Procedimento davanti alla CONSOB: riconosciuto il diritto al silenzio del presunto autore dell’illecito
04 Maggio 2021
È incompatibile con il diritto al silenzio la possibilità di sanzionare una persona fisica la quale, nell'ambito di un procedimento sanzionatorio formalmente aperto nei suoi confronti, si sia rifiutata di rispondere a domande dalle quali sarebbe potuta emergere una sua responsabilità per un illecito amministrativo sanzionato con misure di carattere punitivo o, addirittura, una sua responsabilità di carattere penale. Lo ha chiarito la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 84, depositata il 30 aprile 2021.
Audizione personale e “diritto al silenzio”: la disciplina censurata. La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell'art. 187-quinquiesdecies, d.lgs. n. 58/1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), nel testo originariamente introdotto dall'art. 9, comma 2, lett. b), l. n. 62/2005 (c.d. Legge comunitaria 2004), nella parte in cui sanziona la condotta consistente nel non ottemperare tempestivamente alle richieste della CONSOB o nel ritardare l'esercizio delle sue funzioni anche nei confronti di colui al quale la medesima CONSOB contesti un abuso di informazioni privilegiate. L'art. 187-quinquiesdecies, d.lgs. n. 58/1998, nella versione applicabile ratione temporis ai fatti di cui è causa nel procedimento a quo, prevedeva: «[f]uori dai casi previsti dall'articolo 2638 del codice civile, chiunque non ottempera nei termini alle richieste della CONSOB ovvero ritarda l'esercizio delle sue funzioni è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquantamila ad euro un milione».
I dubbi del giudice a quo. Tra i poteri attribuiti alla CONSOB rientra, in particolare, quello di procedere all'audizione personale nei confronti di «chiunque possa essere informato sui fatti». Il tenore letterale della precedente formulazione della disposizione impugnata appare, dunque, estendersi anche all'ipotesi in cui l'audizione personale sia disposta nei confronti di colui che la CONSOB abbia già individuato, sulla base delle informazioni in proprio possesso, come il possibile autore di un illecito il cui accertamento ricade entro la sua competenza. Il giudice a quo dubita, tuttavia, che un simile esito sia compatibile con il “diritto al silenzio”, fondato sui seguenti parametri costituzionali e sovranazionali: artt. 24, 111 e 117, comma 1, Cost. (quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e all'art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici), nonché gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. (in relazione all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea).
Procedimenti amministrativi “punitivi”: il diritto al silenzio è garantito? Nell'ordinanza n. 117/2019, la Consulta ha già avuto modo di affermare che il “diritto al silenzio” dell'imputato – pur non godendo di espresso riconoscimento costituzionale – costituisce un corollario essenziale dell'inviolabilità del diritto di difesa, riconosciuto dall'art. 24 Cost., garantendo nel procedimento penale all'imputato la possibilità di rifiutare di sottoporsi all'esame testimoniale e, più in generale, di avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande del Giudice o dell'autorità competente per le indagini. Nella medesima pronuncia, il Giudice delle leggi ha affermato di non aver avuto ancora l'occasione di stabilire se tale diritto si estenda anche nell'ambito di procedimenti amministrativi funzionali all'irrogazione di sanzioni di natura punitiva secondo i criteri Engel. Tuttavia, in numerose occasioni, la Consulta ha ritenuto che singole garanzie costituzionali previste per la materia penale si estendano anche a tali sanzioni e ai relativi procedimenti applicativi (cfr. Corte Cost., n. 223/2018, n. 68/2017 e n. 276/2016). D'altra parte, non è in discussione il fatto che le sanzioni previste dagli artt. 187-bis e 187-ter, d.lgs. n. 58/1998 abbiano natura punitiva. Inoltre, la Corte EDU ha espressamente esteso il diritto al silenzio desumibile dall'art. 6 CEDU anche all'ambito dei procedimenti amministrativi, riconoscendo in particolare il diritto di chiunque sia sottoposto a un procedimento che potrebbe sfociare nella irrogazione di sanzioni di carattere punitivo a non essere obbligato a fornire all'autorità risposte dalle quali potrebbe emergere la propria responsabilità, sotto minaccia di una sanzione in caso di inottemperanza. Ed ancora, dagli artt. 47 e 48 CDFUE sembra potersi desumere un tale diritto, pur in assenza di una giurisprudenza in termini della Corte di Giustizia.
La giurisprudenza della Corte EDU sul diritto al silenzio. Secondo la giurisprudenza della Corte EDU sull'art. 6 CEDU, il diritto al silenzio si trova al centro della nozione di equo processo (Corte EDU, 8 febbraio 1996, John Murray contro Regno Unito). Tale diritto risulta violato in una situazione in cui un sospetto sia minacciato di sanzioni per il caso di mancata deposizione. D'altra parte, tale diritto non può ragionevolmente essere limitato alle confessioni di illeciti o alle osservazioni che chiamino direttamente in causa la persona interrogata, bensì comprende anche le informazioni su questioni di fatto che possano essere successivamente utilizzate a sostegno dell'accusa ed avere così un impatto sulla condanna o sulla sanzione inflitta a tale persona, ma al tempo stesso non può essere invocato a giustificazione di qualsiasi omessa collaborazione con le autorità competenti, quale è il caso di un rifiuto di presentarsi ad un'audizione prevista da tali autorità o di manovre dilatorie miranti a rinviare lo svolgimento dell'audizione stessa. Il diritto in questione deve essere rispettato anche nell'ambito di procedure di accertamento di illeciti amministrativi, suscettibili di sfociare nell'inflizione di sanzioni amministrative di carattere sostanzialmente penale, come nel caso oggetto del procedimento a quo.
Audizione personale davanti alla Consob: il presunto autore dell'illecito ha il diritto di non rispondere. Coerentemente con quanto affermato dalla Corte EDU, la Consulta ritiene che sia incompatibile con il diritto al silenzio la possibilità di sanzionare una persona fisica la quale, richiesta di fornire informazioni alla CONSOB nel quadro dell'attività di vigilanza svolta da quest'ultima e funzionale alla scoperta di illeciti e alla individuazione dei responsabili, ovvero – a fortiori – nell'ambito di un procedimento sanzionatorio formalmente aperto nei suoi confronti, si sia rifiutata di rispondere a domande, formulate in sede di audizione o per iscritto, dalle quali sarebbe potuta emergere una sua responsabilità per un illecito amministrativo sanzionato con misure di carattere punitivo, o addirittura una sua responsabilità di carattere penale. Come ha chiarito la Corte di giustizia, non solo il diritto derivato dell'Unione non impone allo Stato italiano di applicare una simile sanzione, ma – anzi – la sua applicazione in un caso siffatto risulterebbe in contrasto con lo stesso diritto primario dell'Unione. Pertanto, la disposizione censurata è incostituzionale nella parte in cui si applica anche alla persona fisica che si sia rifiutata di fornire alla CONSOB risposte che possano far emergere la sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative di carattere punitivo, ovvero per un reato.
Fonte: Diritto e Giustizia |