Il termine breve di impugnazione e le notifiche presso il domicilio digitale
24 Maggio 2021
Massima
«La previsione -di cui all'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2,- dell'onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione - a tutela dell'esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale - della tempestività dell'esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l'osservanza del cosiddetto termine breve. Nell'ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev'essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell'art. 372 c.p.c., comma 2, applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui all'art. 369 c.p.c., comma 1, e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell'eventuale non contestazione dell'osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d'ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell'impugnazione». Il caso
Viene proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione di inammissibilità dell'appello, emessa sul presupposto della tardività della notifica a mezzo PEC dello stesso (eseguita dopo le ore 21,00 dell'ultimo giorno utile). Il ricorrente, però, deposita la memoria di cui all'art. 378 c.p.c. senza rispettare il termine di cinque giorni prima della data di udienza, e non deposita, unitamente alla copia autentica della sentenza impugnata, la relata di notificazione, come previsto dall'art. 369, comma 2, n 2, c.p.c. La questione
La questione da affrontare riguarda le conseguenze del mancato deposito della relata di notificazione della sentenza impugnata, in vista della procedibilità del ricorso per cassazione. Le soluzioni giuridiche
Posto che l'art. 369 c.p.c. stabilisce che “Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte, a pena d'improcedibilità, nel termine di giorni venti dall'ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto”, e che la stessa norma prevede poi che “Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena d'improcedibilità: […] 2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta”, deve premettersi che per le impugnazioni sono previsti due diversi termini.
Ai sensi dell'art. 325 c.p.c., esso è di trenta giorni per l'appello, la revocazione e l'opposizione di terzo di cui all'art. 404, secondo comma, nonché “per proporre la revocazione e l'opposizione di terzo sopra menzionata contro le sentenze delle corti di appello”, e di sessanta giorni per il ricorso per cassazione. Il termine, in questi casi, decorre dalla notificazione della sentenza.
In tale quadro normativo, il riscontro rimesso alla Corte di Cassazione, a tutela dell'esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) è quello della verifica del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale, e pertanto della verifica della tempestività dell'esercizio del diritto di impugnazione.
Tale finalità è stata oggetto di reiterate decisioni della Corte di legittimità (Cass. sez. un., 16 aprile 2009, n. 9005, secondo cui “La previsione - di cui al secondo comma, n. 2, dell'art. 369 c.p.c. - dell'onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione - a tutela dell'esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale - della tempestività dell'esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l'osservanza del cosiddetto termine breve. Nell'ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev'essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto del secondo comma dell'art. 372 c.p.c., applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui al primo comma dell'art. 369 c.p.c., e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell'eventuale non contestazione dell'osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d'ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell'impugnazione”).
Ed è stata ribadita pur quando si è mitigato il principio, valorizzando l'evidenza della tempestività dell'impugnazione, pur in mancanza della produzione della relata di notifica da parte del ricorrente (Cass. sez. un., 2 maggio 2017, n. 10648, secondo cui “In tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest'ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l'istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio”). Ovviamente, è possibile che il ricorrente alleghi che la notificazione non sia avvenuta, e che pertanto debba guardarsi, ai fini della verifica della tempestività del ricorso, al termine lungo, ma anche in tal caso la Corte deve valorizzare le evidenze di segno contrario (Cass. sez. un., 16 aprile 2009, n. 9005, secondo cui “Nell'ipotesi in cui il ricorrente per cassazione non alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, la Corte di cassazione deve ritenere che lo stesso ricorrente abbia esercitato il diritto di impugnazione entro il c.d. termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c., procedendo all'accertamento della sua osservanza. Tuttavia, qualora o per eccezione del controricorrente o per le emergenze del diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d'ufficio emerga che la sentenza impugnata era stata notificata ai fini del decorso del termine di impugnazione, la S.C., indipendentemente dal riscontro della tempestività o meno del rispetto del termine breve, deve accertare se la parte ricorrente abbia ottemperato all'onere del deposito della copia della sentenza impugnata entro il termine di cui al primo comma dell'art. 369 c.p.c. e, in mancanza, deve dichiarare improcedibile il ricorso, atteso che il riscontro della improcedibilità precede quello dell'eventuale inammissibilità” (conf. Cass. trib., 19 gennaio 2019, n. 1295).
Può anche accadere che il ricorrente non produca la relata di notificazione della sentenza, ma emerga comunque che l'impugnazione sia stata effettuata nel termine breve di sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata, e in tal caso il ricorso sarà ritenuto tempestivo, e procedibile, poiché certamente proposto nel rispetto dei termini di legge (Cass. civ., 30 aprile 2019, n. 11386, secondo cui “Pur in difetto della produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima, prescritta dall'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiché il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza indicata nel ricorso e quella della notificazione del ricorso, emergente dalla relata di notificazione dello stesso, assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell'impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all'art. 325, comma 2, c.p.c.”). Osservazioni
La decisione in commento permette di fare il punto su una serie di questioni.
La prima riguarda il motivo della impugnazione avanti al giudice di legittimità (non affrontato ma solo richiamato), che concerne la dichiarata inammissibilità dell'appello, a causa della sua tardività, desunta dalla notifica a mezzo pec dello stesso appello, dopo le ore 21,00 dell'ultimo giorno utile.
La seconda questione riguarda la produzione, da parte del ricorrente, della relata di notificazione della sentenza impugnata, in vista della decorrenza del termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione, e in vista della verifica della tempestività della impugnazione. Al riguardo la decisione in commento appare del tutto conforme alla giurisprudenza ormami consolidata, e richiamata in precedenza.
La terza riguarda la modalità della notificazione, e più in particolare il rapporto tra il domicilio digitale e la elezione di domicilio.
La soluzione a cui è pervenuta la Corte è nel senso che “a seguito dell'introduzione del c.d. domicilio digitale (corrispondente all'indirizzo di posta elettronica certificata che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza, secondo le previsioni di cui all'art. 16-sexies del d.l. n. 179 del 2012,[…] questo sia divenuto il luogo (virtuale) prevalente, rispetto ad ogni altra forma di domiciliazione prevista dalla legge, ove indirizzare la notifica degli atti al difensore (fermo il caso in cui la notifica presso il domicilio digitale non sia stata in concreto possibile a causa dell'inaccessibilità dell'indirizzo di posta elettronica per causa imputabile al destinatario), a meno che l'interessato non abbia dichiarato espressamente di voler eleggere domicilio, oltreché presso il suo recapito digitale, anche presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario di fronte al quale penda la lite, nel quale caso (esaminato dal precedente di Cass. 29 gennaio 2020, n. 1982), la notificazione eseguita in tal modo può solo affiancarsi, quale valida alternativa, alla notifica presso il domicilio digitale, ma non certo ad esso sostituirsi al punto da renderla inidonea a far decorrere il termine breve per impugnare”.
Il tema del domicilio digitale ha dato adito a varie questioni, delle quali la più rilevante attiene al suo rilievo, in vista della esecuzione delle notificazioni, in relazione al rapporto con una eventuale elezione di domicilio fisico, effettuata od omessa.
La giurisprudenza (Cass. sez. un., 20 giugno 2012, n. 10143), proprio in virtù della formulazione dell'art. 125 c.p.c., aveva sostenuto che “a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dall'art. 25, l. 12 novembre 2011, n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d'interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione "ex lege" presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegu[isse] soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 cod. proc. civ. per gli atti di parte e dall'art. 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non [avesse] indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine”. E peraltro aveva anche rilevato come l'utilizzazione dell'indirizzo pec a fini di notificazioni potesse conseguire alla sola ipotesi di una indicazione senza ulteriori specificazioni, poiché se la parte avesse limitato l'indirizzo pec per le sole comunicazioni di Cancelleria, avrebbero ripreso vigore le ordinarie disposizioni in materia di domicilio.
Per effetto della introduzione dell'art. 16-sexies del Dl 179/2012, la giurisprudenza ha invece valorizzato, anche tenendo conto della eliminazione dell'obbligo di inserimento dell'indirizzo pec negli atti di parte, il domicilio digitale, ed ha affermato che “l'unico indirizzo di posta elettronica certificata rilevante ai fini processuali è quello che il difensore ha indicato, una volta per tutte, al Consiglio dell'ordine di appartenenza” (Sez. 3, Sentenza n. 17048 del 11/07/2017, Rv. 644961 – 01, secondo cui “In materia di notificazioni al difensore, a seguito dell'introduzione del “domicilio digitale”, corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'ordine di appartenenza, previsto dall'art. art. 16-sexies del d.l. n. 179 del 2012 (conv., con modif., dalla l. n. 221 del 2012), come modificato dal d.l. n. 90 del 2014 (conv., con modif., dalla l. n. 114 del 2014), non è più possibile procedere - ai sensi dell'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934 - alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario” (più di recente Sez. U, Sentenza n. 23620 del 28/09/2018, Rv. 650466 - 01).
In altre parole, il domicilio digitale è prevalente rispetto alla mancata elezione di domicilio, che avrebbe imposto la notifica presso la Cancelleria, luogo di domiciliazione ex-lege, salvo il caso nel quale la notifica all'indirizzo pec non sia possibile per causa imputabile al destinatario. Qualora invece la parte avesse altresì eletto domicilio fisico, non ne conseguirebbe la perdita di rilievo del domicilio digitale, posto che in tale evenienza la giurisprudenza ha affermato che “Ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, anche dopo l'introduzione del "domicilio digitale" (art. 16 sexies del d.l. n. 179 del 201, conv. con modif. in l. n. 221 del 2012, come modificato dal d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., in l. n. 114 del 2014), resta valida la notificazione effettuata - ai sensi dell'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934 - presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, ove il destinatario abbia scelto, eventualmente in associazione a quello digitale, di eleggervi il domicilio”.
La Corte di Cassazione si è occupata anche del caso nel quale il difensore avesse indicato il proprio indirizzo pec, e avesse nello stesso tempo eletto domicilio (solo) fisico presso un avvocato domiciliatario (e ha affermato che “La notifica telematica di un provvedimento impugnabile non può essere effettuata presso il procuratore domiciliatario in senso fisico, in mancanza di elezione dell'indirizzo PEC dello stesso come domicilio digitale della parte, risultando una tale notifica inesistente ed insuscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo ex art. 156 cod. proc. civ. con conseguente inapplicabilità del termine breve per l'impugnazione” -così Sez. 1, Ordinanza n. 20946 del 22/08/2018, Rv. 650226 - 01). In altre parole, il domicilio digitale rilevante è quello del difensore al quale sia conferita la procura, non potendosi fare ricorso al domicilio digitale del difensore domiciliatario, quando presso lo stesso sia stato eletto domicilio solo fisico. Va comunque segnalata la tematica relativa alla valenza del domicilio digitale quando vi sia più di un difensore, e per uno solo di essi vi sia l'elezione di domicilio -ancorché a sua volta telematico- a fini di notificazione. In altre parole, si tratta di valutare se a fronte della indicazione dell'indirizzo pec di uno dei difensori, a fini di ricezione delle comunicazioni/notificazioni, possa validamente eseguirsi la notifica a mezzo pec all'indirizzo digitale di altro difensore, tratto dai registri di legge, ma non indicato in atti a tali fini. Al riguardo, deve premettersi che rispetto alle modalità di notificazione tradizionali, era stato affermato che “La notificazione della sentenza ad uno soltanto dei plurimi difensori nominati dalla parte è idonea a far decorrere il termine breve per impugnare, di cui all'art. 325 c.p.c., a nulla rilevando che il destinatario della notifica non sia anche domiciliatario della parte”. In altre parole, poteva capitare che in presenza di più difensori, uno solo di essi fosse il domiciliatario, e che nondimeno la notifica in corso di causa venisse eseguita nei confronti di altro difensore, ancorché non domiciliatario. Come si è visto, la notificazione sarebbe stata comunque valida. In relazione al domicilio digitale, Sez.L, Ordinanza n. 2942 del 31/01/2019 (Rv. 652607 - 01) ha invece affermato che “In tema di comunicazioni di cancelleria, qualora nell'atto sia stato specificato di voler ricevere le comunicazioni esclusivamente presso l'indirizzo PEC di uno dei difensori di fiducia, non è valida la comunicazione effettuata all'indirizzo PEC di altro difensore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato improcedibile l'appello sebbene il decreto di fissazione di udienza, di cui all'art. 435 c.p.c., fosse stato comunicato all'indirizzo PEC di un codifensore diverso da quello indicato)”.
Per concludere, la decisione che si commenta rappresenta un provvedimento utile a fare il punto sulla giurisprudenza, inerente non solo agli oneri di produzione documentale gravanti sul ricorrente per cassazione, in vista della preliminare verifica di procedibilità della impugnazione, ma anche al rilievo del domicilio digitale in vista della valida esecuzione delle notificazioni e comunicazioni in corso di causa. Essa rafforza le conclusioni ormai consolidate sulla valenza del domicilio digitale, strumento indubbiamente assai rilevante a fini di esecuzione delle notificazioni, in virtù della semplicità di utilizzo, e di certezza di adempimento in vista delle conseguenti dimostrazioni e delle necessarie verifiche. Riferimenti
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