Perdita del rapporto parentale: marcia indietro della Cassazione sulla validità della tabella di Milano?
25 Maggio 2021
Massima
Le tabelle milanesi di liquidazione del danno non patrimoniale si sostanziano in regole integratrici del concetto di equità, atte quindi a circoscrivere la discrezionalità dell'organo giudicante, sicché costituiscono un criterio guida (Cass. civ., 22 gennaio 2019, n. 1553). Pertanto, la decisione del giudice di merito di avvalersi delle tabelle del Tribunale di Milano, indipendentemente dal fatto che una o entrambe le parti ne abbiano invocato l'applicazione, è in sintonia con la giurisprudenza di questa Corte che, al fine di evitare che il giudice incorra nella equità pura, ritiene che per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale le tabelle predisposte dal Tribunale di Milano non costituiscono concretizzazione paritaria dell'equità su tutto il territorio nazionale, ma sono legittimamente adottabili come parametro di riferimento (Cass. civ., 9 giugno 2020, n. 10924). Il caso
A seguito del decesso di Tizio per colpa dei sanitari che lo ebbero in cura presso una struttura sanitaria, i suoi congiunti (moglie, madre, figlio, nipote ex fratre e cognata) agivano in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni da perdita del rapporto parentale.
La loro domanda veniva accolta in secondo grado con liquidazione di €. 256.000,00 in favore della moglie, di €. 250.000,00 in favore del figlio, di €. 150.000,00 in favore della madre e di €. 35.000,00, ciascuno, in favore degli altri due attori. Proponevano ricorso in cassazione deducendo, fra i vari motivi, l'erronea liquidazione del danno parentale, avendo la Corte di Appello fatto applicazione della tabella del Tribunale di Milano piuttosto che di quella del Tribunale di Roma, in tal modo incorrendo nella violazione dell'art. 1226 c.c., visto che il criterio utilizzato risulterebbe oltremodo generico, limitandosi ad indicare un ampio range di riferimento all'interno del quale il giudice di merito gode di ampio margine di discrezionalità, mentre quella romana consentirebbe di prevedere esattamente il quantum risarcibile sulla base di una adeguata ponderazione di tutte le circostanze del caso concreto: età della vittima e del congiunto, convivenza. La questione
La decisione in esame rappresenta un ripensamento della Cassazione sulla validità della tabella di Milano nella liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale o prevale quanto affermato dalla stessa Terza Sezione con la sentenza n. 10579 del 21 aprile 2021 (vedi Marco Rodolfi, “La fine della tabella di Milano per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale (o danno da morte)? Conseguenze e riflessi”). Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo di ricorso infondato sulla base del principio di cui alla massima sopra riportata, ribadendo, anzi anticipando, quanto verrà poi con più chiarezza ed efficacia affermato nella sentenza n. 10579/21 ovvero che, anche se nella liquidazione del danno parentale la tabella di Milano non rappresenta la concretizzazione della paritaria dell'equità su tutto il territorio nazionale, funge tuttavia da parametro di riferimento per valutare l'applicazione concreta della clausola generale espressa dall'art. 1226 c.c..
Ad ulteriore sostegno della congruità della liquidazione effettuata dalla Corte di Appello, la decisione sottolinea la presenza di una adeguata motivazione a supporto del criterio adottato e della determinazione specifica dei danni, ai cui importi risarcitori si è giunti contemperando in maniera equilibrata l'età della vittima e dei superstiti, l'intensità del vincolo familiare e le grandi sofferenze provate da questi ultimi.
Per tali motivi, afferma che al giudice del merito “nulla può essergli rimproverato, tanto meno di non aver adottato le tabelle di Roma pure astrattamente applicabili, essendo dette tabelle assimilabili ai precedenti giurisprudenziali che le parti possono invocare a sostegno delle proprie argomentazioni, come tali non vincolanti il giudice chiamato ad esplicitare il suo potere di valutazione equitativa (Cass., 11 dicembre 2018, n. 31958)”. Osservazioni
A ben vedere, la decisione in commento, seppur pubblicata quattordici giorni dopo la n. 10579/21, è stata decisa cinque mesi prima sicché quanto ivi espresso non può generare alcun convincimento circa un ripensamento della Cassazione in merito alla invalidità del sistema a forbice previsto dalla tabella di Milano per la liquidazione del danno parentale e la sua postuma pubblicazione rappresenta, al più, un'infelice scelta che potrà creare un po' di confusione, oltre a quella già esistente nelle varie curie.
Comunque, la sentenza in commento si pone in linea con i principi sanciti dalla successiva Cass. n. 10579/21 e ne costituisce un antecedente del tutto logico e coerente con il progetto evolutivo intrapreso dalla Cassazione pur nella consapevolezza dei suoi effetti dirompenti sul contenzioso in atto.
Quella sentenza (Cass. n. 10579/21), infatti, trattando del danno parentale, ha stabilito che: 1.- la funzione di garanzia dell'uniformità delle decisioni nel rispetto del principio di eguaglianza è affidata al sistema a punto variabile;
2.- la tabella di Milano, che si limita ad individuare un range molto ampio, costituisce una sorta di “clausola generale” che non realizza “l'effetto di fattispecie” che ad essa dovrebbe essere invece connaturato ma può fungere da parametro di conformità della valutazione equitativa alla disposizione di legge;
3.- non è escluso l'utilizzo di tabelle che non adottino il sistema a punto (ndr. Tabella di Milano) ma il criterio di valutazione delle decisioni adottate sulla base di esse dovrà esserequello dell'assenza o presenza di sproporzione rispetto all'importo che si sarebbe liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti;
4.- qualora emerga talesproporzione, il criterio di giudiziorisiede nell'esame della motivazione della decisione: “ove la liquidazione del danno parentale sia stata effettuata non seguendo una tabella basata sul sistema a punti, l'onere di motivazione del giudice di merito, che non abbia fatto applicazione di una siffatta tabella, sorge nel caso in cui si sia pervenuti ad una quantificazione del risarcimento che, alla luce delle circostanze del caso concreto, risulti inferiore a quella cui si sarebbe pervenuti utilizzando la tabella in discorso, o comunque risulti sproporzionata rispetto alla quantificazione cui l'adozione dei parametri tratti da tale tabella avrebbe consentito di pervenire”.
In sostanza, anche se per la liquidazione del danno parentale il criterio di cui alla tabella di Milano non è quello che garantisce l'uniformità di trattamento, è tuttavia utilizzabile a condizione che:
Nella fattispecie, pertanto, la sentenza di merito è stata correttamente confermata non solo per aver liquidato importi non standardizzati ed appiattiti sul valore inferiore della forbice milanese ma proporzionati rispetto a quelli che si sarebbero ottenuti utilizzando, ad esempio, la tabella romana, ma anche per aver sostenuto tale scelta con un'adeguata motivazione che ha tenuto conto, in maniera equilibrata, di tutte le circostanze del caso concreto e delle diverse caratteristiche soggettive dei danneggiati.
CONCLUSIONI Non ci sono dubbi sul fatto che quanto chiaramente stabilito dalla Cassazione sul criterio a punto da adottare nella liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, rappresenti una nuova presa di posizione con la quale si dovrà fare i conti su tutto il territorio nazionale. L'intento è quello di dare maggior certezza degli importi da liquidare per tale rilevante aspetto di danno che il sistema a forbice non garantisce posizionandosi sempre le pretese delle parti nei suoi valori estremi, su quello del minimo il debitore e su quello corrispondente al massimo il creditore, spesso comportando, tale “gioco” fra i due importi, l'impossibilità di conciliare le diverse posizioni, il tutto a discapito del fine ultimo di contenimento del contenzioso. Ora, anche se, come sopra visto, una liquidazione del danno parentale secondo lo schema milanese può reggere, se proporzionata e sorretta da adeguata motivazione, è inevitabile che d'ora in poi, vuoi per evitare contestazioni e vuoi per evitare il rischio di riforma per “inadeguata” motivazione, la prassi condurrà ad accogliere la tabella di Roma che, seppur non espressamente richiamata dalla Cassazione, è quella che maggiormente si rispecchia nei principi da questa predicati, anche se, come già osservato da qualcuno, adotta un criterio punto fisso e non variabile e non è stata costruita sul monitoraggio dei precedenti. D'altronde, una tale conclusione era stata in qualche modo preannunciata dalla recente Cass. civ. sez. III, 18 marzo 2021, n. 7770 con la quale si affermava che la tabella di Milano costituisce la concretizzazione paritaria dell'equità su tutto il territorio nazionale limitatamente al criterio per la liquidazione del pregiudizio arrecato all'integrità psico-fisica ma non nella liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale. Ed una tale conclusione è stata anche ribadita dalla richiamata Cass. n. 10579/21 nella parte in cui ha elogiato la modifica contenuta nell'edizione 2021 che l'Osservatorio sul danno alla persona presso il Tribunale di Milano ha inserito dopo la critica contenuta in Cass. n. 25164/2020 (già commentata dal sottoscritto in questa rivista, col titolo “Liquidazione del danno non patrimoniale: le nuove istruzioni della cassazione sull'uso della tabella di Milano”), estrapolando la quota del danno da sofferenza soggettiva dal valore del danno biologico/dinamico-relazionale (.v. Spera, I 10 punti del danno biologico - commento a Cass. n. 25164/2020 su danno morale, personalizzazione e tabella milanese).
Nell'attesa della tabella di legge che risolverà ogni questione ma che, a quanto pare, è lungi dall'essere pubblicata, nonostante tutti auspicano l'utilizzo di una ed una sola tabella di riferimento qualunque essa sia, si ha la paradossale conclusione che per la liquidazione del danno biologico la tabella di Milano è quella a cui riferirsi mentre per il danno parentale ci si dovrà riferire alla tabella di Roma: in tal modo però si crea ulteriore incertezza a tutto discapito della uniformità di giudizio. |