Il cognome del figlio: uno sguardo agli altri ordinamenti

03 Maggio 2021

La Corte Costituzionale si pronuncia in data 14 gennaio 2021 (ordinanza n. 18) sulla questione della legittimità costituzionale dell'art. 262 c.c. primo comma, nella parte in cui si prevede che, al momento del riconoscimento effettuato contemporaneamente dai genitori alla nascita dei figli, quest'ultimo assume il cognome paterno. La questione è sollevata dal Tribunale di Bolzano che ha ravvisato la sua non manifesta infondatezza, laddove la norma non consente ai genitori di trasmettere il solo cognome materno. La Corte Costituzionale ha eccepito, nella ordinanza citata, che l'attuale sistema costituisce retaggio di concezioni non più coerenti con i principi dell'ordinamento e che vi è necessità di una disciplina organica secondo criteri ispirati al principio di parità.
L'Ordinanza della Corte Costituzionale 18/21

La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 18 del 14 gennaio 2021 (relatore Amato) si è pronunciata sulla questione della legittimità costituzionale dell'art. 262 comma 1, c.c., su sollecitazione del Tribunale Ordinario di Bolzano.

L'art. 262 comma 1 c.c., nel disciplinare il cognome del figlio nato fuori dal matrimonio prevede testualmente che «se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, il figlio assume il cognome del padre»: tale disposizione viene censurata dal giudice a quo nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio al momento della nascita il solo cognome materno. Tale preclusione si porrebbe in contrasto con l'art. 2 della Costituzione (tutela della identità personale), con l'art. 3 (uguaglianza formale e sostanziale, come già rilevato dalla Corte nella sentenza Corte cost. n. 286/2016), con l'art. 117 primo comma, in relazione agli articoli 8 (diritto al rispetto della vita privata) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione EDU.

Il Tribunale di Bolzano è stato chiamato a decidere in ordine al ricorso promosso dal Pubblico Ministero al fine di ottenere la rettificazione all'atto di nascita di una bambina i cui genitori, non coniugati, avevano voluto concordemente attribuire il solo cognome materno ma tale scelta si rilevava preclusa dalla disposizione dell'art. 262 comma 1 c.c., anche all'esito della sentenza della stessa Corte cost. n. 286/2016 (che ha riconosciuto la possibilità di attribuire alla prole il doppio cognome), mentre nella fattispecie vi è volontà di entrambi i genitori di acquisire il solo cognome materno.

Il giudice a quo, ritenendo esclusa la possibilità di una interpretazione costituzionalmente orientata, ha ravvisato, quindi, la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale nella parte in cui la disposizione non consente ai genitori di trasmettere al figlio, in accordo, il solo cognome materno, in contrasto, appunto, con l'art. 2, con l'art. 3 e 117 primo comma (in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione EDU) della Costituzione.

È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, e comunque infondata, rilevato che: a) l'intervento richiesto richiederebbe una operazione manipolativa esorbitante dai poteri della Corte adita; b) le censure del giudice a quo sarebbero rivolte a delegare ai genitori la scelta del cognome da attribuire attraverso l'indicazione del solo cognome materno, ma la norma attributiva del cognome paterno – ferma restando la possibilità di aggiungere quello materno – non consente di far dipendere l'attribuzione del cognome alla scelta dei genitori e ciò a tutela del diritto del figlio al nome.

La Corte ha ritenuto non fondata la eccezione sollevata dall'Avvocatura Generale dello Stato in ordine al carattere manipolativo dell'intervento richiesto, poiché il giudice a quo chiede l'addizione di una specifica ipotesi in deroga della norma, ritenuta costituzionalmente infondata, finalizzata a riconoscere un rilievo paritario nella trasmissione del cognome al figlio e, inoltre, le questioni sollevate sono strettamente connesse alla questione più ampia della generale disciplina dell'automatica attribuzione del cognome paterno. Deduce altresì la Corte che essa è stata già chiamata a valutare la legittimità costituzionale della norma (in riferimento sia al principio di parità dei genitori che al diritto alla identità personale dei figli ed alla salvaguardia della unità familiare) e di aver evidenziato sin dall'anno 1988, con le ordinanze n. 586 e n. 176, la possibilità di introdurre sistemi diversi di determinazione del nome, egualmente idonei a salvaguardare l'unità della famiglia, senza comprimere la uguaglianza e l'autonomia dei genitori. La Corte ricorda il principio espresso in precedenza di considerare il sistema attuale quale retaggio di concezioni non più coerenti con i principi dell'ordinamento e pur se con la sentenza 286 del 2016 ha sollecitato un intervento legislativo ormai indifferibile, destinato a disciplinare organicamente la materia secondo criteri consoni al principio di parità, tale sollecito non ha avuto seguito alcuno.

Prosegue la Corte nell'esporre che la prevalenza del cognome paterno è incompatibile con il valore dell'uguaglianza e l'eventuale il consenso dei genitori potrebbe non ritenersi espressione di una effettiva parità tra le parti, posto che una di esse non ha bisogno dell'accordo per far prevalere il proprio cognome, non ponendo in tal modo alcun rimedio alla disparità tra i genitori; che la non manifesta infondatezza della questione sollevata (ritenuta pregiudiziale) è rilevabile nel contrasto della attuale disciplina con gli artt. 2, 3 e 117 della Costituzione; che la prevalenza della trasmissione del cognome paterno non può ritenersi giustificata dalla esigenza di salvaguardare l'unità della famiglia, perché tale unità si rafforza nella misura in cui i reciproci rapporti tra coniugi sono improntati a parità e solidarietà; che, con la decisione della Corte EDU del gennaio 2014, si è rilevata la “rigidità” del sistema italiano con violazione degli artt. 8 e 14 della Convenzione EDU. Su tali premesse, la Corte ha disposto la trattazione dinanzi a sé delle questioni di legittimità costituzionali dell'art. 262 comma 1, c.c.

Si attende la decisione che, in virtù del tenore del contenuto della ordinanza sopra ricordata, potrebbe rappresentare l'auspicato superamento di normative ormai non più corrispondenti alle attuali dinamiche sociali e legate a principi discriminanti del tutto irragionevoli: il legislatore dovrà poi intervenire operando un bilanciamento tra i diversi interessi coinvolti con l'auspicio che si preveda una modalità basata sulla eguaglianza e parità di genere.

La questione del cognome in una prospettiva comparata

Come è disciplinata la materia in Europa? Di seguito si esamina la normativa vigente in alcuni paesi europei, ove è disciplinata la scelta del cognome sia in caso di accordo che di disaccordo dei genitori e, al riguardo, vi sono paesi ove è lasciata ampia discrezionalità di scelta.

La normativa spagnola e quella portoghese

La Spagna è il Paese in cui il doppio cognome non è una scelta ma una regola.

La normativa sul cognome dei figli è contenuta nell'art. 109 del codice civile, modificato dalla legge n. 40 del 1999, che sancisce la regola del “doppio cognome” nell'ordine deciso in accordo tra di essi e, in caso di disaccordo, è attribuito al figlio il primo cognome del padre insieme al primo cognome della madre. Una volta maggiorenne, il figlio può proporre istanza per invertire l'ordine dei cognomi; per quanto riguarda i figli naturali, se il figlio è riconosciuto da entrambi i genitori, assume il primo elemento del cognome paterno e di quello materno. Se è riconosciuto da un solo genitore, assume i due cognomi di questo. Analogamente avviene per i figli adottati, che assumono i due cognomi dei genitori in caso di adozione da parte di entrambi, mentre assume i due cognomi del genitore adottante, nel caso di adozione da parte di una sola persona.

Più permissivo il Portogallo che non solo permette ai figli di avere più cognomi, ma l'unico limite che pone è quello della lunghezza: il nome completo non può essere costituito da più di sei vocaboli. Quindi se i genitori hanno due cognomi ognuno, il figlio potrà tranquillamente averne quattro, e magari anche un secondo nome.

La normativa francese

In Francia la disciplina dell'attribuzione del cognome di famiglia ai figli è stata modificata progressivamente a partire dal 2002 attraverso una riforma ancora in fase di attuazione: l'attribuzione non è più collegata allo stato matrimoniale dei genitori (fino al 1° settembre 2003 si trasmetteva il nome del padre per i figli legittimi), ma al fatto che la filiazione sia riconosciuta simultaneamente (genitori sposati o figlio riconosciuto da entrambi i genitori) o successivamente alla nascita (Code civil, articolo 311-21). La nuova disciplina attualmente in vigore si applica integralmente ai figli primogeniti e ai successivi figli nati dopo il 1° gennaio 2005. Nella trasmissione del cognome non esiste più distinzione tra la madre o il padre ed il figlio può ricevere il cognome di uno o dell'altro genitore o entrambi i cognomi affiancati. In caso di riconoscimento simultaneo del figlio, l'attribuzione viene decisa di comune accordo dai genitori che possono scegliere il cognome di uno o dell'altro o entrambi i nomi affiancati secondo l'ordine di loro scelta (per un massimo di un cognome per genitore). I genitori devono presentare una dichiarazione congiunta davanti all'ufficiale di stato civile e, in assenza di una dichiarazione congiunta, il bambino prende il cognome del padre. La scelta del cognome da parte dei genitori, operata per il figlio primogenito, può essere fatta una sola volta, è irrevocabile e si estende ai figli della coppia. In caso di riconoscimento successivo alla nascita del figlio, il bambino prende il cognome del genitore che lo riconosce per primo; i genitori possono richiedere, con una dichiarazione congiunta davanti al Cancelliere capo del Tribunale di prima istanza competente per territorio, che il bambino porti, in sostituzione di quello inizialmente attribuito, il cognome dell'altro genitore o i cognomi affiancati di entrambi, nell'ordine da loro stessi scelto. Le nuove regole si applicano, per i nati dopo il 1° gennaio 2005, anche ai figli adottati nel caso di adozione da parte di entrambi i coniugi.

La situazione in Austria e Germania; il caso particolare della Svezia

In Austria, se i due coniugi hanno adottato un cognome comune, il bambino prende il cognome familiare. Nel caso in cui i genitori abbiano mantenuto i propri cognomi d'origine o non siano sposati, al bambino verrà assegnato il cognome della madre; è concesso attribuire un doppio cognome, che deve essere costituito dai due cognomi dei coniugi separati da un trattino.

In Germania la disciplina riguardante l'attribuzione del cognome ai figli è contenuta nei §§ 1616-1618 del Codice civile tedesco (Burgerliches Gesetzbuch): la legge non distingue tra i figli nati nel matrimonio e i figli nati fuori del matrimonio ed i genitori possono mantenere il proprio cognome o decidere quale cognome coniugale (Ehename)adottare ed assegnare alla prole. Il cognome coniugale può comunque essere preceduto o seguito dal proprio. Se i genitori non portano alcun cognome coniugale e la potestà spetta ad entrambi congiuntamente, ai figli viene assegnato il cognome del padre o della madre su intesa dei genitori. Se i genitori non prendono alcuna determinazione entro un mese dalla nascita del figlio, il tribunale della famiglia (Familiengericht) richiederà ad uno dei genitori di scegliere il cognome del bambino e può stabilire un termine entro il quale il genitore può esercitare il suo diritto di determinazione. Se alla scadenza del termine tale scelta non è stata fatta, il figlio riceve il cognome del genitore cui era stato trasferito il diritto di determinazione (§ 1617). Se i genitori non portano alcun cognome coniugale e la responsabilità genitoriale spetta ad un solo genitore, il figlio riceve il cognome che porta tale genitore al momento della nascita del figlio (1617a).

In Svezia il doppio cognome è consentito, ma in caso di disaccordo a prevalere non è il cognome del padre, bensì quello della madre, attribuito automaticamente se entro tre mesi dalla nascita il figlio non sia stato registrato.

Il regime liberale del Regno Unito

Il Paese più liberale in materia è il Regno Unito dove i genitori sono talmente liberi nella scelta del cognome del figlio, che non solo possono scegliere di dargli quello del padre, della madre o entrambi, ma possono addirittura decidere di attribuire uno tutto nuovo e non il proprio.

Più nel dettaglio: nel Regno Unito l'attribuzione del cognome ai figli non è regolata da specifiche disposizioni, ma è rimessa all'autonomia dei genitori investiti della parental responsibility; al momento della registrazione della nascita, al figlio può essere attribuito il cognome del padre, della madre oppure di entrambi i genitori ed è altresì possibile, benché non frequente nella prassi, l'assegnazione di un cognome diverso da quello dei genitori. In caso di adozione o di riconoscimento del figlio naturale, è consentita, con il consenso di entrambi i genitori o per effetto di un provvedimento giudiziale, la modifica del cognome al momento della formazione del nuovo atto di nascita ed una nuova registrazione della nascita è necessaria in caso di successivo matrimonio dei genitori naturali.

Conclusioni

L'attuale meccanismo di attribuzione del cognome paterno è frutto di una particolare visione della società definita anche da parte della Corte Costituzionale, quale retaggio di una società arcaica e patriarcale in violazione del principio di uguaglianza e parità morale e giuridica dei coniugi.

Vi è quindi una necessità di rendere coerente il sistema di attribuzione del cognome con quel modello paritario e non discriminatorio delineato dalla Carta Costituzionale, pur con alcune possibili implicazioni di criticità: da un lato lasciare liberi i genitori di decidere può di fatto portare ad una prevalenza di scelta da parte di chi è l'elemento forte della coppia, e cioè il padre; dall'altra in caso di non accordo può esservi la problematica dell'attribuzione del cognome di un secondogenito, nato dopo la dissoluzione dell'unione di coppia che ha originato già un figlio, al quale è stato conferito il cognome della madre.

Pur se la materia è foriera di notevoli problematiche e vi è esigenza di contemperare i diversi interessi coinvolti, non può essere più procrastinabile una modifica nel rispetto della autonomia dei soggetti coinvolti: nell'indirizzo fornito dalla ordinanza della Corte Costituzionale ci auguriamo che anche il legislatore decida di intervenire in una “nuova” ed organica regolamentazione.

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