Il diritto del minore all'ascolto come realizzazione del suo superiore interesse
08 Marzo 2021
Il quadro normativo
Dal momento dell'emanazione della Convenzione di New York del 1989, sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (ratificata con l. 191/1976) la persona minore di età, in virtù di una vera e propria rivoluzione culturale, non viene più considerata oggetto di protezione ma soggetto titolare di diritti. Il minorenne pertanto, una volta inteso come destinatario passivo dei diritti, diviene un nuovo soggetto titolare dei diritti stessi, che va ascoltato, informato, e rispettato. In questo contesto ruolo centrale assume il suo diritto all'ascolto in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, diritto che, affermato a livello internazionale dalla Convenzione di New York (da qui Conv. Onu) ha fatto molta strada nel nostro ordinamento negli ultimi 30 anni. Norma di riferimento in materia è l'art. 12 della Convenzione citata che, in coerenza con la concezione del minore come protagonista e partecipe delle scelte che riguardano la sua vita, prevede l'obbligo per gli Stati parti: - di garantire al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, - di fornire in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, - di tenere conto delle opinioni espresse dal bambino in relazione alla sua età e al suo grado di maturità. La necessità di garantire la massima partecipazione del minore nella determinazione delle decisioni che hanno riflessi sulla sua esistenza è affermata anche nella Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 febbraio 1996, ratificata dall'Italia con l. 20 marzo 2003, n. 77, nell'ambito della quale vengono proclamati come diritti del bambino, capace di sufficiente discernimento, tanto quello di ricevere informazioni adeguate quanto quello di esprimere le proprie opinioni, opinioni che devono essere tenute in debito conto dai soggetti deputati a prendere decisioni in ordine alla vita del minore stesso (art. 3 Conv. Onu). Le disposizioni di tale Convenzione infatti sono soprattutto finalizzate a garantire che i minori possano sempre partecipare, adeguatamente informati, ai procedimenti giudiziari che li riguardano e in tal senso in particolare si prevede che il bambino ha il diritto di chiedere, personalmente o tramite altre persone od organismi, la designazione di un rappresentante speciale nei procedimenti giudiziari che lo riguardano quando la legge nazionale priva i detentori della responsabilità di genitori della facoltà di rappresentarlo a causa di un conflitto di interessi (art. 4) Sempre in ambito internazionale si sottolinea il Regolamento CE, 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, secondo cui le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non sono riconosciute, tra l'altro, quando, salvo i casi d'urgenza, la decisione è stata resa senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto (art. 23 lett. b). Si consideri inoltre il Regolamento UE, 2019/1111 del 25 giugno 2019 destinato a sostituire quello appena citato secondo il quale i minorenni in grado di discernimento avranno la possibilità di essere ascoltati in tutti i procedimenti che li riguardano, sia in materia di responsabilità genitoriale sia nei casi di sottrazione internazionale. L'ascolto è altresì previsto dalla Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 (ratificata con l. 64/1994) che all'art. 13 stabilisce che il giudice può rifiutare il ritorno del minore nel Paese da cui è stato illegittimamente trasferito nel caso in cui questi si opponga ed abbia un'età e una maturità tali da rendere opportuno il fatto di tenere in considerazione il suo parere. Anche la Carta europea dei diritti fondamentali all'art. 24 stabilisce che “i bambini possono esprimere liberamente la loro opinione, ed essa viene presa in considerazione per le questioni che li riguardano”. Nell'ordinamento italiano il principio della Convenzione ONU ha dato origine a importanti provvedimenti legislativi e in particolare all'art. 315-bis c.c., introdotto dalla c.d. riforma della filiazione, (l. 219/2012 “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”, e d.lgs. 154/2013), che prevede un generale diritto per il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il diritto all'ascolto del minore è previsto inoltre in molte altre disposizioni tra le quali quelle relative ai procedimenti de potestate, (artt. 330 e 333 c.c.); alle azioni di status (art. 250 c.c. e 269 c.c.), al procedimento per l'attribuzione del cognome art. 262 c.c.; al procedimento per la scelta del tutore art. 348 c.c.; al procedimento ex art. 334 c.c. per la rimozione di uno o di entrambi i genitori nell'amministrazione del patrimonio del minore. Il minore ha altresì diritto ad essere sentito ai sensi dell'art. 371 c.c., nel caso in cui il giudice tutelare su proposta del tutore debba deliberare, tra l'altro, sul luogo nel quale deve essere cresciuto ovvero sui suoi studi. In questo caso la legge ha lasciato il limite di dieci anni per l'ascolto, limite già più favorevole al minore che viene ritenuto in grado di esprimere un suo giudizio in merito a decisioni, quali quelle indicate, in grado di incidere notevolmente sulla sua vita quotidiana. La normativa che per la prima volta ha previsto e disciplinato l'ascolto del minore è peraltro quella in materia di adozione nazionale e internazionale che stabiliva, già precedentemente alla riforma, che il minore dodicenne e anche di età inferiore se ritenuto capace di discernimento va ascoltato in relazione ai momenti più salienti della procedura tra i quali: l'affidamento (art.4), la dichiarazione dello stato di adottabilità (art. 15), l'affidamento preadottivo in relazione alla coppia prescelta (art. 22); l'adozione, prima in generale, poi nei confronti della coppia prescelta (art.7 e 25), l'adozione in casi particolari (art. 45). Fondamentale è inoltre l'ascolto del minore nelle procedure in cui si decide del suo affidamento nell'ambito dello scioglimento della coppia genitoriale. L'obbligatorietà dell'ascolto in tali giudizi per il dodicenne e anche per quello di età inferiore quando capace di discernimento era già prevista dall'art. 155-sexies c.c. (nel testo inserito dalla l. 54/2006), trasposto poi nell'art. 337-octies c.c. applicabile ai giudizi di separazione, divorzio, annullamento, nullità del matrimonio o ai procedimenti per l'affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio. La disposizione prevede comunque che nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all'ascolto se questo è in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo. Anche la giurisprudenza italiana, di fronte all'attuale assetto legislativo, ha ormai richiamato in moltissime decisioni con rigore e continuità, la funzione primaria che ha l'ascolto nel garantire l'effettività della tutela dei diritti del minore nei procedimenti che lo riguardano. Superiore interesse del minore Il diritto del minore all'ascolto così delineato costituisce uno dei quattro principi fondamentali della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e, in particolare, è strettamente connesso ad un altro principio, quello secondo il quale in ogni procedura che lo riguarda e in ogni decisione relativa al minore va tenuto in preminente considerazione il suo superiore interesse (art. 3 Conv. Onu) Assumere infatti una decisione nei riguardi del fanciullo che tenga conto di quello che è il suo superiore interesse presuppone necessariamente una conoscenza delle sue esigenze e quindi un suo ascolto. L'audizione, o meglio il diritto del minore ad essere ascoltato, è dunque lo strumento per fare partecipare la persona minore di età al procedimento destinato ad emettere una decisione che riguarda e che a volte modifica radicalmente la sua vita attraverso la manifestazione dei propri desideri e bisogni. Si tratta di un potere dato al minore, capace di discernimento, di influire sulla formazione del convincimento del giudice. In questo contesto si sottolinea come l'art. 315 – bis c.c. a differenza dell'abrogato art. 155-sexies c.c. (che regolava l'ascolto del minore in relazione alla separazione dei coniugi) non tratteggi il dovere del giudice di ascoltare il minore ma delinei il diritto dello stesso ad essere ascoltato dal giudice, “così guardando al fanciullo non come semplice oggetto di protezione ma come vero e proprio soggetto di diritto, a cui va data voce nel momento conflittuale della crisi familiare” (Tribunale Varese, 24 gennaio 2013).
Essere ascoltato è dunque un diritto del minore, dal quale non deriva necessariamente un “obbligo” del giudice di procedervi poiché in ogni caso, occorre valutare nei singoli casi oltre all'età ed alla capacità di discernimento, anche che l'audizione non possa nuocere, alla luce delle circostanze del caso concreto, al superiore interesse del minore. Lo stretto collegamento con tale principio, cardine dei diritti del fanciullo, fa si infatti che non si proceda all'ascolto del minore quando questo è contrario al suo interesse (Cass. 21662/2012). In questa linea di pensiero si pongono quei provvedimenti che sostengono che “il diniego di ascolto del minore può essere fondato sulla valutazione dell'età, delle condizioni e dei disagi già manifestati dallo stesso, quindi, sulla conclusiva, seppure implicita, attribuzione di prevalenza alle esigenze di tutela dell'interesse superiore del bambino, anche a non essere ulteriormente esposto al presumibile danno derivante dal suo coinvolgimento emotivo nella controversia che vede contrapposti i genitori” (Cass. 6645/2013; Cass. 13241/2011). Si pensi al caso di un bambino affetto da patologie o per il quale la vicenda in cui è coinvolto è causa di gravi conseguenze psicologiche. In tutti queste ipotesi l'audizione potrebbe risolversi in un danno per il minore e per la sua serenità. Si supera così l'orientamento giurisprudenziale nato in relazione all'art. 155-bis c.c. secondo il quale la mancata audizione del minore, senza una giustificazione plausibile, determina la nullità delle decisioni a seguito di un difetto del contraddittorio (Cass., sez. un. 22238/2009). Il giudice deve comunque fornire adeguata motivazione in relazione alle ragioni che lo hanno indotto a non procedere all'audizione, come espressamente prescrive l'art. 336-bis c.c. (Cass. 3319/2017; Cass. 9780/2016). Anche la Corte europea dei diritti dell'uomo ha avuto occasione di intervenire in materia appoggiando l'orientamento giurisprudenziale citato. In relazione al mancato ascolto del minore la Corte ha ricordato che secondo consolidati principi “affermare che i tribunali interni sono sempre tenuti ad ascoltare un minore durante un'udienza nella quale è in gioco il suo affidamento significherebbe andare troppo lontano”. La Corte europea infatti ritiene che spetti al giudice valutare se sia opportuno procedere all'audizione tenendo sempre in considerazione le particolari circostanze del singolo caso, l'età e la maturità del minore interessato (CEDU, sez. II, B. c. Italia, 15 maggio 2007, Ricorso no 38972/06). Nello stesso senso si pone l'art.336- bis c.c. secondo il quale quando l'ascolto è in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo il giudice non procederà all'adempimento, dandone atto con provvedimento motivato. Allo stesso modo e in relazione nello specifico al coinvolgimento dei minori del giudizio relativo allo scioglimento della coppia genitoriale l'art. 337-octies c.c. stabilisce che nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all'ascolto se in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo. È palese infatti che un ascolto superfluo, perché vertente su circostanze acclarate o non contestate, possa ritenersi dannoso per la serenità e l'equilibrio del minore. Il bambino pertanto, come sostenuto anche dalla Cassazione, non va necessariamente coinvolto nel giudizio instaurato tra i genitori (Cass. 6645/2013). Inoltre, nell'ottica che l'ascolto è un diritto potrebbe essere il minore stesso, una volta adeguatamente informato, a non voler essere ascoltato. Fondamentale è infatti l'aspetto della volontarietà dell'ascolto del fanciullo, che può liberamente scegliere di non sottoporvisi.
Non si procede inoltre all'ascolto quando il minore non è considerato dal giudice capace di discernimento. La legge, sia in generale all'art. 315-bis, che nello specifico nelle varie disposizioni, distingue tra il minore che ha compiuto i dodici anni e quello più piccolo. Il primo si presume capace di discernimento e quindi ha, di regola, diritto ad essere ascoltato, in relazione al secondo invece la scelta se procedere o meno all'audizione viene affidata al prudente apprezzamento del giudice il quale deve tener conto dell'età, della capacità di discernimento e del grado di maturità del minore stesso. In tal senso la giurisprudenza chiarisce che il riscontro di tale capacità è devoluto al libero e prudente apprezzamento del giudice e non necessita di specifico accertamento positivo d'indole tecnica specialistica, anticipato rispetto al tempo dell'audizione. Tale capacità, peraltro, non può essere esclusa con mero riferimento al dato anagrafico del minore, se esso non sia di per sé solo univocamente indicativo in tale senso, mentre può presumersi in genere ricorrente, anche considerati temi e funzione dell'audizione, quando si tratti di minori per età soggetti ad obblighi scolastici e, quindi, normalmente in grado di comprendere l'oggetto del loro ascolto e di esprimersi consapevolmente (Cass. 762/2015). Interessante è pertanto esaminare l'età in cui i bambini, nei vari casi sottoposti alla giurisprudenza, sono stati coinvolti. Andando infatti ad analizzare le singole vicende, a mero titolo esemplificativo, si ritrovano decisioni in cui il bambino, che non è stato ascoltato dal giudice aveva quattro anni (Cass. 19544/2003), sei anni (Cass. 4246/2019), sette anni (Cass. 9501/ 1998; Cass. S.U. 19664/ 2014), dieci anni (Cass. 11328/ 1997) e persino undici (Cass. 16753/2007). In altri casi invece l'ascolto è stato ritenuto necessario e si trattava di minori di otto e dodici anni (Cass. 12293/2010), 10 anni (Cass. 18864/2016). Si sottolinea altresì che incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione, tanto più necessaria quanto più l'età del minore si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l'obbligo legale dell'ascolto, non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore, ma anche qualora il giudice opti, in luogo dell'ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto (Cass. 10774/2019). La normativa internazionale precisa che le opinioni del minore devono essere tenute in debita considerazione dai soggetti deputati a prendere decisioni (Conv. Onu art. 12). E' peraltro orientamento costante quello secondo cui la valutazione del giudice può non coincidere con quanto espresso dal minore in sede di ascolto. In tal caso, peraltro, vi è un preciso onere di motivazione sulle ragioni che inducono a discostarsi dal punto di vista espresso dal minore (Cass. 12957/2018; Cass. 18846/2016). In proposito in materia di affidamento si sostiene che il giudice non è vincolato dalle indicazioni che il minore ha dato e qualora intenda disattenderle deve motivare sul perché abbia individuato il genitore affidatario o collocatario in contrasto con la volontà espressa dal minore (Cass. 6129/2015). Conclusioni
Esaminando l'evoluzione legislativa e l'interesse della giurisprudenza in materia si evidenzia comunque come il diritto all'ascolto del minore abbia assunto una primaria importanza e abbia un ruolo centrale nei procedimenti che lo riguardano. Ciò è testimoniato anche dall'attenzione posta in materia dalle istituzioni. Si evidenzia ad esempio in tal senso un'indagine relativa alle modalità messe in atto sul territorio nazionale dai tribunali per i minorenni, tribunali ordinari e relative procure della Repubblica “Il diritto all'ascolto delle persone di minore età in sede giurisdizionale” realizzata dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza con la collaborazione dell'Istituto degli innocenti. Il lavoro mostra come l'ascolto sia sul territorio nazionale un diritto generalmente garantito, pur in presenza di prassi non omogenee all'interno dei vari uffici giudiziari. L'indagine fa comunque emergere come per l'attuazione di tale diritto si tenga in particolare considerazione la capacità di discernimento del minorenne e “la necessità di fare il possibile per salvaguardare l'equilibrio psichico del fanciullo, nonostante manchino spesso stanze adibite all'ascolto e, nei tribunali ordinari, il giudice che procede all'ascolto raramente possieda competenze specifiche”. Attenzione alla questione è testimoniata altresì da protocolli e linee guida stilati da alcuni tribunali per i minorenni e da alcuni tribunali ordinari volti a regolamentare l'ascolto nei vari procedimenti, prevedendone tra l'altro le modalità, la presenza delle parti, i criteri per valutare la capacità di discernimento dell'infradodicenne, e in alcuni casi anche l'orario migliore per l'audizione. L'ascolto del minore infine è anche oggetto delle raccomandazioni che a inizio 2019 il Comitato Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza ha rivolto all'Italia. In particolare il Comitato ha accolto con favore l'introduzione nella legislazione del diritto del bambino di essere ascoltato in contesti selezionati, e ha raccomandato di promuovere la partecipazione significativa e autorizzata di tutti i bambini all'interno della famiglia, delle comunità e delle scuole e di includerli nel processo decisionale in tutte le questioni che li riguardano, anche in materia ambientale. Di fronte a tali progressi peraltro si sottolineano anche alcune lacune tra le quali la mancanza della previsione dell'ascolto del minore all'interno della c.d. negoziazione assistita. In particolare, da più parti si sostiene che tale mancanza crei una diseguaglianza tra quei minori che possono partecipare ed esprimere i propri pensieri nel giudizio relativo alla separazione tra i loro genitori quando questa è regolamentata in sede giurisdizionale e quelli che invece restano esclusi perché la questione è risolta al di fuori delle aule giudiziarie. Tuttora aperta inoltre resta la questione del difensore del minore, figura che potrebbe, secondo parte della dottrina, essere già stata introdotta dalla l.77/2003 di ratifica della convenzione di Strasburgo del 1996 sull'esercizio dei diritti del fanciullo. |