Assegno divorzile: chiarimenti dalla Cassazione sulla determinazione della cifra dovuta all’ex coniuge

Redazione Scientifica
24 Febbraio 2021

In tema di divorzio, non possono computarsi nel patrimonio del coniuge creditore dell'assegno divorzile, calcolato ai sensi dell'art. 5, comma 6, della l. n. 898/1970, anche gli introiti percepiti dal medesimo a seguito di inadempimento nella corresponsione dell'assegno di separazione, corrisposti in unica soluzione a seguito di azione esecutiva svolta con successo.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 4215/21, depositata il 17 febbraio.

La Corte d'Appello di L'Aquila accoglieva l'appello incidentale proposto dall'ex moglie avverso la sentenza di prime cure che aveva fissato a 5mila euro la cifra dovuta dall'ex coniuge come assegno divorzile. I Giudici di secondo grado hanno raddoppiato l'importo mensile dell'assegno dopo aver esaminato le situazioni economiche delle parti anche in base alla CTU contabile, alle ragioni di addebito della separazione, al contributo economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonché alla durata del vincolo matrimoniale.

L'ex marito ha proposto ricorso in Cassazione dolendosi per la mancata valutazione, nel reddito della controparte, della somma di oltre 380mila euro assegnatale all'esito di una procedura esecutiva a titolo di arretrati dell'assegno di mantenimento.

Il Collegio ha ritenuto infondata la doglianza in virtù del principio secondo cui «in tema di divorzio, non possono computarsi nel patrimonio del coniuge creditore dell'assegno divorzile, calcolato ai sensi dell'art. 5, comma 6, della l. n. 898/1970, anche gli introiti percepiti dal medesimo a seguito di inadempimento nella corresponsione dell'assegno di separazione, corrisposti in unica soluzione a seguito di azione esecutiva svolta con successo».

Viene invece ritenuto parzialmente fondato il ricorso là dove lamenta la determinazione del quantum dell'assegno in relazione alla più recente giurisprudenza di legittimità sul tema. La Corte territoriale non ha infatti fatto corretta applicazione dell'art. 5 l. n. 898/1970, avendo incentrato la decisione essenzialmente sul parametro del mantenimento di un tenore di vita pari a quello goduto in costanza di matrimonio.
In conclusione, la pronuncia impugnata viene cassata nei limiti delle doglianze accolte con rinvio al giudice di merito che dovrà attenersi al principio secondo cui «l'assegno divorzile, che è attribuito e quantificato facendo applicazione, in posizione pariordinata, dei parametri di cui alla l. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, prima parte, e non del parametro del tenore di vita godibile durante il matrimonio, deve assicurare all'ex coniuge richiedente, in ragione della sua finalità composita - assistenziale, perequativa e compensativa -, un livello reddituale adeguato al contributo dallo stesso fornito in ogni ambito di rilevanza declinato tramite i suddetti parametri, mediante complessiva ponderazione, relativa allo specifico contesto, dell'intera storia coniugale e della prognosi futura, tenendo conto, altresì, delle eventuali attribuzioni o degli introiti che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali dell'avente diritto e realizzato l'esigenza perequativa».

Fonte: dirittoegiustizia.it