Per la nomina dell'avvocato di fiducia tramite PEC non è richiesta l'autenticazione della sottoscrizione
22 Marzo 2021
La Corte di Cassazione ha ribadito che la nomina del difensore di fiducia, inoltrata a mezzo PEC (equivalente alla raccomandata) alla Procura, mediante dichiarazione sottoscritta dall'indagato ma non autenticata dal difensore, è ritenuta valida, non rilevando che la firma sia illeggibile.
Sul tema la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10551/21, depositata il 18 marzo. Il Tribunale di Milano, in funzione di Giudice per il riesame, dichiarava inammissibile il ricorso proposto da uno straniero verso l'ordinanza del GIP del Tribunale di Milano, non eseguita per il mancato reperimento dell'indagato, dichiarato latitante. La Corte d'Appello evidenziava che non vi era alcun elemento per ritenere che la nomina del difensore da parte dell'imputato, trasmessa a mezzo PEC alla Procura, fosse stata sottoscritta dall'indagato, in quanto l'atto di nomina recava una firma totalmente illeggibile da parte dell'accusato, senza essere accompagnato da un documento di identificazione e non recava neppure l'autentica firma del difensore la quale avrebbe confermato la provenienza dell'atto suddetto e la volontà del conferimento del mandato fiduciario da parte del prevenuto. Il difensore dell'indagato ricorre in Cassazione chiedendo l'annullamento del provvedimento in quanto sostiene che il Tribunale abbia dichiarato erroneamente l'inammissibilità del ricorso sulla scorta dell'erroneo presupposto che la nomina dell'avvocato non fosse idonea, nonostante la nomina fosse già stata ricevuta mediante emissione del decreto di latitanza. Il ricorso è fondato in quanto l'art. 96 c.p.p. dispone che «l'imputato ha diritto di nominare fino a due difensore di fiducia e che la nomina può essere fatta con dichiarazione resa all'autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal proprio difensore o ancora trasmessa per raccomandata. La norma non prevede che, in caso di presentazione di una dichiarazione scritta, l'atto osservi particolari formalità, né che la sottoscrizione del dichiarante debba essere autenticata da parte del difensore o di altri perché l'atto sia valido e produttivo di effetti giuridici» e l'art. 39 disp. att. c.p.p. prevede che «l'autenticazione del sottoscrittore per i soli casi previsti dalla legge e non in relazione a qualunque atto presentato all'Autorità Giudiziaria, sia pure non personalmente, ma a mezzo PEC». La Corte ha infatti sottolineato precedentemente che «la dichiarazione di nomina del difensore di fiducia prevede formalità semplificate sicchè, mentre è imprescindibile il minum della sottoscrizione dell'indagato o dell'imputato, attesa l'importanza e la delicatezza dell'incarico conferito, non è richiesta l'autenticazione della sottoscrizione dell'imputato o indagato, neanche se l'atto viene trasmesso con raccomandata» (Cass. n. 271729/2017). Nel caso di specie, la nomina del difensore di fiducia, inoltrata a mezzo PEC (equivalente alla raccomandata) alla Procura della Repubblica di Milano, mediante dichiarazione sottoscritta dall'indagato ma non autenticata dal difensore, deve quindi ritenersi valida, non rilevando che la firma sia illeggibile. Per questi motivi la Corte di Cassazione annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Milano per il giudizio di riesame.
Fonte: Diritto e Giustizia |