La videosorveglianza a seguito delle linee guida della Corte di giustizia UE e del comitato europeo per la protezione dei dati

06 Maggio 2021

La materia della videosorveglianza si colloca nel pieno della disciplina della privacy. A tal proposito, si rammenta che il trattamento dei dati in relazione alle attività di amministrazione condominiali comporta un importante impatto sociale e culturale, considerando la percentuale della popolazione che oggi vive all'interno di condomini. L'adozione di procedure tecniche ad organizzative adeguate in relazione ai dati trattati dagli amministratori ha soprattutto l'obiettivo di fornire le garanzie a favore della collettività interessata e non semplicemente, quindi, di garantire la categoria dei soggetti che svolgono la professione. Successivamente alla riforma della normativa condominiale, possiamo affermare che, oggi, la materia della privacy è un sistema articolato di procedure tecniche ed organizzative studiate appositamente per l'applicazione, in àmbito condominiale, della normativa in materia di trattamento dei dati personali, sia relativamente al condominio, sia per gli studi di amministrazione condominiale, indipendentemente dalla forma giuridica in cui questi esercitano. L'obiettivo che si è voluto raggiungere è stato quello di creare un modello di applicazione univoca della normativa prevista dal Reg. UE 16/679 (GDPR), e Codice Privacy (d.lgs. n. 196/2003), anche in considerazione del d.lgs. n. 101/2018. Da ultimo, le tanto attese “Guidelines 3/2019” che hanno fornito indicazioni scrupolose sull'impiego della videosorveglianza in ambito pubblico e privato.
Il quadro normativo

La riforma in materia di condominio degli edifici è intervenuta in materia di videosorveglianza sulle parti comuni del condominio cogliendo l'invito del Garante Privacy e inserendosi all'interno del rappresentato dibattito.

L'art. 7 della l. n. 220/2012 ha disposto, infatti, l'introduzione, dopo l'art. 1122 c.c., degli artt. 1122-bis e 1122-ter. Invero, il legislatore, con l'introduzione dell'art. 1122-ter c.c. ha condotto all'assunzione in argomento di alterne e contrastanti pronunce, alcune giunte a ritenere illecita l'installazione di videocamere all'interno dei condomini, altre propense a ritenere che il quorum deliberativo necessario per l'installazione di videocamere si risolvesse nell'unanimità dei consensi, e ancora, altre che hanno considerato non punibile la condotta del singolo condomino che sottoponesse arbitrariamente a riprese videoregistrate parti comuni del condominio.

Premesso ciò, la problematica relativa all'installazione dell'impianto di videosorveglianza all'interno di un edificio in regime di condominio deve essere correttamente impostata sotto un duplice profilo, ossia quello civilistico, segnatamente attinente all'osservanza dei quorum legali da parte dell'assemblea; quello della legislazione speciale, prettamente riguardo al rispetto della privacy.

Sotto tale ultimo aspetto, il ruolo della videosorveglianza resta un tema di primaria importanza nell'ottica del rispetto dell'attuale normativa privacy composta dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (in inglese General Data Protection Regulation e di seguito indicato con l'acronimo GDPR) n. 679/2016, operativo a partire dal 25 maggio 2018, e dal d.lgs. n. 196/2003 recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali” recentemente novellato dal d.lgs. n. 101/2018 recante “Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del GDPR” (di seguito Codice).

Inoltre, il tema della videosorveglianza e del GDPR è stato trattato dalle recenti pronunce della Corte di Giustizia UE e dalle Guidelines 3/2019 on processing of personal data through video devices” adottatedall'European Data Protection Board (di seguito EDPB) in data 10 luglio 2019 e in Italia in data 29 gennaio 2020. Le seguenti linee guida superano i provvedimenti adottati dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali precedenti. Da ultimo, il Garante della Privacy ha divulgato il 5 dicembre 2020 le risposte alle domande più frequenti. È il primo documento informativo ufficiale successivo alla riforma europea sulla tutela dei dati personali.

Gli impianti di videosorveglianza a seguito della l. n. 220/2012

Il nuovo art. 1122-ter c.c. prevede che le deliberazioni concernenti l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell'art. 1136 c.c.

Ebbene, quantomeno sotto l'aspetto civilistico, l'installazione di videocamere sui luoghi comuni, deliberata dall'assemblea dei condomini, costituisce un'innovazione ai sensi dell'art. 1120, comma 1, c.c. ma da approvarsi con le maggioranze qualificate di cui all'attuale art. 1122-ter c.c., in deroga a quelle ordinarie contemplate nel comma 5 dell'art. 1136 c.c., che richiedono i due terzi del valore dell'edificio, ma pur sempre in linea con le innovazioni c.d. incentivate elencate nel comma 2 dell'art. 1120 c.c.

Sotto l'aspetto della tutela della riservatezza, è necessario che l'installazione di un sistema di videosorveglianza sia conforme ai principi di necessità, proporzionalità e finalità, in violazione dei quali il trattamento dei dati diviene illegittimo: pertanto, in ordine ai profili di eventuale illegittimità della delibera che approva l'installazione del relativo impianto, quest'ultima, pur immune da vizi sul versante civilistico (perché rispettosa dei quorum di cui all'art. 1122-ter c.c.), potrebbe risultare invalida, per violazione di norme imperative, per quanto riguarda la privacy, con possibili interventi caducatori dell'autorità giudiziaria (in sede di impugnazione) per difetto dei presupposti legittimanti, o eventuali statuizioni correttive dello stesso Garante per omessi adempimenti tecnici (ad esempio, prescrivendo un restringimento dell'angolo di visuale).

Dunque, una volta approvata l'installazione delle videocamere sui luoghi comuni, nel rispetto dei principi generali, e considerate, soprattutto, le soluzioni pratiche adottate in tale prospettiva, nell'espletamento del relativo servizio, vanno individuate una serie di formalità il cui adempimento si rende necessario affinché il trattamento possa essere qualificato come lecito.

Pertanto, i condomini, per rispettare i due livelli di liceità della deliberazione sopra evidenziati, devono valutare, in via preventiva, l'adozione di tali ultime misure di salvaguardia e, una volta constatata la loro inadeguatezza al fine di adeguatamente “monitorizzare” la proprietà condominiale e l'incolumità degli abitanti, statuire in assemblea l'approvazione di un sistema di videosorveglianza - attualmente con il quorum agevolato di cui al comma 2 dell'art. 1136 c.c., espressamente richiamato dall'art. 1122-ter c.c. - osservando, nella fase attuativa, soprattutto tramite l'amministratore, tutti gli adempimenti prescritti.

Le telecamere installate dal condominio

Un impianto di videoripresa, pure astrattamente lecito perché installato secondo le specifiche finalità individuate e richieste e, in condominio, deliberato osservando il relativo quorum di legge, deve in ogni caso rispettare alcuni principi generali, sempre validi e sindacabili.

Il Garante, infatti, ritiene necessario che “l'attività di videosorveglianza venga effettuata nel rispetto del c.d. principio di proporzionalità nella scelta delle modalità di ripresa e dislocazione (es. tramite telecamere fisse o brandeggiabili, dotate o meno di zoom), nonché nelle varie fasi del trattamento che deve comportare, comunque, un trattamento di dati pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite” (art. 2, provv. 8 aprile 2010). Coerentemente, allora, è da ritenere che anche lo stesso numero di telecamere debba essere limitato alla concreta situazione, e quindi non eccedente la finalità per la quale sono state installate.

Le telecamere dovranno di regola monitorare esclusivamente le aree comuni, risultando astrattamente illecita la ripresa di spazi e/o di aree (e loro pertinenze) di titolarità esclusiva del singolo condomino o altrui. In tale ultima ipotesi, infatti, potrebbe addirittura configurarsi il reato di interferenze illecite nella vita privata, di cui all'art. 615-bis c.p. Tuttavia, la più recente giurisprudenza sembra orientata a escludere la rilevanza penale delle riprese dei luoghi comuni condominiali accessibili di norma ai terzi estranei al condominio e a una quantità indefinita di soggetti, come avviene ad esempio per il parcheggio condominiale (Cass. pen.,sez. V, 12 luglio 2017, n. 34151). Lo stesso dicasi, addirittura, per i luoghi che pure appartengono alla sfera privata del singolo, come il suo giardino, se quest'ultimo non è normalmente posto al riparo dagli sguardi indiscreti dei passanti (Cass. pen., sez. V, 21 ottobre 2008, n. 44156; ripresa, di recente, da Trib. Catania31 gennaio 2018).

I soggetti che transitano presso un'area dove è in funzione un sistema di videosorveglianza, anche in orario notturno, devono esserne opportunamente e previamente informati mediante l'affissione di cartelli che ne rappresentino graficamente la presenza (in via generale, con l'immagine di una telecamera), che indichino la finalità della videoripresa (in condominio, esclusivamente motivi di sicurezza per la tutela del patrimonio comune e privato, come detto), nonché l'identificazione del titolare del trattamento.

Si tratta della così detta informativa breve che deve sempre rimandare al testo dell'informativa estesa e completa di tutti gli elementi di cui all'art. 13 del Reg. UE 679/16 (GDPR); dunque, a disposizione del soggetto interessato (non necessariamente condomino) che la richieda. Le immagini riprese da un sistema di videosorveglianza andrebbero di regola conservate da poche ore fino a massimo di 24 dalla loro rilevazione. Tuttavia, il Garante ammette la conservazione sino alle 48/72 ore, in considerazione della cadenza di giorni festivi. Dopo tale periodo le immagini devono essere inderogabilmente cancellate. In ipotesi del tutto eccezionali è ammissibile che la conservazione possa arrivare sino a un massimo di 7 giorni. Oltre il termine dei 7 giorni sopra indicato, è necessaria la previa autorizzazione del Garante della Privacy, altrimenti si sta attuando un illecito trattamento di dati personali, con tutte le conseguenze del caso.

Le telecamere installate dal privato

Il Garante ha da tempo chiarito che tale sistema non abbisogna di alcuna previa autorizzazione assembleare.

Secondo i tecnici in materia, in tale caso va inoltre detto che la disciplina a tutela della privacy non trova applicazione qualora i dati non siano comunicati sistematicamente a terzi ovvero diffusi (ad esempio attraverso apparati tipo webcam), risultando comunque necessaria l'adozione di cautele a tutela dei terzi, fatte salve le disposizioni in tema di responsabilità civile e di sicurezza dei dati. Trattasi, infatti, di uso prettamente “domestico” e personale (Garante, provv. 8 aprile 2010, art. 6.1; art. 18, e art. 2, comma 2, lett. C, Reg. UE 2016/679). Pertanto, non è necessario segnalare l'eventuale presenza del sistema di videosorveglianza con un apposito cartello (la così detta informativa breve). Non necessità, comunque, non vuol dire che ciò sia vietato. Si ritiene auspicabile, anzi, che il cartello venga comunque affisso, in ossequio a un generale principio di correttezza e buona fede.

In tali ipotesi possono rientrare, a titolo esemplificativo, strumenti di videosorveglianza idonei ad identificare coloro che si accingono ad entrare in luoghi privati (videocitofoni ovvero altre apparecchiature che rilevano immagini o suoni, anche tramite registrazione), oltre a sistemi di ripresa installati nei pressi di immobili privati ed all'interno di condomini e loro pertinenze (quali i propri posti auto e box).

Benché non trovi applicazione la disciplina del Codice, al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), l'angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza (ad esempio antistanti l'accesso alla propria abitazione) escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) ovvero ad ambiti antistanti l'abitazione di altri condomini (Garante, provv. 8 aprile 2010, art. 6.1).

In tale ambito, innestandosi sul filone appena ricordato, è intervenuta la pronuncia di legittimità (Cass. pen., sez. III, 8 gennaio 2019, n. 372) che ha escluso il reato in esame nella condotta di colui che, nel caso deciso, aveva videoripreso la vicina di casa nuda mentre si faceva la doccia all'interno del proprio bagno, le cui finestre non era evidentemente abbastanza “oscurate” e protette. In particolare, secondo la Cassazione, in tema di interferenze illecite nella vita privata, l'elemento di illiceità speciale “abusivamente” esclude la rilevanza penale di quelle condotte di ripresa visiva o fotografica che siano realizzabili senza accorgimenti particolari, essendo la vita privata che si svolge all'interno della privata dimora.

GDPR: gli amministratori di condominio e la tutela dei dati personali dei condomini

Il 25 maggio 2018 è la data di entrata in vigore del Reg. UE 2016/679 che ha innovato la materia della privacy; successivamente, abbiamo avuto ild.lgs. n. 101/2018 recante “Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del GDPR”.

Ebbene, il GDPR, acronimo di General Data Protection Regulation, disciplina in modo organico a livello europeo la protezione dei dati personali, sostituendosi nel nostro Paese al Codice Privacy (d.lgs. n. 196/2003), allo scopo di garantire il diritto di disporre dei propri dati personali.

Anche il mondo condominiale è interessato alla novità: sono gli amministratori che devono adeguarsi al fine di garantire ai condomini che le diverse informazioni contenute negli archivi condominiali siano protette e opportunamente trattate. L'immagine di una persona fisica, sia essa solamente videoripresa in tempo reale, senza alcuna conservazione, oppure anche videoregistrata, con una sua temporanea conservazione, costituisce pacificamente un dato personale (art. 4 Reg. UE 2016/679).

Pertanto, l'attività di video-riprendere o di video-registrare (con o senza sonoro) in luoghi dove compaiano persone fisiche identificabili (e cioè con una sufficiente risoluzione dell'immagine che consenta di andare oltre una semplice macchia od ombra) comporta un trattamento di dati personali (art. 4 Reg. UE 2016/679).

Secondo gli esperti in materia, l'amministratore, in quanto soggetto che tratta i dati per conto del “proprio” condominio, può rivestire la qualità di responsabile del trattamento (art. 4, lett. 8, 28 e cons. 81 Reg. UE 2016/679), in caso di mancata nomina, invece, riveste la figura di Titolare autonomo del trattamento. Quanto detto, pertanto, si applica in via generale anche alla peculiare fattispecie del trattamento dati nell'ipotesi di installazione di un sistema di videosorveglianza condominiale.

La particolarità di tale trattamento, però, implica l'adozione di specifiche misure di sicurezza tecniche e di cautele che impongono una conoscenza specialistica e un know how quasi sicuramente non possedute dall'amministratore; di conseguenza, la delibera di installazione di un sistema di videosorveglianza condominiale dovrebbe prevedere la nomina di responsabile del trattamento ad hoc (“esterno”), adeguatamente qualificato.

Secondo alcuni autori, l'amministratore di condominio, seppure rivestisse il ruolo di responsabile “generale” del trattamento dei dati, in quanto così precedentemente nominato dall'assemblea dei condomini, non potrebbe essere considerato responsabile del trattamento dei dati della videosorveglianza, in quanto di fatto, non avendo la possibilità materiale e tecnica di trattarli, non li tratta. Nulla vieta, comunque, come ipotesi residuale, che l'amministratore conservi il ruolo di responsabile del trattamento anche in ambito di videosorveglianza e che a lui si affianchi un sub-responsabile.

In questa evenienza, qualora l'amministratore sia già in possesso dell'autorizzazione generale, una volta che il condominio abbia deliberato l'adozione del sistema, scelto la ditta e approvatone il preventivo, affidatole l'appalto per l'installazione, costui potrà autonomamente nominare il soggetto sub-responsabile della videosorveglianza senza che la delibera debba precisare altro.

Corte di Giustizia UE: conformità al diritto comunitario dell'installazione di un sistema di videosorveglianza nelle parti comuni di un immobile ad uso abitativo

In una particolare vicenda, il ricorrente, cittadino rumeno, residente e proprietario di un appartamento in condominio, evidenziava come l'assemblea avesse adottato una decisione che approvava l'installazione di telecamere di sorveglianza nell'immobile. In esecuzione di tale decisione, venivano installate tre telecamere di sorveglianza in alcune parti comuni dell'immobile: la prima orientata verso la facciata dell'immobile, la seconda e la terza telecamera installate, rispettivamente, nell'atrio del piano terra e nell'ascensore dell'immobile. Il condomino si opponeva all'installazione, lamentando una violazione del diritto al rispetto della vita privata ed aveva adito il Tribunale al fine di ingiungere all'associazione dei comproprietari la rimozione delle telecamere. I comproprietari, invece, evidenziavano di aver deciso di installare le telecamere per controllare il più efficacemente possibile i movimenti in entrata e in uscita nell'immobile, a motivo del fatto che l'ascensore era stato oggetto di atti vandalici in numerose occasioni e che vari appartamenti nonché le parti comuni erano stati oggetto di effrazioni e furti.

Il Tribunale adito, investito della decisione, sospese il procedimento e, mediante rinvio alla Corte di Giustizia UE, aveva posto l'interrogativo se era possibile utilizzare la videosorveglianza per garantire la sicurezza e la tutela delle persone, dei beni e dei valori e per la realizzazione di legittimi interessi, senza il consenso della persona interessata.

I giudici europei, interpretando gli artt. 6 e 7 della Direttiva n. 95/46, vigente all'epoca dei fatti controversi, considera il fatto lecito, però, nel rispetto di questi criteri: “il perseguimento di un legittimo interesse da parte del responsabile del trattamento oppure da parte del terzo o dei terzi cui vengono comunicati i dati, in secondo luogo, la necessità del trattamento dei dati personali per la realizzazione del legittimo interesse perseguito e, in terzo luogo, l'esigenza che i diritti e le libertà fondamentali della persona interessata dalla protezione dei dati non prevalgano sul legittimo interesse perseguito”.

Su tale aspetto, il GDPR non ha sostanzialmente modificato l'impianto normativo previgente, anzi ha introdotto il concetto di base giuridica: non c'è bisogno del consenso dell'interessato se il trattamento avviene per ottemperare ad un onere di legge, purché questi sia informato di ciò (artt. 6, 9, 13 e 14 GDPR).

L'interesse che s'intende tutelare deve essere comprovato, attuale ed esistente al momento dell'installazione e, quindi, non vi deve essere un mero sospetto di pericolo: del resto non si può nemmeno pretendere che si siano verificati precedenti vandalismi per poterlo ravvisare. Questi principi dettati dai citati artt. 6 e 7 prevedono che il trattamento è considerato proporzionato se vi è stata la minimizzazione dei dati, cioè se riguarda solo quelli “adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali vengono raccolti e per i quali vengono ulteriormente trattati”. Inoltre, il responsabile deve prendere in considerazione e, se del caso, adottare misure alternative alla videosorveglianza le quali risultino meno invasive (sfuocare le immagini delle aree non interessate da questo controllo, attivare le telecamere sono a determinati orari, ecc.): quelle adottate nel nostro caso (videocitofono e scheda magnetica) erano state inefficaci.

In conclusione, l'art. 6, par. 1, lett. c), e l'art. 7, lett. f), della direttiva n. 95/46, letti alla luce degli artt. 7 e 8 della Carta di Nizza, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a disposizioni nazionali, le quali autorizzino la messa in opera di un sistema di videosorveglianza, installato nelle parti comuni di un immobile ad uso abitativo, al fine di perseguire legittimi interessi consistenti nel garantire la sicurezza e la tutela delle persone e dei beni, senza il consenso delle persone interessate, qualora il trattamento di dati personali effettuato mediante il sistema di videosorveglianza in parola soddisfi le condizioni enunciate nel succitato art. 7, lett. f), della direttiva n. 95/46 (Corte di Giustizia EU, sez. III, 11 dicembre 2019, causa C-708/18).

In sintesi, secondo tale ragionamento, è legittimo il sistema installato nelle parti comuni di un immobile ad uso abitativo, qualora il fine sia quello di perseguire legittimi interessi consistenti nel garantire la sicurezza e la tutela delle persone e dei beni.

In definitiva, il giudice del rinvio dovrà verificare se il legittimo interesse del trattamento dei dati perseguito mediante la videosorveglianza controversa non possa ragionevolmente essere raggiunto in modo altrettanto efficace mediante altri mezzi meno pregiudizievoli per le libertà e i diritti delle persone interessate.

Le linee guida n. 3/2019 sul trattamento dei dati personali attraverso i dispositivi video divulgate dal Comitato europeo per la protezione dei dati

Il 29 gennaio 2020 sono state divulgate le linee guida europee che forniscono indicazioni scrupolose sull'impiego dei sistemi privati ed aziendali di telecontrollo a norma del GDPR e che possono trovare applicazione indiretta anche per la progettazione degli impianti finalizzati al controllo della sicurezza pubblica.

a) Le regole generali

Le linee guida stabiliscono le regole da rispettare quando i sistemi di videosorveglianza vengono utilizzati per il perseguimento di scopi di monitoraggio che devono essere documentati per iscritto e devono essere specificati per ogni telecamera di sorveglianza in uso.

- Liceità della videosorveglianza

La videosorveglianza è lecita quando è impiegata per perseguire un interesse legittimo legale, economico e non materiale, che sia reale e attuale, a meno che gli interessi, i diritti e le libertà del soggetto interessato dal trattamento non siano prevalenti (ad esempio, l'esigenza di tutelare la proprietà privata da eventuali furti).

- Videosorveglianza: extrema ratio

Quando si vuole ricorrere a un sistema di videosorveglianza occorre verificare che sia idoneo, adeguato e necessario a perseguire gli obiettivi prestabiliti. Nel caso in cui esistano sistemi alternativi e parimenti efficaci è opportuno valutarli.

- Bilanciamento degli interessi

Gli interessi legittimi di chi decide di utilizzare il sistema di videosorveglianza non possono travalicare gli interessi e le libertà fondamentali dei soggetti ripresi.

- Interesse pubblico ed esercizio di pubblici poteri

I dati personali possono essere trattati mediante la videosorveglianza se necessario per l'espletamento di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri.

- Consenso dell'interessato

Quando è necessario sottoporre a videosorveglianza determinate aree è obbligatorio acquisire il consenso informato, preciso e puntuale di ogni soggetto sottoposto a controllo, salvi casi eccezionali.

- Divulgazione filmati a terzi

La comunicazione individuale, la pubblicazione online o la messa a disposizione in altro modo di un filmato a un terzo, comprese le forze dell'ordine, è un processo indipendente, che richiede una giustificazione separata per il soggetto controllore. In questi casi il trattamento dei dati non seguirà le regole del GDPR, ma normative specifiche sulle forze dell'ordine.

- Diritti dell'interessato

Il GDPR prevede diritti specifici per i soggetti ripresi da sistemi di videosorveglianza: conferma dell'esistenza o meno dei suoi dati personali; accesso e informazioni sui propri dati; ottenere la cancellazione dei dati se questi vengono monitorati oltre il tempo previsto o quando il trattamento è illecito.

- Trasparenza e informazione

Il soggetto che intende ricorrere ai sistemi di videosorveglianza è tenuto a rispettare preciso obblighi informativi e di trasparenza nel rispetto degli interessati: un cartello di avvertimento con le relative informazioni.

- Conservazione e cancellazione

I dati devono essere conservati per il tempo strettamente necessario alle finalità perseguite. Se vengono conservati per più di 72 ore occorre fornire adeguata motivazione al riguardo.

b) Esenzione per le famiglie

Il trattamento di dati personali da parte di una persona fisica nell'ambito di un'attività puramente personale o domestica, che può comprendere anche un'attività online, non rientra nel campo di applicazione del GDPR. Dunque, la c.d. esenzione domestica - nel contesto della videosorveglianza deve essere interpretata in modo restrittivo. Quindi, come considerato dalla citata Corte di Giustizia Europea, il c.d. nucleo familiare esenzione deve “essere interpretato come relativa solo alle attività che si svolgono nell'ambito della vita privata o familiare delle persone, il che evidentemente non è il caso del trattamento di dati personali che consiste nella pubblicazione su internet affinché tali dati siano resi accessibili a un numero indefinito di persone”. Inoltre, se un sistema di videosorveglianza, nella misura in cui comporta la registrazione e la conservazione costante di dati personali e copre, “anche parzialmente, uno spazio pubblico ed è quindi diretto verso l'esterno dell'ambiente privato della persona che tratta i dati in tal modo, non può essere considerato come un'attività puramente ‘personale o domestica' ai sensi dell'art. 3, n. 2), della direttiva 95/46".

Per quanto riguarda i dispositivi video azionati all'interno dei locali di un privato, possono rientrare nell'esenzione domestica. Dipenderà da diversi fattori, che dovranno essere tutti presi in considerazione per giungere a una conclusione. Oltre agli elementi sopra citati identificati dalle sentenze della Corte di giustizia europea, l'utente della videosorveglianza a casa deve valutare se ha un qualche tipo di rapporto personale con l'interessato, se la portata o la frequenza della sorveglianza suggeriscono un qualche tipo di attività professionale da parte sua, e il potenziale impatto negativo della sorveglianza sui soggetti interessati. La presenza di uno solo dei suddetti elementi non suggerisce necessariamente che il trattamento non rientri nell'ambito di applicazione dell'esenzione per nucleo familiare; per tale determinazione è necessaria una valutazione complessiva.

Le risposte del Garante della privacy del 5 dicembre 2020

Le Faq del garante consolidano gli orientamenti già precedentemente caldeggiati dalla parte principale della dottrina. In particolare, con il primo quesito, ci sottolinea il Garante che «l'installazione di sistemi di rilevazione delle immagini deve avvenire nel rispetto, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati personali, anche delle altre disposizioni dell'ordinamento applicabili: ad esempio, le vigenti norme dell'ordinamento civile e penale in materia di interferenze illecite nella vita privata, o in materia di controllo a distanza dei lavoratori. Va sottolineato, in particolare, che l'attività di videosorveglianza va effettuata nel rispetto del cosiddetto principio di minimizzazione dei dati riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e dislocazione e alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati devono comunque essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite». Per l'ambito condominiale, il secondo quesito posto dall'autorità, sottolinea la necessità assoluta di espletare un'analisi dei rischi prima di poter installare un impianto di videosorveglianza. «Non è prevista alcuna autorizzazione da parte del Garante per installare tali sistemi. In base al principio di responsabilizzazione (articolo 5, paragrafo 2, del Regolamento), spetta al titolare del trattamento (un'azienda, una pubblica amministrazione, un professionista, un condominio) valutare la liceità e la proporzionalità del trattamento, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Il titolare del trattamento deve, altresì, valutare se sussistano i presupposti per effettuare una valutazione d'impatto sulla protezione dei dati prima di iniziare il trattamento».

Più nel dettaglio (Faq n. 11), secondo il Garante è necessario in primo luogo che l'istallazione avvenga previa assemblea condominiale, con il consenso della maggioranza dei millesimi dei presenti (art. 1136 c.c.). È indispensabile inoltre che le telecamere siano segnalate con appositi cartelli e che le registrazioni vengano conservate per un periodo limitato (in ambito condominiale è comunque congruo ipotizzare un termine di conservazione delle immagini che non oltrepassi i 7 giorni).

Quanto agli aspetti privati (Faq n. 10 e 12), secondo il Garante l'installazione di sistemi di videosorveglianza può essere effettuata da persone fisiche per fini esclusivamente personali, atti a monitorare la proprietà privata. Tuttavia, nel caso di videosorveglianza privata, al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), l'angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, parti comuni delle autorimesse) ovvero a zone di pertinenza di soggetti terzi. È vietato altresì riprendere aree pubbliche o di pubblico passaggio. Inoltre, il Garante precisa che il trattamento dei dati personali mediante l'uso di telecamere installate nella propria abitazione per finalità esclusivamente personali di controllo e sicurezza, rientra tra quelli esclusi dall'ambito di applicazione del Regolamento. In questi casi, i dipendenti o collaboratori eventualmente presenti (babysitter, colf, ecc.) devono essere comunque informati dal datore di lavoro. Sarà comunque necessario evitare il monitoraggio di ambienti che ledano la dignità della persona (come bagni), proteggere adeguatamente i dati acquisiti (o acquisibili) tramite le smart cam con idonee misure di sicurezza, in particolare quando le telecamere sono connesse a Internet, e non diffondere i dati raccolti.

In conclusione

In virtù di quanto innanzi esposto, se il soggetto che decide l'installazione è il condominio, potrebbe ritenersi applicabile - e, anzi, prudentemente è da considerare applicabile - la normativa privacy in tema di videosorveglianza sin qui esaminata. Qualora, invece, tale soggetto sia un privato per fini della sua sicurezza personale e a tutela del proprio domicilio e ambiente domestico, allora dovremmo essere fuori dal campo della disciplina della privacy. Tuttavia, in teoria, il focus di ripresa delle apparecchiature in oggetto è sempre piuttosto ristretto e limitato all'immediata vicinanza e adiacenza dal varco di accesso all'area controllata, di modo che è esclusa l'inquadratura della zona circostante e la possibilità, quindi, che vengano visionate anche parti o persone estranee alla finalità individuata. Qualora, però, ciò dovesse accadere, potrebbe astrattamente porsi un problema di privacy e ritenersi applicabile la relativa normativa, anche, ad esempio, quando l'installazione sia stata operata da un privato riguardo alla propria abitazione in condominio.

Non sembra inutile ricordare che tutta la disciplina sulla privacy è dettata a tutela di un diritto assoluto delle persone, in cui il “dato personale” è inteso come bene destinato alla libera circolazione, in un'ottica di mercato senza barriere. Libertà di circolazione e protezione vanno dunque bilanciate e ciascun soggetto che ponga in essere operazioni di “trattamento” deve assicurare la protezione di tale diritto assoluto contemperandolo con le esigenze dell'attività per la quale il trattamento è posto in essere. In questa materia la norma giuridica si intreccia con la regola tecnica e gli amministratori di condominio dovranno quindi adottare le misure tecniche e organizzative per garantire la sicurezza del trattamento dei dati relativi ai condomini.

Riferimenti
  • Manzelli, Videosorveglianza a norma UE, in Dirittoegiustizia.it, 3 febbraio 2020;
  • Milizia, Linee guida della CGUE sulla videosorveglianza nei condomini, in Dirittoegiustizia.it, 11 dicembre 2019;
  • Pikler, La gestione della privacy in ambito condominiale il data protection system - le linee guida, Monopoli, 2019, 140;
  • Avigliano, Limiti alla videosorveglianza nel condominio, in Ventiquattroreavvocato, 5 giugno 2019;
  • Monegat, GDPR: gli amministratori di condominio e la tutela dei dati personali dei condomini, in Immobili & proprietà, 2018, fasc. 6, 352;
  • Celeste, Videosorveglianza, in Condominioelocazione.it, 13 settembre 2017.

(Fonte: Condominio e Locazione)

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