/18 109.019 (+2,02%) e per il 2018/19 ben 113.862 (+4,4%).
Con questi numeri, non c'è da meravigliarsi se, avendo a riferimento i parametri del settore sui tempi e costi delle controversie (enforcing contracts, dati al 1° maggio 2019) i rapporti ci collocano al n. 122 (peggio che il n. 111 nel 2018, il n. 108 nel 2017 e il n. 106 nel 2016) nella graduatoria dei 190 Paesi presi in considerazione. In questa graduatoria molti Stati vicini all'Italia per assetti economici e sociali (tutti membri della Unione europea) sono collocati in posizione migliore (Francia 16, Spagna 26, Germania 13, Regno unito 34, Belgio 56, Portogallo 38, Irlanda 91); Grecia (146) e Cipro (142) hanno una collocazione peggiore, ma non è una bella compagnia. L'unica consolazione è che invece i parametri qualitativi segnalano una giurisdizione di qualità. Ma siamo pur sempre la culla del diritto, perciò ci mancherebbe che fossimo carenti anche in questo. Qualche tempo fa si era sparso un (moderato) ottimismo per le sorti della giurisdizione tributaria, tanto che nell'inaugurazione dell'anno giudiziario Tributario 2019 il Primo Presidente della Cassazione, nel saluto introduttivo, aveva sottolineato come si fosse registrata una diminuzione dell'iscrizione del numero dei ricorsi per cassazione avverso le decisioni dei giudici tributari. Ciò, aggiungeva il Presidente, si doveva anche al positivo processo di riqualificazione della giustizia tributaria intrapreso negli ultimi anni: il miglioramento della qualità professionale dei magistrati tributari e del contenuto delle loro decisioni, nonché l'introduzione degli istituti della mediazione obbligatoria e la valorizzazione della conciliazione giudiziale, sembrano aver comunque consentito di ridurre notevolmente le controversie nei primi due gradi di giudizio. Il combinato disposto di questo trend positivo che si registra ormai da diversi anni negli uffici di merito e la misura straordinaria prevista sono sembrati evidentemente sufficienti ad avere effetti positivi anche sul contenzioso pendente presso la Suprema Corte.
Ma, dicevamo, la realtà è più forte dei sogni, persino del governo o del legislatore e tutto passa per un confronto con le pendenze in atto, pari al 2019 a 52.540 procedimenti tributari, mentre tutte le altre sezioni civili insieme hanno un numero minore (51583) di procedimenti pendenti.
A parte l'abnormità, il dato conferma che senza una riforma dello stesso ruolo della Cassazione nel sistema giudiziario del paese non si andrà da nessuna parte. Infatti, si prevede che possano essere assegnati, in via straordinaria, magistrati onorari ausiliari in via temporanea e contingente alle sezioni tributarie della Corte, e per due cicli, al fine di abbattere l'arretrato endemico che appesantisce da tempo dette sezioni incidendo negativamente sulla performance di smaltimento di tutta la Cassazione. Ma se viene considerato lodevole per produttività un magistrato che fa il relatore per 150 sentenze l'anno, il conto è presto fatto.
Ci vogliono almeno 73/74 giudici, chiamateli come volete, onorari, aggregati, ausiliari per scrivere le 11 mila sentenze che ogni anno richiede la Cassazione in materia tributaria e ben 346 se si volesse ricominciare sul serio da capo e far sparire l'enorme ammasso di fascicoli, bel 52.000, che attendono di esser decisi.
In conclusione
Questi risultati non sono realisticamente neppure avvicinabili: è già scontato prevedere che i nuovi magistrati ausiliari della cassazione – che entreranno in servizio fra qualche anno, e certo in numeri non così ambiziosi – saranno oberati come non mai di lavoro, faranno l'impossibile e la questione rimarrà sostanzialmente irrisolta. Vien voglia di essere in futuro smentiti, ma un recente interessante saggio di Chiara Valerio ha il titolo affascinate “La matematica è politica”. In questo caso, occorre dire con chiarezza che la matematica è proprio impolitica. |