Sul requisito della registrazione o del riconoscimento presso l'autorità nazionale per la sicurezza alimentare del Paese di esecuzione dell'appalto

24 Maggio 2021

Gli articoli 2 e 46 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in forza della quale l'amministrazione aggiudicatrice deve esigere, in un bando di gara e quale criterio di selezione qualitativa, che gli offerenti forniscano la prova, sin dal deposito della loro offerta, di disporre di una registrazione o di un riconoscimento richiesti dalla normativa applicabile all'attività oggetto dell'appalto pubblico di cui trattasi e rilasciata dall'autorità competente dello Stato membro di esecuzione dell'appalto, ove siano già in possesso di una registrazione o un riconoscimento analoghi nello Stato membro nel quale sono stabiliti.

Il giudizio a quo. La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell'ambito di una controversia tra il Sotsiaalministeerium (Ministero degli Affari sociali, Estonia) e la Riigi Tugiteenuste Keskus (Centro per i servizi di aiuto dello Stato, Estonia) in merito alla decisione di rettifica finanziaria con la quale la seconda ha respinto talune domande di pagamento presentate dal Ministero, nell'ambito di un progetto di acquisto e di distribuzione di aiuti alimentari a favore delle persone indigenti, realizzato con due procedure di evidenza pubblica.

Nel caso di specie, infatti, l'esecuzione degli appalti pubblici richiedeva l'utilizzo di un deposito intermedio nel quale immagazzinare prodotti alimentari o un mezzo di trasporto che si trova in Estonia. Con la soddisfazione di tali condizioni, l'offerente sarebbe divenuto un operatore del settore alimentare e, conformemente all'articolo 8 della legge relativa sui prodotti alimentari, nonché all'articolo 6, par. 3, del regolamento n. 852/2004, avrebbe dovuto soddisfare gli obblighi in materia di informazione e di autorizzazione in Estonia. Ciò in quanto l'amministrazione aggiudicatrice non avrebbe avuto la possibilità di accettare un'autorizzazione dello Stato membro in cui l'offerente è stabilito in quanto, in materia di autorizzazioni nel settore alimentare, non vi è riconoscimento reciproco tra gli Stati membri.

Secondo la Riigi Tugiteenuste Keskus, tuttavia, tale necessità aveva un carattere restrittivo e ingiustificato per gli offerenti stabiliti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Estonia.

Le questioni pregiudiziali. La Corte di appello di Tallin ha sottoposto alla CGUE le seguenti questioni pregiudiziali:

"«1) Se gli articoli 2 e 46 della direttiva [2004/18] debbano essere interpretati nel senso che ostano a disposizioni nazionali – come l'articolo 41, paragrafo 3, dalla [legge sugli appalti pubblici] – secondo cui, quando la legge prevede requisiti specifici per le attività da svolgersi in forza di un appalto pubblico, l'amministrazione aggiudicatrice deve indicare nel bando di gara le registrazioni o le autorizzazioni necessarie ai fini dell'ammissione dell'offerente, deve richiedere nel bando stesso la presentazione di una prova dell'autorizzazione o della registrazione ai fini della verifica del soddisfacimento degli specifici requisiti di legge e deve respingere, come non ammissibile, l'offerente qualora quest'ultimo non disponga della corrispondente autorizzazione o registrazione.

2) Se il combinato disposto degli articoli 2 e 46 della direttiva [2004/18] debba essere interpretato nel senso che essi ostano a che l'amministrazione aggiudicatrice preveda, nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in materia di aiuto alimentare il cui valore supera la soglia che impone un bando di gara internazionale, una condizione in materia di qualificazione degli offerenti, in base alla quale tutti gli offerenti, indipendentemente dal luogo in cui hanno svolto la loro attività fino ad allora, devono disporre, già al momento della presentazione dell'offerta, di un'autorizzazione o di un'autorizzazione in tale Stato membro.

3) In caso di risposta affermativa alla questione che precede:

a) Se gli articoli 2 e 46 della direttiva [2004/18] debbano essere considerati come disposizioni tanto chiare da precludere la possibilità di opporre, contro di esse, il principio della tutela del legittimo affidamento.

b) Se gli articoli 2 e 46 della direttiva [2004/18] debbano essere interpretati nel senso che una situazione in cui, nel quadro di un appalto pubblico concernente aiuti alimentari, l'amministrazione aggiudicatrice richiede agli offerenti, a norma della legge relativa ai prodotti alimentari, di disporre, già all'atto della presentazione dell'offerta, di un'autorizzazione, possa essere considerata come violazione manifesta della normativa vigente, negligenza o abuso che osta all'azionamento del principio della tutela del legittimo affidamento".

La pronuncia della CGUE. La CGUE ha evidenziato che la circostanza che uno Stato membro subordini l'esecuzione di prestazioni di servizi da parte di un'impresa stabilita in un altro Stato membro al possesso di un'autorizzazione di stabilimento nel primo Stato priverebbe di ogni effetto utile l'articolo 56 TFUE, il cui scopo è proprio quello di eliminare le restrizioni alla libera prestazione di servizi.

Ciò non si pone in contrasto con il regolamento n. 852/2004 che, da un lato, ha come obiettivo il conseguimento di un livello elevato di protezione della vita e della salute umana; dall'altro, mira anche alla libera circolazione dei prodotti alimentari nell'Unione europea.

Di conseguenza, il possesso da parte dell'operatore economico di una registrazione o di un riconoscimento rilasciato dallo Stato membro in cui è stabilito costituisce, nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di appalto che si svolge in un altro Stato dell'UE, una presunzione della sua idoneità a garantirvi un'attività di fornitura e di distribuzione di prodotti alimentari e, pertanto, di eseguirvi l'appalto di cui trattasi.

Con la precisazione che il fatto che il Ministero delle Finanze abbia già approvato una prassi contraria alle norme sull'aggiudicazione degli appalti pubblici previste diritto dell'Unione non può essere invocato dal Ministero degli Affari sociali, tramite il principio del legittimo affidamento, per lasciar perdurare tale prassi o per neutralizzarne gli effetti passati.

I principi di diritto. La CGUE ha affermato, dunque, i seguenti principi di diritto:

“1) Gli articoli 2 e 46 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale in forza della quale l'amministrazione aggiudicatrice deve esigere, in un bando di gara e quale criterio di selezione qualitativa, che gli offerenti forniscano la prova, sin dal deposito della loro offerta, di disporre di una registrazione o di un riconoscimento richiesti dalla normativa applicabile all'attività oggetto dell'appalto pubblico di cui trattasi e rilasciata dall'autorità competente dello Stato membro di esecuzione dell'appalto, ove siano già in possesso di una registrazione o un riconoscimento analoghi nello Stato membro nel quale sono stabiliti.

2) Il principio della tutela del legittimo affidamento deve essere interpretato nel senso che non può essere invocato da un'amministrazione aggiudicatrice che, nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, per conformarsi alla normativa nazionale relativa ai prodotti alimentari, abbia imposto agli offerenti di disporre, sin dalla presentazione della loro offerta, di una registrazione o di un riconoscimento rilasciati dall'autorità competente dello Stato membro di esecuzione dell'appalto”.

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