Resistenza a pubblico ufficiale: l’esclusione della particolare tenuità è incostituzionale?
08 Marzo 2021
La scelta legislativa di escludere dal campo di applicazione dell'esimente di tenuità il reato di resistenza a pubblico ufficiale non è manifestamente irragionevole, corrispondendo all'individuazione discrezionale di un bene giuridico complesso, ritenuto meritevole di speciale protezione.
Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 30/21, depositata il 5 marzo.
Resistenza a pubblico ufficiale: la preclusione dell'esimente viola la Costituzione? La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale – sollevata con due ordinanze sostanzialmente analoghe – dell'art. 131-bis, co. 2, c. p., come modificato dall'art. 16, co. 1, lett. b), del d. l. n. 53/2019 (Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, nella l. n. 77/2019, nella parte in cui stabilisce che l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, agli effetti dell'applicazione della causa di non punibilità prevista dal primo comma del medesimo art. 131-bis, nei casi di cui all'art. 337 c. p., «quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni». I Giudici a quibus sospettano che la preclusione dell'esimente di particolare tenuità per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, in quanto collegata unicamente al titolo del reato e non alle concrete modalità del fatto, sia irragionevole e possa determinare l'inflizione di una pena ingiustificata.
I dubbi dei rimettenti. In particolare, ad avviso dei rimettenti, il divieto di qualificare come particolarmente tenue l'offesa recata da qualunque condotta di resistenza a pubblico ufficiale sarebbe irragionevole, perché, al contrario delle altre preclusioni normative dell'esimente di tenuità, l'esclusione non sarebbe qui determinata da particolari connotazioni del fatto, ma soltanto dal titolo del reato. Fondata unicamente su una “visione sacrale dei rapporti tra cittadino e autorità”, l'aprioristica esclusione dell'esimente di tenuità per il reato di resistenza a pubblico ufficiale potrebbe determinare l'irrogazione di una sanzione non giustificata dalla concreta offensività del fatto e, quindi, inutilmente afflittiva, oltre a ingenerare disparità di trattamento per titoli di reato omogenei. La disciplina censurata, pertanto, si porrebbe in contrasto con i principi di ragionevolezza, proporzionalità e finalismo rieducativo della pena (artt. 3 e 27, comma 3, Cost. ed artt. 3, 25, comma 2, e 27, commi 1 e 3, Cost.).
La Consulta sulla “particolare tenuità”. Inserito dal d.lgs. n. 28/2015, l'art. 131-bis c. p. ha previsto una generale causa di esclusione della punibilità legato all'altrettanto generale presupposto dell'offensività della condotta, requisito indispensabile per la sanzionabilità penale di qualsiasi condotta in violazione di legge (cfr. Corte Cost., n. 120/2019). Esso fissa una “soglia massima di gravità”, correlata a una pena edittale non superiore nel massimo a cinque anni di reclusione, e quindi, per i titoli di reato che non eccedono tale soglia, stabilisce una “linea di demarcazione trasversale”, che esclude la punibilità delle condotte aventi “in concreto” un tasso di offensività marcatamente ridotto. Ed infatti, l'art. 131-bis, comma 1, c.p. dispone che nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, l'offesa è di “particolare tenuità” e il comportamento risulta non abituale. Il limite applicativo correlato al massimo edittale deve essere ora valutato alla luce della sentenza n. 156 del 2020, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 131-bis c.p. nella parte in cui non consente l'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai reati per i quali non è previsto un minimo edittale di pena detentiva. L'art. 16, comma 1, lett. b), del d. l. n. 53/2019, nella formulazione originaria, ha aggiunto un ulteriore periodo («l'offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive»), che tuttavia è stato integrato dalla legge di conversione con l'introduzione del riferimento all'ipotesi in cui il reato sia stato “commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni”. Da ultimo, l'art. 7, comma 1, del d. l. n. 130/2020, come convertito, ha sostituito le parole “di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni” con “di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni, e nell'ipotesi di cui all'articolo 343”.
Particolare tenuità esclusa per il reato di resistenza a pubblico ufficiale: scelta non irragionevole. Per giurisprudenza costante, le cause di non punibilità costituiscono altrettante deroghe a norme penali generali, sicché la loro estensione comporta strutturalmente un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono da un lato la norma generale e dall'altro la norma derogatoria, giudizio che appartiene primariamente al legislatore (cfr. Corte Cost., sentenze n. 156/2020, n. 140/2009 e n. 8/1996). Da tale premessa discende che le scelte del legislatore relative all'ampiezza applicativa della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c. p. sono sindacabili soltanto per irragionevolezza manifesta (così Corte Cost., n. 156/2020 e n. 207/2017). Con la pronuncia in commento, la Consulta ritiene che la scelta legislativa di escludere dal campo di applicazione dell'esimente di tenuità il reato di resistenza a pubblico ufficiale non sia manifestamente irragionevole, corrispondendo all'individuazione discrezionale di un bene giuridico complesso, ritenuto meritevole di speciale protezione. Ed infatti, l'esclusione del titolo di reato di cui all'art. 337 c. p. dalla sfera applicativa dell'esimente di tenuità corrisponde – secondo un apprezzamento discrezionale non manifestamente irragionevole – alla peculiare complessità del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, peraltro rimarcata anche dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, laddove ha osservato che il normale funzionamento della pubblica amministrazione tutelato dall'art. 337 c. p. va inteso “in senso ampio”, poiché include anche la sicurezza e la libertà di determinazione delle persone fisiche che esercitano le pubbliche funzioni (Cass. Pen., n. 40981/2018). In presenza di un fatto-reato intrinsecamente offensivo di un bene giuridico di tale complessità, l'opzione legislativa di escludere la valutazione giudiziale di particolare tenuità dell'offesa – oltre che non manifestamente irragionevole – non è neppure contrastante con i principi di proporzionalità e finalismo rieducativo della pena, considerato, altresì, che i criteri previsti dalla disciplina censurata, seppure non rilevano agli effetti dell'applicazione della causa di non punibilità, mantengono tuttavia la loro ordinaria funzione di dosimetria sanzionatoria. Per questi motivi, le questioni sono dichiarate non fondate, in riferimento a tutti i parametri evocati.
Fonte: dirittoegiustizia.it |