28 Aprile 2021

In virtù del principio di tassatività delle forme e avendo l'opposizione al decreto penale di condanna natura di impugnazione, deve essere dichiarata inammissibile l'opposizione presentata dal difensore a mezzo PEC.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12456/21, depositata il 1° aprile.

IL GIP del Tribunale di Catanzaro dichiarava inammissibile per tardività l'opposizione al decreto penale di condanna emesso nei confronti di un'imputata e ne dichiarava di conseguenza l'esecutività.

La difesa ha proposto ricorso in Cassazione deducendo, per quanto d'interesse, la tempestività dell'atto in quanto l'opposizione era pervenuta presso la cancelleria del GIP con trasmissione a mezzo PEC da parte del difensore nei termini di 15 giorni dalla notifica. Secondo il ricorso, non essendo la norma tassativa in ordine alle modalità di proposizione dell'atto di opposizione, rileva solo la tempestività dell'atto.

La censura risulta inammissibile. Secondo un consolidato orientamento di legittimità l'opposizione al decreto penale di condanna ha natura di impugnazione e dunque per la sua proposizione sono applicabili tutte le forme previste dagli artt. 582 e 583 c.p.p. tra cui la presentazione a mezzo di incaricato e tramite il servizio postale, fermo restando in tal caso la valutazione della tempestività in base all'indicatore temporale della data di invio dell'atto.
E' inoltre pacificamente riconosciuta l'inammissibilità dell'opposizione a decreto penale di condanna presentata a mezzo PEC, stante il principio di tassatività e inderogabilità delle forme ed essendo la PEC una modalità non prevista dalla legge.

Con specifico riferimento al periodo a cui risale la vicenda, la Corte sottolinea che nemmeno le disposizioni speciali dettate in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19 hanno previsto la possibilità di presentare l'impugnazione in parola a mezzo PEC. L'art. 83, comma 11, d.l. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020 ha infatti previsto tale possibilità solo per i ricorsi civili. La medesima impostazione è stata seguita nel d.l. n. 137/2020 con l'art. 24, comma 4 in relazione al quale è stata riconosciuta l'applicabilità ai solo atti di parte per i quali il codice di procedura penale non disponga specifiche forme e modalità di presentazione.
Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

(Fonte:

Diritto e Giustizia

)

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