Deposito nel fascicolo telematico errato: le recenti pronunce giurisprudenziali

Yari Fera
11 Marzo 2021

Con l'avvento del processo telematico si è verificata con una certa frequenza l'ipotesi in cui un deposito venga effettuato in un fascicolo telematico errato, ad esempio perché vengono indicati un numero di ruolo generale o un ufficio giudiziario non corretti nella creazione della busta telematica del deposito. La ragione per cui ciò accade può essere collegata al fatto che l'attività di deposito è oggi esclusivamente affidata all'avvocato laddove, prima dell'avvento del processo telematico, veniva compiuta in collaborazione e coordinamento con la cancelleria.
Premessa

Il Focus si concentra sui contenuti della videointervista “ProcessoTelematico: soluzioni smart a dubbi quotidiani” di luglio 2020, curata da Giuffrè Francis Lefebvre, in cui l'autore ha affrontato alcuni dei temi di maggiore interesse nel processo civile telematico, in relazione in particolare a deposito e notifica telematici. Nel ripercorrere questi temi, nel focus sono svolti ulteriori approfondimenti che tengono conto delle più recenti pronunce giurisprudenziali.

Deposito nel fascicolo telematico errato

Con l'avvento del processo telematico si è verificata con una certa frequenza l'ipotesi in cui un deposito venga effettuato in un fascicolo telematico errato, ad esempio perché vengono indicati un numero di ruolo generale o un ufficio giudiziario non corretti nella creazione della busta telematica del deposito.

La ragione per cui ciò accade può essere collegata al fatto che l'attività di deposito è oggi esclusivamente affidata all'avvocato laddove, prima dell'avvento del processo telematico, veniva compiuta in collaborazione e coordinamento con la cancelleria. Nel processo “cartaceo”, infatti, era sostanzialmente escluso o molto ridotto il rischio che un atto venisse depositato in un procedimento diverso da quello di pertinenza: ciò grazie all'attività di verifica finale che veniva svolta dal cancelliere che provvedeva poi materialmente ad inserire l'atto depositato nel fascicolo di riferimento.

La giurisprudenza che ha affrontato il caso di deposito in un fascicolo errato ha in alcuni casi ritenuto valido ed efficace il deposito, ancorché irregolare, in altri lo ha ritenuto radicalmente privo di effetto, senza possibilità di concedere alcuna rimessione in termine.

Di seguito vengono ripercorse alcune delle più recenti pronunce sul punto, sulla cui base diventa possibile ragionare sugli istituti di cui viene di volta in volta fatta applicazione.

  • Trib. Roma SPI, 4 marzo 2020: in un caso nel quale era stato indicato un numero di ruolo errato del fascicolo telematico, ma in cui la cancelleria aveva comunque processato il deposito, la pronuncia evidenzia che il deposito telematico è soggetto al principio per cui “la nullità degli atti processuali non può essere pronunciata fuori dei casi previsti dalla legge, tra i quali casi rientra quello della mancanza, nell'atto, di un requisito formale indispensabile al raggiungimento del suo scopo”. Poiché lo scopo principale del deposito di un atto processuale è la “conoscenza dell'atto medesimo da parte dell'ufficio giudiziario davanti al quale il depositante intende incardinare il giudizio e, in particolare, da parte del giudice designato per la controversia”, consegue che laddove la cancelleria abbia accettato l'atto depositato e, soprattutto, l'abbia presentato al giudice per la fissazione dell'udienza, l'erronea indicazione del numero di ruolo è sanata “in applicazione del principio della sanatoria delle nullità degli atti processuali per raggiungimento dello scopo”. La stessa pronuncia rileva peraltro che anche ritenendo esclusa la validità del deposito, nel caso di specie avrebbe potuto essere accolta l'istanza di remissione in termini dal momento che la c.d. terza pec (Messaggio di esito dei controlli automatici) non aveva indicato la anomalia riscontrata, il che escludeva l'imputabilità del ritardo, legittimando quindi la concessione di un nuovo termine, ex art. 153, comma 2, c.p.c., per la rinnovazione del deposito.
  • CdA Torino 486/2020: in un caso di appello depositato presso un ufficio giudiziario non corretto (Tribunale, anziché Corte di Appello), la Corte di Appello dichiara improcedibile l'appello, evidenziando che l'errore di individuazione dell'ufficio giudiziario cui l'atto è diretto è “grossolano errore del depositante”. In mancanza di allegazione a sostegno dell'incolpevolezza dell'errore, non può essere invocata la remissione in termini “in quanto l'appellante non ha dato prova che la decadenza dall'impugnazione è derivata da fatto non a lui imputabile”. “Inescusabil[i]” sono quindi “l'omissione di controllo successivo all'inoltro del deposito” nonché “l'aver lasciato trascorrere la data indicata per la celebrazione della prima udienza per verificare l'esito del deposito dell'iscrizione a ruolo”.
  • Cass. civ., n. 15662/2019: in un caso di deposito di un'opposizione erroneamente effettuato nel fascicolo dello stesso procedimento dove era stato emesso il provvedimento opposto, anziché nel nuovo fascicolo relativo all'opposizione, la pronuncia ha ritenuto perfezionato il deposito, “connotat[o] da mera irregolarità quanto all'identità del fascicolo di destinazione” nonché “da raggiungimento dello scopo, consistente nel portare a conoscenza dell'ufficio di cancelleria l'avvenuto deposito”. Per giungere a questa soluzione, la pronuncia ha valorizzato la circostanza per cui il deposito era stato materialmente consentito dal “sistema informatico anche ministeriale” che ha generato “le relative ricevute” e ingenerato “il conseguente affidamento di completamento del deposito”, salvo poi la cancelleria rifiutare l'atto nove giorni dopo il deposito quando ormai erano decorsi i termini per l'opposizione. La decisione ha inoltre richiamato il principio di cui all'art. 156, comma 1, c.p.c. per il quale, in mancanza di sanzione espressa di nullità, tale sanzione non può essere comminata e attività processuali che si discostano dal relativo modello legale sono meramente irregolari. La pronuncia ha quindi evidenziato che, diversamente da quanto verificatosi in concreto, la cancelleria non avrebbe dovuto rifiutare l'atto depositato, ma semmai invitare alla regolarizzazione, e il giudice competente,a fronte dell'erroneo della cancelleria, avrebbe dovuto valutare la sussistenza dei presupposti della rimessione in termini.
  • Cass. civ., n. 11726/2019:in un caso analogo a quello che precede (deposito dell'opposizione nello stesso procedimento relativo al provvedimento opposto), la pronuncia ha ritenuto ritualmente proposta l'opposizione osservando tra l'altro che il perfezionamento del deposito telematico, coincidente con il rilascio della ricevuta di avvenuta consegna di cui all'art. 16-bis, comma 7, del d.l. 179/2012, risponde all'obiettivo “di prevenire il rischio di ritardi o decadenze incolpevoli a carico della parte per cause alla medesima non imputabili, che possano ricondursi agli eventuali ritardi nella lavorazione degli atti oggetto di invio telematico da parte della cancelleria” in un contesto nel quale “tale rischio non si pone nel caso di tradizionale deposito cartaceo, posto che la ricezione dell'atto da parte della cancelleria implica la contestuale iscrizione a ruolo; ciò potrebbe non verificarsi, invece, nel caso di deposito telematico, non essendovi necessaria coincidenza cronologica tra l'attività compiuta dalla parte e la successiva lavorazione dell'atto ad opera del personale di cancelleria”.

Dall'analisi di queste pronunce risulta in primis evidente l'applicazione dell'art. 156 c.p.c., ed in particolare del suo comma 1, che sancisce su un piano generale la nullità solo laddove espressamente prevista, e del suo comma 2, che prevede invece che l'atto è nullo quando manca dei requisiti per il raggiungimento dello scopo cui l'atto è preordinato.

Poiché il deposito in un fascicolo errato non è espressamente sanzionato con la nullità, ciò esclude l'applicazione dell'art. 156, comma 1, c.p.c.. La nullità può quindi essere riconosciuta solo laddove il deposito non raggiunga l'effetto cui è destinato ai sensi dell'art. 156, comma 2, c.p.c.. Avendo il deposito l'obiettivo di comunicare l'atto depositato agli altri soggetti del processo, la controparte e il giudice, consegue che laddove tale obiettivo è comunque raggiunto (perché ad es. il cancelliere ha comunque processato il deposito rendendo disponibile l'atto, cfr. ad es. Trib. Roma SPI, 4 marzo 2020), la nullità non potrà mai essere pronunciata. Se invece dell'atto depositato gli altri soggetti del processo non abbiano notizia (perché ad es. il deposito viene effettuato presso un ufficio giudiziario non corretto, cfr. CdA Torino 486/2020), il deposito è nullo in quanto lo scopo del deposito viene a mancare del tutto.

Nei casi in cui il deposito è nullo perché non raggiunge il proprio scopo, la giurisprudenza verifica la possibilità di applicare un altro istituto di portata generale: la rimessione in termini di cui all'art. 153, comma 2, c.p.c. per il quale, se la parte dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile, il giudice può rimetterla in termini ai sensi dell'art. 294, commi 2 e 3, c.p.c. In relazione al deposito nullo in un fascicolo errato, in presenza di un termine perentorio maturerà infatti la decadenza collegata all'infruttuoso decorso del termine (a meno che venga effettuato un nuovo deposito prima dello spirare del termine).

In tali casi, laddove la verifica sulla non imputabilità della decadenza venga limitata alla sola non imputabilità dell'errore sul deposito, difficilmente la parte potrà essere rimessa in termini: verosimilmente l'errore nella compilazione del numero di ruolo o dell'ufficio giudiziario sarà infatti sempre imputabile al depositante (questo sembrerebbe il ragionamento alla base di CdA Torino 486/2020). Laddove invece la non imputabilità venga collegata ad altri elementi, quali ad es. il fatto che le ricevute inviate all'esito del deposito non abbiano individuato il tipo di anomalia, impedendo alla parte depositante di conoscere il tipo di errore commesso e così sanarlo (così, ad es. Trib. Roma SPI, 4 marzo 2020), ovvero il rifiuto del deposito sia operato dalla cancelleria solo a distanza di giorni dal deposito quando ormai risulta decorso il termine perentorio (così Cass. civ., n. 15662/2019 e Cass. civ., n. 11726/2019), così definitivamente precludendo ogni azione correttiva da parte del depositante, l'ambito di operatività della rimessione in termine risulta notevolmente esteso.

Il perfezionamento del deposito telematico

Nella decisione soprarichiamata di cui a Cass. civ., n. 11726/2019 si è visto che il perfezionamento del deposito telematico coincide con il rilascio della ricevuta di avvenuta consegna di cui all'art. 16-bis, comma 7, del d.l. 179/2012 (la c.d. seconda PEC).

Tuttavia, non è sufficiente tale ricevuta affinché il depositato possa considerarsi definitivamente perfezionato, occorrendo infatti che l'intero flusso di ricevute rilasciate a seguito del deposito abbia esito positivo.

In questo senso, nella fase di invio e di deposito telematico si rinvengono di regola quattro ricevute pec, ad ognuna delle quali è attribuito un diverso valore giuridico. In particolare:

a) prima PEC

Ricevuta di accettazione (RdA), rilasciata dal gestore pec utilizzato dalla parte depositante a fronte dell'invio della busta telematica. Attesta che l'invio è stato accettato dal sistema per l'inoltro al destinatario. Di norma, viene recapitata a pochi secondi di distanza dall'invio della busta. La RdA non è particolarmente rilevante ai fini del deposito, posto che la norma di riferimento (art. 16-bis, comma 7, del d.l. 179/2012) considera “avvenuto” il deposito telematico “al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna”. La RdA può comunque assumere rilievo in caso di presentazione di richiesta di rimessione in termini basata sulla mancata generazione della ricevuta di avvenuta consegna per cause esterne non imputabili alla parte depositante;

b) seconda PEC

Ricevuta di avvenuta consegna (RdAC), rilasciata dal gestore pec del Ministero della Giustizia nel momento in cui il messaggio contenente la busta telematica è ricevuto nella casella PEC del Ministero della Giustizia. Prova che l'atto è stato consegnato nella casella di posta elettronica certificata dell'ufficio destinatario. Di regola, la RdAC viene recapitata pochi minuti dopo la ricevuta di accettazione. La RdAC attesta, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 7, del d.l. 179/2012, l'avvenuto deposito dell'atto e degli eventuali allegati nei registri informatici del ministero (la stessa norma inoltre prevede che “Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all'art. 155, commi 4 e 5, del c.p.c.”). È per certi versi assimilabile al timbro “depositato” apposto dal cancelliere nei casi di deposito analogico. Va però considerato che l'art. 16-bis del d.l. 179/2012 (commi 1, 1-bis, 3 e 4) richiama, ai fini del deposito, il “rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”. Tale normativa, costituita in particolare dal D.M. 44/2011 e dai Provvedimenti DGSIA 16 aprile 2014 e 28 dicembre 2015 (questi ultimi in forza del rinvio di cui all'art. 34 del d.m. 44/2011), prevede tra l'altro, dopo l'emissione della RdAC, l'invio alla parte depositante di un messaggio contenente “l'esito dei controlli effettuati dal dominio giustizia nonché dagli operatori della cancelleria o della segreteria” (art. 13, comma 7, del d.m. 44/2011; cfr. anche art. 14, co. 9 e 10 testo consolidato dei due provvedimenti DGSIA). Su questa base, l'“avvenuto” deposito è collegato (condizionato) al rispetto, da parte di chi effettua il deposito, di questa normativa. La conformità alle norme di riferimento viene in particolare attestata dai successivi messaggi, con esito positivo, dei controlli automatici e manuali. Il valore della RdAC, quindi, è sì equiparabile a quello del timbro “depositato”, ma solo dopo il superamento dei controlli automatici e manuali.

c) terza PEC Messaggio di esito dei controlli automatici, inviato dall'apposito dominio dell'ufficio giudiziario di destinazione all'esito dei controlli automatici, di carattere formale, svolti sul messaggio e sulla busta telematica dal gestore dei servizi telematici del Ministero della Giustizia (cfr. art. 14, co. 7 testo consolidato dei due provvedimenti DGSIA). Il messaggio viene di solito recapitato a pochi minuti di distanza dalla RdAC; tuttavia, negli uffici giudiziari di grandi dimensioni, può decorrere un lasso di tempo più esteso in considerazione del notevole flusso di messaggi in entrata e in uscita che coinvolgono tali uffici. Il messaggio di esito dei controlli automatici fornisce la prova del successo dell'attività tecnica compiuta dal depositante (fermo l'eventuale rifiuto del cancelliere) ed è rilevante affinché il perfezionamento del deposito (ad opera della RdAC) possa consolidarsi.

d) quarta PEC Messaggio di esito dei controlli manuali, inviato, come nel caso del messaggio di esito dei controlli automatici, dal dominio dell'ufficio giudiziario di destinazione a seguito dell'intervento della cancelleria o della segreteria dell'ufficio giudiziario di destinazione quando viene accettata o rifiutata la busta telematica. In seguito alla lavorazione con esito positivo, da parte della cancelleria, l'atto ed i suoi eventuali allegati sono visibili all'interno del fascicolo telematico. Le tempistiche di ricezione di tale messaggio possono variare notevolmente a seconda dell'Ufficio Giudiziario e del momento del deposito. Va ricordata comunque l'indicazione da parte del Ministero della Giustizia nella Circolare 23 ottobre 2015 dove si invitano le cancellerie ad accettare il deposito entro il giorno successivo a quello di ricezione da parte dei sistemi del dominio giustizia. Ciò anche in considerazione del fatto che il messaggio di esito dei controlli manuali completa il procedimento con l'accettazione del deposito da parte del cancelliere e consolida, in via definitiva, il perfezionamento del deposito.

Tenendo conto delle diverse ricevute, la giurisprudenza afferma come “nel processo civile telematico il deposito (di cui risulti positivo il successivo controllo da parte della cancelleria) si perfeziona quando viene emessa la seconda PEC, ovvero la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia” (Cass. civ., n. 17328/2019). In altri termini, il deposito è considerato “fattispecie a formazione progressiva” dove la RdAC rileva ai fini della tempestività del deposito che si considera perfezionato in tale momento, ma “con effetto subordinato al buon fine di tutto l'iter del deposito” (Cass. civ., n. 17404/2020). In tale direzione, anche recentemente si è affermato che solo con l'accettazione di cui ai controlli automatici (terza pec) e manuali (quarta pec) “e solo a seguito di essa, si consolida l'effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda Pec e, inoltre, il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo così visibile alle controparti", con l'effetto per cui “vero è che il perfezionamento va cronologicamente fissato al momento della seconda pec, come stabilisce l'invocato art. 16 bis, ma altrettanto vero è che detto perfezionamento è subordinato all'esito positivo dei successivi controlli automatici (v. d.m. 44/2001, art. 13, comma 7, e Specifiche Tecniche sul PCT di cui al Provv. DGSIA 16 aprile 2014, art. 14, comma 7) e manuali (v. d.m. 44/2011, art. 13, comma 7, e Specifiche Tecniche sul PCT di cui al Provv. DGSIA 16 aprile 2014, art. 14, comma 10), ben potendo accadere che i controlli automatici riportino un errore, ed in particolare un errore bloccante, riguardo al quale la cancelleria non può forzare il deposito, trattandosi di eccezioni non gestite o non gestibili che inibiscono materialmente l'accettazione, e, dunque, l'entrata dell'atto o del documento nel fascicolo processuale” (Cass. civ., n. 1956/2021).

Su questa base, pertanto, non è solo necessario che la RdAC sia generata entro il termine di scadenza e ciò ai fini della tempestività del deposito, ma occorre anche che le successive ricevute di controllo abbiano esito positivo e ciò ai fini della validità del deposito tempestivamente effettuato. Diversamente, infatti, pur a fronte di un deposito di per sé tempestivo, il deposito potrebbe essere inefficace in quanto invalido per effetto delle verifiche automatiche o manuali con esito negativo.


Il perfezionamento della notifica telematica

L'ultimo approfondimento riguarda il perfezionamento della notifica telematica, questione di notevole interesse anche su un piano pratico e che ha dato luogo a rilevanti contrasti giurisprudenziali prima dell'intervento della Corte costituzionale con la decisione n. 75/2019.

L'art. 3-bis, comma 3, della l. 53/1994, sulla scorta del c.d. principio di scissione degli effetti della notifica elaborato dalla giurisprudenza costituzionale (tra gli altri, Corte cost., n. 477/2002; Corte cost., n. 28/2004 e Corte cost., n. 3/2010), distingue il momento in cui la notifica telematica si considera perfezionata per il mittente e per il destinatario.

Così, per chi effettua la notifica, quest'ultima si perfeziona quando viene generata la c.d. ricevuta di accettazione (operativamente, la prima pec), mentre per il destinatario il perfezionamento della notifica avviene con la generazione della c.d. ricevuta di avvenuta consegna (la seconda pec).

Prima della sentenza della Corte Costituzionale, il profilo di maggiore criticità riguardava il rapporto dell'art. 3-bis, comma 3, della l. 53/1994 con l'art. 16-septies del d.L. 179/2012, il quale, nel richiamare espressamente l'art. 147 c.p.c., estende anche alle notifiche telematiche i limiti orari, 7.00-21.00, fissati da quest'ultima previsione, con l'effetto che la notifica effettuata dopo le 21:00 ma prima delle 24:00 si considera perfezionata alle ore 7:00 del giorno successivo.

In relazione al rapporto tra le due norme, la giurisprudenza si è chiesta se il principio di scissione degli effetti della notifica potesse condurre ad una interpretazione dell'art. 16-septies tale per cui il superamento dei limiti orari di cui all'art. 147 c.p.c. posticipasse alle 7.00 del giorno successivo il perfezionamento della notifica solo nei confronti del destinatario e non anche nei confronti del notificante.

Non ritenendo possibile interpretare l'art. 16-septies del d.l. 179/2012 nel senso sopraindicato (i.e. perfezionamento posticipato solo per il destinatario e perfezionamento al giorno dell'effettuazione della notifica per il mittente), la Corte di Appello di Milano con ordinanza del 16 ottobre 2017 aveva rimesso alla Corte costituzionale la valutazione della legittimità costituzionale di tale norma. In particolare, il giudice rimettente riteneva violati i principi di uguaglianza e di ragionevolezza nonché il diritto di difesa del notificante, considerato limitato in modo irragionevole e sproporzionato. In pendenza della decisione della Corte costituzionale, la giurisprudenza di legittimità aveva invece escluso profili di incostituzionalità della norma in esame, interpretando la norma nel senso che la posticipazione del perfezionamento al giorno successivo valesse legittimamente sia per il mittente sia per il destinatario della notifica (cfr. ad es. pronunce gemelle di cui a Cass. civ. nn. 31206-31209/2017 e Cass. civ., n. 7079/2018).

Con sentenza 75/2019, la Corte costituzionale ha accolto l'impostazione della Corte di Appello di Milano, rilevando che la fictio iuris di differire al giorno seguente gli effetti della notifica eseguita dal mittente tra le ore 21 e le ore 24 trovasse giustificazione rispetto al destinatario, di cui deve essere tutelato il diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) nella quale egli sarebbe altrimenti costretto a continuare a controllare la casella di posta elettronica. Diversamente, nei confronti del mittente, una tale limitazione impedirebbe “di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa: termine che l'art. 155 cod. proc. civ. computa «a giorni» e che, nel caso di impugnazione, scade, appunto, allo spirare della mezzanotte dell'ultimo giorno”. Sulla base di questo e di altri argomenti, la Corte costituzionale ha quindi dichiarato l'incostituzionalità dell' art. 16-septies del d.l. 179/2012 “nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta”.

Successivamente, la stessa Corte di Cassazione ha riconosciuto come “risulta[sse] superata, in forza della recente pronuncia di incostituzionalità, la [propria] precedente giurisprudenza (…) che aveva ritenuto (…) che ‘In tema di notificazione con modalità telematica, il D.L. n. 179 del 2012, art. 16 septies, conv. con modif. nella L. n. 221 del 2012, si interpreta nel senso che la notificazione richiesta, con rilascio della ricevuta di accettazione dopo le ore 21.00, ai sensi della l. 53/1994, art. 3-bis, comma 3, si perfeziona alle ore 7.00 del giorno successivo'” (Cass. 4712/2020 e più recentemente Cass. 2002/2021).

Va peraltro precisato che, affinché la notifica possa considerarsi perfezionata per il depositante entro il giorno di riferimento, è comunque necessario che la ricevuta di avvenuta consegna venga generata entro lo spirare della mezzanotte di tale giorno. Superata la mezzanotte, ha inizio anche processualmente un nuovo giorno, con l'effetto che se il precedente giorno era l'ultimo utile per proporre impugnazione, l'impugnazione proposta a partire dalle 00:00 del giorno successivo dovrà essere considerata tardiva. In questo senso la pronuncia di cui a Cass. civ., n. 7159/2020 ha infatti chiarito come “occorr[a] pur sempre che la ricevuta di accettazione venga generata dopo le ore 21 ma prima delle ore 24 del giorno rilevante ai fini di causa”.