Il congedo parentale non può essere subordinato alla condizione che il genitore lavori al momento della nascita del figlio

Giuseppina Pizzolante
08 Aprile 2021

Non è ammessa la normativa nazionale che dovesse subordinare il riconoscimento del diritto al congedo parentale alla condizione di occupazione, e all'iscrizione del lavoratore al corrispondente regime previdenziale, alla data della nascita del figlio oppure all'accoglienza del figlio adottato.

L'Accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale, allegato alla direttiva 2010/18/UE, va interpretato nel senso che le normative degli Stati membri possono subordinare il riconoscimento del diritto a un congedo parentale all'occupazione ininterrotta da parte del genitore per un periodo di almeno dodici mesi, immediatamente precedente l'inizio dello stesso congedo. Tuttavia, non è ammessa la normativa nazionale che dovesse subordinare il riconoscimento del diritto al congedo parentale alla condizione di occupazione, e all'iscrizione del lavoratore al corrispondente regime previdenziale, alla data della nascita del figlio oppure all'accoglienza del figlio adottato. Escludere i genitori che non lavoravano al momento della nascita o dell'adozione del proprio figlio equivarrebbe a limitare il diritto di detti genitori alla possibilità di fruire di un congedo parentale in un momento successivo della loro vita in cui dovessero svolgere nuovamente un'attività lavorativa e del quale avrebbero bisogno per conciliare le loro responsabilità familiari e professionali. Una siffatta esclusione sarebbe pertanto contraria al diritto individuale di ciascun lavoratore di disporre di un congedo parentale.

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