Il danno biologico dinamico-relazionale e il danno da sofferenza soggettiva interiore: la nuova veste grafica delle Tabelle milanesi 2021
07 Aprile 2021
Il 2021 sarà certamente un anno decisivo nella ricerca dell'equità necessaria a garantire un risarcimento del danno alla persona adeguato ed omogeneo sul piano nazionale. Certo è che indipendentemente da qualsiasi criterio percentuale/meccanismo tabellare si adotti, solo chi si porta addosso un dolore (fisico, interiore o relazionale) sa quanto grande ne sia il peso e quanto suscettibile (o meno) sia di essere alleviato, per cui gli sforzi del mondo del diritto possono solo cercare di sfiorare e - con pudore - farsi vicini al pregiudizio non patrimoniale da ristorare, soprattutto in considerazione del fatto che i muti dolori di cui Seneca parla (“levis est dolor qui loquitur, magnus muta”) sono traumatiche lacerazioni intime, nascoste e spesso non palpabili, ma reali e concrete al pari delle sofferenze e delle lesioni fisiche, che più facilmente si possono toccare e, quindi, valutare. La ratio sottesa alla versione rinnovata delle tabelle milanesi va indubbiamente rinvenuta nei punti fermi indicati, in modo nitido, dai giudici della Corte di Cassazione (cfr., in particolare, la sentenza 25164 del 10 novembre 2020), secondo cui la quantificazione del danno morale, quale autonoma componente del danno alla salute, è rimessa al giudice di merito, che deve fare ricorso ad un meccanismo di proporzionalità diretta, in quanto tanto più grave è la lesione, tanto più grande sarà la sofferenza soggettiva interiore, che è “morfologicamente diversa dall'aspetto dinamico relazionale conseguente alla lesione stessa”. L'Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano, dichiaratamente prendendo le mosse dalle sollecitazioni provenienti dalla terza sezione civile della Cassazione, ha effettuato una rivisitazione della veste grafica della Tabella ed il cuore della valutazione è ormai chiaramente stato dislocato sul piano dell'allegazione e della prova del danno, perché - come si legge nella relazione di accompagnamento, che prelude alla presentazione dell'edizione 2021 delle tabelle milanesi- la nuova formulazione, con la finalità specificatamente riconosciuta di voler “agevolare l'operatore del diritto”, persegue l'obiettivo di evitare che la tabellazione dei valori del danno presti il fianco a strumentalizzazioni volte ad aggirare l'assolvimento degli oneri probatori ovvero ad attenuare gli obblighi motivazionali relativi alla specificità delle lesioni oggetto di risarcimento.
La Suprema Corte aveva disapprovato in modo espresso la precedente preclusione della possibilità di scorporare la componente del danno morale dalla liquidazione del danno biologico e le nuove tabelle milanesi riconoscono la valutazione autonoma del danno morale, bollando ogni possibile velleità di futuri automatismi, sebbene sul piano pratico non pare possa negarsi che la prova della sofferenza, che dovrà essere specificatamente allegata, possa anche essere di tipo presuntivo. E tale nuova impostazione classificatoria si manifesta anche nella riformulazione del quesito da sottoporre al CTU in composizione collegiale, anche con la presenza di uno specialista atto a condurre accertamenti di tipo psichico/psicologico, ove ritenuto di utilità.
Una novità evidente è data dal fatto che gli importi - non mutati nella quantificazione - siano ora indicati in modo distinto nella terza e nella quinta colonna, in modo da rendere immediatamente intellegibile la precisa singola misura degli stessi, ma appare chiaro che la terza colonna (diversamente da quanto avveniva in precedenza) non riporti ora solo la percentuale di aumento del punto di invalidità biologica, ma rechi anche l'espressa quantificazione monetaria, chiarendo (nell'intestazione della colonna) come tale somma sia inerente all'incremento per la sofferenza-danno morale. Analogamente, nella quinta colonna viene indicato il valore complessivo del punto di danno non patrimoniale, portando l'attenzione del lettore/fruitore della nuova tabella sulla necessità di una distinta valorizzazione, con quanto ne scaturisce, come detto, sul piano probatorio.
Sono stati, dunque, dichiaratamente confermati i criteri valutativi già in precedenza utilizzati come parametri di quantificazione del danno biologico e morale, per cui i valori monetari appaiono immutati, anche se rivalutati secondo gli indici ISTAT ed il confronto tra le due versioni delle tabelle milanesi (pre- e post- ritocco grafico) evidenzia come, sotto il profilo terminologico, si registri una revisione di tipo lessicale, effettuata chiaramente sulla base delle autorevoli indicazionidella terza sezione della Suprema corte di Cassazione, stigmatizzate nel c.d. decalogo del 2018 (cfr. ordinanza n. 7513 del 2018). Appare, quindi, evidente che le rinnovate “etichette” adottate dalle tabelle milanesi ci consegnano un nuovo modello di valutazione del danno biologico identificato nel sintagma “danno biologico/dinamico-relazionale”, cui si affianca - in apposita distinta casella classificatoria - un “danno da sofferenza soggettiva interiore”,pur se la variazione terminologica e la rimodulazione dell'aspetto grafico che l'accompagna dovrebbero aver avuto il solo scopo di facilitare l'individuazione delle due componenti del danno non patrimoniale da lesione del bene salute e sebbene, altresì, la nuova opzione terminologica non sia da intendersi come sintomatica di un'adesione alla tesi sull'autonomia dell'esperienza di sofferenza del danneggiato nella quantificazione del danno non patrimoniale.
La storia del recente passato evolutivo della valutazione tabellare del danno alla persona è ormai nota. Già era stato riconosciuto (cfr. Cass. Civ., III sez., n. 8508 del 6 maggio 2020) alle tabelle milanesi lo status di valido criterio (pur riconosciuta l'autentica “vocazione nazionale” delle tabelle milanesi – per essere “i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell'equità valutativa e ad evitare (o quantomeno ridurre) - al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali - ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell'art. 3, c. 2, Cost.” – i giudici di merito possono scegliere adottare le tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale in uso presso la propria autorità giudiziaria di appartenenza, purché sia adeguatamente motivata la ratio sottesa alla diversa scelta tabellare e non vi siano sproporzioni rispetto alla quantificazione che scaturirebbe dall'applicazione delle tabelle di Milano e, specialmente a partire dal 2019, le tabelle elaborate dal tribunale di Roma hanno iniziato a profilarsi in modo sempre più netto come un valido alternativo criterio da impiegare nella delicata operazione di valorizzazione patrimoniale di beni che tali non sono, sotto il profilo ontologico) per la valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. delle lesioni di non lieve entità (dal 10% al 100%) e la strada del loro necessario cambiamento era stata indicata dalla Suprema Corte con chiarezza, essendo il danno morale doverosamente da accertare caso per caso, senza adire a meccanismi di liquidazione automatica, in quanto all'esistenza del danno morale non sempre corrisponde una “fenomenologia suscettibile di percezione immediata” e non può essere classificato nell'alveo del sintagma “danno dinamico-relazionale” dalla relazione di consulenza tecnica d'ufficio medico-legale, rientrando in una dimensione “eminentemente soggettiva”, con quanto ne consegue sul piano dell'identificazione della prova della sua sussistenza.
Le diverse dimensioni della “fenomenologia della sofferenza”, innegabilmente, mal si prestano ad essere inquadrate attraverso “automatismi matematici” ed “astrusi algoritmi” ed il giudice della responsabilità civile ha un “compito sicuramente arduo”, considerata “l'intangibile ed inattingibile disomogeneità tra la dimensione del dolore e quella del danaro”, ma il compito può essere supportato “da un costante lavoro di approfondimento e conoscenza del singolo caso concreto” - che indubbiamente l'approfondito lavoro di ricerca dell'Osservatorio di Milano ha condotto - per cuise vero è che “non esiste una tabella universale della sofferenza”, è necessario attribuire separata, autonoma ed adeguata (per quanto possibile) valutazione ad entrambi gli aspetti della sofferenza, sempre tenendo a mente che “la comprensione giuridica della sofferenza esige un atto di coraggio e di viltà. Il coraggio insostenibile dell'immaginazione, il coraggio di immaginarsi al posto di chi soffre”.
Il danno alla persona è misurato dal Tribunale di Milano con un valore di invalidità individuato nel c.d. “punto variabile”, che ha un aumento crescente con il crescere della severità della lesione e decrescente con l'aumento dell'età della vittima e, ad una prima lettura, parrebbe confermata la quantificazione della componente di “danno-sofferenza interiore”, calcolata come ragionevole percentuale del danno biologico, con la peculiarità che la prevalenza èdata al riconoscimento del danno morale(rectiusdel danno da sofferenza soggettiva interiore) patito da chi abbia riportato una lesione biologica di grado medio o lieve, rispetto a quello riconosciuta a chi sia portatore di un danno biologico di grado severo, in quanto la fascia di danno biologico compresa tra il 10 ed il 34% prevede un valore di incremento percentuale di danno morale che, parimenti, cresce tra il 25 ed il 50%, mentre non vi sono variazioni di incremento percentuale per la fascia di danno biologico che supera il 34%, per cui si giunge fino al 100% senza alcuna possibile maggiore valutazione del danno da sofferenza soggettiva interiore.
Parimenti, confermata è la relazione inversamente proporzionale tra l'incremento dei postumi e l'incremento della percentuale di personalizzazione riconosciuta, nella forbice di coefficiente incluso tra la percentuale del 50% e quella del 25%, per cui laddove il danno biologico sia riconosciuto nella misura del 34% la quantificazione può arrivare fino al 25%, mentre tale percentuale aumenta, con proporzione inversa, a mano a mano che la valutazione del danno biologico scende fino a raggiungere la misura dell'1%, che è suscettibile di personalizzazione fino alla misura massima del 50%. L'aumento percentuale massimo parrebbe, quindi, continuare ad avere un tetto non valicabile a partire dalla misura del 34% di invalidità permanente, per cui la personalizzazione rimane immutata con un valore percentuale massimo del 25% anche per danni che raggiungano il 100% di invalidità.
La rimodulazione grafica e terminologica delle tabelle milanesi reca in sé possibili rilevanti scenari di diversa quantificazione rispetto al passato, come attentamente rilevato in uno dei primi importanti commenti alle stesse, in considerazione del fatto che “con la diversa nomenclatura il valore di base inizia concettualmente ad allinearsi alle tabelle romane”, con la conseguenza che “il cambio di nomenclatura ha un impatto sulla effettiva liquidazione”, sebbene questo risultato di “allineamento” non fosse tra gli obiettivi perseguiti. Ogni vicenda (e quindi anche ogni lesione) è un unicum a sé stante che non può essere replicato, né in alcun modo sovrapposto ad una – sia pure analoga – vicenda di sofferenza per lesioni simili o assimilabili. Pertanto, l'inclusione della parte dinamico-relazionale all'interno della voce precedentemente statica del danno biologico si profila potenzialmente destinata a determinare, sul piano dell'applicazione pratica, una modificazione in aumento della quantificazione del danno personalizzato, potendo espandersi in virtù - appunto - di tutti i variegati aspetti afferenti alla sfera dinamico-relazionale, destinati ad essere puntualmente provati in modo specifico, nella loro straordinarietà rispetto al vissuto usuale dei soggetti affetti da simile tipologia di invalidità, stante la necessaria eccezionalità delle circostanze idonee a fondare la personalizzazione del danno alla salute.
A riguardo, val la pena di considerare i possibili riflessi - sul contenzioso in tema di risarcimento del danno alla salute - dell'imminente arrivo, con decreto presidenziale, della Tabella ministeriale unica nazionale delle invalidità da lesioni macropermanenti (ai sensi dell'art. 138 del d.lgs. 209/2005), che non si limita a fissare il valore tabellare uniforme per i danni che vanno dal 10 al 100%, ma stabilisce che, nella personalizzazione del danno, il giudice possa compiere delle oscillazioni in aumento o diminuzione dei valori incrementali previsti, nel limite del 30% previsto dal terzo comma dell'art. 138 del codice assicurazioni, laddove la tabella milanese ha confermato l'indice variabile decrescente con il crescere della lesione, con il minimo assoluto del 25% per le menomazioni che superano il 33%.
Sulla base di quanto si evince dalla bozza della tanto attesa tabella ministeriale presente nello schema di D.P.R. elaborato dal Mise, dovrebbe essere presto introdotto un metodo che, prevede tre moltiplicatori - minimo, medio e massimo - per la quantificazione del danno morale, al fine di consentire una maggiore libertà di scelta al giudice, nel rispetto di quanto previsto dal secondo comma del citato art. 138. Dall'analisi della tabella unica nazionale emerge, infatti, la previsione di un incremento del valore del punto economico, che progredisce in modo più che proporzionale al crescere della invalidità, con tre progressive possibilità di aumento percentuale del danno morale per ogni punto di invalidità, profilando un possibile significativo discostamento dai parametri valutativi validati dalle rinnovate tabelle milanesi, per cui sebbene - nelle note introduttive sui criteri applicativi - sia richiamata la giurisprudenza del Tribunale di Milano e, approvata la metodologia dallo stesso adottata, l'opzione del Ministero parrebbe incline a seguire le parametrazioni tabellari scelte dal Tribunale di Roma, con fasce di oscillazione in aumento o diminuzione dei valori incrementali previsti.
Importanti, in conclusione, sono gli scenari di rinnovamento che si aprono innanzi agli operatori del diritto in questo 2021, in cui il mondo non è ancora uscito dall'incubo della pandemia, per le molteplici nuove sfaccettature della dimensione valutativa affidata al giudice di merito, per il quale sarà possibile quantificare con sempre maggiore equità ed omogeneità (al livello nazionale) il danno non patrimoniale alla persona, visto che - salvo quanto, diversamente, dovesse emergere nella prassi applicativa - le rinnovate tabelle di Milano parrebbero inclini a ridurre il divario applicativo con le tabelle del Tribunale di Roma (che da solo rappresenta circa il 15% del contenzioso nazionale) e la possibile riduzione del divario valutativo emerge anche nelle scelte sottese ai criteri adottati nell'emananda Tabella Unica Nazionale. |