Risoluzione per inadempimento del contratto di vitalizio alimentare

15 Febbraio 2021

I genitori cedono alla figlia un immobile a fronte dell'impegno di quest'ultima ad assisterli vita natural durante. Nel caso in cui la figlia non presti l'assistenza promessa, i genitori possono agire per la risoluzione per inadempimento del contratto?

I genitori cedono alla figlia un immobile a fronte dell'impegno di quest'ultima ad assisterli vita natural durante. Nel caso in cui la figlia non presti l'assistenza promessa, i genitori possono agire per la risoluzione per inadempimento del contratto?

Al quesito deve darsi risposta positiva: il contratto di vitalizio alimentare è soggetto al rimedio della risoluzione per inadempimento di cui all'art. 1453 c.c.

Lo afferma chiaramente la Cassazione, secondo cui il contratto di vitalizio alimentare, con il quale una parte (c.d. vitaliziante) si obbliga, in corrispettivo dell'alienazione di un immobile o della attribuzione di altri beni od utilità, a fornire all'altra parte (c.d. vitaliziato) vitto, alloggio ed assistenza, per tutta la durata della vita ed in correlazione ai suoi bisogni, è soggetto al rimedio della risoluzione per il caso d'inadempimento, tenendo conto che si tratta di contratto atipico, non riconducibile, per peculiarità dell'alea, delle prestazioni del vitaliziante e della funzione perseguita, nell'ambito della rendita vitalizia (in quanto l'intento delle parti, mentre nella rendita vitalizia è diretto allo scambio di un immobile o di un capitale con delle prestazioni periodiche di denaro o di altre cose fungibili, nel vitalizio alimentare mira allo scambio di un immobile o di un capitale con il mantenimento del vitaliziato), e, quindi, sottratto all'applicazione diretta dell'art. 1878 c.c. in tema di esclusione della risoluzione in ipotesi di mancato pagamento di rate di rendita scadute (Cass. 1° aprile 2004, n. 6395. In senso conforme Cass. 25 maggio 2017, n. 13232; Cass. 8 settembre 1998, n. 8854).

In altri termini, è legittimamente configurabile, in base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., un contratto atipico di cosiddetto “vitalizio alimentare”, autonomo e distinto da quello, nominato, di rendita vitalizia di cui all'art. 1872 stesso codice, sulla premessa che i due negozi, omogenei quanto al profilo della aleatorietà, si differenziano perché nella rendita vitalizia le obbligazioni dedotte nel rapporto hanno ad oggetto prestazioni assistenziali di dare prevalentemente fungibili, mentre nel vitalizio alimentare le obbligazioni contrattuali hanno come contenuto prestazioni (di fare e dare) di carattere accentuatamente spirituale e, in ragione di ciò, eseguibili unicamente da un vitaliziante specificatamente individuato alla luce delle sue proprie qualità personali, con la conseguenza che a tale negozio atipico è senz'altro applicabile il rimedio della risoluzione per inadempimento di cui all'art. 1453 c.c., espressamente esclusa, per converso, con riferimento alla rendita vitalizia (art. 1878 c.c.) (Cass. 29 maggio 2000, n. 7033).

Stabilito che il vitalizio alimentare non rientra nello schema della rendita vitalizia e che quindi nei suoi confronti non opera direttamente l'art. 1878 c.c., si è esclusa anche l'applicazione per analogia di tale norma non sussistendo l'identità di “ratio”, la quale costituisce il presupposto per l'estensione analogica di una determinata norma a una fattispecie simile a quella da essa regolata.

Dunque, non applicandosi, neppure per analogia, l'art. 1878 c.c. al contratto atipico di vitalizio alimentare, si è affermata la operatività del rimedio della risoluzione per inadempimento (Cass., sez. un, 18 agosto 1990, n. 8432).

La Cassazione ha poi precisato che la pronuncia di risoluzione per inadempimento, ai sensi dell'art. 1458 c.c. ha effetto retroattivo tra le parti; quale effetto automatico della pronuncia di risoluzione del contratto, la parte inadempiente deve restituire l'immobile (Cass. 5 maggio 2010, n. 10859).

In mancanza di specifica richiesta, non può essere adottato alcun altro provvedimento di restituzione, oltre a quello relativo all'immobile (Cass. 21 giugno 2016, n. 12746).

Il beneficiario delle prestazioni assistenziali che agisca per la risoluzione contrattuale deve soltanto provare la fonte negoziale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il vitaliziante convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (Cass. 20 gennaio 2020, n. 1080).

In tal senso la Cassazione ha precisato che non esclude l'inadempimento del vitaliziante il fatto che la prestazione assistenziale sia comunque assicurata da terzi soggetti (come, ad esempio, dai suoi familiari).

Infatti, nel vitalizio alimentare le obbligazioni contrattuali hanno come contenuto prestazioni (di fare e dare) di carattere accentuatamente spirituale e, in ragione di ciò eseguibili unicamente da un vitaliziante specificatamente individuato alla luce delle qualità personali proprie di questo (Cass. 22 aprile 2016, n. 8209. Conformi Cass. 20 gennaio 2020, n. 1080; Cass. 5 maggio 2010, n. 10859).

Tuttavia, si ammette che il principio della naturale infungibilità della persona del vitaliziante possa essere convenzionalmente derogata, per cui le parti possono validamente prevedere la possibilità che l'assistenza sia prestata anche da terzi (Cass. 14 giugno 2012, n. 9764).

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