Conflitto genitoriale: sì all'affido condiviso in presenza del coordinatore genitoriale
26 Aprile 2021
Massima
Nonostante l'esistenza di un aspro conflitto tra i genitori, il Tribunale può disporre l'affido condiviso dei figli, se le parti sono disponibili a farsi seguire da un coordinatore genitoriale. Il caso
Una recente sentenza del Tribunale di Pavia ha rivisto l'ordinanza del giudice istruttore che aveva disposto il collocamento abitativo prevalente dei minori presso la madre, stabilendo che l'altro genitore li tenesse con sé a fine settimana alternati e potesse sentirli al telefono un solo giorno a settimana, ovvero il venerdì precedente il week end che avrebbero trascorso con la mamma. A seguito della successiva decisione collegiale, è stata determinante la consulenza tecnica e la richiesta congiunta dei genitori di farsi affiancare da un coordinatore genitoriale, già conosciuto e collaudato in una fase precedente alla decisione definitiva. Peraltro, la consulenza tecnica portava alla luce le difficoltà di entrambi i genitori, amplificate nei loro scambi, trattandosi di una coppia genitoriale altamente conflittuale, ed è stata seguita pure da un procedimento penale a seguito del sospetto, rivelatosi poi infondato, di abuso sessuale commesso dal padre. Queste vicende hanno inevitabilmente segnato in modo profondo le parti, aggravando dinamiche già molto complesse e distorte caratterizzanti la vita matrimoniale, come valutato, in modo analitico, dalla CTU. Nonostante i gravi limiti dei genitori, evidenziati dalla consulente, la stessa CTU ha, però, ritenuto possibile percorrere la strada dell'affido condiviso, ravvisando la necessità che la coppia di genitori fosse seguita da un coordinatore genitoriale già individuato dagli stessi nella consulente che aveva svolto questo ruolo in un primo momento e verso la quale entrambi nutrivano fiducia. La questione
Può un'elevata ostilità tra i genitori precludere ai giudici di optare per l'affido condiviso dei figli minori, oppure, attraverso l'affiancamento dei genitori alla figura del coordinatore genitoriale, si può immaginare di favorire tale assetto? Le soluzioni giuridiche
Nella decisione in commento, i giudici, pur prendendo atto della fortissima litigiosità dei genitori, ritengono contemporaneamente di accogliere la loro concorde richiesta di affido condiviso dei figli minori, sulla premessa che entrambi i genitori confermano la disponibilità ad essere seguiti da un coordinatore genitoriale. Il Tribunale, dunque, reputa possibile - oltre che evidentemente preferibile - che dopo la definizione del contenzioso giudiziale vi sia un nuovo tentativo di riprendere forme minime di dialogo e di collaborazione tra i genitori, secondo le indicazioni del coordinatore, che sarà necessariamente chiamato a intervenire anche in ambiti quali l'istruzione, le attività extra scolastiche, la salute e la terapia psicologica, atteso che proprio tali temi hanno visto sempre i genitori sterilmente contrapposti. Il collegio, peraltro, considera che le condizioni economiche dei genitori sono tali da poter sostenere il costo di un coordinatore genitoriale, considerato che tale figura rappresenta la condicio sine qua da cui la coppia deve necessariamente passare e che «risulta indispensabile per poter confermare l'affido condiviso dei minori ai due genitori». Per l'individuazione del soggetto che ricoprirà tale ruolo, deve trattarsi di una figura individuata da entrambi i genitori, poiché il rapporto che si instaura tra i genitori e il coordinatore ha natura contrattuale. Nel caso di specie, non è stato possibile confermare l'esperta che aveva svolto funzione di consulenza, né nominare i servizi sociali, per la mancanza di fiducia manifestata dai due genitori verso questi soggetti. Nella sentenza qui in commento, il collegio giudicante afferma che la nomina del coordinatore genitoriale deve avvenire a cura dei genitori, scegliendo un professionista che goda della fiducia di entrambi nell'elenco predisposto dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati. Infine, dopo aver deciso a favore dell'affidamento condiviso, i giudici confermano il collocamento paritario ritenendo che non sia il numero dei giorni che i bambini trascorrono con i due genitori a influire sulla loro serenità, quanto, invece, lo stato di sofferenza determinata dal logorante conflitto dei genitori stessi, incapaci di trovare un modo di collaborazione nelle loro scelte educative. Osservazioni
La condivisione dell'affido dei figli minori, quando si accompagna ad un'elevata conflittualità tra i genitori e ad una crisi familiare in corso, rivela l'insufficienza degli strumenti che il processo civile può offrire. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato che uno degli elementi fondamentali del diritto alla vita familiare è rappresentato dalla reciproca presenza, dalla continuità e dalla stabilità di relazione tra i genitori e i figli ed ha sollecitato l'Italia verso la necessità di predisporre ogni misura per garantire l'effettività di tale rapporto, proprio perché la conservazione del legame verso entrambi i genitori si presume rispondente all'interesse del minore. Tuttavia, l'attuazione pratica di tale principio offerta dai nostri Tribunali è spesso premonitrice di gravi difficoltà, in particolar modo nei casi – non infrequenti - in cui i genitori siano usi ad atteggiamenti di contrapposizione, di reciproco discredito e di svalutazione che spesso accompagnano la fine della loro unione. Come osservato anche nel provvedimento qui in commento, è noto che la conflittualità tra i genitori, di per sé, non sia necessariamente di impedimento all'applicazione del regime dell'affidamento condiviso, nonostante possa incidere negativamente sull'effettiva compartecipazione dei genitori alle scelte che caratterizza il regime di affidamento privilegiato. Gli aspetti problematici che ne derivano per le famiglie, rivelano l'inadeguatezza della risposta giurisprudenziale rispetto alla complessità dei bisogni delle coppie conflittuali che condividono l'affido, poiché il processo e, più in generale, la giurisdizione non sono in grado di offrire soluzioni efficaci e stabili per le famiglie che presentano un elevato livello di conflittualità. Il processo, infatti, essendo un fenomeno caratterizzato da un oggetto tipico e limitato, non può intervenire all'origine del conflitto, offrendo pertinenti e mirate risposte agli aspetti più intimi dello stesso, che possano tutelare le esigenze di tutti i componenti il nucleo familiare. E ciò, nonostante le importanti riforme intervenute nel processo di famiglia ed il continuo contributo dell'esperienza giurisprudenziale nell'adattare gli istituti civilistici tradizionali in chiave sempre più rispettosa delle esigenze dei singoli membri del nucleo familiare disgregato ed in fase di cambiamento (si veda, a tal riguardo, anche l'istituto della mediazione familiare). In particolare, ad essere indebolita dall'ostinata conflittualità tra i genitori è la gestione del processo che ne risente negativamente in termini di durata, di ingiustificata ed improduttiva attenzione a temi poco rilevanti nella definizione dei rapporti tra i coniugi piuttosto che a temi centrali, con crescente senso di frustrazione e di sfiducia da parte dei genitori, dei cittadini verso il sistema della giustizia. La coordinazione genitoriale è un istituto giuridico di matrice giurisprudenziale, importato dall'esperienza degli ordinamenti statunitensi in cui si è affermato sin dagli anni '80, pur con le difficoltà derivanti, nelle prima fasi, dalla mancanza di regole definite a livello pratico ed a livello etico. Dal 2005, ha potuto fondarsi sulle linee guida di Association of Family and Conciliation Courts (AFCC), frutto del lavoro svolto a livello interdisciplinare ed internazionale, alle quali si sono ispirati quei Tribunali che, in maniera innovativa, hanno inteso adottare tale strumento. Nasce, pertanto, dall'esperienza socio-culturale americana che condivide con quella degli altri paesi occidentali i nodi propri dei sistemi in cui viene privilegiato il regime dell'affido condiviso, la natura estremamente complessa e variegata dell'esperienze delle famiglie altamente conflittuali ed ancora il rilevante numero delle domande di giustizia che provengono da tali nuclei ed il loro oggetto, prevalentemente estraneo alla materia giuridica e coinvolgente aspetti che attengono alle scelte educative, formative, sanitarie dei figli minori. La coordinazione genitoriale ha il compito di prevenire, in ipotesi di conflittualità esasperata, un ricorso inutile e logorante ad ulteriori iniziative giudiziarie in tema di responsabilità genitoriale. Tale finalità si apprezza maggiormente nelle ipotesi in cui il coordinatore genitoriale viene nominato dopo la definizione del processo, quando è già stato adottato un piano dai genitori, ma non è escluso neppure quando tale strumento sia introdotto in pendenza della lite, essendo noto a chi lavora in questo settore che la conflittualità tra i genitori è idonea far nascere frequenti (e spesso strumentali) richieste di revisioni ed impugnazioni dei provvedimenti provvisori emessi nel corso dei procedimenti di famiglia. Il campo di operatività dell'istituto è senz'altro costituito dal supporto ai genitori la cui gestione dell'affido non sia tale da degenerare in atteggiamenti contrari all'interesse dei figli minori, posto che ciò condurrebbe a misure limitative o ablative della responsabilità genitoriale e neppure sia tale da indurre il giudice a derogare al principio della condivisione dell'affido. Il coordinatore genitoriale ha la funzione di “esperto facilitatore” e deve essere scelto tra professionisti dotati di adeguate competenze nella gestione dei conflitti familiari e nella comprensione delle dinamiche evolutive nonché in ambito giuridico. I suoi compiti nascono da un mandato di natura privata che lo distingue da ulteriori soggetti dei quali il nostro ordinamento dispone per monitorare il rispetto dei provvedimenti relativi all'affidamento e agli aspetti personali dei rapporti tra genitori e i figli minori, quali i servizi sociali, dislocati su tutto il territorio e spesso incaricati con funzioni di ausilio e monitoraggio dell'ottemperanza dei provvedimenti giudiziali. Il carattere privato dell'incarico si proietta sulla nomina del coordinatore: il Tribunale, infatti, non può imporre l'affiancamento alla coppia genitoriale di professionisti nei quali pure ripone fiducia e ritiene competenti, poiché ciò sarebbe fortemente limitativo della sfera degli interessati. Nel caso di genitori in crisi, favorevoli a beneficiare dell'ausilio del coordinatore, egli può essere individuato all'esito di un'apposita istruttoria volta ad individuare la presenza, in ambito di professionisti formati appositamente, di un soggetto apprezzato dalle parti, rispetto al quale possa formarsi un accordo che sarà posto alla base di uno specifico mandato formulato dal giudice. Posto che lo svolgimento del suo incarico presuppone un significativo dispendio di tempo e di risorse professionali, il coordinatore deve essere retribuito dalle parti, quanto alla durata del suo mandato, deve ritenersi necessaria la fissazione di un termine così da evitare che le parti siano vincolate senza limiti a ricorrere all'ausilio di un terzo. Nel caso fosse necessario proseguire nel supporto alla coppia genitoriale, l'originario termine potrà essere prorogato. Sotto il profilo della competenza, come già evidenziato, è indubbio che lo svolgimento dei compiti di coordinazione presupponga un'adeguata formazione che dovrà in particolare incentrarsi nella comprensione delle dinamiche del conflitto familiare, nel campo psicologico, relazionale, con competenze in ambito giuridico. Perché questa strada funzioni, è necessario che si attivi una vera e propria sinergia ed una forte collaborazione tra coordinatore e coppia genitoriale nonché tra il primo e il giudice, basata sulla consapevolezza che il fine ultimo e comune da perseguire è la salvaguardia dell'interesse del figlio minore. Fondamentale anche il ruolo degli avvocati dei genitori che dovranno essere orientati nell'ottica deflattiva dello strumento processuale in esame, che non deve ritenersi in antitesi con il ruolo dell'avvocato familiarista. Gli avvocati delle parti sanno bene che il conflitto provocato dalla crisi dei legami di coppia ricade, generalmente, su questioni che inaspriscono il reciproco vissuto dei due coniugi, i quali, proprio per via di tale coinvolgimento emotivo, si distraggono dal benessere dei figli. L'avvocato non viene limitato nella sua funzione di tutela del genitore, poiché gli operatori del settore son ben consapevoli che vicende apparentemente prive di significato sono alla base di gravi tensioni tra i genitori e motivo di continui ricorsi con il risultato di cedere, nella sostanza, al giudice la funzione genitoriale. Risulta, quindi, fondamentale un'integrazione professionale e culturale tra avvocato e coordinatore genitoriale, finalizzata ad evitare che la conflittualità della coppia si ripercuota sui figli. Riferimenti
E. BELLISARIO, Autonomia dei genitori tra profili personali e patrimoniali, in L'affidamento condiviso, 69 e s.s; C. PICCINELLI, G. IACOBINO, La coordinazione genitoriale, il coordinatore e l'avvocato; F. DANOVI, Lealtà e trasparenza nei processi della famiglia, in Riv. Dir. proc., 2017; D.K. CARTER, Coordinazione genitoriale”, Una guida pratica per i professionisti del diritto della famiglia, 2014; E. GIUDICE – S. FRANCAVILLA – F. PISANO, La coordinazione genitoriale Dialogo tra teoria e pratica, 2018. |