Termine per l'esercizio del diritto di accesso informale e termine per l'impugnazione

Nicola Posteraro
12 Marzo 2021

Il TAR Calabria richiama i principi della recente Adunanza Plenaria n. 12/2020 al fine di determinare la decorrenza del termine di impugnazione dell'aggiudicazione definitiva di un appalto di lavori a fronte della presentazione di un'istanza di accesso informale. Il Collegio, nel decidere, richiama i principi di certezza e stabilità degli atti della procedura di evidenza pubblica, di effettività della tutela e di diligenza dell'impresa nell'esercizio del diritto di accesso.

Il caso concreto. Il Comune di Acri, tramite la Centrale Unica di Committenza, indiceva una gara per l'affidamento di lavori di adeguamento sismico di un edificio poliambulatorio con funzione di centro soccorso sanitario. L'impresa non aggiudicataria, seconda classificata, presentava istanza di accesso informale ai sensi dell'art. 76, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016; successivamente, impugnava l'aggiudicazione definitiva. Il Comune di Acri, costituitosi in giudizio, eccepiva l'irricevibilità del ricorso per decorrenza del termine di impugnazione ex art. 120 c.p.a.

La questione problematica. La controversia decisa dal TAR Calabria afferisce a una problematica sottoposta di recente all'attenzione dell'Adunanza plenaria e da essa decisa con pronuncia n. 12/2020: la corretta individuazione del termine per impugnare l'aggiudicazione definitiva, allorquando l'impresa ricorrente abbia proposto un'istanza di accesso informale. Dopo avere precisato che la previsione di un termine di decadenza non è ex se incompatibile con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, la Plenaria ha rilevato la necessità che il termine per impugnare l'aggiudicazione decorra da una data oggettivamente riscontrabile. Tale data coincide con la effettiva comunicazione-pubblicità degli atti di gara nelle forme indicate nel bando e accettate dai partecipanti. La ratio è quella di evitare i c.d. ricorsi al buio. Il Supremo Consesso ha però altresì precisato che il termine di cui all'art. 120 c.p.a. deve necessariamente subire una “dilazione temporale”, allorquando l'impresa abbia presentato un'istanza di accesso informale ai sensi dell'art. 76 comma 2 c.c.p. (specie se oggetto della richiesta di ostensione sia la conoscenza di documenti utili a fondare il ricorso). È necessario, cioè, aggiungere il termine atteso per l'ostensione dei documenti al termine di decadenza di cui all'art. 120 c.p.a. Invero, la norma non indica il termine entro il quale l'impresa sia tenuta ad avanzare domanda di accesso; tuttavia, secondo la Plenaria, all'impresa ricorrente deve essere esteso il termine di quindici giorni che la Pubblica Amministrazione dall'art. 76 c.c.p. ha a disposizione per rispondere alla richiesta di accesso.

La decisione. Il TAR Calabria muove dagli esposti principi dell'Adunanza Plenaria n. 12/2020 e sottolinea come l'individuazione del dies a quo per l'impugnazione dipenda sia dalle forme di comunicazione e di pubblicazione, sia dall'iniziativa intrapresa dall'impresa che effettui l'accesso: la richiesta ex art. 76 c.c.p., infatti, allunga il termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l'aggiudicazione. Se la pubblica amministrazione deve concedere senza ritardo l'ostensione dei documenti richiesti, al contempo l'impresa deve proporre l'istanza di accesso nel rispetto di individuati limiti temporali e della regola di diligenza. Tale onere di diligenza discende dalla stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia, laddove si attesta la compatibilità di un sistema di contenzioso sui contratti pubblici il cui termine per impugnare inizi a decorrere da quando l'impresa ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza delle presunte violazioni. Sicché, l'impresa, in ossequio al proprio onere di diligenza, dovrà proporre l'istanza di accesso nel termine di quindici giorni di cui all'art. 76 comma 2 c.c.p.: siffatto termine, nonostante indichi il tempo entro cui la p.a. può concedere l'accesso, è infatti analogicamente applicabile. Diversamente opinando, rileva il Collegio, il termine di impugnazione dipenderebbe esclusivamente dalle iniziative di ostensione dell'operatore economico, con inaccettabili conseguenze di incertezza sulla stabilità degli atti della procedura di evidenza pubblica e con insostenibili ripercussioni sui tempi del contratto. In altri termini, verrebbe minato il coordinamento tra tempi del processo e tempi di conclusione del contratto che il legislatore si è premurato di assicurare, da ultimo, con la novella dell'art. 32 c.c.p. ad opera del decreto semplificazioni (d.l. n. 76/2020). Una diversa soluzione, a giudizio del TAR Calabria, non sarebbe percorribile: escludendo la sussistenza di un termine per esercitare il diritto di accesso agli atti della procedura, non resterebbe che dare seguito a quella giurisprudenza che, invece di aggiungere, sottrae i giorni attesi dall'impresa per l'ostensione a quello di decadenza di cui all'art. 120 c.p.a. Tale approdo, secondo il Collegio, urterebbe plasticamente contro il principio di effettività della tutela. Alla luce di tali principi, il TAR dichiara il ricorso irricevibile, giacché l'istanza di accesso dell'impresa era stata proposta oltre il termine di quindici giorni, ripercuotendosi tale ritardo sul termine di decadenza del ricorso giurisdizionale.

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