Identità del legale rappresentante come abuso di posizione giuridica soggettiva: la pronuncia del Consiglio di Stato

25 Febbraio 2021

L'identità del legale rappresentante di due distinte società, la prima responsabile di una significativa carenza nell'esecuzione di un contratto con una pubblica amministrazione, la seconda aggiudicataria di una diversa procedura di gara, non è sufficiente a ricondurre le stesse ad un unico centro di interessi e a configurare un abuso di posizione giuridica soggettiva, con possibilità di applicare alla società aggiudicataria la disposizione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) del D.lgs. 50/2016 e, di conseguenza, di disporre la “revoca” del dell'aggiudicazione.

La fattispecie. Il Comune di Cassano allo Ionio indiceva una procedura di gara per l'affidamento di lavori per la realizzazione di immobili da adibire a laboratori e/o aree attrezzate per piccole iniziative imprenditoriali, individuando il criterio di aggiudicazione nell'offerta più vantaggiosa. All'esito delle procedure di gara, l'appalto veniva provvisoriamente aggiudicato alla società Energia Protezione Ambientale s.r.l. (EPA). La società Hera Scavi e Restauri Archeologici s.r.l. (Hera), qualificatasi seconda in graduatoria, chiedeva con istanza alla stazione appaltante di disporre in autotutela l'esclusione dell'aggiudicataria dalla gara. L'istante richiedeva tale revoca sulla base di una presunta violazione della disposizione contenuta nell'art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, dal momento in cui l'aggiudicataria non aveva riportato tra le evidenze di gara la circostanza che il legale rappresentante e direttore tecnico della società fosse il medesimo legale rappresentante e direttore tecnico dell'Impresa Femotet S.p.a. (Femotet), nei cui confronti il Comune di Cassano all'Ionio aveva proceduto a risoluzione di un precedente appalto per gravi inadempienze nell'esecuzione dello stesso. L'istanza veniva accolta dall'Amministrazione ch revocava l'aggiudicazione di EPA e aggiudicava ad Hera. La stazione appaltante ha ritenuto sussistere nel caso di specie un grave illecito professionale in capo all'aggiudicataria iniziale comunque imputabile al legale rappresentante di EPA, in virtù dell'identità di tale figura per entrambe le società.

Le decisioni del giudice di primo grado. L'originale aggiudicataria, impugnando l'istanza di fronte al TAR della Calabria, vedeva respingere il ricorso sulla base di un asserito abuso di posizioni giuridiche, dato dalla presenza di un unico centro di imputazione degli interessi per entrambe le società, rilevato dal Giudice di prime cure nell'identità della persona del legale rappresentante. Il TAR, dopo aver preliminarmente chiarito il concetto di abuso di personalità giuridica indicando come la distinzione tra imprenditore individuale e società con personalità giuridica trovi un limite nei casi in cui sia dimostrabile che lo schermo societario sia stato utilizzato al fine precipuo di eludere l'applicazione dei requisiti di partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica, ha constatato che l'identità della figura del legale rappresentante, unito ad ulteriori elementi di fatto, quali una serie di contratti di affitto e cessione di azienda da parte di Femotet verso EPA, fossero sufficienti a ritenere la sussistenza di un unico centro di imputazione degli interessi. La sostanziale continuità nella nuova gestione imprenditoriale delle due società veniva così individuata come un elemento di rilievo per l'applicazione della causa di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016.

Le motivazioni di appello. La soccombente in primo grado appellava la sentenza, adducendo come unico motivo di impugnazione l'assoluta infondatezza e/o l'illegittimità della sentenza, fondata sul travisamento e sull'erronea interpretazione dei presupposti di fatto e di diritto, sull'erronea, contraddittoria, perplessa ed apparente motivazione, in violazione dell'art. 3 c.p.a., nonché sulla violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione al vizio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. L'appellante contestava infatti che non solo la motivazione della revoca addotta nella sentenza di primo grado (abuso di personalità giuridica) non era presente all'interno del provvedimento adottato dalla stazione appaltante, ma anche che questa sarebbe stata in contrasto con la tassatività delle cause di esclusione, da intendersi come applicabili unicamente all'operatore economico che partecipa alla gara o ad un suo subappaltatore, così come indicato dallo stesso art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016.

La decisione del Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato, partendo dall'individuazione dell'elemento fondante della decisione del Giudice di primo grado nell'identità del legale rappresentante delle due Imprese, e nella conseguente possibilità di riverberare sull'Impresa aggiudicatrice le conseguenze giuridiche delle inadempienze della prima all'interno di un precedente contratto con la pubblica amministrazione, ha preliminarmente rilevato come la disposizione contenuta nell'art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 dovesse essere interpretata in maniera restrittiva, in quanto limitativa del più ampio principio di “libera partecipazione alle gare”. Sulla base di tale premessa, il Giudice di appello ha specificato il significato del termine “operatore economico”, contenuto nella stessa disposizione, evidenziando che, conformemente alle ipotesi di cui ai commi 1 e 3 del medesimo articolo che prevedono specifiche ipotesi di esclusione dalla procedura per fatti imputabili al titolare dell'impresa, la responsabilità dei gravi illeciti professionali individuata nel comma 5, lett. c) dovesse essere riferita unicamente al soggetto che partecipa alla gara, dunque alla società e non anche al suo legale rappresentante.

Il Consiglio di Stato ha così negato che la causa di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 potesse trovare applicazione al caso di specie ed ha accolto il motivo di appello, rilevando che la mancata prova dell'abuso di posizione giuridica soggettiva determinasse l'impossibilità di applicazione della suddetta causa di esclusione. Il Giudice di appello ha infatti chiarito che la mancata prova, anche solo per il tramite di indizi presuntivi gravi, precisi e concordanti, dell'intenzionale preordinazione di un assetto societario tale da eludere le vigenti norme in materia di partecipazione a gare pubbliche, avrebbe avuto la conseguenza di non poter considerare la mera identità tra i legali rappresentanti delle due società né gli ulteriori elementi di fatto rilevati dal Giudice di primo grado come abuso di posizione giuridica soggettiva, in quanto condotte formalmente lecite da un punto di vista civilistico. Il giudice ha infine concluso notando che un'eventuale interpretazione contraria non supportata dalla prova dell'oggettiva illegittimità degli obiettivi perseguiti per il tramite di tali condotte, avrebbe determinato una causa di esclusione atipica, inammissibile a norma dall'art. 83, comma 8 del d.lgs. n. 50 del 2016.

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