Affidamento superesclusivo: il Tribunale di Velletri conferma la cd. “terza via” nel caso di totale indifferenza da parte del genitore non collocatario
01 Marzo 2021
Il fatto.Il Tribunale ordinario di Velletri è stato chiamato a pronunciarsi in seguito a un ricorso, depositato dalla madre ex artt. 316-bis e 337-ter c.c. avente ad oggetto la regolamentazione dell'affidamento e della collocazione di un figlio minorenne (pur se vicino alla maggiore età), nato da relazione more uxorio. Nel ricorso Essa aveva a richiedere l'affidamento “superesclusivo” con collocazione presso di lei del minore; chiedeva altresì di porre a carico del padre un contributo mensile per le spese di mantenimento dello stesso, in forma indiretta. Adduceva, in particolare, la madre che il padre si fosse completamente disinteressato delle sorti del ragazzo, fin dalla nascita, mancando persino di contribuire al suo mantenimento. Si costituiva in giudizio il resistente, contestando la richiesta di affido, nella forma super esclusiva, nel presupposto di voler recuperare il rapporto con il proprio figlio. La causa veniva istruita con l'intervento dei Servizi Sociali allo scopo di ricostruire un rapporto tra il padre e il minore; nel corso dell'istruttoria, tuttavia, il padre mancava di presenziare agli incontri con gli operatori sociali e si rendeva, di fatto, irreperibile.
La questione sottoposta al Tribunale. Nel ricorrere al Tribunale, la madre aveva denunciato un totale disinteresse, da parte della figura paterna, per la cura, l'educazione, l'istruzione e il mantenimento del figlio della coppia, protratto per oltre diciassette anni, già a partire dalla nascita. Denunciava peraltro una totale mancanza di collaborazione nelle scelte di maggiore importanza afferenti il figlio, chiedendo disporsi l'affidamento nella forma “superesclusiva”, al fine di rimuovere ulteriori ostacoli all'esercizio della responsabilità genitoriale. Ed invero la riforma del 2006 già aveva ad individuare nell'affidamento condiviso la modalità di esercizio preferenziale della responsabilità genitoriale, allo scopo di dare effettivo corso al diritto del minore alla bigenitorialità, intesa nel senso di garantire al figlio, nato da relazione coniugale, di poter intrattenere rapporti significativi e duraturi con entrambe le figure genitoriali. Tale principio, dopo la successiva riforma del 2012-2013 in materia di filiazione è stato esteso anche ai figli nati da relazione extraconiugale, nella volontà di rimuovere ogni discriminazione nei confronti di coloro che, un tempo, venivano definiti “figli naturali”. La normativa di riferimento è confluita, come è noto, nel nono titolo del primo libro del codice civile, rubricato “della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio”. Come tale, l'esercizio congiunto dell'affidamento è idoneo a generare numerose problematiche, soprattutto all'interno di quelle coppie separate, particolarmente conflittuali, ovvero ancora nell'ipotesi, assai frequente, di lontananza tra i genitori, uno dei quali è il collocatario della prole. Per porre rimedio alle situazioni in cui appaiano evidenti le carenze nelle cure e negli interessi per i figli da parte di una delle due figure genitoriali, il genitore che con loro convive può richiedere, ai sensi dell'art. 337-quater c.c. che il Giudice disponga per lui l'affidamento esclusivo degli stessi,«qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore». L'introduzione dell'istituto del cd. affidamento monogenitoriale o esclusivo, costituendo la via residuale individuata dalla legge per l'esercizio della responsabilità genitoriale, non è, tuttavia, scevro di complicazioni pratiche. E infatti, la norma in esame ha espressamente fatto salva una gestione condivisa della responsabilità, quando si tratti di assumere nei confronti dei figli “le decisioni di maggiore interesse” riguardanti, ad esempio, la salute o l'istruzione di quest'ultimi. Proprio per scongiurare il rischio, la giurisprudenza ha recentemente elaborato una “terza via”, consistente nell'affidamento “superesclusivo” dei figli al genitore collocatario, in forza di un'interpretazione estensiva della proposizione “Salvo che non sia diversamente stabilito”, contenuta nel penultimo comma dell'art. 337-quater c.c. Ecco che quando il Giudice, come nel caso preso in esame, decida “diversamente”, affidando in modalità super esclusiva i figli al richiedente, anche le decisioni di maggiore interesse riguardanti la prole potranno essere assunte dall'unico genitore affidatario, anche in disaccordo con l'altro. L'altro genitore, per contro, viene, in quest'ultima ipotesi, relegato al ruolo di mero “osservatore”, nel senso che a lui è solamente attribuita la facoltà, in qualsiasi momento, di segnalare scelte dell'altro genitore che ritenga inappropriate o dannose, indicandole al Giudice e magari richiedendo una nuova modifica al regime di affidamento. Con espressione perentoria ed efficace il Tribunale di Velletri, nel caso in esame, conclude per l'affidamento superesclusivo alla madre, dinanzi all'impegno solamente formale assunto dal padre in atti che, alla prova dei fatti, aveva preferito il medesimo e perdurante atteggiamento di distacco, incompatibile con le esigenze del minore. Osserva il Tribunale che: «nella situazione attuale, il resistente non ha assunto di fatto alcun ruolo genitoriale e ciò giustifica, al fine di meglio tutelare l'interesse del minore, il riconoscimento dell'affido nelle forme del cd. affido superesclusivo, risultando tanto opportuno quanto necessario per evitare, anche per questioni fondamentali, quali quelle medico-sanitarie, la macchina di rappresentanza degli interessi del minore sia inibita nel funzionamento, a causa del completo e grave disinteresse del padre per la propria famiglia». |