Annullamento della delibera per la locazione di immobili della P.A. e sorte del contratto

29 Marzo 2021

Il TAR afferma che il procedimento di scelta del contraente da parte di un ente pubblico, anche nei contratti attivi della Pubblica Amministrazione, ricade nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo...

Il fatto.

Una società impugnava la delibera della Giunta Esecutiva della Comunità Montana dell'Ufita mediante cui si prendeva “atto della proposta contrattuale di locazione” di un immobile della suddetta Comunità formulata da un consorzio e veniva approvato il relativo schema di contratto. La ricorrente evidenziava di aver tempo prima inviato una formale manifestazione di interesse per la gestione del complesso immobiliare in cui si dichiarava disponibile ad acquisire l'affidamento in gestione della infrastruttura a condizioni da concordare con l'Ente. La Comunità Montana aveva tuttavia replicato che “la proposta formulata troverà adeguata considerazione al momento in cui sarà cura dell'Esecutivo di questo Ente prevedere la definitiva destinazione del complesso fieristico in ragione del programma amministrativo di questa consiliatura”. Successivamente, con l'impugnata delibera la Giunta aveva tuttavia approvato in via diretta il suddetto schema contrattuale senza alcuna interlocuzione con gli altri soggetti interessati.

Sulla giurisdizione del giudice amministrativo sulla conclusione dei “contratti attivi” della P.A.

Il TAR afferma che il procedimento di scelta del contraente da parte di un ente pubblico, anche nei contratti attivi della Pubblica Amministrazione, ricade nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo. L'art. 4 del d.lgs. n. 50/2016 sottopone infatti anche la conclusione dei contratti attivi dai quali derivi un'entrata per l'Amministrazione al rispetto di principi e regole procedurali che determinano la cognizione del giudice amministrativo. Come precisato dalla giurisprudenza “alla piena applicazione dei principi in questione, pertanto, non può che corrispondere la giurisdizione del giudice amministrativo. Non si vede, infatti, come potrebbe assicurarsi il rispetto dei parametri sopra indicati se non attraverso una procedura concorrenziale, disciplinata da regole autoritativamente imposte ed in rapporto alla quale, correlativamente, sussiste un interesse legittimo dei partecipanti al corretto esercizio del potere (cfr. TAR Lazio, Sez. III, n. 7130 del 26 giugno 2018)” (T.A.R. Sardegna, sez. I, 4 marzo 2019, n. 188).

Sulla legittimazione a ricorrere avverso la determina di locazione

La sentenza afferma che la società ha legittimazione a ricorrere in quanto, lungi dal vantare un interesse di mero fatto, lamenta lo scorretto esercizio di un potere pubblico “nell'ambito di un'attività che non è rimessa alla autonomia negoziale della P.A. ma che ha rilevanza pubblicistica in quanto conformata dai principi dell'art. 97 Cost. e da quelli europei desumibili dal Trattato e dalle stesse norme di contabilità di Stato, assumendo la lesione del proprio interesse legittimo pretensivo a poter concorrere all'utilizzo particolare di un bene la cui connotazione pubblicistica (in disparte l'ascrivibilità al patrimonio disponibile o indisponibile) non è revocata in dubbio”. In tale quadro, “l'interesse fatto valere in giudizio dalla ricorrente è quello strumentale alla caducazione dell'atto di affidamento diretto del bene e all'attivazione di una procedura di valutazione che assicuri il rispetto di regole minimali di evidenza pubblica”.

Sulla locazione di beni immobili da parte della P.A.

Il Collegio afferma che nella fattispecie controversa venga effettivamente in rilievo la stipula di un contratto di locazione e non già una concessione di beni pubblici. Come noto, “ai fini dell'inclusione di un bene nel patrimonio indisponibile comunale è necessaria la sussistenza di due condizioni congiunte, l'una soggettiva e l'altra oggettiva: la manifestazione di volontà dell'ente titolare del diritto reale pubblico, desumibile da un espresso atto amministrativo, di destinare quel determinato bene a un pubblico servizio, e l'effettiva e attuale destinazione del bene a pubblico servizio” (Consiglio di Stato, sez. V, 2 febbraio 2020, n. 5779). Nel caso di specie, “la presenza di una pluralità di atti mediante i quali la Comunità Montana aveva, nel tempo, manifestato la volontà di destinare il complesso immobiliare alla valorizzazione dei prodotti dell'Ufita, ed ha effettivamente utilizzato il complesso per tale finalità non soddisfa, tuttavia, la doppia condizione necessaria per l'ascrivibilità del bene nel novero dei diritti indisponibili, non ravvisandosi una destinazione a 'servizio pubblico' ”.

Di conseguenza, lo strumento giuridico attraverso il quale concedere a terzi il diritto di (mera) utilizzazione del bene è rappresentato dallo schema negoziale privatistico della locazione. Sebbene ai sensi degli artt. 4 e 17, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016 (ma anche sulla base del previgente art. 19 del d.lgs. n. 163/2016), sono esclusi dalla procedura di evidenza pubblica i contratti attivi (dai quali derivi un'entrata alla P.A.) ed i contratti passivi aventi ad oggetto l'acquisto o la locazione di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili “ciò tuttavia non significa che la pubblica amministrazione possa liberamente, al pari del contraente privato, individuare la propria controparte negoziale, mediante le modalità ritenute più opportune”.

Per l'affidamento dei contratti attivi, espressamente inclusi nel citato art. 4 in virtù dell'art. 5 del decreto correttivo al codice dei contratti pubblici (d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, art. 5, comma 1) “non è previsto il ricorso alla procedura di evidenza pubblica, ed è dunque sufficiente - ma al contempo necessario - lo svolgimento di una procedura di valutazione idonea a rispettare i richiamati principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità e tutela dell'ambiente ed efficienza energetica (Consiglio di Stato, comm. spec., parere del 10 maggio 2018, n. 1241). Anche per tale tipologia di contratti, dunque, si richiede il rispetto di regole minimali di evidenza pubblica, di matrice eurounitaria, a tutela della concorrenza e del mercato in corrispondenza della cessione di beni che appartengono alla collettività”.

La “sorte” del contratto di locazione

Il TAR afferma che la Comunità Montana ha disatteso le “regole minimali di pubblicità e trasparenza, procedendo in via diretta all'individuazione del contraente per la stipula del contratto di locazione, nonostante la presenza di formali manifestazioni di interesse da parte di altri operatori”. Il Collegio tuttavia non accoglie la “collegata domanda di “revoca/annullamento” del contratto di locazione”. Con riferimento a tale domanda, la sentenza precisa infatti che non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo. Sul punto il TAR richiama la sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 10/2011 la quale ha statuito che “al di fuori dei casi in cui l'ordinamento attribuisce espressamente al giudice amministrativo la giurisdizione sulla "sorte del contratto" che si pone a valle di un procedimento amministrativo viziato (v. art. 133, co. 1, lett. e), n. 1, c.p.a., in tema di contratti pubblici relativi a lavori, servizi, e forniture), secondo l'ordinario criterio di riparto di giurisdizione spetta al giudice amministrativo conoscere dei vizi del procedimento amministrativo, e al giudice ordinario dei vizi del contratto, anche quando si tratti di invalidità derivata dal procedimento amministrativo presupposto dal contratto”, precisando peraltro, per quanto di interesse, che “tale riparto di giurisdizione non fa però venire meno l'interesse a impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti amministrativi prodromici di un negozio societario, atteso che il loro annullamento produce un effetto viziante del negozio societario a valle, con la conseguente possibilità di: - azionare rimedi risarcitori; - impugnare il negozio societario davanti al giudice ordinario; - chiedere all'Amministrazione l'ottemperanza al giudicato amministrativo, e, in caso di perdurante inottemperanza, adire il giudice amministrativo che in sede di ottemperanza può intervenire sulla sorte del contratto (Cons. St., ad. plen., 30 luglio 2008 n. 9)”.

In conclusione, dall'accoglimento del ricorso deriva l'annullamento dei provvedimenti impugnati, fatta eccezione per il contratto di locazione, in ordine al quale il giudizio potrà essere riassunto entro il termine perentorio di tre mesi, facendo salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda già presentata”.