L'udienza tributaria ancora in emergenza: qualche spunto di ordine pratico

Marco Ligrani
01 Marzo 2021

Il perdurare dello stato di emergenza, prorogato fino al 30 aprile, ha trascinato con sé l'eccezionalità del rito introdotto dall'art. 27 d.l. n. 137/2020 e, dunque, dell'udienza sulla base degli atti, ovvero a trattazione scritta. Dopo una fase di prima applicazione della norma, solo alcune commissioni hanno fissato le udienze da remoto come indicato dal primo comma della norma, mediante l'applicativo Skype for Business messo a disposizione dal MEF.
Introduzione: l'articolo 27 in sintesi

Norma di

natura eccezionale

legata al perdurare della pandemia, che impedisce l'accesso alle aule delle commissioni tributarie, l'art. 27 del decreto “ristori” ha – com'è noto – ribadito, fino alla cessazione dello stato di emergenza (e, dunque, ad oggi fino al 30 aprile) l'

introduzione dell'udienza telematica

già prevista dall'

art. 16, comma 4, d.l. n. 119/2018

, peraltro richiamato nel quarto comma dello stesso art. 27 (lo stesso che aveva introdotto l'obbligatorietà del rito telematico a decorrere dal 1° luglio 2019), definendone l'operatività (“...lo svolgimento delle udienze pubbliche e camerali e delle camere di consiglio con collegamento da remoto è autorizzato, secondo la rispettiva competenza, con decreto motivato del presidente della Commissione tributaria provinciale o regionale da comunicarsi almeno cinque giorni prima della data fissata per un'udienza pubblica o una camera di consiglio...”).

Se è questa, dunque, la modalità primaria (stante la sua collocazione sistematica al primo comma della norma e, al contempo, alla luce della previsione già presente nel decreto n. 119 di tre anni fa), in molti casi le commissioni stanno, però, seguendo il

rito alternativo per iscritto

previsto dal secondo comma, nonostante il Mef abbia, da subito, messo a disposizione la piattaforma Skype for Business (“In alternativa alla discussione con collegamento da remoto, le controversie fissate per la trattazione in udienza pubblica, passano in decisione sulla base degli atti, salvo che almeno una delle parti non insista per la discussione, con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno due giorni liberi anteriori alla data fissata per la trattazione”).

Stando così le cose, focalizziamo l'attenzione su due aspetti pratici, che possono tornare utili nel perdurare del rito scritto, previsto dalla norma emergenziale.

Memorie conclusionali, di replica, illustrative e brevi repliche a confronto

Il rito alternativo per iscritto, com'è noto, consente alle parti che abbiano chiesto l'udienza da remoto, ma che non possano accedervi in quanto non disponibile, di depositare delle

memorie ad hoc

, create dalla normativa emergenziale all'interno di questo rito eccezionale.

Si tratta delle memorie conclusionali e delle memorie di replica,

tipiche del processo civile

e – infatti -

non previste dal rito tributario

di cui al

d.l.gs. n. 546/1992

, il quale contempla, all'articolo 32, esclusivamente le

memorie illustrative

e le

brevi repliche

(“Nel caso in cui sia chiesta la discussione e non sia possibile procedere mediante collegamento da remoto, si procede mediante trattazione scritta, con fissazione di un termine non inferiore a dieci giorni prima dell'udienza per deposito di memorie conclusionali e di cinque giorni prima dell'udienza per memorie di replica.”)

A ben guardare, peraltro, le memorie conclusionali e le memorie di replica, quanto ai termini di dieci giorni e di cinque giorni dalla data di udienza,

si sovrappongono, di fatto

, alle “classiche” memorie illustrative e brevi repliche per le quali sono previsti gli stessi giorni, ma liberi; con l'unica differenza che queste ultime presuppongono la mancanza di una istanza di pubblica udienza.

Al di fuori di questo, tuttavia, entrambe le tipologie assolvono,

nei fatti, alla medesima finalità

, tanto più evidente in quelle “nei cinque giorni” (ossia le memorie di replica nel rito eccezionale e le brevi repliche in quello ordinario) che, sostanzialmente, hanno il fine specifico di replicare alle deduzioni avverse (ciò che non è, comunque, precluso anche con le memorie “nei dieci giorni”).

In definitiva, dunque, tutte queste memorie sono

parimenti utilizzabili

e, pertanto, anche nel rito eccezionale, con la finalità difensiva che è a loro propria.

Del resto, il fatto che l'art. 27 del D.l. “ristori” abbia introdotto questi due nuovi tipi di memorie non significa certo che il difensore non possa avvalersi degli strumenti “classici” previsti dall'articolo 32; pertanto, egli potrà sempre e comunque depositare delle “classiche” memorie illustrative e brevi repliche, tanto più che, con riferimento a queste ultime, l'udienza scritta nel rito eccezionale (per impossibilità di attivare quella da remoto) nient'altro è che il corrispondente odierno della “vecchia” camera di consiglio, che si tiene – appunto – in assenza delle parti.

Le memorie conclusionali e di replica: quanto sono utili?

A questo punto, rimane da chiedersi quanto – e quando – le memorie “eccezionali” (ovverosia quelle conclusionali e di replica), previste dall'art.27, siano necessarie o, quantomeno, utili.

Alla domanda si rischia di rispondere

negativamente

, per un duplice ordine di ragioni.

Il primo – e più immediato – risiede in quello che si è appena detto in merito al fatto che esse costituiscono, nella sostanza, una

duplicazione delle memorie illustrative

, già previste nel processo tributario. Per questo, la nuova opportunità, in realtà, non aggiunge molto altro rispetto a quanto già consentito dal

d.Lgs. n. 546/92

.

Il secondo – e forse più importante – muove dalla constatazione, di cui si è detto in apertura, che molte commissioni tributarie, nonostante la previsione dell'

art. 27 d.l.. n. 137/2020

(ma, prima ancora, dell'articolo 16 D.l. 119/20189) e la piattaforma resa disponibile dal Mef lo imporrebbero,

non utilizzano il canale da remoto

, procedendo all'udienza cartolare. Partendo da questa constatazione e risultando, dunque, di fatto inutile la presentazione dell'apposita istanza di discussione da parte del difensore (che non sortirebbe alcun effetto), la scelta delle memorie conclusionali o di replica presupporrebbe, comunque, la notifica di quell'(inutile) istanza, preparando la controparte ad un eventuale deposito (“...salvo che almeno una delle parti non insista per la discussione, con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno

due giorni liberi anteriori alla data fissata per la trattazione

. (...) Nel caso in cui sia chiesta la discussione e non sia possibile procedere mediante collegamento da remoto, si procede mediante trattazione scritta, con fissazione di un termine non inferiore a dieci giorni prima dell'udienza per deposito di memorie conclusionali e di cinque giorni prima dell'udienza per memorie di replica.”).

Anche per questo, dunque, strategicamente il difensore potrebbe optare per le “classiche” memorie illustrative ex articolo 32, che avrebbero la stessa funzione con il vantaggio di

non notiziare di nulla la controparte

.

Mettendo insieme le due considerazioni, in definitiva, il difensore potrebbe, opportunamente, evitare di attivare l'iter della discussione pubblica previsto dall'art.27 del D.l. “ristori”, quantomeno in quei casi in cui le commissioni tributarie non si sono attrezzate per il collegamento da remoto, in tal modo evitando di anticipare il deposito delle memorie conclusionali e di replica con la notifica dell'apposita istanza ed optando per le “tradizionali” memorie illustrative, semplicemente rendendole disponibili con il deposito nel fascicolo telematico.

L'opportunità dell'istanza di discussione pubblica

Se è vero che, in molti casi, le commissioni tributarie non procedono ancora con l'attivazione dell'udienza da remoto, è altrettanto vero che, negli altri casi (e in quella che dovrebbe essere la normalità), la presentazione dell'istanza di discussione pubblica appare

sicuramente opportuna

.

La constatazione muove dalla considerazione che, per espressa previsione normativa, la richiesta di discussione pubblica, nel nuovo contesto dell'iter emergenziale previsto dall'art. 27 del D.L. “ristori”,

presuppone l'avvenuta presentazione dell'istanza di pubblica udienza

(in sede di ricorso, ovvero con atto a sé stante), prevista dall'

art. 33 d.lgs. n. 546/1992

(“...le controversie fissate per la trattazione in udienza pubblica, passano in decisione sulla base degli atti, salvo che almeno una delle parti non insista per la discussione, con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno due giorni liberi anteriori alla data fissata per la trattazione”).

Pertanto, conditio sine qua non il difensore possa insistere per la discussione orale e, dunque, evitare l'udienza sulla base degli atti, è che egli abbia già presentato, in precedenza all'interno del processo, la “classica” istanza di pubblica udienza.

Stando così le cose, la presentazione, da parte del difensore cui sia stato notificato l'avviso di trattazione in questo periodo di emergenza, dell'istanza di discussione pubblica, non fa altro che

dar seguito alla volontà di discutere oralmente la causa

e rappresenta la naturale prosecuzione di quella scelta,

coerentemente con la strategia difensiva

già adottata. Anzi, per certi versi, rappresenta una scelta “obbligata” anche agli occhi del proprio assistito, il quale, diversamente, si troverebbe di fronte ad una strategia processuale non lineare; invero, a fronte dell'istanza di pubblica udienza già presentata, diventerebbe difficile, per il difensore incaricato, giustificare la scelta di non aver reiterato quella richiesta e, dunque, di avere accettato “passivamente” la trattazione cartolare.

In quest'ottica, dunque, la presentazione della nuova istanza ex art. 27 rappresenta una scelta quantomai opportuna.

La presentazione dell'istanza finalizzata al rinvio

L'auspicio che la pandemia finisca quanto prima riguarda, nello specifico, anche la difficile fase emergenziale che stanno vivendo i processi e, tra questi, quello tributario, cosicchè si possa tornare a discutere le udienze pubbliche in presenza.

Per far sì che questo accada, è opportuno valutare la presentazione dell'istanza di discussione pubblica nel lasso di tempo intercorrente

tra cinque e due giorni liberi

prima dell'udienza, in modo da ottenere quel rinvio che possa, appunto, “traghettare” la causa fuori (si auspica) del periodo di emergenza. Infatti, come previsto dalla norma, se il difensore presenta l'istanza quando non sia più possibile garantire il rispetto dei termini di dieci giorni, per le memorie conclusionali e di cinque giorni, per quelle di replica, la controversia è rinviata a nuovo ruolo con possibilità di prevedere la trattazione scritta nel rispetto dei medesimi termini (“Nel caso in cui sia chiesta la discussione e non sia possibile procedere mediante collegamento da remoto, si procede mediante trattazione scritta, con fissazione di un termine non inferiore a dieci giorni prima dell'udienza per deposito di memorie conclusionali e di cinque giorni prima dell'udienza per memorie di replica. Nel caso in cui non sia possibile garantire il rispetto dei termini di cui al periodo precedente, la controversia è rinviata a nuovo ruolo con possibilità di prevedere la trattazione scritta nel rispetto dei medesimi termini”).

È su questo passaggio, dunque, che occorre soffermarsi.

La norma, come detto, lascia al difensore la facoltà di presentare l'apposita istanza di discussione, la quale, ove presentata non prima di dieci giorni e non oltre due giorni dalla data dell'udienza, comporta il rinvio a nuovo ruolo con “possibilità” (non obbligo, si badi) che la successiva udienza avvenga a trattazione scritta; meglio ancora se presentata non prima di cinque giorni (e, comunque, non oltre due), in quanto, con certezza, comporterebbe il rinvio a nuovo ruolo, atteso che non vi sarebbe nemmeno il tempo per presentare le memorie di replica.

Al fine, dunque, di sperare (purtroppo è il termine giusto) che l'udienza di svolga pubblicamente e, dunque, alla presenza delle parti, appare conveniente, nell'immediato, presentare comunque l'istanza di discussione non prima di quattro e non oltre tre giorni dall'udienza; in tal modo, infatti, non potendo essere rispettati il termine di dieci giorni e nemmeno quello di cinque giorni che condurrebbero inevitabilmente all'udienza “a trattazione scritta”,

la trattazione verrebbe quantomeno, rinviata a nuovo ruolo

, nella speranza – appunto - che, nel frattempo, l'emergenza sia rientrata e, con essa, l'efficacia dello stesso art. 27.

Ma anche prescindendo dal rientro dell'emergenza, va evidenziato che, comunque, la possibilità che l'udienza, a seguito della presentazione dell'apposita istanza di discussione, si tenga in forma pubblica costituisce un'eventualità concessa dalla stessa norma, la quale, infatti, nel disporre che “la controversia è rinviata a nuovo ruolo con possibilità di prevedere la trattazione scritta nel rispetto dei medesimi termini”, prevede che la modalità di tenuta della nuova udienza (da rinvio) “a trattazione scritta” non sia automatica (come invece accade nel caso in cui l'istanza di discussione non venga presentata), ma costituisca una mera eventualità.

In definitiva, dunque, lo stesso art. 27 prevede che, in sede di rinvio, la

modalità di effettuazione dell'udienza verrà quantomeno rimessa alla valutazione del giudice

, tenuto conto – innanzitutto – della situazione sanitaria che esisterà in quel momento.

Quanto alle udienze cautelari, in questa fase non sembra esserci alternativa alla “trattazione scritta”, atteso che la procedura di cui si è detto, prevista dal secondo comma, riguarda le sole “controversie fissate per la trattazione in udienza pubblica” e, dunque, per i meriti; in questi casi, dunque, non resta che depositare i documenti attestanti il “periculum in mora”, rimettendosi alla valutazione del collegio.

(Fonte: Il Tributario)

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