La insindacabilità del silenzio della PA sulla richiesta di ribasso del canone di concessione di pubblico servizio

Rosanna Macis
25 Marzo 2021

Il Consiglio di Stato riafferma il principio della invariabilità del canone di concessione di servizio pubblico in ragione della natura di tale contratto, ove il rischio di domanda è ontologicamente a carico del concessionario che, dunque, non solo non può esigere il ribasso della tariffa, ma nemmeno la risposta della Amministrazione ad una simile richiesta.

La fattispecie. Il concessionario del servizio di raccolta e avvio al trattamento dei rifiuti delle navi scalanti nel Porto di Fiumicino insorge contro il silenzio mantenuto dalla Autorità portuale circa la richiesta di revisione della tariffa del servizio, proposta in ragione della asserita, significativa diminuzione degli approdi di navi.

La decisione del Consiglio di Stato Il Consiglio di Stato, nel confermare la sentenza di primo grado, respinge l'appello, ritenendo insussistente il dovere in capo all'Autorità portuale di rispondere alla istanza della ricorrente. Al riguardo, la motivazione muove dal rammentare la differenza sostanziale tra concessione di servizi e appalto di servizi: nella prima, a differenza che nel secondo, il rischio imprenditoriale è a carico del concessionario che, traendo la propria remunerazione dal pagamento della tariffa da parte degli utenti, si fa carico della eventualità della oscillazione della domanda. Ne deriva – e in ciò il CDS si pone in linea di continuità con l'orientamento giurisprudenziale consolidato – che alla concessione di servizi si applica il principio della invariabilità del canone: per il che, non è dato al concessionario di invocare l'istituto della revisione dei profili economici del rapporto, al di fuori della ricorrenza di motivi eccezionali e straordinari, che si pongono al di fuori dell'ordinario andamento del mercato di riferimento.

Con riguardo alla specificità del caso al suo esame, il Consiglio di Stato trae dal contenuto dell'atto di concessione argomenti che confermano la correttezza dell'approdo. La concessione in esame prevedeva, infatti, quale unica forma di modifica della tariffa l'adeguamento annuale in base al tasso di inflazione programmatico che rappresenta un mero adeguamento del prezzo al costo della vita, senza attribuzione di vantaggi reali al concessionario: sicché, argomentando a contrario, da tale previsione il Collegio conferma che la concessione non contemplava alcuna ipotesi di incremento della tariffa.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.