Il trasferimento di diritti reali nell'accordo separativo

Marina Pavone
20 Maggio 2021

La Corte con tale pronuncia attribuisce al diritto di abitazione conferito a moglie natura di “contratto atipico” e non di “condizione della separazione”, con la conseguenza che tale diritto non sarà suscettibile di correzione né in sede di ricorso ad hoc ex art. 710 c.p.c. né in fase di divorzio atteso che la modifica, con le suddette modalità, può intervenire soltanto sulle clausole aventi causa nella separazione personale, ma non sui patti autonomi che restano a regolare i reciproci rapporti ai sensi dell'art. 1372 c.c..
Massima

La separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale – il consenso reciproco a vivere separati, l'affidamento dei figli, l'assegno di mantenimento ove ne ricorrano i presupposti – ed un contenuto eventuale, che trova solo occasione nella separazione, costituito da accordi patrimoniali autonomi che i coniugi concludono in relazione all'instaurazione di un regime di vita separata. Questi ultimi non sono suscettibili di modifica in sede di ricorso ad hoc ex art. 710 c.p.c e neppure in fase di divorzio atteso che la modifica può riguardare unicamente le clausole aventi causa nella separazione personale, ma non i patti autonomi che regolano i reciproci rapporti ai sensi dell'art. 1372 c.c.

Il caso

In parziale riforma della decisione di primo grado, la Corte d'appello rigetta la domanda proposta da Tizio volta ad accertare, in un giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio, l'inesistenza del diritto di abitazione, sull'immobile che costitutiva la casa familiare di proprietà esclusiva dell'ex marito, attribuito a Caia in sede di separazione consensuale omologata.

Dinanzi al Tribunale Tizio aveva richiesto che fosse disconosciuto, in capo a Caia, qualsiasi diritto sull'immobile predetto, con condanna al rilascio e cancellazione della trascrizione del diritto di abitazione.

Diversamente dal giudice di prime cure, che non aveva esaminato la domanda, la Corte territoriale ritiene che, in sede di separazione omologata, sia stato attribuito alla moglie un diritto reale di abitazione sull'immobile ex art. 1022 c.c., esplicitamente richiamato nella relativa clausola. Sul punto, la Corte fa rilevare come l'interpretazione letterale della pattuizione, ex art. 1362 c.c., non lasci spazio a dubbi atteso che le espressioni usate nell'accordo separativo fanno emergere, in modo chiaro, l'intenzione comune dei coniugi di riconoscere a Caia un diritto di abitazione sulla casa familiare, senza subordinare tale inequivoca manifestazione di volontà ad ulteriori intenti o incombenti.

Secondo la Corte, la pattuizione intervenuta tra i coniugi, nel 2008, non è priva di causa, ma è volta a disciplinare i reciproci rapporti economici mediante il riconoscimento di un diritto reale su un bene, così configurando un contratto atipico, validamente stipulato con scrittura privata (senza atto pubblico), distinto dalla convenzione matrimoniale e dalla donazione, per realizzare interessi meritevoli di tutela in quanto espressione della libera autonomia contrattuale. Neppure la mancata indicazione della durata del contratto ne determina la nullità, applicandosi la disciplina dell'usufrutto per la quale il termine massimo, ex art. 1026 c.c., è la durata della vita dell'usufruttuario.

Tizio affida a due motivi il ricorso per cassazione: il primo, richiamando la legge n. 52/1985 (art. 29 comma 1-bis come introdotto dalla legge n. 122/2010 di conversione del d.l. n. 78/2010) per la quale l'accordo di trasferimento dei diritti reali immobiliari, concluso nell'ambito della separazione consensuale, produce un effetto solo obbligatorio e non reale se non è seguito da atto notarile; il secondo motivo riguarda l'omessa pronuncia del giudice sulla domanda di revoca della clausola attributiva del diritto di abitazione che, inserita nell'accordo separativo, sarebbe sempre (a detta del ricorrente) modificabile o revocabile.

La Cassazione rigetta il ricorso sia emettendo un principio di diritto circa i limiti temporali della normativa evocata dal ricorrente, inapplicabile al caso di specie, sia richiamando la differenza sostanziale tra il contenuto essenziale e quello eventuale degli accordi separativi.

La questione

L'attribuzione di un diritto reale di abitazione, nell'ambito di un accordo separativo omologato, rientra nel “contenuto essenziale” dell'accordo ed è, pertanto, modificabile e revocabile ex art. 710 c.p.c. nel divorzio o costituisce, invece, un contatto atipico da collegarsi all'alveo delle “pattuizioni eventuali”, come tale, regolato dalla normativa contrattualistica (ex art. 1372 c.c.)?

Le soluzioni giuridiche

In prima battuta la Corte evidenzia come, nel caso di specie, non sia applicabile la legge n. 52 del 1985, art. 29 comma 1- bis, che attribuisce effetti soltanto obbligatori (e non reali) alle pattuizioni contenute nella separazione consensuale in mancanza di specifici adempimenti e requisiti. La norma richiamata, di fatto, impone la stipula del successivo atto pubblico notarile per dare valore ed efficacia alle pattuizioni aventi ad oggetto il trasferimento di diritti reali su immobili. Tale previsione è successiva alla fattispecie in esame, atteso che l'accordo de quo è stato concluso dai coniugi nel 2008 e, pertanto, ratione temporis, non è applicabile al caso di specie.

Viene, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: «In materia di accordi di trasferimento di diritti reali immobiliari tra coniugi, la disposizione secondo la quale gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie», non si applica con riferimento agli accordi anteriormente al 1 luglio 2010.

E dunque, la questione di forma sollevata da Tizio per sostenere la natura meramente obbligatoria dell'accordo, con il quale è stato attribuito a Caia il diritto di abitazione sulla casa familiare, non è fondata. Peraltro, nella pronuncia in esame si richiama la giurisprudenza di legittimità secondo la quale il diritto di abitazione trova le sue origini nell' usus domus (istituto di diritto romano classico avente natura reale) che può essere costituito mediante testamento, usucapione e contratto, sia per atto pubblico che per scrittura privata, come nel caso di specie.

In secondo luogo, la Corte richiama la consolidata giurisprudenza secondo la quale la separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale – che comprende il consenso dei coniugi a vivere separati, l'affidamento e la regolamentazione della responsabilità genitoriale dei figli minori, il mantenimento se ne ricorrono i presupposti - ed un contenuto eventuale. I principi di uguaglianza, parità e solidarietà costituzionalmente garantiti (artt. 2,3,29 Cost.) fanno sì che i coniugi, nell'ambito del proprio negozio familiare, abbiano un'autonomia privata che consente loro di stabilire pattuizioni, sia personali che patrimoniali, nel rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico. E ciò, sia nella fase fisiologica del matrimonio che in quella patologica nella quale pongono fine ai reciproci rapporti.

Dunque, nella separazione i coniugi possono stabilire clausole, a contenuto eventuale, funzionali all'instaurazione di un regime di vita separata, riconducibili solo in via estrinseca all'accordo principale e che trovano la loro “occasione” (non la loro causa) nella separazione, in quanto espressione di libera autonomia contrattuale, volte a costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici patrimoniali ex art. 1321c.c., con il fine di regolamentare, in modo tendenzialmente completo, tutti i pregressi rapporti.

L'intervento del giudice sulla parte essenziale dell'accordo mira a verificare la corrispondenza delle clausole sottoscritte alle norme di legge, ai diritti indisponibili delle parti (status) e, soprattutto, alla tutela degli interessi dei minori coinvolti. Il contenuto eventuale, che trova occasione nella separazione, è invece espressione dell'autonomia contrattuale delle parti e si estende sino alla possibilità di trasferire diritti reali su immobili in favore dei coniugi o dei figli.

In questo contesto è bene considerare che se la parte essenziale dell'accordo, nel caso in cui sopraggiunga un quid novi, è sempre soggetta a modifica nelle forme previste dall'ordinamento (ex art. 710 c.p.c. o con ricorso per divorzio l. 898/1970 art. 9), diversamente i cd. contratti “atipici”, ovvero, quelli che trovano la loro occasione nella crisi coniugale, non possono essere modificati mediante gli strumenti sopra individuati, neppure su domanda congiunta dei coniugi, con conseguenze rilevanti sul piano pratico.

Nel caso di specie, infatti, seppure il ricorrente abbia cercato di far rientrare l'attribuzione del diritto di abitazione nelle pattuizioni essenziali, come sostitutivo dell'assegnazione della casa coniugale, la Corte ha evidenziato come il riconoscimento di tale diritto in capo a Caia vada qualificato, appunto, come un diritto avente natura reale, desumendolo dall'utilizzo della terminologia impiegata dalle parti.

Sulla scorta di un'ermeneutica contrattuale dell'accordo, dunque, la Corte ha attribuito al diritto di abitazione conferito a Caia natura di “contratto atipico” e non di “condizione della separazione”, con la conseguenza che tale diritto non sarà suscettibile di correzione né in sede di ricorso ad hoc ex art. 710 c.p.c. né in fase di divorzio atteso che la modifica, con le suddette modalità, può intervenire soltanto sulle clausole aventi causa nella separazione personale, ma non sui patti autonomi che restano a regolare i reciproci rapporti ai sensi dell'art. 1372 c.c.

"Il trasferimento del diritto di abitazione costituito nel quadro della complessiva regolamentazione dei rapporti dei coniugi, in sede di separazione consensuale, avendo natura meramente contrattuale, rientra, peraltro, nel novero degli atti suscettibili di revocatoria da parte del creditore che dimostri, entro cinque anni dalla costituzione del diritto, che tale trasferimento è stato effettuato al fine di eludere un debito, nonché, è soggetto a revocatoria ai sensi degli articoli 67 e 69 della l.f." (Cass. civ. I sez. n. 8516/2006).

Osservazioni

Il tema della costituzione di un diritto di abitazione su un immobile che costitutiva la casa familiare richiama una problematica più ampia, ed ancora molto attuale, relativa ai trasferimenti immobiliari nell'ambito degli accordi nella fase patologica del matrimonio. Si tratta di un argomento molto sentito, anche per gli evidenti risvolti pratici sul piano economico (v. agevolazioni fiscali ex art. 10, l. n. 74/1987), che costituisce da sempre una vexata quaestio soprattutto per la diverse prassi applicate sul territorio nazionale, alla luce di un'interpretazione giurisprudenziale per nulla univoca.

Dibattuti sono, tutt'ora, gli effetti derivanti da tali pattuizioni, essendo ancora aperta la discussione sulla natura obbligatoria o reale di detti trasferimenti. Secondo una maggioritaria giurisprudenza, in linea con gli interventi normativi più significativi sul tema (l. n. 122/2010), il trasferimento di un diritto reale su un bene immobile, sottoscritto dalle parti in occasione della conclusione del rapporto coniugale con il fine di regolamentare i futuri rapporti patrimoniali tra coniugi, avrebbe efficacia meramente obbligatoria, non reale, e come tale sarebbe soggetto al rimedio di cui all'art. 2932 c.c. in caso di inadempimento. L'efficacia reale del patto sarebbe demandata al successivo necessario intervento del notaio (Trib. Milano sez IX civile decr. 21 maggio 2013) con funzione non solo di tutela della legalità e validità dell'atto di trasferimento, contenuto nell'accordo separativo/divorzile, ma anche di verifica dei dati catastali a garanzia degli interessi pubblici coinvolti.

Di contro, è prassi presso taluni Uffici (es. Tribunale di Bologna) attribuire il controllo di legittimità dell'accordo traslativo ad un assistente del giudice, il cui nominativo è tratto da un albo istituito ad hoc, previo accordo con il Consiglio dell'ordine degli avvocati, fissato in un protocollo comune. Non sono mancate sul punto, pronunce che, in punto di trasferimenti immobiliari, hanno ravvisato nel verbale di separazione omologato (lo stesso valga per la sentenza di divorzio congiunto) i caratteri di un atto pubblico immediatamente trascrivibile (art. 2657 c.c.) essendo il cancelliere un pubblico ufficiale che ne certifica il contenuto (Corte d'appello di Milano, decreto del 12.01.2010)

Il tema, tanto discusso quanto spinoso, è stato oggetto di una recente pronuncia interlocutoria (Cass. civ. sez. I n. 3089/2020) che ha sollecitato le Sezioni Unite ad esprimersi in maniera chiara sulla possibilità che il trasferimento immobiliare o il passaggio di un diritto reale su un bene immobile, contenuto nel verbale omologato o in una sentenza di divorzio congiunto, sia convalidato e reso efficace, a tutti gli effetti, senza ricorrere all'atto notarile (Cass. n. 17612/2018)o se, viceversa, ogni controllo di validità dell'atto sia necessariamente ed inderogabilmente rimesso al notaio, attribuendo al giudice soltanto un ruolo di controllo formale (Cass. civ. sez. II n. 1202/2020).

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