Sorte ed effetti degli atti compiuti durante il preconcordato da società debitrice poi dichiarata fallita

Maria Grazia Sirna
27 Maggio 2021

I pagamenti eseguiti nel corso di una procedura di preconcordato avviata ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.fall. si sottraggono alla patologia dell'inefficacia di cui all'art. 44 l.f e vanno valutati invece alla luce del criterio di funzionalità degli atti gestori rispetto al piano concordatario.
Massima

I pagamenti eseguiti nel corso di una procedura di preconcordato avviata ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.f. si sottraggono alla patologia dell'inefficacia di cui all'art. 44 l.f e vanno valutati invece alla luce del criterio di funzionalità degli atti gestori rispetto al piano concordatario

Il caso

Il curatore del fallimento, constatato che, nel periodo intercorrente tra il deposito della domanda prenotativa di concordato preventivo ex art. 161, comma 6, l.fall. e la sentenza dichiarativa di fallimento, risultavano eseguiti pagamenti in favore di soggetto terzo, conviene in giudizio l'accipiens al fine di ottenere la restituzione delle somme, r previa dichiarazione di inefficacia dei detti pagamenti ai sensi degli artt. 44, 167 e 168 l. fall. o, in subordine, ai sensi dell'art. 67, comma 2, l. Fall.

La condotta ascritta alla società debitrice è contestualizzata entro uno specifico piano temporale, quello del preconcordato in cui l'imprenditore-debitore può compiere liberamente solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre i pagamenti relativi a contratti conclusi sono efficaci soltanto se previamente autorizzati ai sensi dell'art. 167 l. fall. o dell'art. 182 quinquies l. fall.

La curatela attrice deduce l'insussistenza, nella fattispecie in esame, delle condizioni di legge legittimanti i pagamenti; in particolare, sul piano operativo, la disfunzione dell'atto compiuto si fa risalire al rigetto da parte del Tribunale di richiesta di autorizzazione al pagamento dei canoni di locazione ove era esercitata l'attività d'impresa, di titoli già rilasciati ai fornitori e di fattura emessa per la fornitura del programma gestionale, sul presupposto che il debitore non aveva anticipato gli elementi essenziali del piano concordatario e nemmeno aveva offerto alcuna peculiare informazione circa i possibili vantaggi della continuità aziendale e l'essenzialità delle prestazioni al cui pagamento intendeva procedere anticipatamente.

Nell'atto introduttivo del giudizio si ipotizza una inefficacia dei pagamenti anche ai sensi dell'art. 44 l. fall., ritenendo di poter cogliere una ipotesi di consecuzione tra la procedura di concordato preventivo, dichiarata inammissibile, ed il successivo fallimento così da classificare i pagamenti effettuati in costanza della procedura concordataria come se fossero stati eseguiti dopo l'emissione della sentenza dichiarativa (di fallimento); in subordine, la curatela ipotizza il ricorrere dei requisiti richiesti dall'art. 67, comma 2, l. fall. per la revocabilità di detti pagamenti, essendo gli stessi stati eseguiti nei sei mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento e sussistendo, secondo il principio di consecuzione delle procedure, la presunzione che il debitore versasse in stato di insolvenza al momento dell'apertura della procedura concordataria.

Questioni giuridiche: Il contesto di riferimento sia normativo che interpretativo

Il deposito della domanda di concordato “in bianco” disciplinato dall'art. 161, comma 6, l.fall. si pone quale argine normativo, di rilievo giuridico e sociale, con riguardo alla tutela degli interessi del debitore e, al contempo, a quella dei diritti dei suoi creditori.

La linea di demarcazione, da tale momento in poi, è netta.

L'art.161, comma 7, l. fall. disciplina, infatti, gli atti che l'imprenditore-debitore può compiere dal momento della presentazione di una domanda di concordato con riserva e fino all'ammissione e prevede, in particolare, che i crediti sorti in esecuzione di tali atti abbiano un trattamento diverso e privilegiato rispetto ai crediti concorsuali, i quali, come noto, vengono pagati con moneta concordataria.

In questa fase l'imprenditore può compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione, mentre per quelli straordinari è necessaria ex art. 167 l. fall. l'autorizzazione del Tribunale, in presenza del requisito dell'urgenza e previa acquisizione del parere del commissario giudiziale.

L'esecuzione dei pagamenti correlati a tali atti (di ordinaria e straordinaria amministrazione) soggiace ad una regola severa, dettata dalla esigenza di tutela della par condicio creditorum.

Elemento discriminante non è la pendenza o meno del contratto, da cui il pagamento discende; il rapporto contrattuale, quale fonte primaria di obbligazione, viene superato da un generale principio di governo ove si afferma che, per essere legittimo, il pagamento deve essere autorizzato dal giudice delegato ex art. 167 l.fall. e dal Tribunale exart. 182 quinquies L.fall. nella ipotesi di concordato preventivo con continuità aziendale.

La mancanza della autorizzazione dell'organo giudiziario ha, dunque, funzione impeditiva, in termini di controllo, rispetto al potere di azione da parte dell'imprenditore (debitore).

La giurisprudenza di merito afferma (cfr. sul punto sentenza n. 216/2017 del Tribunale di Lucca) che, dopo la fase di ammissione alla procedura di concordato preventivo, i pagamenti relativi a contratti conclusi si sottraggono alla regola dell'inefficacia solo se autorizzati dal giudice delegato ai sensi dell'art. 167 l. fall.; l'inclinazione interpretativa, come pure ricorda la richiamata sentenza della Suprema Corte di Cassazione (sentenza 12 gennaio 2007, n. 578) è coerente con l'intero sistema normativo previsto per la regolamentazione degli effetti del concordato, in cui: "l'art. 167 l. fall., con la sua disciplina degli atti di straordinaria amministrazione, comporta che il patrimonio dell'imprenditore in pendenza di concordato sia oggetto di un'oculata amministrazione perché destinato a garantire il soddisfacimento di tutti i creditori secondo la "par condicio"; l'art. 168, nel porre il divieto di azioni esecutive da parte dei creditori, comporta implicitamente il divieto di pagamento di debiti anteriori, perché sarebbe incongruo che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata possa conseguire in virtù di spontaneo adempimento, essendo in entrambi i casi violato proprio il principio di parità di trattamento dei creditori; l'art. 184, nel prevedere che il concordato sia obbligatorio per tutti i creditori anteriori, implica che non possa darsi l'ipotesi di un pagamento di debito concorsuale al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema. A tale regime deroga il pagamento di debiti che, per la loro natura o per le caratteristiche del rapporto da cui discendono, assumano carattere prededucibile e si sottraggano quindi alla regola del concorso; ma ciò può avvenire soltanto per il tramite dell'autorizzazione del giudice delegato, nelle forme previste dall'art. 167 l. fall.”.

L'azione di inefficacia viene esperita dalla curatela ai sensi dell'art. 44 l. fall. in combinato disposto con gli artt. 167 e 168 l. fall.; e tale schema legale di riferimento viene avallato dal richiamo di giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui, in virtù del principio di consecuzione delle procedure, i pagamenti effettuati dalla società (poi dichiarata fallita) dopo l'ammissione alla procedura di concordato è come se fossero effettuati dopo la dichiarazione di fallimento con conseguente inefficacia degli stessi ex art. 44 l. fall. (cfr. Cass. 22916/2010).

Il caso concreto e la soluzione offerta dalla sentenza in commento

Il Giudice adito si sofferma e si interroga sulla legge applicabile al caso in esame e sulla estensione dell'art.44 l. fall. ai pagamenti eseguiti in corso di procedura di concordato preventivo, poi sfociata in fallimento; ipotesi pure rinvenuta in un caso (isolato) già trattato dalla Suprema Corte e richiamato dalla Curatela attrice.

Lo spazio operativo per una simile estensione è escluso, però, dal Giudice.

Tale esclusione si fonda, invero, sulla fedele applicazione della disciplina e dei principi del diritto positivoanalogica.

I pagamenti per cui si avanza domanda giudiziale di restituzione delle somme fuoriescono “dal fuoco applicativo dell'art. 44 l. fall.”; norma, questa, che sanziona con l'inefficacia i pagamenti eseguiti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento.

L'efficacia e validità dell'atto vengono destabilizzate dagli effetti giuridici che il fallimento produce sullo status dell'imprenditore, il quale viene spossessato da ogni potere gestorio anche sui beni dell'impresa, sottratti alla sua disponibilità.

Diversamente, nella disciplina del concordato preventivo, non ricorre lo spossessamento “totale” dell'imprenditore-debitore ma si colgono solo limitazioni alla gestione e operatività dell'attività di impresa; ed in questo argine operativo diventa necessario conseguire preventivamente l'autorizzazione giudiziale per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione.

A dare sostegno alla tesi della inapplicabilità dell'art. 44 l. fall. al concordato preventivo non soccorre il “dato sistemico connesso alla peculiarità di tale procedura rispetto alla procedura fallimentare”, ma se ne trae conferma positiva, come afferma il Giudice, dal “non casuale mancato richiamo di tale articolo nell'art. 169 l. fall.”, che estende al concordato preventivo l'applicazione di alcune norme che disciplinano gli effetti della dichiarazione di fallimento.

Il Giudice, pur dando atto della esistenza dell'isolato precedente di legittimità ,che suffraga il richiamo normativo della curatela (art. 44 l. fall.), non ritiene condivisibile il richiamo al principio di consecuzione delle procedure che renderebbe inefficaci, come se fossero stati eseguiti dopo il fallimento, i pagamenti effettuati invece prima della dichiarazione di fallimento ed in pendenza della procedura concordataria o preconcordataria; si afferma infatti che “Il principio di consecuzione delle procedure, di creazione giurisprudenziale, è stato codificato dall'art. 69 bis, comma 2, l. fall., norma che prevede espressamente la retrodatazione del c.d. periodo sospetto in caso di fallimento consecutivo a concordato preventivo solo per le azioni previste dagli artt. 64, 65, 66, 67 e 69 l. fall., ma, non a caso, non per l'azione di cui all'art. 44 l. fall..”

Osservazioni

La sentenza in commento segue, nell'argomentazione, una traccia interpretativa e di relazione delle norme di sistema improntata a rigore logico e le conclusioni cui perviene, di segno favorevole all'azione promossa dalla curatela, sono espressione del rilievo predittivo assunto dalla “funzione” che alle norme si vuol fare assolvere per tutelare i principi.

L'esercizio interpretativo è dettato dalla volontà di rivolgere una analisi attenta al tema della inefficacia, da collocare in una cornice all'interno della quale definire la legittimità di atti e scelte gestorie.

Effetto dell'accesso alla procedura di concordato preventivo è il c.d. spossessamento attenuato, finalizzato a conservare, nonostante la crisi dell'impresa, l'amministrazione del patrimonio e la gestione dell'attività in capo al soggetto debitore.

Nella procedura fallimentare, invece, è “totale” l'effetto privativo del potere di godere ed amministrare derivante dalla sentenza dichiarativa di fallimento; e la previsione contenuta nell'art. 44 l. fall., di inefficacia degli atti compiuti dall'imprenditore fallito dopo la pubblicazione della sentenza, si pone, rispetto all'art. 42 l. fall., quale conseguenza sanzionatoria per l'ipotesi di comportamenti posti in essere dall'imprenditore fallito in violazione delle disposizioni di legge.

L'inefficacia di cui all'art. 44 l.fall. ha funzione preventiva e punitiva in un contesto in cui il potere dispositivo è sottratto ex lege al debitore, tanto che la disciplina del concordato preventivo nemmeno contempla il richiamo alla citata norma.

Il compimento di atti di gestione della impresa sono, invece, in linea con la condotta del debitore che ha fatto accesso alla procedura di concordato ed il criterio di valutazione è quello della “normalità”, in primis, ed a seguire quello della conformità al piano di concordato.

Non vi è alcun vuoto normativo imputabile alla mancata previsione e richiamo dell'art. 44 l. fall. nell'art. 69 bis l. fall. ma un differente criterio guida, ovvero un meccanismo operativo che si attiva con la presentazione di una domanda di concordato preventivo, anche con riserva.

Del resto, il giurista ben sa che il legislatore ubi voluit dixit.

Se, da un lato, gli artt. 42 e 44 l. fall. fanno appello al dato temporale ai fini della validità dell'atto, la sentenza, non rinvenendo nel caso in esame i presupposti di inefficacia dettati dalle citate norme, ricorre ad un dato alternativo e di coordinamento tra il procedimento di dichiarazione di fallimento ed il concordato preventivo: la vocazione dell'atto in funzione della attività di impresa, cui si collega la condotta responsabile del debitore rispetto alla funzione sottesa all'atto.

In effetti, il percorso normativo induce a valutare gli atti compiuti mediante prospettive contrapposte (interna ed esterna). L'imprenditore-debitore in concordato è parte ancora attiva della gestione della impresa, al contrario dell'imprenditore debitore dichiarato fallito che, in quanto tale, viene esautorato da ogni potere e attività connessa all'impresa ed ai beni di proprietà.

Nel caso di specie il Tribunale di Roma ha ribadito i citati principi, esprimendosi in modo inequivocabile.

L'elemento di rilievo rispetto alla validità dell'atto compiuto in pendenza della procedura di concordato preventivo c.d. “in bianco” è il suo valore giuridico funzionale nell'ambito dello strumento di risoluzione concorsuale della crisi dell'impresa, cosicchè criterio di verifica dell'efficacia è il nesso funzionale tra la condotta dell'imprenditore-debitore e la strategia di risanamento della impresa che l'imprenditore medesimo prefigura negli atti depositati in tribunale e si propone di adottare a tutela del ceto creditorio.

L'effetto sanzionatorio dell'atto compiuto in corso di procedura di concordato preventivo (anche con riserva), ma senza autorizzazione degli organi deputati, può essere la revoca dell'atto ai sensi dell'art. 173, comma 3, l. fall., conseguente alla presupposta convocazione del debitore.

Conclusioni

Il Tribunale ha deliberato di escludere l'applicabilità, nel caso di specie, dell'art. 44 l. fall., assumendo come dato determinante unicamente il fatto della sua esecuzione in epoca successiva alla domanda di concordato, così discostandosi dal diverso orientamento espresso nell'unica (e non recente) decisione della Suprema Corte richiamata dalla Curatela attrice.

La decisione del Tribunale è, in effetti, frutto di una argomentazione puntuale e rispondente al dettato normativo.

Non emerge alcun profilo problematico legato al coordinamento disciplinare tra i procedimenti di concordato preventivo e di fallimento, piuttosto sottolineandosi e cogliendosi l'essenza della differenza operativa e della diversa finalità perseguita dai due istituti.

Se l'imprenditore fallito non può agire, pena l'inefficacia ipso iure dell'atto compiuto al di là dell'argine temporale di cui all'art. 44 l. fall., l'imprenditore in concordato si muove in un orizzonte di azione definito dalla ratio della procedura concorsuale, e l'invalidità o meno dell'atto viene contestualizzata rispetto alla sua finalità a prescindere dal dato temporale e dallo sfociare della procedura di concordato in fallimento.

I due eventi rimangono distinti e disallineati rispetto al fenomeno della c.d. consecuzione di procedure e, pertanto, non assimilabili in termini di effetti sanzionatori.

Nella condivisione del percorso argomentativo del Giudice, fondato su una applicazione rigorosa della legge, deve evidenziarsi che l'inefficacia dei pagamenti ex art. 44 l.fall., ove fosse riconosciuta di diritto in una dinamica di consecuzione (di una procedura di concordato con riserva sfociata in fallimento), non darebbe il dovuto rilievo al presupposto di fattispecie costituito dalla autorizzazione giudiziale ex art. 167 l. fall., la cui esistenza è imprescindibile se l'atto è di straordinaria amministrazione ed è funzionale o conforme al piano concordatario.

Guida all'approfondimento

R. Amatore, Atti autorizzabili ai sensi dell'art. 161, comma 7, l. Fall., in IlFallimentarista.it; A. Picardi, Il pagamento dei crediti anteriori nel concordato preventivo, in IlFallimentarista.it; L. Guglielmucci, Gli effetti del fallimento per il fallito, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da Vassalli, Luiso, Gabrielli, vol. III, Torino 2014, 14 s.; R. Rosapepe, L'inefficacia ex lege, in AA.VV., Diritto fallimentare [Manuale breve], Milano, 2008, 230; S. Pacchi, Comm. Nigro-Sandulli, Commento agli artt. 42-50, 2006, 281 ss.; M. Leozappa, Sul pagamento dei crediti anteriori per prestazioni di beni e servizi nel concordato preventivo, in IlFallimentarista.it; In relazione agli atti non autorizzati in corso di procedura si veda il commento all'art. 183 l. fall., in Codice della Crisi di Impresa, diretto da Fabrizio Di Marzio, Giuffre'.

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