Revisione dei prezzi: giurisdizione, finalità dell'istituto e criteri di applicazione

Guglielmo Aldo Giuffrè
04 Marzo 2021

Rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a. qualsiasi controversia in tema di revisione prezzi, sia che la contestazione riguardi la spettanza della stessa, sia che investa l'esatto suo importo come quantificato dal concreto provvedimento applicativo, ma la pretesa di adeguamento non può essere configurata come un diritto soggettivo perfetto suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo, dal momento che la determinazione deve essere effettuata dalla stazione appaltante all'esito di un'apposita istruttoria.

La questione. Il gestore uscente del servizio di igiene urbana integrata nel Comune di San Giuliano Milanese, precisando di non svolgere in proprio l'attività di smaltimento di rifiuti, ha chiesto la revisione del prezzo a far data dal 1° febbraio 2018, lamentando che dal 2015, anno di presentazione dell'offerta in gara, i costi di smaltimento sarebbero aumentati in modo imprevedibile, con conseguente alterazione dell'equilibrio del sinallagma contrattuale per cause estranee all'alea dell'appaltatore ex art. 1655 c.c. ed in particolare, da un lato, l'aumento del costo di smaltimento di alcune tipologie di rifiuti e, dall'altro, il crollo dei prezzi delle frazioni utili di rifiuti che l'appaltatore può vendere sul mercato dopo averli separati dai restanti rifiuti raccolti.

Il Comune, riscontrando la richiesta del gestore, ha disposto di riconoscere integralmente le somme esposta dalla società, che tuttavia ha ulteriormente lamentato l'insostenibilità del contratto in essere, generante “perdite pesanti”, e ha dettagliatamente indicato l'aumento percentuale dei costi di smaltimento anno per anno, dal 2018 al 2020, raffrontandoli con quelli dell'anno 2016, nonché la diminuzione dei ricavi della vendita di vetro e carta.

Nel frattempo il Comune ha bandito la nuova gara e, nelle more del relativo espletamento, ha disposto la proroga del contratto in essere per ulteriori cinque mesi, comunicando contestualmente la richiesta di revisione “non accoglibile”.

Il gestore uscente ha quindi presentato ricorso per chiedere l'accertamento del proprio diritto alla revisione prezzi, con inizio dalla seconda annualità di servizio e per il periodo proroga tecnica, e la conseguente condanna alla relativa corresponsione nonché l'annullamento della determina di proroga nella parte in cui il Comune non ha ritenuto accoglibile la domanda di revisione.

Successivamente il Comune ha annullato in autotutela la procedura indetta per il nuovo affidamento del servizio e, a fronte della richiesta del gestore di un compenso revisionale anche per i cinque mesi di proroga, lo informava di voler prorogare del contratto, alle condizioni attuali, di un ulteriore mese, non essendo ancora riuscito a individuare un nuovo appaltatore e che riteneva dovuto il solo adeguamento Istat, precisando che era “in corso di perfezionamento un atto ricognitorio per l'adeguamento del canone e il riconoscimento dei dovuti conguagli, anche per il periodo 01.06.2020 – 30.06.2020, nonché per l'ulteriore proroga”.

A seguito dell'ulteriore proroga del contratto la società ha proposto ricorso per motivi aggiunti.

La giurisdizione del g.a. Il Collegio ha preliminarmente precisato, in punto di giurisdizione, che ai sensi dell'art. 133 comma 1 lett. e), n. 2), c.p.a. le controversie in tema di revisione prezzi sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sia che la contestazione riguardi la spettanza della stessa, sia l'esatto suo importo come quantificato dal concreto provvedimento applicativo.

La ricostruzione dell'istituto. Il TAR, dopo aver ricordato che l'istituto della revisione dei prezzi ha la triplice finalità di (i) salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse (incidente sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell'offerta), e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte, di (ii) evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto e di (iii) tutelare l'interesse dell'impresa a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi sopraggiunte durante l'arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standards qualitativi delle prestazioni, ha precisato che il riferimento normativo alla clausola revisionale, avente carattere di norma imperativa cui si applicano gli artt. 1339 e 1419 c.c., non attribuisce alle parti ampi margini di libertà negoziale, ma impone di tradurre sul piano contrattuale l'obbligo legale, definendo anche i criteri e gli essenziali momenti procedimentali per il corretto adeguamento del corrispettivo, così da consentire un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso al risparmio di spesa ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.

La decisione. Il Collegio ha in primis escluso che la pretesa vantata dal gestore possa avere la consistenza di un diritto soggettivo perfetto suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo, dal momento che la determinazione deve essere effettuata dalla stazione appaltante all'esito di un'istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi.

Il TAR ha quindi ritenuto necessario distinguere il periodo oggetto dell'istanza di revisione in tre sotto-periodi: (i) il primo, con riferimento al quale la legge di gara impedirebbe una revisione dei prezzi, mantenendo fermo il prezzo del contratto per due anni e posticipando la possibilità di un adeguamento dei prezzi soltanto a partire dal terzo anno di contratto, ma che il Collegio ritiene non conforme alla ratio dell'istituto e violativa dell'art. 115 d.lgs. n. 50/2016, per cui ha ritenuto di accogliere la domanda; (ii) il secondo, con riferimento al quale la stazione appaltante risulta aver già riconosciuto a titolo di rivalutazione del canone contrattuale esattamente quanto richiesto dalla società appaltatrice per il predetto periodo, sicché ha ritenuto di respingere la richiesta di ulteriori somme a titolo revisionale in quanto non rispondente all'agire secondo buona fede; (iii) il terzo, da intendersi comprensivo anche dell'intero periodo di proroga disposta fino al 31 luglio 2020, relativamente al quale, essendo l'an della pretesa già stato riconosciuto e il procedimento per la determinazione del quantum in corso, ha ritenuto di respingere la richiesta.

Il Collegio ha infine dichiarato improcedibile la domanda di annullamento della delibera di proroga, ritenendola superata dalla nota con cui il Comune ha dato atto che era in corso di perfezionamento l'atto ricognitorio per l'adeguamento del canone e il riconoscimento dei conguagli anche per il periodo 1° giugno 2020 – 30 giugno 2020 nonché per l'ulteriore proroga successivamente disposta e impugnata per motivi aggiunti.

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