I principi della Cedu e i rapporti tra genitore e figlio
13 Maggio 2021
Quadro normativo
Il rapporto della prole con entrambi i genitori è tutelato a livello internazionale e nazionale. Il diritto del minore di mantenere una stabile relazione con madre e padre è infatti innanzitutto solennemente affermato nella Convenzione sui diritti del fanciullo (New York 20 novembre 1989, ratificata con l. 27 maggio 1991 n. 176) che, all'articolo 9, sancisce il diritto del fanciullo di non essere separato dal genitore affidatario, e di intrattenere con l'altro regolari rapporti e all'art. 10 il diritto del fanciullo, i cui genitori risiedono in Stati diversi, di intrattenere rapporti personali e contatti diretti regolari con entrambi, salvo circostanze eccezionali. Tale aspetto ha trovato piena realizzazione nel nostro ordinamento mercè la l. n. 54/2006 sull'affidamento condiviso che ha introdotto il principio di bigenitorialità, allo scopo, di attuare il diritto del minore ad avere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, pur in presenza di una crisi del loro rapporto. Il figlio ha pertanto innanzitutto diritto a crescere in famiglia (art. 315-bis c.c.), e in caso di separazione dei genitori, ha diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con madre e padre, a ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi (art. 337-ter c.c.). In presenza poi di situazioni di difficoltà familiari ha comunque sempre innanzitutto diritto a crescere e ad essere educato nella propria famiglia (art. 1, l. 184/1983). Il rapporto genitore-figlio è tutelato altresì dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomoche all'art. 8 statuisce che ogni persona ha diritto al rispetto della vita privata e familiare. Tale espressione, volutamente ampia ed elastica, capace di evolversi con i mutamenti sociali non coincide necessariamente con quella prevista nei singoli ordinamenti degli Stati del Consiglio d'Europa, ed è aperta a ricomprendere tutte quelle nuove forme di famiglia che si vanno via via creando accanto a quella c.d. tradizionale. Si pensi nello specifico in relazione al rapporto tra genitore e figlio, alle famiglie monogenitoriali, alle coppie separate magari anche originarie di Paesi diversi i cui figli vengano tenuti lontano da uno dei due genitori, alle famiglie allargate in cui il genitore “sociale” ossia il partner del genitore crea un rapporto di affetto col minore, alle unioni omosessuali nelle quali i minori, creano un legame, seppure a volte di fatto, con gli adulti, alle famiglie affidatarie e a quelle adottive. Di fronte a tale realtà in continuo mutamento la giurisprudenza della Corte EDU, si è trovata in molteplici occasioni ad occuparsi del rapporto tra figlio e genitore ed ha fornito vari elementi utili a individuare quando nei singoli casi la situazione portata all'attenzione della Corte può essere considerata “vita familiare”, e può pertanto trovare tutela nelle norme convenzionali. Assunto fondamentale nelle pronunce di Strasburgo è innanzitutto quello secondo cui l'esistenza di una vita familiare può prescindere dal riconoscimento giuridico della relazione nel Paese coinvolto (CEDU, Grande Camera, 24 gennaio 2017, Paradiso Campanelli c. Italia, ric. 25358/12; CEDU,13 giugno 1979, Marckx c. Belgio, ric. 6833/74). Non è inoltre necessario che vi sia un legame biologico tra genitore e figlio. Si sostiene in proposito che l'esercizio effettivo delle funzioni genitoriali, la creazione di un legame stretto, nonché la percezione dello stesso come legame familiare da parte dei diretti interessati e dall'ambiente circostante, costituisce elemento fondamentali nell'instaurazione di un legame familiare pur in mancanza di un legame biologico e persino di un qualsiasi riconoscimento giuridico (CEDU, 28 settembre 2007, Wagner e J.M.W.L. c. Lussemburgo, ric. 76240/01). Così un dimostrabile interesse e impegno del padre nei confronti del figlio, sia precedentemente che successivamente alla nascita crea una vita familiare. Allo stesso modo il legame può instaurarsi tra genitori affidatari che si prendendo cura di un minore e il minore stesso sulla base degli stretti legami personali tra loro, del ruolo rivestito dagli adulti nei confronti del minore e del tempo trascorso insieme (CEDU 27 aprile 2010, Moretti e Benedetti c. Italia, ric. 16318/07; CEDU, 17 gennaio 2012, Kopf e Liberda c. Austria, ric. 1598/06). Rientra nella vita familiare anche il significativo legame affettivo instauratosi tra ascendente e nipote, pur in assenza di coabitazione (CEDU, 14 gennaio 2021, Terna. c. Italia, ric. 21052/18).
Obblighi negativi
Gli Stati sono pertanto obbligati a rispettare la vita familiare dei cittadini come richiesto dall'art. 8 della Convenzione, norma, che secondo i giudici di Strasburgo, è finalizzata innanzitutto a “tutelare l'individuo dalle ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri”. La Corte è in proposito più volte intervenuta statuendo che ogni ingerenza e ogni intervento invasivo che altera irreversibilmente il rapporto genitore figlio è irrispettoso della libertà prevista nell'art. 8 della Convenzione, (CEDU, Reslová c. Repubblica Ceca, 18 luglio 2006, ricorso n. 7550/04; CEDU,27 novembre 1992, Olsson. c. Svezia, n.2, § 90). Le limitazioni alla vita familiare, se previste come temporanee, non devono essere tali da recidere la relazione parentale e devono essere sospese nel momento in cui la situazione che le ha determinate viene a cessare (CEDU, Johansen. c. Norvegia, 7 agosto 1996). L'allontanamento di un figlio, si sottolinea, può essere considerato una misura proporzionata e necessaria solamente se è idoneo ad assicurare la salute e la tutela dei diritti del minore (Covezzi e Morsellic. Italia , 9 maggio 2003, ric. 52763/99). Pur dovendosi riconoscere all'autorità giudiziaria ampia libertà in materia di diritto di affidamento di un figlio di età minore, è comunque necessario un rigoroso controllo sulle “restrizioni supplementari”, ovvero quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, onde scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età ed uno dei genitori (CEDU, 9 febbraio 2017, Solarino c. Italia, ric. 76171). Un'interruzione prolungata dei contatti tra genitori e figli o anche incontri troppo lontani l'uno dall'altro infatti rischiano di compromettere ogni seria possibilità di aiutare gli interessati a superare le difficoltà della vita familiare In tale contesto comunque, come costantemente ribadito dalla giurisprudenza CEDU, il ricorso alla coercizione non può che essere limitato: è necessario infatti tenere in considerazione gli interessi, i diritti, le libertà dei soggetti coinvolti e soprattutto l'interesse superiore del minore e i diritti che gli riconosce l'art. 8 della Convenzione. Obblighi positivi
L'articolo 8, peraltro, ha più volte rilevato la Corte, non si limita a prevedere l'obbligo negativo di astenersi dalle ingerenze, ma stabilisce anche obblighi positivi attinenti ad un effettivo rispetto della vita privata o familiare. Tra questi rientra anche il rispetto del diritto di un genitore a ottenere provvedimenti idonei a riunirlo con il figlio e la predisposizione da parte delle autorità di strumenti adeguati e soprattutto idonei a permettere l'attuazione delle decisioni giudiziarie (CEDU, 23 settembre 1994, Hokkanen c. Finlandia, ric. 19823/92). Principio fondamentale nelle sentenze di Strasburgo, relative ai rapporti di famiglia è infatti quello secondo cui, “per un genitore e un figlio stare insieme rappresenta un elemento essenziale della vita familiare”, anche se la relazione tra i genitori si è interrotta. (CEDU, Reslová c. Repubblica Ceca,cit.). Di conseguenza dove esiste un legame familiare lo Stato deve agire in maniera tale da permettere a questo legame di svilupparsi (CEDU, 9 gennaio 2007, Mezl c. Repubblica Ceca, ric. 27726/03). I giudici europei hanno su queste basi ripetutamente affermato che non fare tutto il possibile per consentire la realizzazione del diritto di visita del genitore non convivente con il figlio costituisce una violazione delle norme della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU,30 giugno 2005, Bove c. Italia, ric. 30595/02). Viola in particolare l'art. 8 lo Stato che non adotta misure volte al rispetto delle a vita familiare, incluse le relazioni reciproche fra individui, tra cui la predisposizione di strumenti giuridici adeguati e sufficienti ad assicurare i legittimi diritti degli interessati, nonché il rispetto delle decisioni giudiziarie (CEDU, 17 novembre 2015, Bondavalli c. Italia, ric. 35532/12) La disposizione convenzionale pertanto esige «che le decisioni dei tribunali tendenti, in linea di principio, a favorire tra genitori e figli incontri che ricomporranno i loro rapporti ai fini di un eventuale ricongiungimento siano attuate in modo effettivo e coerente. Non è certamente la persistenza di una situazione di separazione che può contribuire a ristabilire relazioni familiari già messe a dura prova» (CEDU, Grande Camera, 13 luglio 2000, Scozzari e Giunta c. Italia, ric. 39221/98 e 41963/98). Tuttavia, l'obbligo delle autorità nazionali di adottare misure per riunire genitore e figlio non è assoluto: vanno infatti tenute in debita considerazione sia le oggettive difficoltà che possono presentare i singoli casi sia gli interessi, i diritti e le libertà delle persone coinvolte, in modo particolare gli interessi superiori del minore e i diritti conferiti a quest'ultimo dall'articolo 8 della Convenzione (CEDU, Mezl c. Repubblica Ceca, cit.) Nell'ipotesi infatti in cui i contatti con i genitori rischiano di minacciare tali interessi o di pregiudicare tali diritti, è compito delle autorità nazionali vigilare su un giusto equilibrio e l'interesse del minore a non essere riunito alla sua famiglia può superare l'interesse dei genitori al ricongiungimento (H. c. Finlandia, cit. ; CEDU, 25 gennaio 2000, Ignaccolo-Zenide c. Romania, ric. 31679/96). La Corte ammette di non potersi sostituire alle autorità nazionali in relazione alle gravi decisioni riguardanti l'affidamento di minori e alla regolamentazione dei rapporti tra questi minori e i loro genitori, ma afferma di poter controllare se tali decisioni rientrano nel margine di discrezionalità concesso dalla Convenzione. In questo tipo di cause, peraltro, si sottolinea, è particolarmente importante risolvere velocemente le varie questioni, in quanto, il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili per quel che riguarda la relazione tra il bambino e il genitore che non vive con lui (CEDU, 29 gennaio 2013, Lombardo c. Italia, ric. 25704/11). Diritto di visita
Tra le varie questioni affrontate dalla giurisprudenza europea in relazione al rapporto genitore figlio, spicca in particolare quella relativa alla tutela del diritto di visita, nonché la questione dell'alienazione genitoriale. In molteplici occasioni la Corte ha in proposito precisato che affinché l'obbligo positivo dello Stato sia realizzato non è sufficiente che siano emanati provvedimenti che prevedano un diritto di visita e lo disciplinino, è necessario infatti che tali provvedimenti siano congrui rispetto al risultato e che lo Stato si accerti che siano effettivamente rispettati e resi effettivi. L'art. 8 della Convenzione pertanto esige, sottolinea la Corte europea, che le decisioni dei tribunali tendenti, in linea di principio, a favorire tra genitori e figli incontri che ricomporranno i loro rapporti ai fini di un eventuale ricongiungimento siano attuate in modo effettivo e coerente (CEDU, Scozzari e Giunta c. Italia, cit.). Vanno pertanto condannate quelle autorità che, pur adottando misure idonee e aderenti all'interesse del minore, non si adoperano affinché tali misure siano attuate in tempi ragionevoli e rapidi, causando conseguenze irrimediabili nella relazione tra il bambino ed il genitore non affidatario (CEDU, 2 settembre 2010, Mincheva c. Bulgaria, n. 21558/03). In questo contesto la mancanza di collaborazione tra i genitori separati non può dispensare le autorità competenti dal predisporre tutti i possibili mezzi idonei a consentire la conservazione del rapporto familiare (CEDU, 18 gennaio 2007, Zavrel v Repubblica Ceca, ric. ric. n. 14044/05). Quando infatti un diritto di visita è stato regolamentato le autorità nazionali devono adoperarsi affinché, nell'interesse del minore, tale diritto si realizzi, anche in ipotesi di forte opposizione del genitore convivente con la prole (CEDU, Kriz c. Repubblica Ceca, 9 gennaio 2007, ric. n. 26634/03). La Corte rammenta altresì che gli obblighi positivi non implicano solo che si vigili affinché il minore possa raggiungere il genitore o mantenere un contatto con lui, bensì comprendono anche tutte le misure propedeutiche che consentono di pervenire a tale risultato (CEDU, 9 gennaio 2013, Lombardo c. Italia, ric. 25704). La Corte si è espressa a tutela del rapporto genitore figlio, anche in relazione alla c.d. PAS, ossia Sindrome da Alienazione Parentale chiarendo come nella crisi di relazione tra genitori, non deve venire mai meno il diritto di visita del genitore non affidatario, anche quando il genitore convivente attua dinamiche alienanti nei confronti dell'altro, impedendo a quest'ultimo ed al proprio figlio di incontrarsi (CEDU, 10 febbraio 2011, Tsikasis c. Germania, ric. 1521/06). Le autorità devono pertanto, anche nella relazione più conflittuale, adoperarsi per ripristinare gli incontri con il figlio minore, specie se si sia stabilito che ciò corrisponda al suo superiore e preminente interesse, e vi siano circostanze ostili al genitore non affidatario, idonee a consolidare nel tempo situazioni di fatto, assolutamente distanti dalle decisioni assunte con provvedimento del Tribunale (CEDU 2 novembre 2010, Piazzi c. Italia, ric. 36168/09). In questo contesto i giudici di Strasburgo sono consapevoli dell'importanza fondamentale assunta dalla celerità in quanto decisioni in materia di affidamento di figli minori, non eseguite in tempi rapidi, favoriscono l'alienazione parentale fino a cancellare la relazione tra genitore (alienato) e figlio (CEDU 11 gennaio 2011, Bordeianu c. Moldavia, ric. n. 49868/08). La Corte sostiene anche che non può essere escluso in tali ipotesi l'uso di sanzioni in presenza di comportamenti manifestamente illegali del genitore che vive con il minore, che ostacoli con il suo comportamento il rapporto con l'altro genitore (CEDU, Fiala c. Repubblica Ceca, 18 luglio 2006, ric. 26141/03). Conclusione
In conclusione, appare interessante un rapido sguardo ai casi in cui l'Italia è stata condannata per la violazione dell'art. 8 in relazione al rapporto genitore figlio. Nella maggior parte delle questioni la Corte ha sottolineato l'importanza della rapidità dell'intervento delle autorità e dell'effettività dei provvedimenti che consentono il mantenimento della relazione. Si trattava per lo più di vicende in cui l'accesa conflittualità tra i genitori, l'opposizione del genitore convivente con il minore e a volte anche l'atteggiamento dello stesso figlio avevano pregiudicato la relazione tra il figlio e il genitore non affidatario. La Corte ha così più volte sostenuto che la mancata esecuzione di una decisione interna che riconosca al genitore non affidatario il diritto di visita del figlio minore costituisce un'illegittima interferenza nel diritto al rispetto della vita privata e familiare. Sussiste, in particolare, si sostiene, una responsabilità dello Stato per la mancata adozione da parte delle autorità, delle misure appropriate e necessarie a garantire l'effettività del diritto di visita attraverso la riunione del genitore con il minore (CEDU 2 novembre 2010, Piazzi c. Italia, cit., nella specie gli incontri tra figlio minore e genitore, che dovevano essere organizzati dai servizi sociali, non erano avvenuti. Il minore inoltre era sotto l'influenza esclusiva del genitore collocatario, che poneva in essere comportamenti inquadrabili nell'ambito di una sindrome da alienazione parentale, come tali riconosciuti nella perizia psicologica espletata nel corso del procedimento). Le autorità, ha sempre precisato la Corte, devono impegnarsi a mettere in atto tutte le misure necessarie a mantenere il legame familiare tra genitore e figlio minore, attraverso un concreto ed effettivo esercizio del diritto di visita, al fine anche di indurre gli interessati ad una migliore collaborazione, tenendo comunque conto del superiore interesse del minore (CEDU 5 dicembre 2019, Luzi c. Italia, ric. 48322/17). Le autorità nazionali inoltre, si sottolinea, devono adottare misure adeguate per sanzionare la mancata cooperazione di un genitore che impedisce all'altro una relazione affettiva con il figlio. Condannando l'Italia, i giudici hanno osservato che nell'adozione delle decisioni che riguardano l'articolo 8 e, quindi, il diritto al rispetto della vita familiare, “si impone un supplemento di diligenza e di rapidità” perché il decorso del tempo può avere conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il minore e il genitore (CEDU 4 maggio 2017, Improta c. Italia, ric. 66396/14, ad adire la Corte di Strasburgo era stato un padre che aveva cercato inutilmente di ottenere un ampliamento del proprio diritto di visita alla figlia, venendo ostacolato sia dalla madre della bambina, sia dai ritardi e dalle lungaggini del procedimento). Spesso infatti la mancanza di interventi rapidi e efficaci ha consentito il consolidamento una situazione di fatto generata dall'inosservanza delle decisioni giudiziarie, pregiudizievole per la relazione del genitore non convivente con il minore (CEDU, Scozzari e Giunta c. Italia,cit., il nostro Paese è stato condannato in quanto gli incontri previsti tra i minori e la madre erano molto pochi e a distanza di troppo tempo l'uno dall'altro il che non consentiva di riallacciare i rapporti tra la ricorrente ed i minori. Inoltre la Corte sottolineava l'eccessiva discrezionalità dei Servizi Sociali che avevano fissato il calendario degli incontri, modificando la portata delle decisioni del giudice). Si è così affermato che il carattere adeguato di una misura volta ad assicurare l'effettiva realizzazione del diritto al rispetto della vita familiare, quando è in gioco il rapporto con il minore, va valutato tenendo conto della rapidità nell'attuazione concreta (CEDU, 23 giugno 2016, Strumia c. Italia, ric. n. 53377/13, nella specie malgrado una pronuncia interna che riconosceva il diritto di visita di un padre, erano passati più di otto anni senza che i contatti si stabilizzassero. Lo Stato è stato condannato anche a pagare 15mila euro per i danni morali subiti dal ricorrente). Gli obblighi positivi di cui si discute inoltre non si limitano a controllare che il bambino possa incontrare il suo genitore o avere contatti con lui ma includono l'insieme delle misure preparatorie che permettono di raggiungere questo risultato (CEDU 29 gennaio 2013, Lombardo c. Italia, cit., La fattispecie riguardava un padre italiano cui era stato di fatto impedito per circa 7 anni dalla ex moglie di esercitare regolarmente il suo diritto di visita del figlio; CEDU, Bondavalli c. Italia, cit.). Nonostante le numerose condanne in materia la Corte ha comunque sostenuto che gli strumenti giuridici previsti dal diritto italiano sembrano sufficienti, per permettere allo Stato di assicurare il rispetto degli obblighi positivi che l'articolo 8 pone a suo carico (CEDU, 14 gennaio 2021, Terna c. Italia, ric. 21052/18).
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