Udienza penale da remoto: misura emergenziale o futuro del processo penale?

20 Aprile 2021

La grave emergenza epidemiologica da COVID-19, tanto inaspettata quanto stravolgente, ha toccato anche il mondo della Giustizia italiana. Questo ha comportato, per il legislatore d'urgenza, di dover intervenire, nell'immediato e con le risorse disponibili, anche nel comparto in questione, al fine di assicurare, per quanto possibile, la prosecuzione delle attività giudiziarie. In questo focus, ci interessa, in particolar modo, verificare ed analizzare, in maniera pressocché sintetica, l'excursus della materia nel settore penale, con particolare riguardo allo svolgimento delle udienze.
Art. 83 del d.l. n. 18/2020: premessa di carattere generale

La grave emergenza epidemiologica da COVID-19 (si precisa che l'emergenza sanitaria è stata prorogata al 31 luglio 2021 dal d.l. n. 44/2021) , tanto inaspettata quanto stravolgente, ha toccato anche il mondo della Giustizia italiana. Questo ha comportato, per il legislatore d'urgenza, di dover intervenire, nell'immediato e con le risorse disponibili, anche nel comparto in questione, al fine di assicurare, per quanto possibile, la prosecuzione delle attività giudiziarie.

In questo focus, ci interessa, in particolar modo, verificare ed analizzare, in maniera pressocché sintetica, l'excursus della materia nel settore penale, con particolare riguardo allo svolgimento delle udienze.

A ridosso del c.d. lockdown dello scorso marzo, con l'art. 83, comma 12, del d.l..n. 18/2020, sono state previste, invero, una serie di disposizioni specifiche, per il periodo intercorrente tra il 9 marzo ed il 15 aprile, successivamente prorogato al 30 giugno con le modifiche apportate dalla legge di conversione n. 27/2020, che ha emendato la norma inserendo i successivi commi 12 bis, ter, quater e quinquies.

Ebbene, l'incipit della norma richiama immediatamente l'art. 472 del codice di rito, con una clausola di salvezza di tutte quelle situazioni nelle quali il giudice dispone che il processo avvenga a porte chiuse, prevedendo che lo svolgimento di qualsiasi udienza riguardante “persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare, nel periodo compreso tra il 09 marzo e 15 aprile (poi 30 giugno), sia assicurata, ove possibile, attraverso due distinti metodi: tramite videoconferenza o tramite collegamenti da remoto specificamente individuati con provvedimento dal Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia (di seguito DGSIA).

Come si ricava dal dettato normativo, tali tipi di udienze vengono a svolgersi tramite partecipazione da remoto, a prescindere dallo specifico motivo che ne determina la necessità. Ed allora, in ciò tale disciplina è del tutto derogatoria rispetto a quanto previsto dall'art. 146-bis delle disp. att. c.p.p. che prevede la obbligatoria partecipazione a distanza in taluni particolari casi (fatta salva l'applicazione dei commi, 3, 4 e 5).

Sulla base di quanto disposto dall'art. 83, comma 12, dunque, il DGSIA deve adottare un provvedimento attraverso il quale si preveda l'utilizzo, in questi casi, o dei consueti strumenti di videoconferenza o, in alternativa, il ricorso ad altri e nuovi applicativi, che sono stati individuati, successivamente, in Teams o Skype for business. L'unico limite a tale mezzo alternativo può essere costituito solo dalla necessità di “garantire la fonia riservata tra la persona detenuta, internata o in stato di custodia cautelare ed il suo difensore“ (art. 3 provvedimento).

Con riferimento a tali tipi di udienze, la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata in tema di mancata traduzione dell'imputato che si trovi detenuto o soggetto a misure limitative della libertà personale, che abbia tempestivamente manifestato in qualsiasi modo la volontà di comparire, nel senso di ritenere che, poiché “la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, o in stato di custodia cautelare, deve essere assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto, ne deriva che la mancata attivazione della videoconferenza e degli altri mezzi di collegamento da remoto è da equipararsi all'omessa traduzione perché ugualmente lesiva del diritto di partecipazione. In assenza dell'attivazione di detti mezzi, infatti, l'avviso non può svolgere in concreto l'unica funzione che gli è propria, quella della vocatio in iudicium che può definirsi tale solo in quanto rivolta a chi ad essa sia in grado di rispondere” (Cass. pen., Sez. VI, 19 novembre 2020, n. 2213).

Se, tuttavia, il comma 12 prevede l'uso obbligatorio del collegamento da remoto per tutte le udienze riguardanti soggetti in vinculis, il successivo comma 12-bis dispone che si possa ricorrere a tali modalità di udienza quando non è richiesta la partecipazione di soggetti diversi dal PM, Giudice, ausiliario, parti private, difensori e ufficiali e agenti di PG. In tali ipotesi, dunque, le udienze possono essere tenute da remoto, tramite Teams o Skype for business, purchè venga assicurato il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Il giudice deve comunicare ai difensori delle parti, al PM e agli altri soggetti che devono partecipare “giorno, ora e modalità del collegamento”.

Ove l'udienza riguardi, invece, un soggetto libero o sottoposto a misura diversa dalla custodia in carcere o dagli arresti domiciliari, difensore e assistito partecipano all'udienza da remoto direttamente dallo studio del legale. In questo caso, infatti, è proprio quest'ultimo ad attestare l'identità del proprio assistito.

Nel caso, invece, di soggetto arrestato o fermato, sottoposto ad arresti domiciliari, questi potrà partecipare all'udienza di convalida da remoto anche “dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza, quando disponibile”. Ad attestare l'identità del soggetto provvede la polizia giudiziaria che dovrà, altresì, consentire un canale di comunicazione riservato tra l'arrestato o fermato ed il suo difensore.

Appare ovvio, infine, che, nel caso di udienza di convalida riguardante soggetto arrestato o fermato, già ristretto in carcere, si debba rinviare a quanto detto relativamente agli imputati detenuti o internati e che, dunque, dovrà svolgersi con i normali sistemi di videoconferenza, tramite collegamento dall'Istituto in cui si ritrova l'interessato.

Con espresso riferimento alla ritualità della convalida dell'arresto in udienza da remoto, la Suprema Corte ha affermato che “conta il momento in cui il P.M. ha reso possibile la concreta attivazione dei collegamenti virtuali (link alla piattaforma) entro termine di legge (48 ore)” e che “la presentazione dell'arrestato all'udienza da remoto per la convalida e la contestuale celebrazione del giudizio deve ritenersi ritualmente effettuata da parte del pubblico ministero qualora questi, dopo aver trasmesso gli atti e formulato la richiesta di convalida, fornisca al giudice tutte le informazioni e le coordinate volte a consentire l'utile instaurazione dei collegamenti necessari all'apertura dell'udienza virtuale, essendo poi rimesso all'attività del giudice disporre, attraverso la sua struttura organizzativa, la concreta attivazione di detti collegamenti in funzione della celebrazione dell'udienza nel suddetto termine, in guisa da consentire il tempestivo perfezionamento della presentazione” (Cass. pen., Sez. I, 10 novembre 2020, n. 2330).

In tutti i casi, con riguardo alla verbalizzazione dell'udienza valgono le medesime considerazioni.

Il cancelliere, secondo quanto si legge, “partecipa all'udienza dall'ufficio giudiziario”. Si dispone, dunque, rigorosamente il luogo da cui debba “connettersi” l'ausiliario del giudice che redige, per l'appunto, il verbale di udienza dall'ufficio. Nell'ambito della sua verbalizzazione è tenuto a dare atto delle modalità di collegamento da remoto utilizzate da tutti i partecipanti, delle modalità attraverso cui si attesta la loro identità, nonché della impossibilità degli stessi di sottoscrivere il verbale o di vistarlo, atteso il collegamento da remoto.

La norma, infine, esclude espressamente, dal novero delle udienze che possono svolgersi con modalità “telematiche”, quelle che prevedono la discussione finale, a meno che le parti vi consentano, nonchè quelle in cui devono essere sentiti testimoni, parti, periti o consulenti.

Una notazione particolare merita il comma 12-quinquies che riguarda la questione relativa alle deliberazioni collegiali in camera di consiglio. La disposizione, tenendo in giusto conto, ancora una volta, della necessità di assicurare, da un lato, la tutela del diritto alla salute dei componenti del collegio e, dall'altro, la prosecuzione dell'attività giudiziaria, ha previsto che i componenti del collegio si colleghino da remoto utilizzando gli strumenti indicati dal DGSIA. Sebbene in realtà sovrabbondante, la norma precisa la circostanza per cui il luogo da cui il giudice effettua il collegamento “è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge”. La superfluità della precisazione è data dal fatto che appare assolutamente evidente che la formalità della inviolabilità del luogo in cui si tiene la Camera di consiglio sia superabile dall'imprescindibilità e rilevanza della decisione dei procedimenti, ad esempio, con imputati detenuti.

Se, in generale, dunque, è possibile l'udienza camerale da remoto, deve ritenersi che i principi appena esposti possano valere, con le dovute considerazioni, anche per le udienze camerali partecipate fissate dinanzi il Tribunale di sorveglianza, ove il collegio, peraltro, è costituito da componenti togati ed esperti.

In questa precisa ipotesi, si ritiene doversi fare riferimento a quanto previsto dal comma 12, trattandosi in alcuni casi di udienze relative a soggetti detenuti o internati, con il conseguente uso dello strumento della videoconferenza, di cui all'art. 146 disp. att. c.p.p..

I giudizi dinanzi la Corte di Cassazione.

La norma (art. 83 d.l. n.18/2020) non ha mancato, poi, di stabilire con accuratezza le modalità di svolgimento dei giudizi dinanzi la Corte di Cassazione, al comma 12-ter.

In barba all'oralità del processo penale, circostanza questa che è stata duramente criticata dai penalisti di ogni foro, viene introdotta la possibilità di trattazione scritta dei giudizi instaurati dinanzi la Corte di legittimità.

In ogni caso, la Corte decide in camera di consiglio, senza l'intervento dei difensori delle parti o del Procuratore Generale, a meno che questi non abbiano richiesto, per iscritto, la trattazione orale almeno 25 giorni liberi prima. Trascorso tale termine, il Procuratore generale deve depositare le proprie conclusioni scritte entro 15 giorni dall'udienza con atto spedito a mezzo PEC alla cancelleria della Corte che, a sua volta, provvede immediatamente alla trasmissione, con lo stesso mezzo, ai difensori delle parti che, per ultimo, depositano le proprie conclusioni il quinto giorno antecedente l'udienza. Il dispositivo viene comunicato alle parti tramite posta elettronica certificata, non applicandosi, in questo caso, quanto previsto dall'art. 615 c.p.p..

La fase delle indagini preliminari e i collegamenti da remoto

Non mancano, ovviamente, previsioni peculiari anche per il caso di atti che devono essere compiuti, in fase di indagini, dalla Polizia Giudiziaria o dal Pubblico ministero e che richiedano “la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone”.

Ove tali atti riguardino soggetti detenuti, internati o sottoposti a misura cautelare, la partecipazione è assicurata con le forme di cui al comma 12 cui si fa rinvio.

Negli altri casi, invece, le persone che devono partecipare all'atto sono invitate a presentarsi presso gli uffici della PG, dotati di postazioni volte a consentire il collegamento da remoto. Si assicura, ancora una volta, all'interessato la possibilità di interagire con il proprio difensore che può essere ivi presente o partecipare all'atto stesso direttamente dal proprio studio.

Il decreto “Ristori” (d.l. n. 137/2020) convertito in l. n. 176/2020: le regole vigenti dopo un anno

Se la prima fase di emergenza, dunque, ha portato il legislatore a “contenere” e “ridurre” al minimo l'attività giudiziaria, allo scopo di limitare il più possibile i rapporti personali che potessero favorire il propagarsi dell'epidemia, la seconda fase normativa, in materia penale, ha riguardato per lo più l'espansione ed il potenziamento degli strumenti telematici sia con riferimento all'attività di udienza, sia con riguardo alle attività di cancelleria.

Innanzitutto, con l'art. 221 del d.l. n. 34/2020, così come modificato dalla legge di conversione n. 77/2020, il legislatore ha stabilito che le udienze da remoto continuassero ad essere assicurate, con le modalità di cui agli artt. 146-bis e 147 disp. att. c.p.p., per gli “imputati in stato di custodia cautelare in carcere o detenuti per altra causa e dei condannati detenuti”, fino al 31 ottobre 2020.

Lo scorso 24 dicembre 2020 è stata pubblicata la legge n. 176/2020, con cui è stato convertito il d.l. 137/2020, c.d. “decreto Ristori”, già in vigore dal 29 ottobre 2020. In tale provvedimento, sono confluiti anche i successivi decreti denominati “Ristori bis”, “ter” e “quater” che sono stati abrogati dall'art. 1, comma 2 della legge di conversione.

Tale decreto, dunque, attualmente, è l'unico testo legislativo che rechi norme emergenziali concernenti il settore giudiziario penale.

Deve premettersi che il decreto n. 137/2020 riprende in parte alcune disposizioni già previste nel primo periodo di emergenza, mentre altre sono state leggermente modificate.

Con specifico riferimento all'argomento finora trattato, deve evidenziarsi che l'art. 23, rubricato “Disposizioni per l'esercizio dell'attività giurisdizionale nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19”, al comma 2 regola immediatamente la disciplina della fase di indagini preliminari.

Ferma restando la possibilità per la PG e il PM di usufruire, per lo svolgimento di atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta ad indagini, della persona offesa, del difensore, di esperti o altre persone, degli strumenti di collegamento da remoto, la novità è rappresentata dalla facoltà del difensore di opporsi quando l'atto richieda la sua presenza. Si conferma la possibilità per il difensore di essere presente al compimento dell'atto nel luogo ove si trova il suo assistito (l'ufficio di PG) o direttamente dal proprio studio.

Si dispone, ancora una volta, che la partecipazione a qualsiasi udienza, nonché alle attività appena indicate, di soggetti detenuti, internati o sottoposti a misura cautelare avvenga, ove possibile, tramite videoconferenza o con collegamenti da remoto individuati dal DGSIA; tuttavia, al comma 4 si precisa che a queste categorie di soggetti si aggiungono, espressamente, anche le persone fermate o arrestate.

Una innovazione, invece, è rappresentata dalla possibilità per il GIP di effettuare, con le modalità di collegamento da remoto, anche l'interrogatorio di garanzia.

Il comma 3, invece, si preoccupa di ribadire che le udienze che prevedono la partecipazione del pubblico, possono svolgersi a porte chiuse, ai sensi dell'art. 472, comma 3 c.p.p. (“Il giudice dispone altresì che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene…”).

Di grande interesse è sicuramente il successivo comma 5 che riguarda, in generale, le regole per la partecipazione alle udienze penali.

Si precisa che la modalità di collegamento da remoto può essere utilizzata per tutte le udienze che non richiedono la partecipazione “di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private, dai rispettivi difensori e dagli ausiliari del giudice”. Appare evidente come, in questo senso, la disposizione richiami quella già contenuta nel comma 12-bis dell'art. 83, d.l.. n. 18/2020.

Dalla lettura del disposto si ricava che, in base alla posizione soggettiva dell'indagato/imputato, le regole sono leggermente diverse.

Ed invero, nel caso di soggetto libero o sottoposto a misura cautelare diversa dalla custodia, il difensore attesta l'identità dell'assistito che partecipa dal suo studio.

In caso di soggetto arrestato o fermato in stato di arresti domiciliari, l'udienza avverrà “dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza”.

Ad ogni modo, conformemente a quanto disposto nel d.l. n. 18/2020, anche l'art. 23 dispone che l'ausiliario del giudice provveda alle operazioni di verbalizzazione direttamente dall'ufficio.

Il giudice, invece, come si legge nel comma 7, “può partecipare all'udienza anche da un luogo diverso dall'ufficio giudiziario”. Questa precisazione rappresenta certamente una novum rispetto a quanto disposto in precedenza.

Le udienze preliminari e dibattimentali possono svolgersi con collegamento da remoto, ma solo se le parti vi acconsentono. Il legislatore, dunque, demanda la scelta delle modalità di svolgimento dell'udienza alla decisione concorde delle parti processuali.

Di contro, l'ultimo capoverso del comma 5, esclude espressamente l'uso degli strumenti telematici per: 1. le udienze in cui devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti; 2. le udienze di discussione sia dei giudizi abbreviati che ordinari; 3. le udienze di incidente probatorio.

Il Decreto “Ristori” prevede, inoltre, la possibilità dello svolgimento della Camera di Consiglio da remoto. Come già detto, come anche il d.l. n. 18/2020 prevedeva, il luogo in cui si trova il giudice è considerato camera di consiglio agli effetti di legge. Si rinvia, sul punto, a quanto detto a commento della normativa precedente.

Il Presidente del collegio o il componente delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza che viene così depositato in cancelleria perché venga inserito nel fascicolo il prima possibile (viene eliminata, ovviamente, la parte in cui si proroga il deposito “immediatamente dopo la cessazione dell'emergenza sanitaria”).

Tale procedura è esclusa espressamente dall'ultimo capoverso del comma 9 dell'art. 23, per le deliberazioni collegiali che seguano ad udienze di discussione avvenute “in presenza”.

Con riferimento al giudizio di Cassazione, provvede il comma 8, che ricalca il già analizzato comma 12-ter dell'art. 83 D.L. citato.

Una novità, infine, è introdotta dall'art. 23-bis del D.L. Ristori, che riguarda i giudizi di appello e la loro trattazione “cartolare”.

La norma mette subito in chiaro quali siano i casi in cui non è possibile procedere “in presenza” e specifica, al comma 2, che la trattazione dei procedimenti penali di appello, di regola diventi “scritta”, salvo alcune ipotesi, tassativamente indicate. Si tratta, invero, di quei casi in cui: 1. è prevista la rinnovazione dibattimentale; 2. l'imputato manifesti la volontà di comparire; 3. le parti o il PM chiedano la trattazione orale.

Le parti si “scambiano” le proprie conclusioni scritte che vengono depositate, a mezzo PEC, presso la Cancelleria della Corte. Il Procuratore Generale, entro il decimo giorno precedente l'udienza, inoltra le sue conclusioni che vengono immediatamente trasmesse alle parti che, a loro volta, rassegnano le proprie entro cinque giorni dalla data di udienza.

La sentenza viene poi comunicata, sempre a mezzo PEC, alle parti.

La richiesta di discussione orale, comunque formulata per iscritto, deve essere inoltrata, a mezzo posta elettronica certificata nel termine perentorio di quindici giorni liberi precedenti la data dell'udienza, termine entro cui l'imputato deve comunicare alla Corte di voler partecipare.

Sebbene, dai più, la nuova “impronta” dell'udienza penale sia guardata con estremo sfavore, a causa delle mille e più incertezze che, nella prassi applicativa di oltre un anno si sono manifestate (difficoltà nei collegamenti, ritardi, etc..), a modesto parere di chi scrive, in realtà, l'uso delle tecnologie per la celebrazione di molte udienze non può che essere uno strumento, per il futuro, che potrà certamente agevolare l'attività giudiziaria, a prescindere dall'emergenza sanitaria.

D'altra parte, chi “bazzica” nelle aule penali sa che, tra ruoli immensi e intoppi procedimentali, spesso le udienze sono affollate per meri rinvii o attività di pochi minuti che ben potrebbero essere svolte attraverso un ordinato e, per carità, collaudato uso delle “stanze virtuali”.

Per cui, ferma restando l'importanza di esaminare un testimone in presenza, davanti al giudice e alle altre parti, considerata la necessità di guardarlo dritto negli occhi e cogliere anche i più minimi cambiamenti di voce, espressione e quant'altro, o di fare la discussione finale di un processo, molto probabilmente, il mezzo telematico potrà essere un ottimo strumento di ottimizzazione della macchina giudiziaria per il futuro.

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