Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di famiglia dopo Brexit
21 Aprile 2021
L'evoluzione del diritto di famiglia europeo ha portato ad un quadro uniforme che poggia sull'accettazione della giurisdizione competente e sulla tendenziale applicazione di una legge prevedibile: ciò che a sua volta ha indotto il legislatore comunitario ed unionale a prefigurare un sistema di circolazione delle decisioni basato sulla mutua fiducia tra le autorità giudiziarie e su un numero ristretto di motivi di non riconoscimento e non esecuzione (da interpretarsi restrittivamente, poiché costituiscono un ostacolo alla massima circolazione delle stesse: cfr. CGUE, 19 novembre 2015, P. contro Q., C-455/15 PPU). Di conseguenza il riconoscimento delle sentenze in materia di status, responsabilità genitoriale e regimi patrimoniali di matrimoni e unioni registrate ha carattere automatico, ed i motivi per i quali lo si può opporre sono tassativamente elencati nei vari regolamenti che disciplinano la circolazione di settore. Il Reg. (CE) n.2201/2003 (c.d. Bruxelles II-bis) dispone che le decisioni di merito siano riconosciute automaticamente, senza necessità di ricorrere ad alcun procedimento, salvo che il riconoscimento sia contrario all'ordine pubblico dello Stato membro richiesto; o in caso di decisione resa in contumacia, o con lesione dei diritti di difesa; ovvero che la stessa sia incompatibile con altra decisione resa tra le stesse parti nello Stato di riconoscimento, o con una decisione anteriore (riconoscibile) resa in altro Stato membro o in uno Stato terzo. A tali motivi comuni si aggiungono, in materia di responsabilità genitoriale, il mancato ascolto del minore o del titolare della responsabilità genitoriale nel procedimento che ha dato luogo alla decisione. In materia di obbligazioni alimentari, per contro, il Reg. (CE) n.4/2009 ha previsto un doppio regime: riconoscimento automatico senza possibilità di opposizione, se la sentenza è stata resa in uno Stato membro che aderisce al Protocollo dell'Aia del 2007, o con possibilità di opporre gli stessi motivi citati in materia di status se resa in uno Stato che non vi aderisce. Quanto all'esecutività delle decisioni, si assiste ad una totale abolizione dell'exequatur solo in materia di obbligazioni alimentari rese in uno Stato parte del Protocollo del 2007: tuttavia in sede di opposizione all'esecuzione possono eccepirsi la prescrizione del diritto portato in sentenza o l'inconciliabilità con una decisione emessa nello Stato di esecuzione o in uno Stato terzo, la pendenza di una domanda di revisione della decisione posta in esecuzione o l'avvenuta sospensione dell'esecutività nello Stato di emissione, nonché eventuali motivi nazionali di opposizione che siano compatibili con quelli appena citati. Per quelle rese in uno Stato non aderente e per quelle in materia di status, responsabilità genitoriale e regimi patrimoniali dei matrimoni e delle unioni registrate i regolamenti pertinenti hanno invece scelto la strada di una semplificazione del procedimento tradizionale: sarà in tal caso necessario introdurre un'istanza di esecutività per aprire una procedura bifasica, che consta di una prima parte di tipo documentale all'esito della quale è resa una decisione ricorribile, e di una seconda parte (a contraddittorio eventuale) in cui è possibile opporsi sulla base di motivi identici a quelli di non riconoscimento. Un discorso a parte merita la circolazione dei provvedimenti cautelari. Quelli adottati dal giudice incompetente per il merito, come è noto, nel Reg. Bruxelles II-bis non sono considerati “decisioni”; hanno effetti solo territoriali e dunque sfuggono alle norme in tema di riconoscimento ed esecuzione. Innovando decisamente rispetto al regime vigente, il Reg. (UE) n. 1111/2019 (che ha rifuso quello sopra citato) contiene ora una definizione (“provvedimenti provvisori, inclusi i provvedimenti cautelari, in caso d'urgenza”, art.15) che non solo chiarisce come tutte le misure con finalità cautelare siano assorbite dall'articolato – a prescindere dal nomen iuris e guardando piuttosto alla funzione – ma che abbraccia tanto quelli adottati da un giudice competente per il merito quanto quelli disposti da giudice non competente. Questi ultimi potranno essere riconosciuti ed eseguiti in un altro Stato membro se si tratti di provvedimenti adottati per proteggere il minore dal grave rischio di cui all'articolo 13, primo comma, lettera b), della convenzione dell'Aia del 1980, ovvero “che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile”. Tuttavia, a norma dell'art. 100 del Reg. Bruxelles II-ter, il Reg. Bruxelles II-bis continua ad applicarsi alle decisioni rese nei procedimenti proposti prima del 1.08.2022, per cui in una ipotetica fattispecie che veda coinvolti un coniuge italiano ed uno britannico iniziata prima del 31.12.2020 e per la quale il giudice competente sia quello italiano, un provvedimento cautelare emesso dal giudice inglese continuerà a non essere riconosciuto in Italia (e viceversa, se la competenza fosse del giudice inglese) anche se pronunciato in periodo successivo all'inizio dell'applicazione del Reg. Bruxelles II-ter. Nei procedimenti radicati dopo il 1.08.2022 potrà invece farsi uso del Reg. Bruxelles II-ter per regolare fattispecie analoghe dal punto di vista della competenza giurisdizionale, in presenza di un valido criterio di collegamento, ma – essendo frattanto il Regno Unito divenuto uno Stato terzo – la sia pur limitata circolazione del provvedimento cautelare sopra descritta non dovrebbe avere luogo: le norme su riconoscimento ed esecuzione portate nel Reg. Bruxelles II-ter si applicano, infatti, solo ai provvedimenti emessi da uno Stato che partecipa al medesimo. Riconoscimento ed esecuzione nei rapporti con gli Stati extra-europei
La circolazione delle decisioni da e verso uno Stato terzo è invece disciplinata dalle Convenzioni internazionali pertinenti e dalla nostra legge di riforma del diritto internazionale privato n. 218 del 1995. Quanto al riconoscimento delle decisioni in materia di status occorre riferirsi alla Convenzione dell'Aia del 1970, che si applica a separazioni e divorzi disposti all'esito di procedimenti giudiziari o di altro tipo riconosciuti ufficialmente in uno Stato contraente ed ivi legalmente efficaci; essa non si applica però all'annullamento del matrimonio né alla pronuncia sull'addebito o sugli ordini accessori. Essa non contiene regole dirette di giurisdizione, ma obbliga uno Stato contraente a riconoscere una decisione emessa da un giudice che soddisfa i criteri di competenza dalla stessa indicati (regole indirette, che peraltro largamente corrispondono a quelli di cui al Reg. Bruxelles II-bis). Il riconoscimento può essere negato per ragioni di ordine pubblico o per incompatibilità con una decisione anteriore vertente sullo status delle parti. In materia di attribuzione, esercizio o revoca della responsabilità genitoriale lo strumento rilevante è invece la Convenzione dell'Aia del 1996 che prevede il riconoscimento automatico, salva la possibilità di opporsi per i motivi tassativamente indicati nell'art.23. L'esecuzione o il suo rifiuto sono peraltro affidati alla legge dello Stato in cui la stessa è richiesta, secondo una procedura che deve essere attivata “su richiesta di ogni parte interessata” e deve essere “semplice e rapida”, ma che deve tenere sempre in conto l'interesse del minore per essere adattata al caso di specie. Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di obbligazioni alimentari sono disciplinate dalla Convenzione dell'Aia del 2007, che prevede la possibilità di presentare le relative domande tramite autorità centrali (che fungono da tramite rispetto alle autorità giudiziarie nazionali ed assistono il richiedente, dando sfogo ad un procedimento che si connota in modo diverso a seconda che istante e convenuto abbiano – art.23 – o non abbiano – art.2 4 – avuto modo di interloquire preventivamente sulla decisione) ovvero direttamente (il creditore chiede il riconoscimento o l'esecuzione all'autorità competente nello Stato richiesto e questa decide sulla domanda; in compenso non sono previste alcune agevolazioni, anche linguistiche, contemplate nel caso in cui intervengano le autorità centrali). Laddove, infine, sia invocato il riconoscimento o l'esecuzione di una decisione in materia di famiglia emessa in uno Stato terzo che non partecipa ad una delle Convenzioni sopra citate, non resta altro che riferirsi alla nostra legge di riforma del diritto internazionale privato (l. n. 218/1995) che se ne occupa sotto vari aspetti agli artt. 65, 66 e 67 (cfr. per un loro inquadramento sistematico Cass. civ. sez. I, 17 luglio 2013 n. 17463). Mentre, infatti, l'art. 64 si applica alle sentenze straniere in generale, e l'art. 65 si riferisce al più ampio genus dei provvedimenti (incluse le sentenze) in materia di famiglia adottati all'esito di una procedura contenziosa, l'art.66 si applica a provvedimenti che condividono la stessa natura di quelli di volontaria giurisdizione italiana: tra cui, ad esempio, quelli di omologa della separazione consensuale. I provvedimenti di cui all'art.65 sono riconosciuti se non contrastano con l'ordine pubblico, se nello Stato di origine non sono stati violati i diritti essenziali della difesa e se sono stati assunti da autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle norme di conflitto italiane o che producono effetti per l'ordinamento di quello Stato. Quanto al procedimento da attivare in caso di mancata ottemperanza o contestazione del riconoscimento, l'art. 67 rinvia all'art. 30 d. lgs. 1 settembre 2011, n. 150 (rito sommario di cognizione davanti alla Corte d'Appello del luogo di esecuzione del provvedimento) salvo che l'esigenza non nasca in corso di giudizio, nel quale caso il giudice deciderà con efficacia limitata al medesimo. All'indomani della Brexit il tema del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di famiglia assume nuove coloriture, dal momento che nel caso specifico (peraltro inedito, visto che il Regno Unito è il primo Paese che perde la qualità di Stato membro per divenire Stato terzo) entrano in gioco anche disposizioni di diritto transitorio contenute nell'accordo di recesso, e oggetto di nota esplicativa ufficiale della Commissione Europea (Notice to stakeholders - Withdrawal of the United Kingdom and EU rules in the field of civil justice and private international law) del 27.08.2020. Pur tenuto conto delle differenze di disciplina circa l'individuazione del momento di radicazione della causa (la dottrina inglese si è infatti interrogata sul significato del termine “instituted” riferito ai procedimenti, in luogo del più comunemente usato “lodged”) sembrerebbe che l'accordo segua il conjunctive approach (che, diversamente dal disjunctive approach, reputa sufficiente la radicazione della causa prima del 31.12.2020 per poter ottenere l'esecuzione di un provvedimento secondo le regole europee). L'art. 67, comma 2, dell'accordo di recesso dispone infatti che nel Regno Unito, nonché negli Stati membri in situazioni che coinvolgano il Regno Unito, le disposizioni del Reg. (UE) n. 2201/2003 e del Reg. (CE) n. 4/2009 riguardanti il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni si applicano alle decisioni emesse in procedimenti giudiziari avviati prima della fine del periodo di transizione (31.12.2020) nonché alle transazioni giudiziarie approvate o concluse e agli atti pubblici redatti prima del medesimo termine. Quanto alle decisioni rese in procedimenti avviati dopo il 1.01.2021, le stesse circoleranno invece sulla base degli strumenti citati nel paragrafo che precede. Tuttavia, va tenuto presente che in tema di obbligazioni alimentari, il Regno Unito ha recepito nel proprio ordinamento il testo della Convenzione dell'Aia del 2007 per mezzo del Private International Law (Implementation of Agreements) Act 2020, che a sua volta ha modificato il Civil Jurisdiction and Judgments Act 1982; pertanto, dal punto di vista del procedimento di riconoscimento ed esecuzione in Italia nulla cambierà (già oggi, infatti, non avendo UK aderito al Protocollo dell'Aia del 2007, le decisioni di cui trattasi sono sottoposte ad exequatur). Per contro, diversa sarà la procedura di circolazione nel Regno Unito degli analoghi provvedimenti italiani, che sino ad oggi hanno beneficiato di un regime di favore connesso appunto alla nostra adesione al Protocollo e che invece da ora in poi saranno sottoposti a “registration process”. La dottrina inglese è tuttavia unanime nel prevedere che le Corti nazionali continueranno ad avere un approccio molto liberale, e di fatto ci si aspetta che agevoleranno la circolazione dei nostri provvedimenti ogniqualvolta emessi nel quadro della normativa interna (come è sempre avvenuto anche rispetto agli Stati terzi durante l'appartenenza del Regno Unito all'UE). Un accenno è d'uopo anche ai rapporti tra la Convenzione dell'Aia del 2007 e la Convenzione di Lugano del 2007: mentre, infatti, le norme di coordinamento presenti in entrambi gli accordi internazionali lasciano intendere che la seconda prevalga dal punto di vista dell'individuazione della competenza giurisdizionale, d'altro canto il riconoscimento e l'esecuzione delle obbligazioni alimentari sono possibili sulla base di entrambe ma sono più agevoli nel quadro della prima (che conosce un sistema di Autorità Centrali ben collaudato). Il problema, peraltro, si porrà in concreto se e quando l'adesione di UK a tale Convenzione sarà accettata dall'Unione Europea, che al riguardo deve prima adottare una posizione coordinata tra tutti gli Stati membri. In materia matrimoniale, l'atteggiamento liberale sopra citato eviterà il fenomeno dei c.d. limping marriages, ovvero di matrimoni dissolti in uno Stato ma ancora validi in un altro, e già ora le Corti inglesi riconoscono i matrimoni stranieri laddove conclusi con il rispetto di requisiti minimi di forma; non essendo certo il contrario, la dottrina inglese si è molto doluta del fatto che a livello europeo finora non si sia fatto granché per sollecitare tutti gli Stati membri a ratificare la Convenzione dell'Aia del 1970 (ma il problema non si pone per l'Italia, che ne è parte contraente). Anche in materia di responsabilità genitoriale il sopra citato PIL Act 2020 ha conferito alla Convenzione dell'Aia del 1996 forza di legge interna, ivi comprese le riserve a suo tempo espresse dal Regno Unito. Tuttavia, per tutti i procedimenti in materia aperti prima del 31.12.2020 dai quali siano scaturiti provvedimenti eseguibili o riconoscibili successivamente, il regolamento europeo continuerà a trovare applicazione; stesso discorso vale per le modifiche e revisioni di tali provvedimenti, rese necessarie dalle eventuali modifiche delle circostanze, che dovranno essere adottate secondo le regole europee anche a distanza di molti anni dalla Brexit. Circolazione degli accordi
Nei rapporti con il Regno Unito giocherà un ruolo importante anche la circolazione degli accordi in materia familiare. Al riguardo, la Convenzione dell'Aia del 1996 include tra le misure idonee a circolare tra gli Stati contraenti anche gli accordi in materia di responsabilità genitoriale, laddove siano stati in qualche modo recepiti dall'autorità competente; ed invero, a norma degli artt.23 e ss. è richiesto che le stesse siano state da questa “adottate”, per cui è necessario un quid pluris che le faccia evolvere da meri atti tra privati a misure su cui l'autorità si è pronunciata o è comunque intervenuta con un'attività di controllo. La Convenzione dell'Aia del 2007 include nel suo campo di applicazione anche gli accordi sugli alimenti, inclusi in un atto pubblico o autenticati successivamente, prevedendo anche per essi la possibilità di rifiutarne il riconoscimento e l'esecuzione al ricorrere dei motivi indicati nell'art.30: in difetto di riserva apposta dallo Stato ricevente, o di opposizione, se sono esecutivi nello Stato di emissione lo sono anche nello Stato in cui devono essere eseguiti. Quanto, infine, alla circolazione degli accordi sullo status in contesto extra-europeo, occorre segnalare che la Convenzione dell'Aia del 1970 pur riferendosi alle decisioni di separazione e divorzio pone l'accento sul procedimento all'esito del quale esse sono scaturite e non esclude espressamente gli accordi: tuttavia, limita la sua operatività alla sola parte (della decisione o dell'accordo) relativa allo stato dei coniugi, escludendone le questioni patrimoniali e fatta salva la possibilità di opporsi al loro riconoscimento sulla base dei motivi contemplati dalla Convenzione. Gli aspetti patrimoniali della dissoluzione del matrimonio dovrebbero invece ricadere nell'ambito di applicazione della l. n. 218/1995 che – diversamente dalla Convenzione da ultimo citata – non restringe il riconoscimento ai soli aspetti personali. Di particolare interesse, attesa la loro diffusione oltremanica, sarà la sorte degli accordi prematrimoniali: ritenuti per lo più nulli in Italia per illiceità della causa, dovuta alla violazione del principio di indisponibilità dello status, essi sono invece piuttosto diffusi nel Regno Unito, dove importanti linee-guida per la loro valutazione in giudizio sono state indicate nella nota sentenza della Corte Suprema Radmacher vs Granatino del 20.10.2010 ([2010] UKSC 42). L'orientamento giurisprudenziale italiano che ha “aperto” all'autonomia privata in questo campo (cfr. Cass. civ., sez. I, 21 dicembre 2012, n. 23713) potrebbe ora trovare un appoggio normativo nel nuovo Reg. (UE) n.1103/2016 sui regimi patrimoniali dei matrimoni. Esso, infatti, da un lato contempla gli accordi tra “nubendi” e dall'altro riconosce ai coniugi di scegliere la legge applicabile alla sistemazione della loro situazione patrimoniale: non sembra dunque incongruo immaginare che una coppia italo-britannica, concluso un accordo prematrimoniale e scelta la legge inglese al fine di disciplinare il regime patrimoniale del matrimonio, possa utilmente invocare davanti al giudice italiano il contenuto dell'accordo. In conclusione
Portabilità degli status e dei diritti scolpiti nelle decisioni giudiziarie sono due concetti di grande impatto simbolico, oltre che pratico. Essi testimoniano di uno dei più grandi approdi del disegno di costruzione europea, fondato sulla mutua fiducia tra autorità giudiziarie che a sua volta si basa su procedure in parte armonizzate e sull'applicazione di una legge certa e vicina alle parti. Quando si ha a che fare con Stati che non fanno parte dell'Unione Europea, tuttavia, la circolazione dei provvedimenti soffre di limitazioni che da tempo sono state rimosse – almeno in gran parte – all'interno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. È dunque necessario prendere confidenza con il quadro convenzionale, per lo più elaborato in seno alla Conferenza dell'Aia di diritto internazionale privato, al fine di trovare il canale procedurale più adeguato tramite il quale dare ingresso nel nostro ordinamento ad un provvedimento in materia di famiglia. In tale contesto, la svolta attuata con la Brexit apre scenari inattesi solo alcuni anni fa ed inaugura una nuova stagione di rapporti con il Regno Unito in parte da ricondurre nell'alveo delle Convenzioni citate in questo contributo ed in parte da esplorare sulla base della nostra legge di riforma del diritto internazionale privato, ma sempre avendo di mira l'obiettivo di rendere più agevole la vita delle coppie transfrontaliere e la composizione delle loro eventuali controversie.
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