Affido super esclusivo al padre e sindrome della madre malevola: quale bilanciamento?

Sabrina Apa
Sabrina Apa
24 Maggio 2021

In tema di affidamento di figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell'altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una sindrome di alienazione parentale (PAS), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare l'esistenza dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente.

Il fatto. La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto da una madre, avente ad oggetto la regolamentazione dell'affidamento della figlia minorenne. In particolare la ricorrente ha denunciato la violazione degli artt. 155, 315-bis, 337-ter, quater, quinquies e octies, c.c., 62, 194, 709-ter, c.p.c., lamentando il fatto che la Corte d'Appello avesse aderito acriticamente alle c.t.u., le cui risultanze erano fondate sulla diagnosi della c.d. PAS (Parental Alienation Syndrome), sebbene in maniera non esplicita.

Invero, la Corte d'Appello di Venezia, accogliendo il reclamo del padre, aveva riformato il decreto impugnato disponendo l'affido super-esclusivo della minore al padre stesso, osservando che dalle c.t.u. si evinceva non solo un elevato grado di conflittualità della coppia, ma anche una grave carenza delle capacità genitoriali della madre. Costei, infatti, pur mantenendo con la figlia, almeno in apparenza, un sufficiente rapporto di accudimento, esercitava nei confronti dell'ex partner, una condotta tendente ad impedirgli un normale ed affettuoso rapporto con la minore. In proposito la Corte territoriale aveva rilevato che la successiva c.t.u. aveva confermato quanto indicato nella prima, suggerendo anche l'affido super-esclusivo a fronte del comportamento della madre da cui era sorto il rischio di alienazione della minore rispetto al padre (rilevando altresì che la madre sembrava affetta dalla c.d. sindrome della “madre malevola” - c.d. “MMS”).

La questione sottoposta alla Corte. La Cassazione, osservando come la Corte territoriale abbia valorizzato, ai fini della decisione impugnata, alcuni rilievi critici privi di concretezza empirica, che costituiscono generiche deduzioni tratte da premesse di non univoca interpretazione, ha escluso che la Corte d'Appello, nel disporre l'affidamento esclusivo al padre, abbia garantito il migliore sviluppo della personalità della minore. Invero, la Corte di merito aveva escluso l'affidamento condiviso su una astratta prognosi circa le capacità genitoriali della ricorrente, fondate su qualche episodio, attraverso cui la madre avrebbe tentato di impedire che il padre incontrasse la bambina; ciò senza peraltro effettuare una valutazione più ampia ed equilibrata, di valenza olistica che consideri cioè ogni possibilità di intraprendere un percorso di effettivo recupero delle capacità genitoriali della ricorrente, nell'ambito di un equilibrato rapporto con l'ex partner, e che soprattutto valorizzi il positivo rapporto di accudimento intrattenuto con la minore, sebbene il riferimento della Corte di merito all'apparenza di tale rapporto, costituisca chiara conferma del fatto che il suo giudizio sia stato incentrato esclusivamente sul disvalore attribuito all'asserita PAS.

Sul punto il Collegio ha osservato che, se è vero che i consulenti avevano riscontrato una forte animosità della ricorrente nei loro confronti e una certa refrattarietà a seguire i suggerimenti e le prescrizioni da loro impartite in ordine al rapporto con la minore e con l'ex partner, è altresì vero che proprio tali limiti caratteriali della madre avrebbero dovuto essere affrontati e valutati nella prospettiva di un'offerta di opportunità diretta a migliorare i rapporti con la figlia, in un percorso scevro da pregiudizi originati da postulate e non accertate psicopatologie con crismi di scientificità.

Ciò posto, la Cassazione ha rilevato come la pronuncia impugnata fosse espressione di una inammissibile valutazione tatertyp, configurando a carico della madre ricorrente, nei rapporti con la figlia minore, una sorta di “colpa d'autore” connessa alla postulata sindrome.

In conclusione il Collegio, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio il decreto impugnato, rilevando che i fatti ascritti dalla Corte territoriale alla ricorrente non presentavano la gravità legittimante la pronuncia impugnata, in mancanza di accertate, irrecuperabili carenze d'espressione delle capacità genitoriali, considerando altresì il profilo, palesemente trascurato dalla stessa Corte di merito, afferente alle conseguenze sulla minore del c.d. “super-affido” al padre in ordine alla conseguente rilevante attenuazione dei rapporti con la madre in un periodo così delicato per lo sviluppo fisio-psichico della bambina.