L'invio telematico degli atti dinnanzi al Giudice di Pace secondo l'interpretazione della Cassazione

Elisabetta Pofi
Elisabetta Pofi
13 Aprile 2021

Nei procedimenti dinnanzi al Giudice di Pace non è consentito il deposito degli atti in via telematica, né a mezzo PEC né tramite l'invio di una raccomandata online al server di Poste Italiane dei documenti digitali, non essendo ancora intervenuta apposita normativa ministeriale disciplinante tali profili.
Massima

Nei procedimenti dinnanzi al Giudice di Pace non è consentito il deposito degli atti in via telematica, né a mezzo PEC né tramite l'invio di una raccomandata online al server di Poste Italiane dei documenti digitali, non essendo ancora intervenuta apposita normativa ministeriale disciplinante tali profili, ma esclusivamente in forma cartacea (analogica) dei quali il difensore, in virtù dei poteri ad esso conferiti ai sensi degli artt. 6 e 9, commi 1-bis, e 1-ter della l. 53/1994, abbia attestato la conformità.

Il caso

In seguito al decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Pisa, il cittadino straniero proponeva opposizione dinnanzi al Giudice di Pace con il patrocinio di un avvocato. Il ricorso, sottoscritto digitalmente dall'avvocato, veniva presentato mediante spedizione a mezzo raccomandata on line, unitamente alla procura alle liti, anch'essa sottoscritta digitalmente sia dalla parte sia dal difensore. Il Giudice di Pace di Pisa rigettava l'opposizione, ritenendo che il ricorso introduttivo non risultava sottoscritto dal difensore e che non vi era prova che il mandato fosse firmato in originale dalla parte. Il cittadino straniero impugnava il provvedimento davanti alla Suprema Corte, chiedendone la cassazione per la violazione o falsa applicazione delle norme del Codice dell'amministrazione digitale, dell'art. 45, lett. b), della l. 69/2009 e degli artt. 16 bis e 16-undecies del d.l. 179/2012.

La questione

La prima questione sottoposta all'attenzione dalla Corte attiene alla possibilità di depositare nel processo la procura alle liti firmata digitalmente dal cliente, oltre che dal difensore, poiché il legislatore, nonostante le numerose normative inerenti il P.C.T., non ha ancora precisato se e con quali modalità, sia consentita la sottoscrizione da parte del cliente della procura con dispositivi di firma digitale. Ulteriore profilo di analisi è relativo alle modalità di deposito presso l'ufficio del Giudice di Pace del ricorso ex art. 18 del d.lgs. 150/2011 mediante il sistema offerto da Poste Italiane di invio tramite raccomandata on line, anziché attraverso la tradizionale raccomandata in formato cartaceo con ricevuta di ritorno e, da ultimo, se dinanzi al medesimo ufficio sia applicabile la disciplina del processo civile telematico.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha rigettato il ricorso rilevando che, nel processo dinnanzi al Giudice di Pace, per espressa disposizione del d.l. 179/2012, art. 16-bis, comma 6, non è ammesso il deposito telematico degli atti, poiché per tali uffici non è ancora intervenuta l'apposita normativa ministeriale. Ancora. La Corte ha affermato che, nel caso di specie, a prescindere dalla validità o meno della procura alle liti, il deposito telematico, anche mediante invio di raccomandata on line al server di Poste Italiane, è sicuramente inammissibile.

Osservazioni

La soluzione a cui è giunta la Suprema Corte va condivisa laddove dispone che nel procedimento dinnanzi al Giudice di Pace non sono applicabili le disposizioni del processo civile telematico, in ragione del fatto che non è ancora intervenuta alcuna normativa ministeriale, da adottarsi previo accertamento delle funzionalità dei servizi di comunicazione.

Tuttavia la fattispecie in esame merita diverse considerazioni in ordine alla validità della procura alle liti ed all'utilizzo, per il deposito del ricorso, del sistema della raccomandata on line.

Con riferimento a tale ultimo profilo, infatti, la conclusione della Corte non convince poiché ritiene inammissibile il deposito del ricorso mediante l'invio di una raccomandata on line, sulla scorta dell'argomentazione che agli uffici del Giudice di Pace non possono applicarsi le disposizioni sul processo civile telematico. La raccomandata on line però nulla ha a che vedere con il P.C.T., trattandosi di un servizio offerto da Poste Italiane che, tramite la registrazione ad un portale, consente l'invio di documenti digitali (di diverso formato) al server di Poste, il quale provvede a stamparli, imbustarli e ad inviarli materialmente e in formato cartaceo al destinatario. Dunque, stante la previsione dell'art. 18, comma 3, del d.lgs. 150/2011, il quale dispone espressamente che «il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e può essere depositato anche a mezzo del servizio postale», non sembra potersi escludere che, anche dinnanzi al Giudice di Pace, sia consentito il deposito mediante la spedizione di una raccomandata on line.

Discorso diverso va fatto per gli strumenti di firma digitale, per le differenti modalità di firma degli atti processuali e per la loro attestazione di conformità ad opera dell'avvocato.

Infatti, laddove l'avvocato ottenesse, mediante scansione, il documento digitale riproducente la firma autografa del cliente sulla procura alle liti, e successivamente sottoscrivesse ricorso e procura con firma PAdES (con documento in formato .pdf), allegando altresì la relativa attestazione di conformità, non ci sarebbero ragioni per escludere l'ammissibilità del deposito, anche a mezzo di raccomandata on line. Per vero, in tale ipotesi il server decodificherebbe la firma digitale e poi trasmetterebbe il relativo documento, con il logo della firma digitale ben visibile, all'ufficio del giudice di pace, il quale si troverebbe di fronte ad un atto, spedito attraverso un plico raccomandato, contenente la riproduzione cartacea del ricorso e della procura, con il logo di firma, anziché con la firma autografa. Essendo le firme perfettamente riconducibili ad un soggetto specifico ed attestata la detta riconducibilità dall'avvocato, semmai, il giudice dovrebbe, a norma del comma 2 dell'art. 182 c.p.c., assegnare un termine perentorio al fine di sanare l'eventuale, ritenuto, difetto originario di procura (Cass. civ., 29 luglio 2020, n.16252; Cass. civ., 8 novembre 2019, n. 28824; Cass. civ., 4 ottobre 2018, n. 24212) e giammai rigettare il ricorso.

Ben più complesso quando, come sembra essere accaduto nel caso di specie, sia il cliente sia l'avvocato sottoscrivono il file con firma digitale, ma con la modalità CAdES (con documento in formato .p7m), essendo la detta firma non visibile, se non attraverso specifici programmi di verifica.

Il legislatore, con l'art. 45, lett. b), della l. 69/2009, ha modificato la seconda parte del comma 3 dell'art. 83 c.p.c., introducendo il concetto della riconducibilità della procura informatica all'atto di riferimento, operata mediante gli appositi strumenti informatici identificati dalla legge medesima. Dunque, l'autentica dell'avvocato alla procura firmata digitalmente dal cliente, con l'apposizione a sua volta della firma digitale, è necessaria non soltanto ad attestarne «l'autografia», ma anche e soprattutto ad individuare fisicamente il soggetto che ha effettuato la sottoscrizione telematica. Infatti, mentre nel deposito telematico il sistema riconosce e decodifica la firma CAdES, degli atti e della busta di trasporto, così consentendo la riconducibilità ai soggetti che l'hanno apposta, il server di Poste Italiane (che ammette di allegare documenti in diversi formati tra cui doc, docx, txt, tiff, xls, xlsx, rtf, pdf, jpg) non è dotato degli stessi applicativi. Con la conseguenza che, con ogni probabilità, presso la cancelleria del Giudice di Pace è pervenuta una raccomandata di cui era individuato il mittente, ma il contenuto era illeggibile. A questo punto, se almeno l'avvocato avesse allegato l'attestazione di conformità, tale da far ricondurre gli atti a se stesso e al cliente, il giudice avrebbe potuto considerare di concedere un termine per sanare il vizio degli atti; diversamente, non essendoci alcuna riconducibilità di quel plico raccomandato a quel determinato atto, di quell'avvocato ed in favore di quel cliente, bene ha fatto il giudice di pace a rigettare il ricorso, dovendo ritenere l'atto del tutto inesistente.

In conclusione, per quanto corretta appaia l'affermazione della Suprema Corte, secondo cui dinnanzi al Giudice di Pace non è ancora applicabile la disciplina del processo telematico, occorre rilevare che il deposito telematico nulla ha a che vedere con la raccomandata on line. Al contempo è stata persa l'occasione per chiarire, in generale, se e con quali limiti il cliente possa sottoscrivere la procura alle liti con strumenti digitali ed in particolare se il giudice di pace che abbia ricevuto in forma cartacea (con deposito in cancelleria, con raccomandata o tramite raccomandata on line, nei casi in cui espressamente la legge lo consente) un atto processuale sottoscritto digitalmente, ma senza l'attestazione di conformità dell'avvocato, debba considerare l'atto come inesistente, oppure nullo, concedendo un termine al fine di regolarizzare la procura e l'atto attraverso l'apposizione della firma autografa del cliente e dell'avvocato, sanando il vizio.

*fonte: www.illprocessocivile.it

Riferimenti
  • G. Balena, Sulle conseguenze del difetto di procura ad litem, in Foro It., 1987, I, 522;
  • M. Di Marzio, La procura alle liti: poteri, obblighi e responsabilità dell'avvocato, Giuffrè, 2011;
  • R. Giordano, Invalidità della procura e condanna del difensore alle spese, in Giust. civ., 2004, I, 3153.