Separazione giudiziale: la prevalenza dei provvedimenti dell'Autorità Giudiziaria rispetto agli accordi tra i coniugi
17 Febbraio 2021
Massima
In assenza del provvedimento di omologazione della separazione consensuale sono prive di efficacia giuridica le pattuizioni intervenute tra i coniugi e su di esse prevalgono i provvedimenti emessi dall'Autorità Giudiziaria nell'ambito del procedimento contenzioso. Il caso
Con sentenza di primo grado veniva disposto l'addebito della separazione e l'onere di corresponsione di un assegno mensile di mantenimento. In sede di appello veniva confermata la predetta decisione, nonostante fosse contrastante con la scrittura privata, intervenuta nelle more, con cui i coniugi concordemente statuivano le possibili condizioni di un'eventuale separazione consensuale, mai effettivamente perfezionatasi. La decisione della Corte territoriale veniva impugnata da entrambi i coniugi con ricorso principale ed incidentale. La questione
La questione in esame è la seguente: se gli accordi extraprocessuali, intercorsi tra i coniugi in vista di una futura separazione consensuale possano prevalere sui provvedimenti emanati dall'Autorità Giudiziaria nel procedimento di separazione giudiziale. Le soluzioni giuridiche
La fattispecie in esame verte sulla validità degli accordi intervenuti tra i coniugi nelle more del procedimento per separazione giudiziale con richiesta di addebito rispetto ai contrastanti provvedimenti del Tribunale, confermati anche in secondo grado. Nel caso di specie nella scrittura privata sottoscritta tra i coniugi era espressamente previsto l'obbligo per le parti di rispettare quanto convenuto sino ad una concorde modifica in forma scritta di tali pattuizioni ovvero sino a quando non fossero state concordate differenti condizioni, da trasfondere in un futuro ricorso congiunto per separazione consensuale. Secondo quanto affermato nel giudizio di legittimità dalla ricorrente principale, tale scrittura privata costituiva un accordo sul contenuto sostanziale dei rapporti tra i coniugi, dal contenuto obbligatorio e giuridicamente vincolante, rispetto al quale la separazione si qualificava solo come eventuale, qualificabile come un “contratto atipico di mantenimento” senza prefissazione del termine di durata e senza la quantificazione dell'entità del mantenimento in termini monetari. Rimarcava, altresì, la ricorrente come l'accordo avesse avuto attuazione immediata e fosse proseguito durante il giudizio di separazione fino alla sentenza di primo grado, emessa in sorprendente difformità dagli accordi intercorsi tra le parti. Infatti, la transazione intervenuta e già in esecuzione tra i coniugi avrebbe dovuto vincolare il contenuto dei provvedimenti del Tribunale anche in assenza di formale proposizione della domanda di separazione consensuale, in virtù della causa del contratto, tipica di un atto transattivo, finalizzata ad evitare un ulteriore contenzioso. In base a tale valido accordo, quindi, sarebbe stato precluso al Giudicante un diverso regolamento ex art. 156 c.c.. La Corte di Cassazione sottolineava come la transazione in oggetto fosse stata definita dalle stesse parti come un “accordo programmatico”, che testualmente mirava ad illustrare il punto a cui erano giunte le trattative in vista di una possibile separazione consensuale, con previsione di modifica in forma scritta o a seguito della redazione del ricorso per separazione consensuale. In virtù di tali precisazioni di cui all'atto transattivo, pertanto, correttamente la Corte d'Appello aveva negato allo stesso la natura di accordo di separazione perfezionato e valido, non costituendo l'atto in questione una pattuizione idonea a regolamentare né una separazione consensuale né la separazione giudiziaria intrapresa, trattandosi di una mera puntuazione in vista di un accordo per una futura definizione consensuale, mai perfezionata, del procedimento contenzioso in corso. La sottoscrizione di tale scrittura privata, pertanto, non comportava la rinuncia delle parti ad esercitare l'azione di separazione giudiziale né valeva ad obbligare gli stessi a stipulare una separazione consensuale, con conseguente assenza di vincolatività rispetto al giudizio in corso. Veniva, inoltre, esclusa la validità degli accordi transattivi anche in merito alle reciproche rinunce alle richieste di addebito avanzate nel procedimento di separazione giudiziale, poiché decontestualizzate, in quanto effettuate unicamente nell'ambito di futuri accordi per la definizione consensuale. Con richiamo alla pronuncia Cass. civ. 9174/2008, veniva, perciò, ricordato come, nell'ambito della separazione consensuale, le pattuizioni concordate fra i coniugi ed aventi ad oggetto la definizione dei loro rapporti patrimoniali acquistino efficacia giuridica solo in seguito al provvedimento di omologazione, che svolge la fondamentale funzione di controllo della conformità di detti patti ai superiori interessi della famiglia, con la conseguenza che tali accordi possono divenire parte costitutiva della separazione solo se questa è omologata, ex art. 711 c.p.c. in relazione all'art. 158 comma 1 c.c.. In assenza di tale omologazione le pattuizioni convenute antecedentemente sono prive di efficacia giuridica, a meno che non si collochino in una posizione di autonomia in quanto non collegate al regime di separazione consensuale. Alla luce di tale orientamento giurisprudenziale, nel caso in esame sono state considerate prive dell'invocata efficacia e vincolatività le pattuizioni intervenute tra le parti, in quanto non autonome poiché preordinate ad una futura separazione consensuale. Osservazioni
La giurisprudenza si è più volte occupata del rapporto tra gli accordi intercorsi tra i coniugi e le decisioni dell'Autorità Giudiziaria, con statuizioni altalenanti. Si è sostenuto che tali accordi abbiano certamente natura negoziale e talora addirittura contrattuale (Cass. civ. n. 18066/2014; Cass. civ. n. 19304/2013; Cass. civ. n. 23713/2012), ma si è a lungo ritenuto che essi acquistassero efficacia solo a seguito del provvedimento di omologazione, in conformità con quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 158 c.c.e 711 c.p.c., che prevedono l'inefficacia della separazione consensuale in difetto di omologazione giudiziale. Con il provvedimento di omologazione, inoltre, l'Autorità Giudiziaria può esercitare la fondamentale funzione di controllo della conformità dei patti intervenuti tra i coniugi ai superiori interessi della famiglia. Orientamento questo seguito anche dalla sentenza in commento, che prende inizio da quanto stabilito dalla prima sezione della Suprema Corte sin dagli anni '80 con una serie di pronunce, nelle quali si affermava l'efficacia giuridica dei patti intervenuti tra i coniugi solo a seguito dell'omologazione della separazione consensuale, con la conseguenza che le clausole non riprodotte o espressamente richiamate negli accordi omologati sono da ritenersi inefficaci (Cass. civ. n. 14/1984). Va però precisato che gli accordi omologati non esauriscono necessariamente ogni rapporto tra i coniugi. Nella prassi è facile riscontrare la presenza di accordi anteriori, contemporanei o magari successivi alla separazione o al divorzio, redatti nella forma della scrittura privata o addirittura dell'atto pubblico. In merito a tali accordi extragiudiziali la giurisprudenza di legittimità si è evoluta verso un'autonomia negoziale dei coniugi sempre più ampia: dal già esaminato orientamento giurisprudenziale, che prevedeva la necessità di omologazione al fine di effettuare il controllo e conferire efficacia alle pattuizioni tra i coniugi, si è cominciato successivamente a distinguere in tali accordi il contenuto necessario (inerente l'affidamento dei figli minori, l'assegnazione della casa coniugale, le modalità del contributo al mantenimento per i figli ovvero dell'eventuale mantenimento del coniuge) da quello eventuale, consistente nella regolamentazione di ogni altra questione patrimoniale o personale tra le parti. Su tali ultime condizioni si è cominciato a prevedere un allentamento o addirittura un annullamento del controllo del Giudicante, obbligatorio, invece, per gli accordi necessari, rientrando le clausole eventuali nell'ambito della discrezionale ed autonoma determinazione delle parti (Cass.civ. n. 24621/2015). Si è arrivati addirittura a sostenere l'autonomia negoziale dei genitori anche nelle clausole disciplinanti il rapporto con i figli, purchè migliorative di quelle concordate in sede giudiziaria (Cass. civ., n. 657/1994; Cass. civ., n. 23801/2006, Cass. civ., n. 24321/2007). Per ciò che concerne gli accordi futuri, assunti prima del matrimonio ovvero in vista di un divorzio congiunto o di una separazione consensuale(come nel caso in commento), si evidenzia come gli stessi siano considerati dalla giurisprudenza di legittimità nulli per illiceità della causa, perché in contrasto con i principi di indisponibilità dello status e delle finalità dell'assegno divorzile(Cass. civ. n. 6857/1992, Cass. civ. n. 1810/2000). Eventuali patti svincolati dal provvedimento giudiziario sarebbero contrari, infatti, al disposto dell'art. 160 c.c., che sancisce l'inderogabilità dei diritti in materia matrimoniale, ovvero riguarderebbero materie sottratte alla volontà delle parti, come la regolamentazione in via preventiva e autonoma dell'assegno divorzile, che, per natura e presupposti, è indisponibile ed oggetto di necessaria valutazione da parte del Tribunale, o, ancora, condizionerebbero il comportamento dei coniugi nel successivo giudizio di status. Un'apertura a tale orientamento consolidato è stata, però tentata da alcune pronunce che hanno sancito l'efficacia accordi patrimoniali futuri tra i coniugi, quali espressione della loro autonomia contrattuale diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela ex art. 1322 c.c. (Cass. civ. sez. I, 21 dicembre 2012, n. 23713; Cass. civ. sez. I, 08 novembre 2006, n. 23801) |